CARBURANTI - limiti alla programmazione comunale - CdS 17/9/2012
Cons. Stato Sez. V, Sent., 17-09-2012, n. 4911
I.- Con il ricorso in appello, che ha assunto il n. 6714 del 2002 di r.g., la Total Fina Elf Italia s.p.a., nella qualità di proprietaria di un impianto di distribuzione di carburanti nel Comune di Gioia del Colle, alla via Ricciotto Canuto n. 135, ha chiesto l'annullamento della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale sono stati respinti i ricorsi nn. 439/1995, 307/2000 e 1339/2000, proposti per l'annullamento, rispettivamente: a) della delibera commissariale del 6.10.1994 n. 644 (di approvazione del piano di razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti e di declaratoria di incompatibilità di detto impianto con le esigenze urbanistiche della zona), nonché del successivo atto del 5.12.94 n. 6271/16975 (con il quale la Società FINA è stata diffidata a chiedere il trasferimento dell'impianto); b) della delibera consiliare n. 86 del 30 novembre 1999 (di approvazione del nuovo piano di razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti e di trasferimento dell'impianto in altra zona); c) del provvedimento del Dirigente comunale del 19 aprile 2000 n. 1665/9788 (con il quale la Società è stata diffidata, in esecuzione della delibera consiliare n. 86/99, a trasferire l'impianto in altra zona, pena la revoca del titolo abilitativi all'esercizio), nonché per il risarcimento dei danni. Inoltre è stato chiesto il risarcimento di tutti i danni derivati e derivanti alla ricorrente dall'esecuzione degli impugnati provvedimenti, sia sotto il profilo del lucro cessante che del danno emergente, nella misura da determinarsi in corso di giudizio, o comunque secondo equità, con gli accessori come per legge; in alternativa è stata chiesta la determinazione dei criteri cui dovrà attenersi il Comune di Gioia del Colle.
A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:
1.- Violazione degli artt. 7 e 13 della L. n. 241 del 1990 e dell'art. 30, comma 3, della L.R. n. 13 del 1990. Eccesso di potere per contraddittorietà della motivazione.
Il T.A.R ha erroneamente respinto la censura di violazione dell'art. 7 della L. n. 241 del 1990 per mancato avvio del procedimento sollevata nei confronti delle deliberazioni di approvazione dei piani di razionalizzazione della rete.
2.- Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, assoluta carenza della motivazione, travisamento dei fatti, contrasto con precedenti provvedimenti della stessa Amministrazione.
Le ragioni di incompatibilità tra un impianto ed il territorio che ne giustificano il trasferimento obbligato sono tassativamente individuate, dall'art. 3, comma 1, lettera o), punto 4, della L.R. n. 13 del 1990, tra l'altro, nella necessità di salvaguardia dell'incolumità dei residenti, che è stata invocata sia dalla deliberazione del 1994 che da quella del "'98" perché l'impianto era ubicato su area a confine con un immobile condominiale, perché a servizio dell'impianto operava un autolavaggio (pregiudicante le condizioni igienico sanitarie dei residenti nelle vicinanze) e perché i serbatoi erano interrati a ridosso di detto immobile.
I relativi pregiudizi non sono stati mai individuati concretamente e specificamente da dette deliberazioni, viziate quindi da difetto di motivazione e di istruttoria, da travisamento dei fatti e da sviamento.
Al riguardo il Giudice di primo grado si è limitato ad affermare genericamente che l'impianto era in contrasto con le linee di impostazione ed individuazione delle nuove direttive di traffico ed era privo delle caratteristiche di mantenimento ed adeguamento, senza rilevare che vi è chiaro contrasto tra la dichiarazione di incompatibilità dell'impianto ed i precedenti provvedimenti delle competenti amministrazioni che avevano attestato la sua corrispondenza alle norme di sicurezza e la sua compatibilità con il territorio.
3.- Violazione degli artt. 1.5, 2.1, e 3.2 del D.Lgs. n. 32 del 1998. Illegittimità per erronea individuazione della normativa applicabile alla fattispecie ed omessa valutazione di fatto decisivo.
La impugnata sentenza ha omesso di pronunciarsi sulla fondamentale censura proposta nei confronti delle impugnate delibere, di illegittimità del contenuto del piano di razionalizzazione, perché con esso non può procedersi alla verifica di compatibilità con il territorio degli impianti già esistenti.
Comunque la disciplina introdotta dai punti 1.5 e 3.2 del D.Lgs. n. 32 del 1998 subordinava la verifica di compatibilità degli impianti già esistenti ad una precisa scansione procedimentale, (comunicazione dell'avvenuta verifica di incompatibilità, fissazione di un termine per la presentazione di un piano di chiusura o di smantellamento, verifica con un distinto procedimento dell'adeguatezza dei programmi di conformazione alla normativa vigente e dell'attuazione degli stessi, con eventuale revoca allo scadere dei termini previsti), nel caso di specie non rispettata perché il Comune ha direttamente adottato il provvedimento restrittivo ed imposto il trasferimento senza concedere alcun termine per la presentazione di un programma di adeguamento.
4.- Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, violazione del principio di buon andamento dell'azione amministrativa. Eccesso di potere per carenza assoluta di istruttoria e mancanza di motivazione.
E' stata omessa la valutazione di due piani di adeguamento negli anni 2000 e 2001, che erano in grado di eliminare radicalmente le ragioni di incompatibilità dell'impianto, e la loro valutazione.
5.- Incompetenza, violazione dell'art. 3 del D.Lgs. n. 29 del 1993, nel testo sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. n. 80 del 1998, nonché dell'art. 45 di quest'ultimo d. lgs.
