Ad un coltivatore diretto che alleva suini ho chiesto di presentare al Suap Scia, autorizzazione scarichi e notifica ditta insalubre. L'interessato mi ha risposto che non deve esibire alcun documento in quanto i suini allevati sono allo stato brado e a suo tempo ha inoltrato al Servizio Veterinario dell’Usl per i gli animali detenuti richiesta di registrazione azienda, pertanto, non deve fare nient’altro. Anche l’azienda Sanitaria è dello stesso parere. E’ giusto quello che dice il titolare dell'Azienda Agricola?
Un coltivatore diretto può vendere i prodotti provenienti dalla rispettiva azienda (insaccati ) nella propria abitazione?
Un produttore agricolo che ha sempre effettuato la vendita dei propri prodotti (vino e olio) in Azienda Agricola può considerare, in base all’art. 71 Dls 59/2010 comma 6 lettera b , tale esperienza come requisito professionale per aprire un negozio di vicinato di vendita prodotti alimentari?
GRAZIE
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Il regolamento di polizia veterinaria di cui al DPR 320/1954 prevede l’autorizzazione per le stalle di sosta ma non per l’allevamento in generale. L’attività di allevare maiali allo stato brado è una attività agricola che non necessita di autorizzazione preventiva. Il DPR 317/96 prevede che ogni detentore di animali deve registrarsi presso la ASL ma anche in questo caso non si parla di autorizzazione.
Al di là di previsioni che si potrebbero provare in regolamenti veterinari locali non si ravvede la necessità di autorizzare (o far presentare SCIA) una semplice attività agricola di detenzione maiali allo stato brado ai fini della vendita o della macellazione.
L’allevamento potrebbe essere soggetto a Valutazione Impatto Ambientale ai sensi della L.R. 10/2010 ma per esserlo occorrono dei numeri che sicuramente il tuo caso non raggiunge.
L’autorizzazione allo scarico non è dovuta perché manca lo scarico. La definizione riportata all’art. 74 del d.lgs. 152/06 (come modificato nel 2008) recita: “scarico: qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione”.
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La vendita diretta dei prodotti agricoli, anche trasformati, è consentita a prescindere dalla destinazione d’uso, ai sensi del d.lgs. 228/01 in:
aree pubbliche, in forma itinerante;
aree pubbliche, mediante l’utilizzo di un posteggio;
aree private, ma in locali aperti al pubblico;
superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola o direttamente su aree private.
Chiaramente si devono rispettate le norme igienico-sanitarie del Reg. CE 852/04 o del Reg. CE 853/04.
L’abitazione non è un locale aperto al pubblico e non mi sembra che possa rispettare, quantomeno, il Reg. Ce 852/04, però un fondo annesso all’abitazione, magari ubicato nell’azienda, potrebbe diventarlo.
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Una recente circolare ministeriale ha chiarito che la disposizione di cui all’art. 71, comma 6, lett. b), a differenza di quanto avveniva prima (vedi d.lgs. 114/98) riconosce la qualificazione professionale non solo al soggetto dipendente qualificato “ addetto alla vendita o all’amministrazione “ ma anche al soggetto “ addetto alla preparazione di alimenti “. Ciò vuol dire che anche l’impresa artigianale che opera nel “settore alimentare” fa maturare i requisiti. Diverso però è il concetto di impresa agricola che svolge “attività agricola” e solo indirettamente alimentare. Sul punto ci sarebbe da discutere ma io direi di no.