Data: 2011-04-23 13:05:06

Calabria: la Bolkestein ha liberalizzato sia le MEDIE che le GRANDI

Calabria: la Bolkestein ha liberalizzato sia le MEDIE che le GRANDI (annullata la disciplina regionale)!?

T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, Sent., 11-01-2011, n. 5

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con il ricorso introduttivo l'A. s.p.a. chiede l'annullamento del parere favorevole espresso in data 9 marzo 201 nella conferenza dei servizi indetta per il rilascio dell'autorizzazione amministrativa richiesta dalla società E. s.r.l. per l'apertura di una grande struttura di vendita di tipo G2/A, nella tipologia di centro commerciale, da ubicare in Via del Progresso nel Comune di Lamezia Terme, nonché della nota della Regione Calabria prot. n. 5010 in data 1 aprile 2010, con cui tale parere è stato confermato a seguito di atto di diffida della ricorrente, della deliberazione di Giunta Regionale n, 93 del 12 febbraio 2020 e del Regolamento n. 1/2010.

Nel ricorso si espone che: a) la ricorrente è titolare di un'autorizzazione commerciale per una grande struttura di vendita di tipi G/B (non alimentare) rilasciata dal Comune di Gizzeria per l'area sovracomunale n. 10; b) a seguito di articolate vicende procedimentali e processuali, sostanzialmente consistenti nel fatto che il Comune non ha inteso concedere alla ricorrente una proroga per l'attivazione dell'autorizzazione, questo Tribunale ha annullato tutti i provvedimenti assunti dall'Amministrazione; c) il Comune di Gizzeria, con nota prot. 9778 del 2 ottobre 2009, ha concesso alla ricorrente la proroga dell'autorizzazione; d) la controinteressata ha presentato istanza allo Sportello Unico per le Attività Produttive del Comune di Lamezia Terme per ottenere l'autorizzazione per l'apertura di una grande struttura di vendita al dettaglio di tipo G2/A nell'area sovracomunale n. 10 e, a fronte del diniego del Comune, ha proposto ricorso innanzi a questo Tribunale sul rilievo che si fosse ormai formato il silenzioassenso e che, comunque, per effetto dell'art. 3 della legge n. 248/2006, non esistevano più limiti numerici all'apertura di una grande struttura di vendita; e) con sentenza n. 1045 dell'8 ottobre 2009, il Tribunale ha respinto il ricorso e in data 7 gennaio 2010 la controinteressata ha riproposto istanza al Comune per ottenere l'autorizzazione di cui si tratta; f) la conferenza dei servizi, in data 9 marzo 2010, ha espresso parere favorevole al rilascio dell'autorizzazione.

La ricorrente lamenta: a) "violazione degli artt. 7 e seguenti della legge n. 241/1990": l'Amministrazione avrebbe dovuto comunicare alla ricorrente l'avvio del procedimento in quanto l'A. s.p.a. è titolare di una posizione oggettivamente contrapposta a quella della controinteressata, anche in considerazione del fatto che la ricorrente è parte del giudizio (attualmente pendente innanzi al Consiglio di Stato) che ha ad oggetto analoga istanza di autorizzazione presentata dalla società E.; b) "mancato partecipazione alla conferenza dei servizi di tutti i Comuni facenti parte dell'area sovracomunale n. 10": il Comune di Lamezia Terme ha coinvolto solo 10 dei 14 Comuni facenti parte dell'area sovracomunale n. 10, con conseguente lesione dei diritti partecipativi delle Amministrazioni pretermesse e relativa incompletezza del procedimento; c) "erronea valutazione dell'efficacia della deliberazione consiliare n. 409/2000": la conferenza ha ritenuto non più in vigore la cita deliberazione n. 409/2000 (che prevedeva limitazioni numeriche) in quanto la Regione, con deliberazione n. 93 del 12 febbraio 2010, ha adottato il Regolamento con cui è stata recepita la cosiddetta "direttiva servizi", ma il 9 marzo 2009, data in cui si è tenuta la conferenza dei servizi, tale Regolamento non era ancora entrato in vigore, anzi era inesistente, non essendosi ancora perfezionato il suo iter di formazione (concluso solo con la pubblicazione suo Bollettino Regionale in data 31 marzo 2010); d) "perdurante vigenza della deliberazione consiliare n. 409/2009": l'art. 14, punto 5, della "direttiva servizi" stabilisce che la stessa non trova applicazione per i requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma sono dettati da motivi imperativi di interesse generale; l'art. 6 del Regolamento Regionale in data 23 marzo 2010, inoltre, ha conservato il regime autorizzatorio per le medie e grandi strutture di vendita, rinviando a successivi regolamenti l'abrogazione o la modifica delle disposizioni legislative o regolamentari in contrasto con la "direttiva servizi"; e) "mancata considerazione del fatto che i contingentamenti previsti nella deliberazione consiliare n. 409/2000 sono avulsi da aspetti concorrenziali": i contingentamenti di cui alla citata deliberazione rispondono a superiori esigenze generali di riequilibrio territoriale ed occupazionale, come risulta dall'art. 2 della legge regionale n. 17/1990 e dal fatto che il piano commerciale calabrese non ha potuto avere la finalità di salvaguardare posizioni di mercato consolidate, essendo intervenuto su un campo "vergine"; f) "contrasto con la sentenza di questo Tribunale n. 1045/2009": la decisione indicata conferma che il contingentamento imposto dalla deliberazione consiliare n. 409/2000 ha la finalità di salvaguardare l'utilizzo razionale del territorio e che esso non contrasta con la previsione di cui all'art. 3 della legge n. 248/2006; il principio sancito in tale decisione, inoltre, non contrasta con la sentenza dello stesso Tribunale n. 1488 del 31 dicembre 2009, con la quale si è semplicemente accolto un ricorso incidentale, di talché le affermazioni contenute in tale pronuncia spiegano efficacia solo nell'ambito di quello specifico giudizio; g) "eccesso di potere per sviamento": il comportamento del dirigente della Regione in sede di conferenza dei servizi, per le ragioni già illustrate, risulta assolutamente incomprensibile, non avendo questi difeso le norme poste dallo stesso ente che egli rappresentava.