In riferimento alla censura di incompetenza dell'organo che aveva emanato la delibera consiliare n. 86 del 1999, di approvazione del nuovo piano di razionalizzazione della rete di distribuzione carburante, basata sulla osservazione che, secondo l'art. 45 del D.Lgs. n. 80 del 1998, la competenza sugli atti di gestione è riservata ai dirigenti, il T.A.R. ha affermato che il potere di pianificazione della rete di carburanti è parte essenziale del potere di verifica urbanistica e, in quanto frutto di scelte discrezionali e di principio, fuoriesce dall'ambito di gestione affidato all'organo burocratico e spetta all'organo consiliare.
Detta motivazione è tuttavia censurabile perché il piano di razionalizzazione non si è limitato a fissare meri criteri programmatici di carattere generale, ma ha direttamente individuato delle ipotesi di incompatibilità degli impianti disponendone il trasferimento, sicché non può ritenersi che sia stato espressione di scelte discrezionali o di principio.
L'attribuzione da parte dell'art. 1.5 del D.Lgs. n. 32 del 1998 del compito di provvedere alla verifica di incompatibilità genericamente al Comune non può che essere interpretato alla luce dei principi di cui al citato art. 45 del D.Lgs. n. 80 del 1998.
6.- E' stata infine formulata la richiesta di risarcimento dei danni derivanti dalla adozione degli illegittimi provvedimenti impugnati, con particolare riguardo agli oneri economici necessari all'acquisizione della nuova area su cui trasferire il distributore di carburante, alla realizzazione delle nuove strutture, allo smantellamento delle precedenti ed alla perdita dell'avviamento, con eventuale fissazione dei criteri da osservare in caso di liquidazione concordata del danno in caso di impossibilità di reintegrazione in forma specifica.
Con memoria depositata il 3.10.2003 è intervenuta ad opponendum la Esso Italiana s.r.l., che ha innanzi tutto dedotto la ammissibilità dell'intervento in quanto titolare dell'interesse alla conservazione del Piano impugnato, in base alle prescrizioni del quale ha ottenuto la concessione edilizia e la autorizzazione all'installazione di un suo impianto dichiarato incompatibile, nonché ha dedotto la infondatezza dell'appello.
Con memoria depositata il 6.10.2003 la parte appellante, evidenziata la necessità di riunione del ricorso in appello in esame con il successivo n. 6784 del 2003 e la contraddittorietà tra la sentenza del T.A.R. impugnata e quella gravata con detto atto di appello, ha ribadito tesi e richieste.
Con ordinanza 7 ottobre 2003 n. 4229 la Sezione ha respinto la istanza di sospensione della sentenza impugnata.
Con memorie depositate il 4.2.2009 ed il 26.1.2009 si sono costituiti nuovi difensori, in sostituzione del precedente, per la Esso Italiana s.r.l..
Con memoria depositata il 17.2.2012 la Esso Italiana s.r.l. ha contestato le affermazioni contenute nella memoria della Total depositata il 6.10.2003 ed ha ribadito tesi e richieste.
Con memoria depositata il 17.2.2012 la parte appellante, premesso che il piano di razionalizzazione impugnato è stato sostituito con altro piano approvato in attuazione del D.Lgs. n. 32 del 1998, ha ribadito tesi e richieste.
Con memoria depositata il 28.2.2012 la Esso Italiana s.r.l. ha replicato alle avverse argomentazioni ed ha chiesto che l'appello venga dichiarato improcedibile o inammissibile o che venga dichiarato infondato.
Con memoria depositata il 28.2.2012 il Comune resistente ha replicato alle avverse argomentazioni ed ha chiesto che l'appello venga dichiarato improcedibile o inammissibile o che venga dichiarato infondato.
II.- Con ricorso in appello, che ha assunto il n. 6784 del 2003 del r.g., la Total Italia s.p.a. (nuova denominazione della Total Fina Elf Italia s.p.a.) ha chiesto l'annullamento della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato respinto il ricorso proposto per l'annullamento dell'atto dirigenziale del Comune di Gioia del Colle del 07.02.2002, n. 572/3825, di reiezione dei progetti della Total Fina di adeguamento dell'impianto di distribuzione di carburanti di cui trattasi nelle more presentati), nonché dell'atto dirigenziale del Comune di Gioia del Colle del 30.09.2002 n. 1104/22606, con cui è stata disposta la revoca alla società TOTAL suddetta di ogni titolo autorizzatorio all'esercizio di erogazione carburanti e di servizi accessori, con conseguente chiusura degli impianti, nonché per il risarcimento del danno. Inoltre ha chiesto il risarcimento del pregiudizio economico subito.
A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:
1.- La sentenza impugnata è stata assunta sulla base dell'erroneo presupposto della sussistenza di incompatibilità dell'impianto contenuta nel piano di razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti, smentito dalla documentazione di causa.
L'Amministrazione aveva il dovere di valutare il programma di adeguamento proposto dall'appellante e, verificatane la conformità alle vigenti normative di settore, di approvarlo.
2.- La sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi sui prospettati profili di illegittimità degli atti impugnati, diversi dall'illegittimità derivata, lamentati nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado e nei motivi aggiunti.
2.1.- Quanto alla impugnazione dell'atto prot. n. 572/3825 del 7.2.2002, di reiezione del progetto di adeguamento, era stato dedotto:
2.1.1.- Violazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990 ed eccesso di potere sotto il profilo della carenza di motivazione.
Con l'atto impugnato l'Amministrazione non poteva limitarsi a richiamare la nota del 28.3.2001 n. 2292/249 (con la quale il Comune aveva affermato che non si ravvisava l'opportunità dell'intervento di adeguamento a causa delle incompatibilità riscontrate dal consiglio comunale che ne aveva sancito lo spostamento), ma avrebbe dovuto prendere in considerazione le argomentazioni svolte nel ricorso straordinario presentato contro esso atto e motivare al riguardo.
