Data: 2013-01-04 21:06:39

Violenza e minaccia a pubblico ufficiale

Tribunale di Caltanissetta
Sentenza 17 ottobre 2012

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CALTANISSETTA
In composizione monocratica
Il Tribunale di Caltanissetta in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Valerio Giovanni Antonio Sasso, alla pubblica udienza del 17 ottobre 2012,
ha pronunciato e pubblicato mediante lettura la seguente
SENTENZA
MOTIVAZIONE CONTESTUALE
Nei confronti di: X. Y., nato a Caltanissetta il *****, ivi res.te in via ***** domiciliato presso lo studio dell’avv. Dino Giovanni Milazzo
Libero, assente,
Difeso di fiducia dall’avv. Dino Giovanni Milazzo
Conclusioni:
per il PM: assoluzione per il reato al capo b) perché il fatto non sussiste; capo a), condanna, tenuto conto delle aggravanti e della scelta del rito, alla pena di mesi 4 di reclusione
per la difesa: si associa quanto alla richiesta per il capo b), in ordine al capo a) chiede sentenza di non doversi procedere per mancanza di querela
Svolgimento del processo
Con decreto di citazione diretta a giudizio X. Y. veniva chiamato a rispondere dei reati in rubrica.
Il 14 gennaio 2011 il difensore sollevava eccezione relativa al capo di imputazione, eccezione rigettata alla successiva udienza del 10.3.2011 dopo una udienza di mero rinvio per legittimo impedimento del difensore; rinviata l’udienza del 13.7.11 per adesione del difensore all’astensione proclamata dalla Camera penale, riassegnato il fascicolo all’odierno scrivente il 28.3.2012, rigettate nuovamente le eccezioni riformulate dalla difesa, l’imputato chiedeva accedere al rito abbreviato condizionato all’esame dello stesso; accolta tale richiesta, esaminato l’imputato, la causa veniva rinviata al 17.10.12, e chiuso il dibattimento le parti concludevano come in epigrafe e il Giudice si ritirava in camera di consiglio per la decisione.
Motivi della decisione
Il X. è chiamato a rispondere dei reati di lesioni aggravate avendo cagionato a un ispettore di Polizia Municipale lesioni giudicate guaribili in tre giorni con pugni (capo a) e per avere usato violenza a un pubblico ufficiale per costringerlo a compiere un atto del suo ufficio che il predetto pubblico ufficiale non aveva il potere di compiere (capo b).
Dal fascicolo delle indagini, risulta che il 17.11.08 (CNR in pari data) l’ispettore Capo W. Liborio, in servizio presso il Comando Polizia Municipale di Caltanissetta, mentre si trovava in servizio presso gli uffici della Solidarietà Sociale del Comune di Caltanissetta, veniva aggredito dal X. che ivi si trovava per chiedere un sussidio; in particolare (relazione di servizio), l’Ispettore veniva aggredito in quanto l’assistente sociale del Comune, recatasi a verificare se fosse possibile la concessione del sussidio per il X., riferiva risposta negativa, sì che quest’ultimo, in uno scatto d’ira (così testuale nella relazione di servizio), lo spingeva con forza facendolo cadere e gli dava un pugno, che colpiva di striscio il W. Tali azioni, nelle relazioni di servizio, vengono accompagnate dall’aggettivo, o dall’avverbio, “improvviso” o “improvvisamente”: difatti, il X. non ebbe a richiedere alcun interessamento del W. nella sua situazione, ma “perse le staffe” a fronte del diniego della prestazione da parte della dipendente comunale.
Dall’esposizione dei fatti, non emerge alcun profilo di responsabilità quanto al capo b) della rubrica: si osserva infatti che l’atto del X. si presenta non solo successivo al diniego del sussidio da parte dell’impiegato del Comune preposto all’ufficio, bensì anche come finalisticamente sganciato da qualsiasi scopo, in quanto lo stesso Ispettore viene preso alla sprovvista dal comportamento del X., non preceduto da alcuna richiesta di attività amministrativa a suo favore. Come noto, difatti, se non è necessario, ai fini della configurazione del reato, che il Pubblico Ufficiale sia nell’esercizio delle sue funzioni, è invece indispensabile il rapporto finalistico tra l’azione violenta o minacciosa e l’atto amministrativo: si osservi, infatti, che, trattandosi di reato plurioffensivo (Cass. 2187/09), la lesione deve involgere non solo la sfera di autonomia riconosciuta al P.U., ma anche, e necessariamente, l’amministrazione pubblica e la discrezionalità amministrativa ad essa riconnessa.