2. La Regione Calabria, con atto depositato in data 7 giugno 2010, eccepisce l'inammissibilità del gravame e sollecita, in subordine, il suo rigetto in quanto infondato.

In particolare, l'Amministrazione osserva che: a) la deliberazione n. 409/2000 è stata annullata con la sentenza di questo Tribunale n. 1488/2009 nella parte in cui prevedeva limitazioni predeterminate al numero delle grandi strutture di vendita che potevano essere autorizzate; b) tale pronuncia di annullamento spiega effetti "erga omnes"; c) la ricorrente ha impugnato un semplice parere istruttorio, tale essendo la funzione della conferenza dei servizi ai sensi dell'art. 7 della legge regionale n. 17/1999 e, pertanto, la Regione difetta di legittimazione processuale passiva; d) ai sensi del citato art. 7, la ricorrente non aveva titolo per partecipare alla conferenza; e) con la sentenza n. 1488/2009, questo Tribunale, a seguito di ricorso incidentale, ha annullato la delibera n. 409/2000 nella parte in cui poneva limiti massimi all'apertura di grandi strutture di vendita nell'area sovracomunale n. 10; f) la Regione può intervenire solo per tutelare valori di rango equivalente al principio di libera iniziativa economica (Cons. St., n. 2028/2009); g) nella specie, ai sensi dell'art. 16 della legge n. 11/2005, venendo in rilievo una competenza regionale residuale, la direttiva comunitaria trovava immediata applicazione; h) in ogni caso, avendo lo Stato recepito la direttiva comunitaria con il d.lgs. n. 59/2010, tale decreto, secondo il principio di cedevolezza, trovava applicazione sino all'entrata in vigore della normativa di attuazione.

3. Con atto depositato in data 7 giugno 2010, la controinteressata eccepisce l'inammissibilità del gravame e sollecita, in subordine, il suo rigetto nel merito, spiegando, altresì, ricorso incidentale.

In particolare, la società E. osserva che: a) nella sentenza n. 1045/2009 questo Tribunale non si è occupato della legittimità del contingentamento di cui alla deliberazione n. 409/2000; b) con la sentenza n. 1488/2009, invece, questo Tribunale ha annullato la deliberazione n. 409/2000 per contrasto con l'art. 3 del d.l. n. 223/2006, convertito in legge n. 248/2006; c) la ricorrente, pur impugnando formalmente la deliberazione di Giunta Regionale n. 93 del 12 febbraio 2010 e il Regolamento n. 1/2010, ha omesso di formulare censure al riguardo, ciò da cui discende l'inammissibilità del gravame; d) il parere della conferenza ha natura endoprocedimentale e la ricorrente, in quanto titolare di un'autorizzazione inattiva, non ha interesse e legittimazione ad agire (o, comunque, non ha dato prova del suo interesse e della sua legittimazione); e) per effetto dell'annullamento disposto dal Tribunale con sentenza n. 1488/2009, non vi è alcuna incompatibilità fra la posizione della ricorrente e quella della controinteressata; f) anche volendo ritenere che la sentenza n. 1488/2009 esplichi effetti "inter partes", il contingentamento di cui alla deliberazione n. 409/2009 è comunque venuto meno per effetto dell'art. 14, punto 5, della "direttiva servizi" e degli artt. 5 e 18 del Regolamento regionale n. 1/2010.

Il ricorso incidentale è affidato ai seguenti motivi: a) "illegittimità della delibera n. 409/2009 nella parte in cui contingenta le licenze per le grandi strutture di vendita nell'area sovracomunale n. 10 di Lamezia Terme": la delibera contrasta con il disposto del sopravvenuto art. 3 del d.l. n. 223/2006, convertito in legge n. 248/2006; b) "illegittimità o inefficacia dell'autorizzazione n. 1 del 20 giugno 2006": l'autorizzazione è stata rilasciata alla controinteressata nonostante la mancanza di prova di un stabile e definitivo titolo in ordine alla disponibilità del lotto; la prima proroga è, inoltre, intervenuta quando si era già verificata la decadenza "ope legis" dall'autorizzazione; anche l'ultima proroga dell'autorizzazione risulta illegittima.

4. Con atto depositato in data 9 giugno 2010, il Comune di Lamezia Terme eccepisce l'inammissibilità del gravame e sollecita, in subordine, il suo rigetto in quanto infondato.