2.1.2.- Eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti, della carenza di motivazione e di istruttoria, nonché della contraddittorietà e dell'illogicità.
Detta nota del 28.3.2001 illogicamente è stata citata ribadendone il contenuto, in riscontro a nota di sollecito della definizione del procedimento avviato con la presentazione di detti progetti, in quanto essa non poteva essere considerata quale provvedimento di diniego del progetto. Inoltre l'impugnato provvedimento contraddittoriamente afferma che i progetti, ritenuti autorizzabili per certi aspetti, non sono stati presi in considerazione e poi che sono stati respinti, nonché erroneamente asserisce che l'intero impianto era incompatibile e non solo l'autolavaggio.
2.2.- Quanto all'atto prot. n. 1104/22606 del 30.9.2002 di revoca della autorizzazione petrolifera afferente l'impianto.
2.2.1.- Violazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990. Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di motivazione, del travisamento dei fatti e della carenza di istruttoria e dei presupposti.
Le argomentazioni svolte negli scritti difensivi della parte ricorrente rappresentavano un momento partecipativo al procedimento amministrativo, ma di esse il provvedimento impugnato non ha tenuto conto.
Prima di adottare il provvedimento di revoca l'Amministrazione avrebbe dovuto attendere la definizione del contenzioso giurisdizionale.
2.2.2.- Eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti e della carenza di motivazione.
La memoria con la quale la parte ricorrente è intervenuta nel procedimento amministrativo ai sensi dell'art. 10 della L. n. 241 del 1990 non è stata fedelmente riportata né esaminata con l'atto impugnato.
2.2.3.- Eccesso di potere per travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità e sviamento di potere.
La revoca della autorizzazione estesa alla attività di lavaggio degli autoveicoli è evidente frutto di travisamento dei fatti, atteso che essa attività non costituisce parte integrante del distributore e fa capo direttamente al gestore dell'impianto in forza di autorizzazione sindacale n. 929 del 1993.
3.- E' stata formulata richiesta di risarcimento danni da provare in corso di causa.
Con memoria depositata il 29.7.2003 la parte appellante ha evidenziato che l'Amministrazione, a seguito della sentenza impugnata, ha ritirato l'atto n. 1247/26633 del 19.11.2002, di sospensione della revoca n. 1104/22606 del 30.9.2002, ed ha ribadito tesi e richieste.
Con ordinanza 30 luglio 2003, n. 3342 la Sezione ha accolto la istanza di sospensione della sentenza impugnata sino alla camera di consiglio del 7.10.03, nella quale sarebbe stata trattata la domanda cautelare proposta avverso l'atto presupposto con ric. n. 6714/02.
Con memoria depositata il 26.9.2003 si è costituito in giudizio il Comune di Gioia del Colle, che ha dedotto che comunque l'impianto avrebbe dovuto essere trasferito per incompatibilità con gli obiettivi fissati dal D.Lgs. n. 32 del 1998 e, prospettata la infondatezza del gravame, ha chiesto la reiezione dell'appello.
Con memoria depositata il 3.10.2003 è intervenuta ad opponendum la Esso Italiana s.r.l., che ha innanzi tutto dedotto la ammissibilità dell'intervento in quanto titolare dell'interesse alla conservazione del Piano impugnato, in base alle prescrizioni del quale ha ottenuto la concessione edilizia e la autorizzazione all'installazione di un suo impianto dichiarato incompatibile, nonché ha dedotto la infondatezza, oltre che la inammissibilità del secondo motivo, dell'appello.
Con memoria depositata il 6.10.2003 la parte appellante ha ribadito tesi e richieste.
Con ordinanza 7 ottobre 2003, n. 4231 la Sezione ha respinto la istanza di sospensione della sentenza impugnata.
Con memorie depositate il 4.2.2009 ed il 26.1.2012 si sono costituiti in giudizio nuovi difensori per la Esso Italiana s.r.l..
Con memoria depositata il 17.2.2012 la parte appellante, premesso di aver chiuso l'impianto de quo alle vendite ma di non averlo rimosso, ha ribadito tesi e richieste.
Con memoria depositata il 17.2.2012 la Esso Italiana s.r.l. ha ribadito tesi e richieste.
Con memoria depositata il 28.2.2012 il Comune di Gioia del Colle ha replicato alle avverse argomentazioni, concludendo per la reiezione.
III.- Alla pubblica udienza del 20.3.2012 i ricorsi in appello sono stati trattenuti in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
Motivi della decisione
I.- Il giudizio, che ha assunto il n. 6714 del 2002 di r.g., verte sulla richiesta, formulata da Total Fina Elf Italia s.p.a. di annullamento della sentenza del T.A.R. in epigrafe specificata, con la quale sono stati respinti i ricorsi proposti per l'annullamento: a) della delibera commissariale del 6.10.1994 n. 644, nonché del successivo atto del 5.12.94 n. 6271/16975; b) della delibera consiliare n. 86 del 30 novembre 1999; c) del provvedimento del Dirigente comunale del 19 aprile 2000 n. 165/9788 (di approvazione del nuovo piano di razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti e di invito e diffida a trasferire l'impianto in altra zona) e per il risarcimento dei danni. Inoltre per il risarcimento di tutti i danni derivati e derivanti alla ricorrente dall'esecuzione degli impugnati provvedimenti, sia sotto il profilo del lucro cessante che del danno emergente, con gli accessori come per legge.
L'ulteriore giudizio, che ha assunto il n. 6784 del 2003 di r.g., verte sulla richiesta, formulata da Total Italia s.p.a. (nuova denominazione della Total Fina Elf Italia s.p.a.) di annullamento della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato respinto il ricorso proposto per l'annullamento dell'atto dirigenziale del Comune di Gioia del Colle del 07.02.2002 n. 572/3825 (di reiezione dei progetti della società total Fina di adeguamento dell'impianto di cui trattasi), nonché dell'atto dirigenziale del Comune di Gioia del Colle del 30.09.2002 n. 1104/22606 (con cui è stata disposta la revoca a detta società di ogni titolo autorizzatorio all'esercizio di erogazione carburanti e di servizi accessori), nonché per il risarcimento del danno. Inoltre è stato chiesto il risarcimento del pregiudizio economico subito.
