Data: 2012-12-23 07:05:44

Interessi e rivalutazione monetaria su INQUADRAMENTI TARDIVI - CdS 18/12/12

Interessi e rivalutazione monetaria su INQUADRAMENTI TARDIVI - CdS 18/12/12

Sulle somme erogate dall’amministrazione a seguito degli inquadramenti dei propri dipendenti, se corrisposte tardivamente, vanno computati gli interessi e la rivalutazione monetaria
Nella vicenda in esame ottantasei dipendenti del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, chiedevano che venisse accertato il loro diritto a vedersi corrisposti gli interessi e la rivalutazione monetaria sulle somme loro erogate a seguito dell’inquadramento nelle qualifiche funzionali, di cui alla legge n. 312 del 1980, tardivamente operato dall’Amministrazione. Giunta la questione al Consiglio di Stato quest'ultimo ha dato applicazione al consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale le somme erogate dall’amministrazione a seguito degli inquadramenti dei propri dipendenti hanno carattere retributivo-stipendiale e su di esse, ove corrisposte in ritardo, vanno computati gli interessi e la rivalutazione monetaria dalla data di maturazione del credito principale, vale a dire dai decreti d’inquadramento, perché prima della loro emanazione non è configurabile alcuna obbligazione pecuniaria e, dunque, alcuna sua patologia (Cons. di Stato, Sez. VI, 24 febbraio 2005, n. 687; confr. anche Cons. di Stato, Sez.IV, 27 settembre 1993, n. 799, e Cons. di Stato, comm. spec., 3 luglio 1993, n. 351). In applicazione di tale principio, nel caso di specie il Collegio ha ritenuto che le somme richieste a titolo di interessi e rivalutazione monetaria dai dipendenti del Ministero del Lavoro devono considerarsi prescritte, non avendo i medesimi posto in essere entro i 5 anni previsti dall’art. 2948 c.c. idonei atti interruttivi degli effetti del predetto istituto.
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 18.12.2012, n. 6480)