In particolare, il Comune osserva che: a) la ricorrente non ha dato prova in ordine all'interesse ad agire; b) il parere impugnato ha natura endoprocedimentale; c) la ricorrente non aveva titolo per partecipare la procedimento e, comunque, ha partecipato di fatto al procedimento medesimo; d) ai sensi dell'art. 6 della deliberazione di Giunta Regionale n. 309/2009, l'invito a partecipare a titolo consultivo spettava solo ai Comuni contermini; e) questo Tribunale, con la sentenza n. 1045/2009, ha già sancito, con effetti "erga omnes", il contrasto del contingentamento di cui alla delibera n. 409/2000 con l'art. 3 del d.l. n. 223/2006; f) il provvedimento autorizzatorio, successivo al parere della conferenza, sarà necessariamente successivo all'entrata in vigore del del Regolamento regionale n. 1/2010; g) l'art..14 della "direttiva servizi" esclude la sopravvivenza del contingentamento di cui alla delibera n. 409/2000; h) le limitazioni di cui alla delibera n. 409/2000 incidono su profili concorrenziali.

5. Con atto depositato in data 10 giugno 2010, interviene in giudizio "ad opponendum" la R. s.r.l., eccependo l'inammissibilità del gravame e sollecitando, in subordine, il suo rigetto in quanto infondato.

In particolare, la R. osserva che: a) il parere della conferenza ha natura endoprocedimentale; b) la ricorrente non aveva titolo per partecipare al procedimento; c) la ricorrente non può sollevare censure nell'interesse dei Comuni presuntivamente pretermessi dalla procedura; d) la decisione di coinvolgere altri soggetti nelle procedura appartiene alla discrezionalità dell'Amministrazione procedente; e) in ogni caso la ricorrente non ha chiarito, in concreto, quale apporto avrebbe potuto dare alla procedura; f) la deliberazione n. 409/2000 è stata annullata da questo Tribunale con sentenza n. 1488/2009; g) le osservazioni in sede di conferenza sul Regolamento regionale n. 1/2010 non sono state svolte per affermare che l'autorizzazione doveva essere rilasciata sulla base di tale Regolamento, ma solo per suffragare ulteriormente la decisione di esprimere parere favorevole sul rilascio dell'autorizzazione, tenuto conto della sentenza di questo Tar n. 1488/2009; h) in ogni caso le disposizioni comunitarie sull'abolizione dei limiti al commercio sono "selfexecuting"; i) la sentenza n. 1045/2009 non riguarda la delibera n. 409/2000.

6. Con ricorso per motivi aggiunti la ricorrente impugna, sulla base degli stessi motivi di gravame di cui al ricorso principale, l'autorizzazione tacita che si è formata sulla richiesta della controinteressata.

La ricorrente osserva, inoltre, che il Consiglio Regionale, con nota della Segreteria Generale prot. n. 3511 dell'8 giugno 2010, ha affermato che, anche dopo l'entrata in vigore del Regolamento regionale di recepimento della "direttiva servizi", adottato con deliberazione di Giunta n. 93 del 12 febbraio 2010, il Regolamento n. 1/2010 conserva la sua efficacia quanto al (limitato) regime autorizzatorio in materia di grande e media distribuzione.

7. Con memoria di replica depositata in data 9 novembre 2010, la controinteressata osserva che: a) il mantenimento del regime autorizzatorio di cui al Regolamento n. 1/2010 non implica che siano ancora vigenti i limiti numerici del Regolamento stesso; b) in ogni caso, l'interpretazione del Segretario Generale del Consiglio sul punto è assolutamente irrilevante; c) la stessa difesa della Regione ha evidenziato che la deliberazione n. 409/2010 è stata parzialmente annullata con la sentenza n. 1488/2009 e che il regime autorizzatorio di cui al Regolamento n. 1/2010 deve risultare compatibile con i principi e i criteri della "direttiva servizi".

8. Nella pubblica udienza del 3 dicembre 2010, sentiti i difensori delle parti, come indicato in verbale, il ricorso è stato, quindi, trattenuto in decisione.

9. Il ricorso è infondato e, può, quindi, prescindersi dall'esame delle eccezioni di inammissibilità e del ricorso incidentale.

La deliberazione del Consiglio Regionale n. 409/2009, infatti, nella parte in cui prevedeva limitazioni al numero delle grandi strutture di vendita che potevano essere autorizzate, presentava indubbiamente contenuto regolamentare.

La disposizione di cui si tratta, infatti, aveva natura generale (rivolgendosi a tutti i consociati) e astratta (contemplando la fattispecie ipotetica delle richiesta di autorizzazione e non disponendo in ordine alla concreta richiesta inoltrata da un soggetto determinato).

A nulla rileva, ovviamente, che il Consiglio non abbia formalmente utilizzato l'espressione "Regolamento" per designare il contenuto della delibera (ma quella di "Indirizzi e criteri di programmazione delle medie e grandi strutture di vendita in attuazione del decreto legislativo n. 114 del 1998 e della legge regionale n. 17 del 1999, art. 1, comma 2").

Invero, in difetto di una particolare formalizzazione dell'attività regolamentare (prevista, ad esempio, per i regolamenti governativi e ministeriali), non può che assumere rilievo la sostanza giuridica dell'atto, che, pertanto, dovrà considerarsi un regolamento, se contiene disposizioni generali e astratte, o un provvedimento, se contiene disposizioni individuali o concrete.