II.- Innanzitutto, il Collegio ritiene di dover riunire i gravami in esame, per la palese loro connessione oggettiva e soggettiva, per cui i medesimi devono essere esaminati e decisi con un'unica pronuncia.
III.- In secondo luogo la Sezione deve riconoscere la ammissibilità dell'intervento ad opponendum in entrambi i sopra indicati giudizi della Esso Italiana s.r.l., che ha rappresentato la ammissibilità dell'intervento in quanto titolare dell'interesse alla conservazione del Piano impugnato, in base alle prescrizioni del quale ha ottenuto la concessione edilizia e la autorizzazione all'installazione di un suo impianto dichiarato incompatibile.
Nel processo amministrativo l'intervento ad opponendum, la cui finalità è contrastare le ragioni del ricorrente, è invero ammissibile se ed in quanto l'interveniente, come nel caso che occupa, risulti titolare di un interesse di fatto dipendente da quello azionato in via principale o ad esso accessorio, ovvero di quello sotteso al mantenimento dei provvedimenti impugnati, che gli consente di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dalla reiezione del ricorso.
IV.- Quanto al gravame n. 6714 del 2002 va rilevato preliminarmente che con esso è stata impugnata la sentenza di primo grado anche nella parte in cui ha respinto, tra l'altro, il ricorso di primo grado n. 439 del 1995 (con il quale era stata impugnata la delibera commissariale del 6.10.1994 n. 644, di approvazione del piano di razionalizzazione della rete degli impianti di distribuzione di carburanti, adottata ai sensi delle allora vigenti disposizioni regionali di settore).
Essa è stata superata dalla delibera consiliare n. 86 del 30 novembre 1999, di approvazione del nuovo piano di razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti in attuazione del D.Lgs. n. 32 del 1998, sicché, in tale parte il gravame è da valutare improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
IV. 1.- Per il resto va rilevato che con il primo motivo di appello è stato dedotto che il T.A.R ha respinto la censura di violazione dell'art. 7 della L. n. 241 del 1990 per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento sollevata nei confronti delle deliberazioni di approvazione dei piani di razionalizzazione della rete, perché la partecipazione è esclusa con riguardo alla attività amministrativa di disciplina o programmazione generale, come i piani di cui trattasi. Tuttavia, secondo l'appellante, detti piani, oltre a contenere norme di carattere "programmatico - generale", hanno assunto un contenuto ben più specifico, provvedendo anche alla individuazione di impianti incompatibili con il territorio e disponendone il trasferimento; né l'esigenza di partecipazione al procedimento potrebbe ritenersi soddisfatta con l'acquisizione del parere delle organizzazioni di categoria previsto dall'art. 30.3 della L.R. n. 13 del 1990, che sarebbe stato contraddittoriamente invocato dal T.A.R. per ritenere comunque soddisfatta detta esigenza partecipativa, atteso che nessun parere vero e proprio sarebbe stato espresso.
IV.1.1.- Ritiene la Sezione che il motivo di appello sia fondato, considerato che effettivamente detti piani di razionalizzazione della rete, oltre a contenere norme di carattere programmatico - generale contengono previsioni più specifiche, individuando anche impianti incompatibili, sicché, disponendo della materia in un contenuto determinativo "misto", anche a carattere provvedimentale individuale, essa comunicazione era doverosa.
Se, invero, costituisce ius receptum che non è richiesta la comunicazione di avvio del procedimento per i provvedimenti di carattere generale (Consiglio Stato, sez. V, 02 settembre 2010, n. 4103), essa avrebbe dovuto essere effettuata nel particolare caso di specie, in cui la deliberazione n. 86 del 30 novembre 1999, di approvazione del nuovo piano di razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti (con la quale è stato ritenuto lo specifico impianto de quo incompatibile con il territorio) individuava direttamente, definendone operativamente la posizione, i soggetti coinvolti nella razionalizzazione; né, per altro verso, ricorrevano neppure le ragioni di urgenza estrema (del resto, non esternate negli atti impugnati) che ne avrebbero consentito, in ipotesi, l'omissione, né essendo stato dimostrato che quelle adottate fossero, nella specie, le uniche soluzioni possibili.
IV.1.2.- La carenza di comunicazione di avvio del procedimento, lamentata dalla parte ricorrente, comporta anche la illegittimità del Provv. n. 1665/9788 del 19 aprile 2000, impugnato con il ricorso di primo grado n. 1399/2000, con il quale la Società di cui trattasi è stata diffidata, in esecuzione della delibera consiliare n. 86/99, a trasferire l'impianto in altra zona, considerato che anche con riguardo a detto atto non sussistevano ragioni di particolare urgenza e che, poiché era stato presentato un piano di adeguamento, quella adottata non era l'unica soluzione possibile.
