GOVERNO impugna la legge Toscana sul Commercio - 16/11/2012
Disposizioni urgenti in materia di commercio per l'attuazione del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 e del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1. Modifiche alla l.r. 28/2005 e alla l.r. 1/2005.
(28-09-2012)
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Regione: Toscana
Estremi: legge n.52 del 28-09-2012
Bur: n. 52 del 28-09-2012
Settore: Politiche infrastrutturali
Delibera C.d.M. del: 16-11-2012 / Impugnativa
Motivi dell'impugnativa: La legge regionale, che detta disposizioni urgenti in materia di commercio per l'attuazione del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 e del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1. Modifiche alla l.r. n. 28/2005 e alla l.r. n. 1/2005, presenta profili di illegittimità costituzionale in relazione alle seguenti disposizioni che rendono particolarmente difficoltoso l'accesso di nuovi operatori nel mercato, condizionandolo al possesso di requisiti non strettamente necessari per il perseguimento degli interessi pubblici invocati dalla legge e ritardando detto ingresso con una procedura amministrativa assai lunga e complessa, in violazione dei principi di tutela della concorrenza e del mercato, di cui all'art, 117, comma 2, lettera e), della Costituzione. In particolare: 1)Le norme contenute negli artt. 11, 12 e 19 della legge regionale n. 52/2012, - che sostituiscono rispettivamente gli artt. 17, 18 e 19 della l.r n. 28/2005 - stabiliscono che l'apertura, il trasferimento di sede, l'ampliamento della superficie di vendita di medie, grandi strutture di vendita e di centri commerciali sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal SUAP competente per territorio. Esse contrastano con l'art. 19 delle legge n. 241/1990 e con l'art. 31 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella legge n. 214/2012, che hanno abolito i regimi autorizzatori fatte salve specifiche esigenze di interesse pubblico ed il rispetto del principio di proporzionalità. Con la sentenza 27 giugno 2012, n. 164, la Corte Costituzionale ha, inoltre, stabilito che il principio di liberalizzazione sotteso alla disciplina normativa in materia di SCIA, ha un ambito applicativo esteso alla totalità dei cittadini e costituisce quindi livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Le disposizioni regionali in esame, pertanto, oltre a violare il suddetto parametro costituzionale (art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione) violano, altresì, l'art. 117, comma 2, lett. m), della Costituzione. 2)Le norme contenute negli artt. 13 (Inserimento dell' articolo 18 ter nella l.r. 28/2005), 14 (Inserimento dell'articolo 18-quater nella l.r. n. 28/2005), 15 (Inserimento dell' articolo 18 quinquies nella l.r. 28/2005) e 16 (Inserimento dell' articolo 18 septies nella l.r. 28/2005), introducono una procedura per il rilascio dell'autorizzazione alle grandi strutture di vendita particolarmente onerosa e complessa sia per la copiosità della documentazione da produrre, sia per la pluralità delle fasi procedimentali che, peraltro, prevedono il coinvolgimento di vari enti locali. Si tratta di disposizioni che, anziché semplificare l'entrata sul mercato di nuovi operatori, sono in grado di ritardarne l'ingresso. Al riguardo, l'art. 7 del d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160, prevede un procedimento unico per presentare le istanze di inizio d'attività al SUAP , con ciò intendendo fornire una regolamentazione uniforme per tutti i soggetti aventi i requisiti di legge necessari ad intraprendere una attività economica. Le norme regionali in parola, oltre a incidere sui principi di libero mercato, violano l'art. 41 della Costituzione il quale assegna alla legge statale il compito di determinare i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. 