Questo Tar, con sentenza n. 1488/2009, ha annullato la delibera n. 409/2009 nella parte in cui prevedeva il contingentamento delle grandi strutture di vendita.

Tale annullamento, incidendo su una disposizione regolamentare, spiega effetti "erga omnes".

Il Consiglio di Stato ha rifiutato di sospendere l'efficacia della sentenza n. 1488/2009, di talché l'Amministrazione ha correttamente rilasciato l'autorizzazione alla controinteressata, in difetto di qualsiasi efficace contingentamento numerico per le grandi strutture di vendita.

A nulla rileva, quindi, la circostanza (comunque superata dal fatto che l'autorizzazione è intervenuta successivamente) che in sede di conferenza dei servizi si sia fatto riferimento (tra l'altro incidentalmente) ad un Regolamento non ancora entrato in vigore.

Atteso che il contingentamento di cui alla delibera n. 409/2009 è stato annullato dalla decisione n. 1488/2009, non occorre esaminare la tesi della ricorrente secondo cui tale contingentamento sopravviverebbe alla "direttiva servizi".

La tesi appare, comunque, infondata per le considerazioni svolte dal Tribunale nella citata sentenza n. 1488/2009 e in quanto non è sufficiente modificare le parole per cambiare la sostanza delle cose.

Il "riequilibrio territoriale", infatti, può essere giustificato dall'esigenza di rimediare a gravi, oggettivi e ben individuati squilibri, ma, se costituisce una "formula di stile" che ha il solo effetto di limitare la concorrenza, esso non è altro che una limitazione della concorrenza travestita (linguisticamente) da "riequilibrio territoriale".

In altri termini, i motivi imperativi di interesse generale (cfr. anche l'art. 6, primo comma, del Regolamento regionale n. 1 del 23 marzo 2010) non consistono in una indimostrata e apodittica affermazione dell'Amministrazione, ma devono sostanziarsi in ragioni concrete e specifiche, che vanno esplicitate e documentate puntualmente.

A nulla rileva, poi, che la limitazione della concorrenza intervenga su un terreno "vergine", posto che costituisce limitazione della concorrenza anche la limitazione della concorrenza futura.

La ricorrente, inoltre, non aveva titolo per partecipare al procedimento, in quanto il provvedimento autorizzatorio non spiega effetti nei suoi confronti e nessuna disposizione di legge prevedeva la sua partecipazione (cfr. art. 7 della legge n. 241/1990).

Deve aggiungersi che l'art. 6 della deliberazione di Giunta Regionale n. 309/2009 imponeva al Comune di Lamezia Terme di sollecitare la partecipazione consultiva dei solo Comuni contermini (e non di tutti i Comuni dell'area sovracomunale n. 10).

La sentenza n. 1045/2009 di questo Tribunale, poi, non riguarda la delibera consiliare n. 409/2009, ma veri e propri provvedimenti amministrativi, di talché la sua efficacia resta circoscritta nell'ambito dei tradizioni limiti oggettivi e soggettivi del giudicato.

Infime, la censura di eccesso di potere per sviamento, comunque priva di ogni concreto sostegno probatorio è radicalmente confutata dalla argomentazioni che precedono.

10. Per le considerazioni che precedono, assorbita ogni ulteriore questione, il gravame della ricorrente deve essere rigettato.

Ne consegue l'inammissibilità del ricorso incidentale.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, ma vanno compensate quanto alla parte interveniente, tenuto conto che, con le proprie difese, tale parte non ha effettivamente introdotto alcun nuovo elemento di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) rigetta il ricorso in epigrafe;

2) dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

3) condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore delle controparti, liquidate come segue: Euro 1.350,00, oltre accessori di legge se dovuti, in favore della Regione; Euro 1.350,00, oltre accessori di legge se dovuti, in favore del Comune di Lamezia Terme; Euro 1.600,00, oltre accessori di legge se dovuti, in favore della controinteressata;

4) compensa le spese di giudizio fra la ricorrente e la parte interveniente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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N. 01488/2009 REG.SEN.