IV.2.- Aggiungasi che con il terzo motivo di appello è stato ulteriormente dedotto, tra l'altro, che la impugnata sentenza ha omesso di pronunciarsi sulla fondamentale censura, proposta nei confronti delle impugnate delibere, di illegittimità del contenuto del piano di razionalizzazione, perché, ex art. 2.1 del D.Lgs. n. 32 del 1998, esso deve limitarsi a disciplinare solo l'installazione di nuovi impianti, o la ristrutturazione, ovvero il potenziamento di quelli già esistenti, e non può quindi effettuare la verifica di compatibilità con il territorio degli impianti già esistenti, invece disciplinata dall'art. 1.5. del D.Lgs. n. 32 del 1998
IV.2.1.- Osserva la Sezione che con la deliberazione del Consiglio comunale di Gioia del Colle n. 86 del 30 novembre 1999 è stato approvato il nuovo piano di razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti in attuazione del D.Lgs. n. 32 del 1998 elaborato dall'U.T.C. in virtù del D.Lgs. n. 32 del 1998; detto piano, in particolare, con riguardo alla compatibilità tra impianti e territorio, premesso che l'art. 3 di detto D.Lgs. n. 32 del 1990. prende in considerazione non solo la ubicazione degli impianti, ma anche la reale situazione di contrasto con il territorio circostante, prevede la incompatibilità dell'impianto de quo con il territorio, sia perché è ubicato su area privata a confine con immobile condominiale, sia perché a servizio di esso è situato un impianto di autolavaggio pregiudicante le condizioni igienico sanitarie dei residenti nelle immediate vicinanze e sia perché i serbatoi sono interrati a ridosso dell'edificio per civile abitazione esistente.
Va considerato che l'art. 1 di detto D.Lgs. n. 32 del 1998 stabilisce, al comma 5, che "Gli impianti in esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono sottoposti dal comune a verifica, comprendente anche i profili di incompatibilità di cui all'articolo 3, comma 2, entro e non oltre il 30 giugno 1998. Le risultanze concernenti tali verifiche sono comunicate all'interessato e trasmesse alla regione, al competente ufficio tecnico di finanza, al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato ed al Ministero dell'ambiente, anche ai fini di quanto previsto dall'articolo 3, comma 2. Restano esclusi dalle verifiche di cui al presente comma gli impianti inseriti dal titolare nei programmi di chiusura e smantellamento di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 3, fermi restando i poteri di intervento in caso di rischio sanitario o ambientale."
Il citato art. 3, al comma 2, stabilisce che "Il titolare di una o più autorizzazioni di impianti incompatibili con la normativa urbanistica o con le disposizioni a tutela dell'ambiente, del traffico urbano ed extraurbano, della sicurezza stradale e dei beni di interesse storico e architettonico e, comunque, in contrasto con le disposizioni emanate dalle regioni e dai comuni, ha la facoltà di presentare al comune competente, alla regione e al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, un proprio programma di chiusura e smantellamento degli impianti, ovvero di adeguamento alla vigente normativa, articolato per fasi temporali, da effettuare entro i successivi diciotto mesi nei comuni capoluogo di provincia e due anni negli altri comuni, trasmettendone copia al Ministero dell'ambiente. I titolari di impianti non a norma sono comunque tenuti a presentare il predetto programma entro e non oltre trenta giorni dalla comunicazione di cui all'articolo 1, comma 5. I comuni verificano l'adeguatezza dei programmi di conformazione alla normativa vigente e l'attuazione dei medesimi. In assenza del programma, ovvero in caso di inadeguatezza o mancato rispetto del medesimo, e comunque, accertata la non conformità alle vigenti norme, allo scadere dei termini previsti le autorizzazioni dei predetti impianti sono revocate. I comuni adottano i provvedimenti conseguenti, anche ai fini del ripristino delle aree."
L'art. 2 di detta D.Lgs. n. 32 del 1998 a sua volta stabilisce, al comma 1, che "Per consentire la razionalizzazione della rete di distribuzione e la semplificazione del procedimento di autorizzazione di nuovi impianti su aree private i comuni, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, individuano criteri, requisiti e caratteristiche delle aree sulle quali possono essere installati detti impianti. Contestualmente i comuni dettano le norme applicabili a dette aree ivi comprese quelle sulle dimensioni delle superfici edificabili, in presenza delle quali il comune è tenuto a rilasciare la concessione edilizia per la realizzazione dell'impianto."
Ritiene la Sezione che dal complesso di dette disposizioni si evince che la verifica di incompatibilità con la normativa urbanistica o con le disposizioni a tutela dell'ambiente, del traffico urbano ed extraurbano, della sicurezza stradale e dei beni di interesse storico e architettonico, nonché con le disposizioni regionali e comunali, costituisce esercizio di un potere del tutto distinto ed autonomo da quello pianificatorio, che, anzi, può essere in parte, e logicamente, subordinato alle risultanze emergenti da detta verifica e non può quindi essere adottato contestualmente ad essa, dovendo cioè essere adottato in epoca successiva.
La verifica di compatibilità deve precedere , in linea logica di principio, e non seguire il provvedimento pianificatorio e per poter essere utilmente effettuata in modo autonomo dalle prescrizioni con esso imposte, deve essere basata su considerazioni distinte da esso. Qualora, poi, la "verifica" segua il piano, in ogni modo, ne diviene momento autonomo, in guisa "condizionante", di intrinseca modificabilità attuativa, secondo proporzionalità e efficienza delle sue previsioni.
Ciò, in particolare nel caso di esame del piano di adeguamento presentato dalla parte interessata con riguardo ad un impianto di distribuzione carburanti individuato come incompatibile dal piano suddetto.
Le sopra esposte considerazioni comportano la fondatezza della censura di illegittimità del piano di razionalizzazione, perché esso, ex art. 2.1 del D.Lgs. n. 32 del 1998, doveva limitarsi a disciplinare solo l'installazione di nuovi impianti, o la ristrutturazione o il potenziamento di quelli già esistenti e non poteva quindi contemporaneamente procedere alla verifica di compatibilità con il territorio degli impianti già esistenti, invece disciplinata dall'art. 1.5. del D.Lgs. n. 32 del 1998 Ciò si ribadisce, perché la "verifica" dovrebbe consentire valutazioni preliminari e di efficienza, nel senso della emersione della conservabilità-modificabilità di talune soluzioni (adottande o adottate), che possano condurre il "piano" a criteri di proporzionalità ed adeguatezza ponderata.