3)Le norme contenute negli artt. 17 (inserimento dell'art. 18-septies Requisiti obbligatori delle grandi strutture di vendita) e 18 (inserimento dell'art. 18-octies Rilascio dell'autorizzazione alle grandi strutture di vendita), introducono numerosi e complessi requisiti obbligatori, quali la dotazione di una particolare classificazione energetica, la produzione di energia termica da fonte rinnovabile senza emissione in atmosfera , la collaborazione con associazioni di volontariato sociale per la realizzazione di progetti di raccolta e ridistribuzione a soggetti deboli dei prodotti alimentari invenduti e comunque non scaduti; l' attivazione di specifici programmi per la limitazione della produzione di rifiuti, la riduzione di imballaggi monouso e di shopper in plastica, la vendita di prodotti a mezzo erogatori alla spina, l'uso di sistemi di riuso per imballaggi secondari e terziari in plastica e/o legno ed altre modalità proposte dal richiedente, la realizzazione di apposite aree dei servizio destinate alla raccolta differenziata ed allo stoccaggio dei rifiuti prodotti dall'esercizio, il rispetto dei piani comunali del colore e delle insegne;l' attivazione di un sistema di gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche ; la sottoscrizione dell'impegno a realizzare accordi sindacali di secondo livello finalizzati ad evitare situazioni di concorrenza anomale. Vengono inoltre stabiliti elementi obbligatori, aggiuntivi , per le grandi strutture con superficie di vendita superiore a 4.000 metri quadrati, quali la dotazione di un'area adibita esclusivamente al lavaggio dei mezzi commerciali dotata di tutti gli accorgimenti e attrezzature necessarie al fine di evitare la contaminazione di suolo e sottosuolo, qualora tale lavaggio avvenga all'interno della struttura commerciale o nelle relative pertinenze; la protezione dei bersagli più esposti all'inquinamento da polveri attraverso fasce verdi di protezione adeguatamente piantumate, la verifica degli apporti inquinanti prodotti dagli impianti della struttura da realizzare e dalle emissioni del traffico afferente, nel rispetto delle norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti; la valutazione degli effetti acustici cumulativi all'interno della struttura ed all'esterno, un progetto per la raccolta delle acque piovane con la realizzazione di una vasca di recupero per le operazioni di annaffiatura, lavaggio delle aree ed ogni forma di riuso per la quale non sia richiesta l'acqua potabile; adeguate dotazione di parcheggi per biciclette ed auto elettriche e implementazione di punti di ricarica; la raccolta di almeno il 50 per cento delle acque meteoriche convogliate dalle superfici impermeabili dell'area e loro riutilizzo per tutti gli usi assentibili; l' esistenza di servizi di trasporto pubblico per il collegamento dell'area dove è insediata la struttura, in relazione agli orari di attività della stessa, anche assicurando il servizio medesimo, in tutto o in parte, con l'utilizzo di soggetti privati, purché risulti coerente con il sistema dei servizi e delle tariffe di trasporto pubblico; esistenza di un'apposita convenzione sottoscritta dal comune e dal richiedente, per la realizzazione delle infrastrutture necessarie , contenente la subordinazione dell'avvio dell'attività alla piena funzionalità delle infrastrutture; la realizzazione di spazi per l'accoglienza del cliente, ivi compresi spazi destinati alla sosta di riposo e di spazi destinati ai bambini, gestiti da apposito personale, attrezzati anche per l'igiene e la cura degli stessi. E' di tutta evidenza che detti requisisti obbligatori, seppur motivati con ragioni di tutela dell'ambiente, della salute, della tutela dei lavoratori, appaiono ingiustificatamente restrittivi della concorrenza e possono limitare l'accesso al mercato delle grandi strutture di vendita attraverso la previsione di vincoli e adempimenti burocratici eccessivi che aggravano oltremodo il costo degli investimenti necessari a realizzare tali strutture, cosi favorendo il mantenimento degli assetti di mercato esistenti. In particolare il comma 7, dell'art 18 septies, introdotto dal citato art. 17, prevede l'obbligo per il privato di garantire il trasporto a tariffe di servizio pubblico. Tale previsione interferisce con la materia dell'affidamento di servizi pubblici locali che, come affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 20 luglio 2012, n. 199, deve essere disciplinata a livello locale dal diritto comunitario, per ciò che concerne le regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l'affidamento della gestione di servizi pubblici di rilevanza economica, andando quindi a contrastare con detto ordinamento. 