N. 00386/2009 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 386 del 2009, proposto da:
Az Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Alfredo Gualtieri, Demetrio Verbaro, con domicilio eletto presso Alfredo Gualtieri in Catanzaro, via Vittorio Veneto,48;
contro
Comune di Feroleto Antico in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Carnovale Scalzo, con domicilio eletto presso Vittorio Chiriano in Catanzaro, via F.Crispi, 79; Regione Calabria in Persona del Presidente P.T., Provincia di Catanzaro Presidente, Comune di Lamezia Terme in Persona del Sindaco P.T., Comune di Pianopoli in Persona del Sindaco P.T., Comune di Maida in Persona del Sindaco P.T., Comune di Serrastretta in Persona del Sindaco P.T., Comune di Gizzeria in Persona del Sindaco P.T.;
nei confronti di
Espansione Europa Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Francesca Capicotto, Maria Gambardella, Franco Gatano Scoca, con domicilio eletto presso Giuseppe Bova in Catanzaro L., via Corace, 46; Scaim Srl;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Centro Commerciale Due Mari S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Sandro Cretella, con domicilio eletto presso Sandro Cretella in Crotone, via delle Conchiglie, 8;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della nota del Comune di Feroleto Antico del 15.4.2008 con la quale, in sede di Conferenza di servizi, si è espresso un complessivo parere favorevole in relazione alla richiesta di autorizzazione commerciale per l’apertura di una grande struttura di vendita da parte della Espansione Europa s.r.l.; della determina n. 78 del 9.6.2008 del responsabile dell’area edilizia urbanistica e territorio del Comune di Feroleto Antico, con la quale si è preso atto delle risultanze del procedimento della conferenza di servizi indetta con nota del 28.2.2008 con riferimento alla variante urbanistica dell’area e all’istanza di permesso a costruire formulata dalla Scaim s.r.l. per la realizzazione di una grande struttura di vendita settore non alimentare “Centro Commerciale” da realizzarsi in località Stretto Veraldi del medesimo Comune, con dichiarazione di conclusione positiva del procedimento ai sensi dell’art. 14 ter comma 6-bis L. n. 241/90; della deliberazione del consiglio comunale di Feroleto Antico n. 22 del 21.6.2008 con cui l’organo consiliare: a) ha ratificato e fatta propria la determina n. 78 del 9.6.2008 del responsabile del procedimento; b) ha approvato la variante urbanistica dell’area trasformandola da zona agricola a zona D5; c) ha approvato lo schema di convenzione tra Scaim srl e Comune; d) ha dato mandato al responsabile dell’area edilizia urbanistica e territorio di procedere alla stipula della convenzione. Nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/ conseguenziale, compresi, ove occorra, l’atto consiliare d’impulso deliberazione comune di Feroleto Antico n. 5 dell’8.2.2008, la “certificazione” del 17.4.2008 del responsabile area edilizia ed urbanistica, i vari verbali delle conferenze ed i pareri ivi espressi se favorevoli, la deliberazione consiliare del Comune di Feroleto Antico n. 10 del 2.4.2008 di approvazione della variante al P.R.G. vigente..