IV.3.- Deve il Collegio riconoscere la fondatezza anche del quarto motivo di appello, con il quale è stato dedotto che la ricorrente ha presentato due piani di adeguamento negli anni 2000 e 2001, prospettando sia la eliminazione dell'autolavaggio che l'arretramento dei serbatoi interrati rispetto all'edificio esistente, che solo nell'anno 2003 sono stati oggetto di riscontro da parte del Comune, che ha ritenuto di non prenderli in considerazione perché l'intero impianto era incompatibile con il piano di razionalizzazione. Sarebbe stata così omessa la valutazione dei piani suddetti, che erano in grado di eliminare radicalmente le ragioni di incompatibilità dell'impianto.
IV.3.1.- Va rilevato al riguardo che con il Provv. n. 1665/9788 del 19 aprile 2000, impugnato con il ricorso di primo grado n. 1399/2000, la Società di cui trattasi è stata diffidata, richiamata la delibera consiliare n. 86/99 che ha dichiarato l'impianto de quo incompatibile con le esigenze urbanistiche della zona, a trasferirlo in altra zona (pena la revoca del titolo abilitativi all'esercizio).
La Sezione (posto che, come in precedenza evidenziato, la deliberazione n. 86 del 30 novembre 1999, di approvazione del nuovo piano di razionalizzazione della rete di distribuzione carburanti, richiamata nell'impugnato provvedimento, costituiva esercizio di un potere pianificatorio del tutto distinto ed autonomo da quello di concreta verificazione della incompatibilità dalla quale a rigore avrebbe dovuto essere preceduto) ritiene fondato il motivo di gravame, atteso che è sicuramente viziato da difetto di motivazione il provvedimento che, a fronte della presentazione di un piano di eliminazione delle incompatibilità prospettate nell'atto pianificatorio, si limita a richiamare genericamente quanto riportato in esso, senza esame concreto delle concrete soluzioni proposte, (risolvendosi ciò, in definitiva, in una petizione di principio).
IV.4.- Fondato deve ritenersi infine il quinto motivo di appello, con il quale è stata censurata la motivazione addotta dal T.A.R. per respingere la censura di incompetenza del Consiglio comunale ad emanare la delibera consiliare n. 86 del 1999, di approvazione del nuovo piano di razionalizzazione della rete di distribuzione carburante, basata sulla osservazione che, secondo l'art. 45 del D.Lgs. n. 80 del 1998, la competenza sugli atti di gestione è riservata ai dirigenti.
Non può infatti condividersi l'assunto del T.A.R. che il potere di pianificazione della rete di carburanti è parte essenziale del potere di verifica urbanistica e, in quanto frutto di scelte discrezionali e di principio, fuoriesce dall'ambito di gestione affidato all'organo burocratico e spetta all'organo consiliare, atteso che, come in precedenza evidenziato, il piano di razionalizzazione non si è limitato a fissare meri criteri programmatici di carattere generale, ma ha direttamente individuato delle ipotesi di incompatibilità degli impianti (rilevandone la necessità del trasferimento, prevedendo la diffida ai concessionari a richiederne il trasferimento, con assegnazione di un termine e previsione della revoca della concessione in caso di inosservanza), sicché conteneva veri e propri atti di gestione e avrebbe dovuto essere adottato dal competente dirigente e non dal Consiglio comunale.
IV.5.- In conclusione, premesso che deve ritenersi improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse (anche sul mero piano risarcitorio, attesa la natura pianificatoria e come meglio si specificherà) il presente gravame nella parte relativa alla impugnazione, con ricorso n. 439/1995, della delibera commissariale del 6.10.1994 n. 644, superata dalla delibera consiliare n. 86 del 30 novembre 1999, la fondatezza dei cennati motivi di appello, comporta la riforma della impugnata sentenza e l'accoglimento dei ricorsi di primo grado n. 307/2000 e n. 1339/2000 in parte qua, e, per l'effetto, l'annullamento della impugnata deliberazione del Consiglio comunale di Gioia del Colle n. 86 del 30 novembre 1999 e del pure impugnato provvedimento del Dirigente comunale del 19 aprile 2000 n. 165/9788.
IV.6.- Il ricorso in esame contiene anche la richiesta di risarcimento dei danni derivanti dalla adozione degli illegittimi provvedimenti impugnati, con particolare riguardo agli oneri economici necessari all'acquisizione della nuova area su cui trasferire il distributore di carburante, alla realizzazione delle nuove strutture, allo smantellamento delle precedenti ed alla perdita dell'avviamento, con eventuale fissazione dei criteri da osservare in caso di liquidazione concordata del danno, in caso di impossibilità di reintegrazione in forma specifica.
La Sezione deve premettere che solo il ricorso di primo grado n. 1339 del 2000, di impugnazione del Provv. n. 1665/9788 del 19 aprile 2000 (di diffida, in esecuzione della delibera consiliare n. 86/99, a trasferire l'impianto in altra zona, pena la revoca del titolo abilitativi all'esercizio), pure respinto con la sentenza impugnata, contiene una, peraltro generica, richiesta di risarcimento danni, che non è comunque specificata adeguatamente; né può essere provata per la prima volta in appello stante il divieto di cui all'art. 104 del c.p.a..
Deve quindi in primo luogo ritenersi inammissibile la domanda di risarcimento del danno proposta per la prima volta in appello con riguardo alla illegittimità di tutti gli ulteriori provvedimenti impugnati, risultando altrimenti violati il principio del doppio grado di giudizio e le connesse esigenze di tutela del contraddittorio (Consiglio di Stato, sez. V, 18 novembre 2011, n. 6093).