N. 06480/2012REG.PROV.COLL.

N. 07676/2008 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7676 del 2008, proposto dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
I signori Perrone Claudia Carmela, Pedranzini Anna Maria, Parisi Caterina, Rosolen Ida, Mainetti Amedeo, Bondanza Enrica, Bongio Paolino, Compagnoni Valeria, Tavasci Lidia, Busi Arnaldo, Azzalini Giancarlo, Zoaldi Vincenzina, Micheli Manuela Emilia, Romeri Silvana, Farina Daniele, Paganoni Francesco, Monti Piera, Maffi Silvano, Boscacci Umberto, Gianesini Maria Rosa, Verde Pasquale, Bonomi Miria, Mancini Laura, Beltrama Marilena, Venturini Giuseppe, Napoli Liliana, Carella Pasquale, Ronchetti Renata, Cattaneo Luisella, Dante Laura Angela, Mele' Stefania, Gatti Mario, Gatti Laura, Belotti Aurelio, Zanoni Ubaldo, Ubiali Marilina, Dragone France, Pamieri Giuseppe, Naclerio Alfonso, Beneggi Alessandra, Vavassori Fabrizio, Rossi Maddalena, Riemma Raffaella, Selleri Luana, Bombardoni Luciana, Crotti Roberto, Riva Rosaria Maria, Tarenzi Tiziana, Mutti Raffaella, Giudici Donatella, Gressani Lucia, Marletta Antonina, Birolini Rosangela, Gherardi Liliana, Di Lorenzo Maria, Marchetti Vittorio, Manfredi Elda, Birolini Bruno, Chiudinelli Marisa, non costituiti nella presente fase di giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE III n. 5388/2007, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 novembre 2012 il Cons. Claudio Boccia e udito l’avvocato dello Stato D'Ascia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso n.1721 del 1994, proposto al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, ottantasei dipendenti del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, chiedevano che venisse accertato il loro diritto a vedersi corrisposti gli interessi e la rivalutazione monetaria sulle somme loro erogate a seguito dell’inquadramento nelle qualifiche funzionali, di cui alla legge n. 312 del 1980, tardivamente operato dall’Amministrazione.
Con ordinanza n. 117 del 2000, il collegio giudicante sollevava questione di legittimità costituzionale dell’articolo 26 della legge n. 448 del 1998, secondo il quale il pagamento degli emolumenti conseguenti al predetto inquadramento non avrebbe dovuto dar luogo ad interessi né a rivalutazione monetaria.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 136 del 2001, giudicava fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, dichiarando illegittima la citata norma in quanto contrastante con gli articoli 3 e 36 della Costituzione.
2. Con la sentenza n. 5388 del 2007, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia dichiarava fondato il ricorso per i ricorrenti che in relazione alla dichiarazione di perenzione decennale avevano presentato tempestiva domanda di fissazione dell’udienza di discussione e dichiarava la perenzione decennale del ricorso per quei ricorrenti che avevano omesso di presentare la predetta domanda.
2.1. Nel merito il Tribunale adito rilevava che l’unica ragione ostativa al riconoscimento degli interessi legali e della rivalutazione monetaria era rappresentata dall’articolo 26 della legge n. 448 del 1998, il cui disposto derogava dal principio generale della spettanza di detti emolumenti e che in considerazione del fatto che la Corte Costituzionale si era pronunciata dichiarando l’illegittimità della norma impugnata, doveva essere riconosciuta la fondatezza della richiesta dei ricorrenti, relativamente alla corresponsione degli interessi legali e della rivalutazione monetaria sulle somme dovute per effetto dell’inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali, ai sensi dell’art. 4, comma 8, della legge 11 luglio 1980, n. 312.
Il Giudice di primo grado stabiliva, altresì, che il riconoscimento dei crediti accessori doveva essere effettuato in misura cumulativa quanto ai periodi anteriori al 31 dicembre 1994 e per i periodi successivi a tale data calcolato in base a quanto previsto dall’art. 22, comma 36, legge n. 724 del 1994.
Il giudice di prime cure, infine, non accoglieva l’eccezione proposta dall’Avvocatura dello Stato, di prescrizione del credito vantato dai dipendenti, ritenendo il ricorso notificato prima della scadenza del termine quinquennale di prescrizione previsto dall’art. 2948 del c.c. .
A suo giudizio, infatti, il diritto dei ricorrenti a percepire gli arretrati decorreva non dall’8 novembre 1988 ma dall’8 novembre 1989, poiché il credito per interessi “matura ad anno” ed il ricorso risultava notificato il 24 marzo 1994, prima cioè del decorso del quinquennio, cadente nella fattispecie l’8 novembre 1994.
3. Avverso la sentenza del T.A.R. per la Lombardia n. 5388 del 2007, il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale ha presentato appello (ricorso n. 7676 del 2008), deducendo a motivo di gravame la violazione di legge per falsa ed erronea applicazione dell’art. 2948 del codice civile e rilevando che, ai sensi dell’art. 2935 del c.c., la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, vale a dire nel caso di specie dall’8 novembre 1988, data di pubblicazione in G.U. della deliberazione della Commissione paritetica concernente la determinazione della corrispondenza tra qualifiche precedenti e nuovi profili professionali.
Pertanto, non essendo stati posti in essere dai ricorrenti atti interruttivi della prescrizione prima della data di scadenza del quinquennio (8 novembre 1993) in quanto il ricorso risulta notificato in data 29 marzo 1994, il diritto dei ricorrenti originari a vedersi riconosciuti interessi e rivalutazione monetaria sulle somme erogate tardivamente dall’Amministrazione dovrebbe ritenersi prescritto.
4. All’udienza del 27 novembre 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.
5. L’art. 2948 del c.c. stabilisce che il diritto a percepire gli interessi si prescrive in 5 anni e l’art. 2935 del c.c. dispone che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Nel fattispecie in esame, come rilevato dallo stesso giudice di primo grado, il dies a quo per il decorso della prescrizione va rinvenuto nel momento in cui si è concluso il procedimento amministrativo di determinazione della corrispondenza tra le precedenti qualifiche ed i profili professionali del nuovo ordinamento e cioè l’8 novembre 1988, data di pubblicazione in G.U. della relativa deliberazione della commissione paritetica, di cui all’art. 10 della legge n. 312 del 1980 (Cons. di Stato, comm. spec., 3 luglio 1995, n. 351).
E ciò in quanto solo in tale data si sono perfezionati i presupposti per la corresponsione delle somme dovute a titolo di arretrato e di conseguenza le condizioni per richiedere la rivalutazione monetaria e gli interessi dovuti sulla somme corrisposte in ritardo a titolo di arretrato.
Quanto precede risulta confermato anche da un consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale le somme erogate dall’amministrazione a seguito degli inquadramenti dei propri dipendenti hanno carattere retributivo-stipendiale e su di esse, ove corrisposte in ritardo, vanno computati gli interessi e la rivalutazione monetaria dalla data di maturazione del credito principale, vale a dire dai decreti d’inquadramento, perché prima della loro emanazione non è configurabile alcuna obbligazione pecuniaria e, dunque, alcuna sua patologia (Cons. di Stato, Sez. VI, 24 febbraio 2005, n. 687; confr. anche Cons. di Stato, Sez.IV, 27 settembre 1993, n. 799, e Cons. di Stato, comm. spec., 3 luglio 1993, n. 351).
Ne deriva che le somme richieste a titolo di interessi e rivalutazione monetaria dai dipendenti del Ministero del Lavoro devono considerarsi prescritte, non avendo i medesimi posto in essere entro la data dell’8 novembre 1993 (e cioè entro i 5 anni previsti dall’art. 2948 c.c.) idonei atti interruttivi degli effetti del predetto istituto.
Da quanto risulta in atti, infatti, gli appellati hanno presentato domanda di liquidazione degli interessi e della rivalutazione monetaria sulle somme loro dovute in date posteriori all’8 novembre 1993.
6. Per quanto sin qui esposto l’appello è da ritenersi fondato e va, pertanto, accolto.
Pertanto, in relazione alle posizioni degli appellati, il ricorso di primo grado va respinto.
7. Il Collegio ritiene che, in relazione ai particolari profili della causa le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 7676/2008), come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso in primo grado, quanto alle posizioni degli appellati.
Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Gabriella De Michele, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere
Claudio Boccia, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/12/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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