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Feroleto Antico in Persona del Sindaco P.T.;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Espansione Europa Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2009 il dott. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO
1.— La ricorrente ha impugnato, in particolare, la nota del Comune di Feroleto Antico del 15 aprile 2008, con la quale, in sede di conferenza di servizi, si è espresso un complessivo parere favorevole in relazione alla richiesta di autorizzazione commerciale per l’apertura di una grande struttura di vendita da parte di Espansione Europa s.r.l.; la determinazione n. 78 del 9 giugno 2008 e la deliberazione del consiglio comunale del predetto Comune n. 22 del 21 giugno 2008, con le quali è stata approvata la variante urbanistica dell’area trasformandola da agricola a zona D5, nonché gli altri atti meglio indicati in epigrafe.
La ricorrente premette di essere titolare dell’autorizzazione commerciale n. 1 per la realizzazione di una grande struttura di vendita, appartenente alla tipologia G/B (non alimentare), rilasciata, in data 20 giugno 2003, dal Comune di Gizzeria per l’area sovra comunale n. 10 di Lamezia Terme. In particolare, si sottolinea come questo Tribunale, con sentenza del 20 gennaio 2009, n. 50, ha riconosciuto «il diritto della società AZ ad avere prorogato il termine per l’attivazione dell’autorizzazione fino al 20 giugno 2010».
Sennonchè, con gli atti impugnati, il Comune di Filoreto Antico ha autorizzato la società controinteressata ad aprire la medesima tipologia di grande struttura di vendita nella stessa area di “spettanza” della ricorrente.
Tali atti sarebbero illegittimi per i seguenti motivi.
A) In primo luogo, perché la deliberazione del consiglio regionale della Calabria n. 409 del 18 gennaio 2000, recante “Indirizzi e criteri di programmazione delle medie e grandi strutture di vendita in attuazione del decreto legislativo n. 114 del 1998 e della legge regionale n. 17 del 1999, art. 1, comma 2”, nel suddividere il territorio regionale in diciassette aree sovra comunali, ha previsto che per l’area n. 10, appartenente al distretto di Lamezia Terme, si possano consentire unicamente, «come parametri massimi», una grande struttura di vendita di tipo mista (G/A) ed una grande struttura di vendita alimentare (G/B). Ne conseguirebbe che essendo stata già, per la predetta zona, rilasciata alla ricorrente l’autorizzazione G/B, non sarebbe stato possibile consentire l’ingresso di un nuovo operatore economico.
B) In secondo luogo, per violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, non avendo l’amministrazione comunale comunicato l’avvio del procedimento amministrativo volto all’emanazione della nuova autorizzazione né alla ricorrente né al Comune di Gizzeria.
C) In terzo luogo, perché l’autorizzazione commerciale non avrebbe potuto essere rilasciata mancando il necessario parere regionale prescritto dall’art. 7 della legge della Regione Calabria 11 giugno 1999, n. 17 (Direttive regionali in materia di commercio in sede fissa).
D) In quarto luogo, la illegittimità degli atti impugnati deriverebbe dal fatto che la domanda di autorizzazione sarebbe stata esaminata nonostante l’ubicazione della struttura commerciale non ricadesse, come imposto dal predetto art. 7 della legge regionale n. 17 del 1999, in area urbanisticamente idonea per la vendita al dettaglio; inoltre, si rileva come il Comune, invertendo l’ordine procedimentale previsto dalla legge, abbia prima rilasciato l’autorizzazione commerciale e poi approvato la variante.
E) Infine, si assume la illegittimità dell’atto di approvazione della variante urbanistica perchè: tramite apposita nota sarebbe intervento il parere sfavorevole della Regione; mancava il necessario presupposto della carenza di aree urbanisticamente idonee all’ubicazione della grande struttura di vendita, atteso che la superficie territoriale occupata sarebbe pari a 85.043 mq e non ai 202.818 indicati nella domanda.
2.— Si è costituita in giudizio la società controinteressata chiedendo, in via preliminare, che il ricorso venga dichiarato inammissibile per tardività, in quanto la ricorrente sarebbe venuta a conoscenza degli atti impugnati già al momento del ricorso proposto nel giugno del 2008 dal Centro commerciale due Mari s.r.l. contro i predetti atti. Si osserva, inoltre, come sarebbe comunque certamente tardivo il ricorso nella parte in cui si impugna la deliberazione del consiglio comunale n. 22 del 2008, atteso che la stessa sarebbe stata pubblicata all’albo pretorio del Comune stesso dal 24 giugno al 9 luglio 2008.
Sotto altro profilo, si rileva come la ricorrente, per la sua posizione, sia priva di legittimazione ad impugnare i predetti atti, non avendo alcun interesse, alla luce della normativa di settore, ad ottenere la rimozione dei provvedimenti censurati.
Con successiva memoria la stessa società ha proposto ricorso in via incidentale chiedendo che venga dichiarato illegittimo il piano commerciale adottato dalla Regione Calabria con la citata delibera n. 409 del 2000, nella parte in cui «prevede una sola licenza per grandi strutture di vendita nell’area sovra comunale n. 10-Lamezia Terme» per violazione dei principi della concorrenza e, in particolare, dell’art. 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito con legge 4 agosto 2006, n. 248.
Nel merito, nella predetta memoria sono stati contestanti tutti i motivi posti a base del ricorso proposto in via principale.
3.— Si è costituto in giudizio il Comune chiedendo che il ricorso venga dichiarato irricevibile o infondato per le analoghe ragioni esposte negli atti difensivi della società controinteressata.
4.— E’ intervento in giudizio ad adiuvandum il Centro commerciale due Mari s.r.l. sostenendo la fondatezza delle argomentazioni difensive contenute nel ricorso.
5. — Nell’imminenza dell’udienza la ricorrente ha depositato una memoria difensiva.
DIRITTO
1.— Con il ricorso indicato in epigrafe la ricorrente ha impugnato, in particolare, la nota del Comune di Feroleto Antico del 15 aprile 2008, con la quale, in sede di conferenza di servizi, si è espresso un complessivo parere favorevole in relazione alla richiesta di autorizzazione commerciale per l’apertura di una grande struttura di vendita da parte di Espansione Europa s.r.l.; la determinazione n. 68 del 9 giugno 2008 e la deliberazione del consiglio comunale n. 22 del 21 giugno 2008, con le quali è stata approvata la variante urbanistica dell’area trasformandola da agricola a zona D5.