Recentemente, la Suprema Corte ha peraltro ritenuto che “non integrano il reato di minaccia a pubblico ufficiale di cui all'art. 336 cod. pen., le espressioni minacciose rivolte nei confronti di un pubblico ufficiale come reazione alla pregressa attività dello stesso, in quanto difetta la finalità di costringere la persona offesa a compiere un atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto dell'ufficio, ovvero quella di influire comunque su di esso” (Cass. 335/08).
Tale considerazione, se è valida ad escludere il reato di cui all’art. 336 c.p., non può far venire meno la sussistenza dell’aggravante contestata di cui all’art. 576 co. 5 bis c.p. richiamato dall’art. 585 c.p.; va infatti osservato che, sulla scorta della giurisprudenza già formatasi in materia di aggravante ex art. 61 n. 10 c.p. (essendo linguisticamente identica la disposizione del recentemente introdotto comma 5 bis cit.), la aggressione a soggetto cd.qualificato, in tanto non può costituire circostanza aggravante, in quanto sia, per altro verso, elemento costitutivo di altro reato (ad esempio, artt. 336-337 c.p.) (Cass. 11780/2010), mentre, qualora sia del tutto assente la finalizzazione della condotta dell’agente rispetto all’azione amministrativa (come nel caso di specie), la qualità della persona offesa rileva ai soli fini dell’aggravante de qua loquitur.
Nel nostro caso, l’ispettore W. riportava – vedasi certificato in atti del P.S. S.Elia del 17.11.08 – lesioni consistenti in trauma contusivo regione lombare destra e algia lombare zona destra e orecchio sinistro, con livido, a causa del pugno del X. dal quale veniva colpito (solo di striscio, vds. relazione di servizio) e della spinta, in forza della quale rovinava in terra urtando una sedia, con prognosi di giorni tre.
Va ritenuta provata la penale responsabilità del X. in riferimento alla condotta di lesione aggravata dalla qualifica di pubblico ufficiale del W. Non risulta sostenibile la tesi difensiva della mancanza di contestazione successiva alla presa d’atto dell’errore materiale del capo di imputazione, proprio perché l’errore materiale non è riconducibile ad alcuna ipotesi di cui agli artt. 516 e segg. c.p.p., sicché non è necessaria una nuova contestazione, essendo l’imputato nelle condizioni di svolgere le proprie difese.
Va ritenuta anche la recidiva reiterata e infraquinquennale, da valutarsi, unitamente alla circostanza aggravante di cui all’art. 576 co. 5 bis c.p., equivalenti alle circostanze generiche attenuanti, ritenute concedibili in forza del dolo d’impeto, dello stato confusionale in cui si trovava al momento della condotta (il X., interrogato, afferma difatti di essere tossicodipendente), della minima offensività dell’aggressione e del comportamento successivo all’azione (riferisce, in sede di interrogatorio, di essersi scusato col W.).
Pertanto, effettuato il predetto giudizio di comparazione ex art. 69 c.p., la pena può essere fissata in mesi quattro di reclusione, ridotta per la scelta del rito a mesi due giorni venti di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Non risulta concedibile ulteriormente la sospensione condizionale, di cui già l’imputato ha usufruito in due occasioni (tramite due sentenze di condanna del 2001 – rilevato altresì che una delle due sospensioni condizionali veniva revocata nel 2003, vds. casellario).
P.Q.M.
Visto l’art. 530 c.p.p.
Assolve X. Y. dal reato di cui al capo a) perché il fatto non sussiste;
visti gl’art. 442 e segg. 533-535 c.p.p.
condanna X. Y., concesse le circostanze generiche attenuanti equivalenti alle contestate e ritenute aggravanti, ridotta la pena per effetto del rito, alla pena di mesi due giorni venti di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Caltanissetta, 17 ottobre 2012.
Il Giudice
Valerio Giovanni Antonio Sasso

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