Con riguardo alla richiesta di risarcimento danni a seguito della illegittimità di detta diffida a trasferire l'impianto va rilevato che le censure accolte, di violazione dell'art. 7 della L. n. 241 del 1990, di illegittimo contestuale esercizio di due poteri distinti, di difetto di motivazione e di incompetenza, comportano comunque, in astratto, la riedizione del potere malamente esercitato ora per allora, con reintegrazione in forma specifica, salvo che la situazione di fatto la renda impossibile.
In quest'ultimo caso il danno emergente non potrebbe comunque essere oggetto di risarcimento per equivalente perché non solo è stato richiesto per la prima volta in appello, ma anche non provato, né essendo stato chiesto, fin dal primo grado, il risarcimento da perdita di chance (è stata solo richiesta la piena reintegrazione in base a riedizione del potere in senso favorevole o il risarcimento in maniera equitativa ex art. 1226 del c.c.).
La domanda di risarcimento del danno è quindi fondata solo nei sensi e nei limitati termini di cui sopra se possibile la riedizione del potere a suo tempo illegittimamente esercitatoe in relazione dunque al effetto conformativo del tipo di accoglimento qui adottato.
V.- Quanto al gravame n. 6784 del 2003 del r.g. osserva la Sezione che con il primo motivo di appello è stato dedotto che il T.A.R., con l'impugnata sentenza - premesso che l'atto impugnato con il ricorso principale (di reiezione dei progetti di adeguamento dell'impianto di cui trattasi) era atto applicativo del piano e ne seguiva le sorti, nonché che l'atto impugnato con i motivi aggiunti (di revoca di ogni titolo autorizzatorio all'esercizio di erogazione carburanti e di servizi accessori) era atto consequenziale di esso piano - ha sostanzialmente affermato che, a fronte della dichiarazione di incompatibilità dell'impianto contenuta nel piano di razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti, neppure la presentazione di un progetto di adeguamento idoneo ad eliminare gli elementi individuati dall'Amministrazione quali profili di incompatibilità poteva consentire il mantenimento in attività di esso impianto, che, conseguenzialmente, non poteva che essere rimosso.
V.1.- Deduce l'appellante che le previsioni contenute nel Piano di razionalizzazione della rete di distribuzione carburante non potevano essere considerato unico presupposto della reiezione del presentato piano di adeguamento, atteso che nessuna incompatibilità urbanistica era stata mai lamentata dall'Amministrazione e l'impianto era stato dichiarato incompatibile con il territorio solo per ragioni connesse alla salvaguardia della incolumità dei residenti (presenza di un autolavaggio e interramento dei serbatoi a ridosso di un edificio sito nelle immediate vicinanze).
La possibilità di presentare progetti di adeguamento era prevista esplicitamente a pag. 2 del Piano di adeguamento ed, implicitamente, dall'ultima norma dello stesso, sicché avrebbe dovuto ritenersi implicitamente inserito nel Piano l'art. 3 del D.Lgs. n. 32 del 1998 (secondo il quale è possibile presentare un piano di adeguamento alla vigente normativa di impianti incompatibili) e non risponderebbe al vero che il Piano ridetto abbia previsto l'incondizionato obbligo di trasferimento degli impianti dichiarati incompatibili, avendone al contrario previsto la chiusura solo se le riscontrate cause di incompatibilità fossero persistite.
L'Amministrazione avrebbe avuto quindi il dovere di valutare il programma di adeguamento proposto dall'appellante e, verificatane la conformità alle vigenti normative di settore, di approvarlo.
Infatti la presenza dell'autolavaggio, che non costituirebbe parte integrante dell'impianto di distribuzione carburanti, poteva legittimare la richiesta di rimozione dello stesso ma non la chiusura dell'impianto e dei serbatoi interrati il progetto di adeguamento aveva previsto l'arretramento fino ad 8,20 metri (distanza quattro volte superiore a quella minima prevista dalla legge).
V.2.- La Sezione osserva che con il Provv. n. 572/3825 del 7 febbraio 2002 del Dirigente dell'U.T.C. del Comune di Gioia del Colle, impugnato con il ricorso introduttivo di primo grado n. 443 del 2002, richiamato il Piano di adeguamento di cui alla deliberazione n. 86 del 1999 del Consiglio comunale, è stato comunicato che i progetti di adeguamento presentati non potevano essere presi in considerazione e sono stati respinti perché l'intero impianto era incompatibile con detto Piano di razionalizzazione; con il seguente atto n. 1104/22606 del 30.9.2002, il funzionario responsabile di detto Comune ha revocato ogni titolo autorizzatorio e avvertito che l'impianto andava chiuso entro quaranta giorni.
Innanzi tutto va rilevato che la rilevata illegittimità del richiamato Piano di adeguamento all'esito del precedente giudizio è caducante degli atti consequenziali, come quelli impugnati, sicché l'annullamento dell'atto presupposto si estende automaticamente a quelli consequenziali, sussistendo tra l'atto presupposto e quelli consequenziali un rapporto immediato, diretto e necessario, perché gli atti successivi si pongono, nell'ambito della stessa sequenza procedimentale, come inevitabile conseguenza di quello anteriore, senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi.
Comunque, prescindere da detta considerazione, vanno condivise le censure sopra evidenziate contenute nel motivo in esame.
E' invero effettivamente stabilito a pag. 2 del Piano di razionalizzazione in questione che, a norma dell'art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 32 del 1998 spettava al Comune verificare l'adeguatezza dei programmi da presentarsi a cura dei titolari di impianti incompatibili con la normativa urbanistica o con le disposizioni a tutela dell'ambiente, del traffico, della sicurezza stradale e dei beni di interesse storico ed architettonico, ove vogliano adeguarli alla normativa vigente.