La società controinteressata ha chiesto il rigetto delle censure e con ricorso incidentale ha impugnato la deliberazione del consiglio regionale della Calabria n. 409 del 18 gennaio 2000, recante «Indirizzi e criteri di programmazione delle medie e grandi strutture di vendita in attuazione del decreto legislativo n. 114 del 1998 e della legge regionale n. 17 del 1999, art. 1, comma 2».
2.— In via preliminare deve essere dichiarato, in accoglimento dell’eccezione sollevata dalla controinteressata, irricevibile il ricorso nella parte in cui si impugna la deliberazione del consiglio comunale n. 22 del 21 giugno 2008, di approvazione della variante urbanistica, pubblicata nell’albo pretorio del Comune dal 24 giugno al 9 luglio 2008, nonché la determinazione “presupposta”, rappresentata dalla determinazione n. 78 del 2009.
L’art. 124 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) prevede che «Tutte le deliberazioni del comune e della provincia sono pubblicate mediante affissione all'albo pretorio, nella sede dell'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge». A tale proposito, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di affermare che tale pubblicazione implica, per i soggetti non contemplati nell’atto o ai quali l’atto stesso sia, in ogni caso, riferibile, presunzione di conoscenza, con la conseguenza che è dall’ultimo giorno di pubblicazione che decorre il termine decadenziale di sessanta giorni per proporre impugnazione avverso detto atto per i terzi interessati (tra le altre, Consiglio di Stato, sez. V, 15 ottobre 2003, n. 6331).
Nel caso in esame, non essendo la ricorrente contemplata nel provvedimento, avrebbe dovuto rispettare il termine sopra indicato decorrente dalla data della pubblicazione della deliberazione comunale. Essendo stato, invece, il ricorso notificato in data 30 marzo 2009, oltre il predetto termine, lo stesso deve essere dichiarato in parte qua irricevibile.
Va, invece, rigettata l’eccezione di tardività sollevata con riferimento agli altri atti impugnati, mancando la prova che la piena conoscenza sia avvenuta, come asserito negli atti difensivi dalla controinteressata, al momento della proposizione del ricorso, nel giugno del 2008, da parte del Centro commerciale due Mari s.r.l. contro i predetti atti.
3.— Chiarito ciò, ai fini della trattazione nel merito della legittimità della rilasciata autorizzazione commerciale, occorre stabilire, in assenza di regole legislative predefinite e in ossequio al principio della parità delle parti, se è necessario trattare prima il ricorso in via principale o quello proposto in via incidentale. Orbene, a tali fini, è necessario muovere dall’analisi delle contestazioni mosse dalle parti all’attività posta in essere dall’amministrazione comunale. Il nucleo centrale delle articolate doglianze della ricorrente si fonda sull’asserita illegittimità dell’attività amministrativa comunale che avrebbe consentito l’apertura di una nuova grande struttura di vendita in una determinata area in contrasto con quanto stabilito dalla Regione Calabria con la deliberazione n. 409 del 2000. Quest’ultima, infatti, nel suddividere il territorio regionale in diciassette aree sovra comunali, ha previsto che per l’area n. 10, appartenente al distretto di Lamezia Terme, si possano consentire unicamente, “come parametri massimi”, una grande struttura di vendita di tipo mista (G/A) ed una grande struttura di vendita alimentare (G/B). Ne conseguirebbe che, essendo stata già, per la predetta zona, rilasciata l’autorizzazione G/B alla ricorrente nel 2003, non sarebbe possibile ammettere l’ingresso di un nuovo operatore economico.
A fronte di tale contestazione, la controinteressata ha proposto, ampliando il thema decidendum, una domanda connessa a quella formulata in via principale, chiedono che venga dichiarato illegittimo il piano commerciale adottato dalla Regione Calabria con la citata delibera n. 409 del 2000, nella parte in cui «prevede una sola licenza per grandi strutture di vendita nell’area sovra comunale n. 10-Lamezia Terme», per violazione dei principi della concorrenza e, in particolare, dell’art. 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito con legge 4 agosto 2006, n. 248. n. 223 del 2006.
Alla luce di quanto esposto questo Collegio ritiene che si debba trattare prima il ricorso incidentale, in quanto il suo eventuale accoglimento inciderebbe, a prescindere da ogni altra valutazione inerente al contenuto delle censure, sull’interesse della ricorrente in via principale.
4.— Ai fini dell’analisi dei motivi di ricorso prospettati dalla controinteressata occorre ricostruire il contesto normativo nell’ambito del quale si colloca l’atto amministrativo generale impugnato.
4.1.— Come è noto, la competenza a regolamentare il settore che viene in rilievo in questa sede spetta, per ambito diversi, sia allo Stato sia alla Regione.
In particolare, la Regione è titolare di una competenza residuale in materia di commercio ai sensi del quarto comma dell’art. 117 della Costituzione, non risultando il commercio incluso nell’elenco delle materie attribuite alla competenza esclusiva dello Stato ovvero a quella concorrente Stato-Regione.
Lo Stato ha, invece, tra l’altro, una legittimazione di tipo trasversale, ai sensi del secondo comma dell’art. 117, lettera e), della Costituzione, ad emanare, in tale ambito materiale, norme finalizzate a tutelare la concorrenza. La nozione di concorrenza conosce declinazioni diverse a seconda del settore di riferimento (cfr. Corte cost. n. 401 del 2007). Nel settore in esame viene in rilievo essenzialmente la concorrenza “nel” mercato: il legislatore statale può adottare tutte le misure normative volte a promuovere la concorrenza per raggiungere l’obbiettivo della piena liberalizzazione del mercato del commercio attraverso, tra l’altro, l’eliminazione di tutte quelle barriere idonee ad impedire o ostacolare l’ingresso di nuovi operatori economici (ex multis, Corte cost. n. 430 del 2007). Tale liberalizzazione è finalizzata a tutelare, tra l’altro, la libera iniziativa economica delle imprese e la sfera giuridica dei consumatori ai quali deve essere assicurata l’ampliamento della loro area di scelta.