4)La disposizione contenuta nell'articolo 20 introduce un nuovo articolo 19 quinquies nella l.r. n. 28/2005 che prevede , oltre alle già esistenti tipologie , le strutture di vendita in forma aggregata. La nuova norma regionale, nei commi da 1 a 5, dispone infatti : "1. Sono strutture di vendita in forma aggregata: a) le medie strutture di vendita adiacenti tra loro, anche verticalmente, o insediate a distanza reciproca inferiore a 120 metri lineari; b) le medie strutture di vendita adiacenti ad una grande struttura di vendita, anche verticalmente o insediate a distanza inferiore a 120 metri lineari da una grande struttura di vendita; c) le grandi strutture di vendita adiacenti tra loro, anche verticalmente, o insediate a distanza reciproca inferiore a 120 metri lineari; d) le strutture di vendita di cui alle lettere a), b) e c) poste anche a distanza reciproca superiore a 120 metri lineari, qualora presentino collegamenti strutturali tra loro. 2. Le strutture di vendita in forma aggregata mantengono carattere dimensionale unitario anche se sono costituite da più unità immobiliari, se sono attraversate da viabilità privata o pubblica e se sono insediate sul territorio di comuni diversi. 3. La distanza tra le strutture di vendita di cui al comma 1, è calcolata dalle pareti esterne degli edifici più vicine tra loro, che perimetrano l'intera superficie coperta lorda di ciascun edificio. Qualora la struttura di vendita sia inserita in un edificio destinato a varie funzioni, la distanza di cui al comma 1 si misura tra le parti degli edifici destinate alla funzione commerciale. 4. La superficie di vendita delle strutture in forma aggregata è determinata dalla somma delle superfici di vendita di tutte le strutture, esistenti e da autorizzare, che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1. 5. In relazione all'insediamento di nuove strutture di vendita, il comune preliminarmente verifica se la struttura da insediare si inserisca in uno spazio territoriale in cui sono già presenti altre strutture di vendita medie o grandi. Qualora la distanza tra la struttura di vendita da insediare e quelle già presenti determini il configurarsi di una struttura di vendita in forma aggregata di cui al comma 1, in relazione alla superficie di vendita complessiva calcolata ai sensi del comma 4, il comune verifica le disposizioni da applicare alla fattispecie". La descritta previsione regionale, dunque, introduce di fatto limitazioni relative alle distanze tra esercizi commerciali, peraltro stabilite a posteriori rispetto alla richiesta di autorizzazione, che sono vietate ai sensi della normativa statale e comunitaria vigente costituita dall'art. 34 comma 3 del dl. n. 201/2011, come convertito con legge n. 214/2011 e dall'articolo 1 del dl. n. 1/2012 come convertito in legge n. 27/2012, che, nel recepire le prescrizioni della direttiva 2006/123/CE, abrogano le norme che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite , vietando in particolare l'imposizione di distanze minime tra le localizzazioni delle sedi deputate all'esercizio di una attività economica. 5) La norma contenuta nell'art. 39, concernente la distribuzione di carburanti (Sostituzione dell'articolo 54 della l.r. n. 28/2005), prevede per l'apertura dei nuovi impianti una serie di requisiti obbligatori, quali la presenza di impianti fotovoltaici o la capacità complessiva dei serbatoi, che, anche laddove rispondenti a interessi generali, appaiono non proporzionati. 6)La norma contenuta nell'art. 41 (Sostituzione dell'articolo 56 della l.r.. n. 28/2005), prevede che nei nuovi impianti per la distribuzione di carburanti , nonché in quelli esistenti, può essere esercitata l' 'attività di vendita al dettaglio con superficie dì vendita non superiore a quella degli esercizi di vicinato". Si introduce in tal modo una limitazione quantitativa allo svolgimento dell'attività commerciale, non giustificata da alcun interesse generale. Per questi motivi le norme sopra indicate devono essere impugnate ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.
Il mio comune si trova nell'ambito della Regione Lazio, il che é tutto dire. Non funziona nulla non si legifera e via dicendo. Avevo sempre visto la regione Toscana come all'avanguardia nell'emanazione delle normative regionali in materia, almeno, commerciale. Ora che ho letto le norme approvate con legge regionale Toscana in materia di commercio ed impugnate davanti all Corte Costituzionale dal Governo, debbo ricredermi.
Credo che era più snella la procedura della vecchia legge 11/6/1971, n. 426.
Ma così il paese Italia e noi italiani dove pensiamo di andare?
Saluti