E' quindi palesemente illegittima la decisione di non esaminare i piani di adeguamento presentati dall'appellante nell'assunto della loro incompatibilità con il Piano di razionalizzazione, (il che conferma la natura obiettivamente "condizionante"della fas di verifica rispetto al piano, nei sensi sopradetti, di fatto intrapresa dall'amministrazione), .
Non sussisteva, dunque, l'incondizionato obbligo di trasferimento degli impianti dichiarati incompatibili, pure previsto da detto Piano, ma al contrario il trasferimento dell'impianto incompatibile o la sua chiusura avrebbero potuto essere disposte solo se le riscontrate cause di incompatibilità persistevano all'esito della valutazione dei presentati piani di adeguamento.
L'Amministrazione aveva quindi il dovere di valutare i progetti di adeguamento proposti dall'appellante e di verificarne la conformità alle vigenti normative di settore, comunicare che essi progetti non potevano essere presi in considerazione e dovevano essere respinti perché l'intero impianto era previsto da detto Piano di razionalizzazione incompatibile con il territorio.
La illegittimità della omessa valutazione della idoneità dei presentati progetti di adeguamento a superare la incompatibilità dell'impianto de quo stabilita con il Piano di razionalizzazione ha effetto caducante sul consequenziale atto di revoca delle autorizzazioni basato proprio su detta incompatibilità.
V.3.- La fondatezza dei cennati motivi di appello comporta la riforma della impugnata sentenza e l'accoglimento del ricorso di primo grado n. 443 del 2002 e dei motivi aggiunti, e, per l'effetto, l'annullamento dei provvedimenti con esso impugnati. Restano assorbiti gli ulteriori motivi di appello.
V.4.- Il ricorso in esame contiene anche la richiesta di risarcimento dei danni che dall'esecuzione dei provvedimenti impugnati fossero nel frattempo derivati all'appellante, e, nel fare riserva di fornire nel prosieguo ogni elemento di prova anche in merito alla quantificazione del pregiudizio economico che la parte ricorrente avrà a subire, viene sottolineato che, se nelle more del giudizio si dovrà interrompere la attività dell'impianto e dovranno essere rimosse le relative attrezzature, si verificherà una sicura perdita economica per la società ricorrente, sia sotto il profilo del lucro cessante che del danno emergente, che il Comune dovrà essere condannato a ristorare.
La Sezione deve rilevare che solo i motivi aggiunti di primo grado, pure respinti con la sentenza impugnata, contengono una, peraltro generica, richiesta di risarcimento danni non assistita da adeguata prova, né provabile per la prima volta in appello stante il divieto di cui all'art. 104 del c.p.a..
È quindi in primo luogo inammissibile la domanda di risarcimento del danno proposta per la prima volta in appello con riguardo alla illegittimità del provvedimento impugnato con l'atto introduttivo del giudizio di primo grado, risultando altrimenti violati il principio del doppio grado di giudizio e le connesse esigenze di tutela del contraddittorio (Consiglio di Stato, sez. V, 18 novembre 2011, n. 6093).
Con riguardo al risarcimento danni a seguito della rilevata illegittimità dell'ulteriore atto già impugnato con motivi aggiunti in primo grado va comunque rilevato che l'accoglimento del gravame comporta la riedizione del potere malamente esercitato ora per allora, salvo che la situazione di fatto renda impossibile la reintegrazione in forma specifica.
Solo in tal caso il lucro cessante ed danno emergente non potrebbero essere oggetto di risarcimento per equivalente perché prospettati solo per la prima volta in appello, ma anche non provati, né essendo stato chiesto il risarcimento da perdita di chance (è stata richiesta la piena reintegrazione in base a riedizione del potere in senso favorevole, o il risarcimento in maniera equitativa ex art. 1226 del c.c.).
La domanda di risarcimento del danno è quindi fondata solo nei limitati termini di cui sopra se sarà possibile la riedizione del potere a suo tempo illegittimamente esercitato e sempre con le precisazioni di cui al precedente punto IV.6 (infine).
VI.- Gli appelli in esame devono essere conclusivamente riuniti ed accolti, nei sensi delle motivazioni che precedono, e devono essere riformate le prime decisioni nei termini e nei limiti di cui in motivazione.
VII.- Le spese e gli onorari del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidati come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, riunisce gli appelli in esame e, in accoglimento degli stessi ed in riforma delle sentenze di primo grado, dichiara improcedibile il ricorso di primo grado n. 439/1995 e accoglie i ricorsi di primo grado n. 307/2000 e n. 1339/2000, in parte qua, e, per l'effetto, annulla la impugnata deliberazione del Consiglio comunale di Gioia del Colle n. 86 del 30 novembre 1999 ed il provvedimento del Dirigente comunale del 19 aprile 2000 n. 165/9788; accoglie altresì il ricorso di primo grado n. 443/2002 e per l'effetto annulla i Provv. n. 572/3825 del 7 febbraio 2002 e Provv. n. 1104/22606 del 30 settembre 2002 con esso impugnati. Le domande di risarcimento danni vanno accolte nei sensi e nei termini di cui in motivazione (reintegrabilità in forma specifica).
Pone a carico dell'appellato Comune, le spese e gli onorari del doppio grado, liquidati, per entrambi i giudizi riuniti, nella misura di Euro 6.000,00 (seimila/00), di cui Euro 1000,00 (mille/00) per esborsi, per il primo grado e nella misura di Euro 7.000,00 (settemila/00), di cui Euro 1000,00 (mille/00) per esborsi, per il secondo grado, oltre ai dovuti accessori di legge (I.V.A. e C.P.A.).
Pone a carico della Esso Italiana s.r.l. le spese e gli onorari per il secondo grado di giudizio, liquidati, per entrambi i giudizi riuniti, nella misura di Euro 6.000,00 (seimila/00), di cui Euro 1000,00 (mille/00) per esborsi, oltre ai dovuti accessori di legge (I.V.A. e C.P.A.).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.