4.2.— Sul piano della normativa statale è stato emanato, dapprima, il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), che ha perseguito il fine di “modernizzare” la rete distributiva nel settore del commercio, rimuovendo vincoli e privilegi e realizzando una maggiore eguaglianza di opportunità per tutti gli operatori economici. In particolare, «il presupposto logico su cui la stessa normativa si fonda è che il conseguimento degli equilibri del mercato non può essere predeterminato normativamente o amministrativamente, mediante la programmazione della struttura dell’offerta, occorrendo invece, al fine di promuovere la concorrenza, eliminare i limiti ed i vincoli» sui quali ha inciso la normativa, che ha conseguentemente «fissato le condizioni ritenute essenziali ed imprescindibili per garantire l’assetto concorrenziale nel mercato della distribuzione commerciale» (Corte cost. n. 430 del 2007, cit.). Successivamente, in piena aderenza a quanto disposto dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., è stato emanato il decreto-legge n. 223 del 2006. In particolare, l’art. 3 del predetto decreto ha stabilito, tra l’altro, che - al fine di «di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all’acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale» - le attività commerciali, come individuate dal d.lgs. n. 114 del 1998, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: (….) il rispetto di distanze minime obbligatorie tra attività commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizio; (…) il rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale.
Sul piano della normativa regionale, la Regione Calabria ha esercitato la propria competenza residuale in materia di commercio, essenzialmente, mediante l’emanazione della legge 11 giugno 1999, n. 17 (Direttive regionali in materia di commercio in sede fissa). Il legislatore regionale, allo scopo di rispettare le competenze statali attuando le prescrizioni di liberalizzazione stabilite a livello nazionale, ha, in particolare, stabilito quanto segue: «Al fine di rendere operativo il contenuto della presente legge e di disciplinare gli altri aspetti della materia che forma oggetto del d.lgs. n. 114 del 1998, il Consiglio regionale provvede, con atto amministrativo da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, ad approvare un provvedimento attuativo contenente gli indirizzi e i criteri per la programmazione delle medie e grandi strutture di vendita, in sostituzione delle indicazioni della deliberazione del Consiglio regionale 20 marzo 1984, n. 455 in materia di “indicazioni programmatiche di urbanistica commerciale” nonché ulteriore direttive ai Comuni per l’esercizio delle loro funzioni».
4.3.— Se ci spostiamo dal piano normativo a quello amministrativo, deve rilevarsi che la Regione (e gli altri enti territoriali e non) devono esercitare l’attività amministrativa ad essi attribuita in conformità, negli ambiti materiali costituzionalmente delimitati, ai parametri legislativi sia statali sia regionali.
In attuazione dell’art. 1, comma 2, della legge regionale n. 17 del 1999, sopra riportato, è stato emanato il censurato atto di programmazione regionale n. 409 del 2000.
Tale atto, però, nella parte in cui, all’art. 5, pone, per l’area di Lamezia Terme, limitazioni predeterminate al numero delle grandi strutture di vendita che possono essere autorizzate si pone in contrasto con l’art. 3 del decreto-legge n. 223 del 2006, il quale, come già sottolineato, stabilisce che non sono ammessi limiti aprioristici e astratti riferiti a quote di mercato predefinite ovvero limiti derivanti dalle distanze tra le diverse strutture.
In definitiva, deve ritenersi che sia illegittima per violazione delle regole della concorrenza “nel” mercato, come definite dal legislatore statale, l’atto amministrativo generale adottato dalla Regione Calabria, nella parte in cui, segmentando il mercato in maniera rigida, ostacola la liberalizzazione del settore del commercio impedendo l’ingresso nel mercato di nuovi operatori. Recentemente il Consiglio di Stato ha avuto modo di affermare, con riferimento al rapporto tra attività commerciale e tutela della concorrenza, che «I principi del Trattato e del nostro ordinamento costituzionale impongono che i poteri pubblici non interferiscano sul libero giuoco della concorrenza, astenendosi dallo stabilire inderogabilmente il numero massimo degli esercenti da autorizzare in una determinata area» (Consiglio di Stato, sez. V, 5 maggio 2009, n. 2808).
E’ bene chiarire che ciò non significa ovviamente che la Regione, nell’esercizio delle proprie specifiche competenze, non possa, mediante la programmazione, porre dei limiti all’insediamento delle strutture di vendita; ma ciò può fare nel rigido rispetto delle condizioni stabilite dal complesso delle norme statali e regionali che regolamentano il settore. A tale proposito, con la citata sentenza n. 2808 del 2009, il Consiglio di Stato ha sottolineato che tali limiti sono rappresentati dall’esigenza di tutelare «valori di rango equivalente al principio di libera iniziativa economica», specificando, però, che nell’ambito dei predetti valori «non può farsi rientrare la salvaguardia di una quota di mercato in favore degli esercizi esistenti».
In definitiva, deve essere accolto il ricorso in via incidentale per le ragioni sin qui esposte.
5.— Una volta accolto il ricorso in via incidentale, deve dichiararsi inammissibile il ricorso in via principale: non potendo, infatti, operare limiti astratti e predeterminati all’insediamento delle grandi strutture di vendita la Società Az s.p.a. - titolare di una autorizzazione all’esercizio dell’attività economica nella medesima area, peraltro non ancora “attivata”, potendo ciò avvenire entro il 20 giugno 2010 - non ha alcun interesse giuridicamente tutelabile a contestare l’attività amministrativa con la quale la controinteressata è stata abilitata ad entrare anch’essa nell’area di mercato in esame. Tutto ciò fermo, ovviamente, il possibile riesercizio del potere amministrativo regionale in fase di programmazione che si svolga entro gli ambiti definiti dalle complessive fonte di regolazione del settore.
6.— La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sede di Catanzaro, sezione Seconda, definitivamente pronunciando:
a) dichiara irricevibile il ricorso principale nella parte in cui si impugna la deliberazione del consiglio comunale n. 22 del 21 giugno 2008 e la determinazione n. 78 del 9 giugno 2008;
b) accoglie il ricorso incidentale e per l’effetto annulla, nei limiti indicati nella parte motiva, la deliberazione del consiglio regionale della Calabria n. 409 del 18 gennaio 2000;
c) dichiara, fermo quanto disposto al punto a), inammissibile il ricorso principale.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del 3 luglio e del 9 ottobre 2009 con l'intervento dei Magistrati:
Vincenzo Fiorentino, Presidente
Vincenzo Lopilato, Referendario, Estensore
Antonio Andolfi, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/12/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

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