CdS 11/9/12 - ALBERGO - mutamento di destinazione d’uso, da alberghiero a residenziale
Consiglio di Stato, Sezione IV, 11 settembre 2012 N. 4812
FATTO
La Laurum s.r.l., proprietaria di un antico e prestigioso albergo (hotel Savoia) sul fronte mare, ormai chiuso da tempo, ne chiedeva la ristrutturazione ed il mutamento di destinazione d’uso, da alberghiero a residenziale.
Il Comune di Rapallo respingeva una prima volta la domanda, previo parere della Commissione edilizia. La società impugnava. Il comune di Rapallo, riconoscendo la sussistenza dei vizi relativi alla composizione della commissione edilizia, annullava in autotutela.
Il TAR, presone atto, dichiarava cessata la materia del contendere.
In sede di riesame l’amministrazione si pronunciava di nuovo negativamente, questa volta sulla base del Piano Urbanistico Comunale (e delle norme di salvaguardia) medio tempore adottato, che inibiva il mutamento di destinazione per alcuni alberghi analiticamente individuati, fra i quali anche l’Hotel Savoia.
La società impugnava, sia il diniego che il P.U.C. sostenendo che: a) non potesse applicarsi il sopravvenuto P.U.C. in presenza di un giudicato sull’istanza; b) il PUC, attraverso le citate previsioni analitiche aveva surrettiziamente imposto un vincolo di immodificabilità della destinazione alberghiera condizionando l’attività di impresa; c) il PUC aveva irragionevolmente inserito l’Hotel Savoia nei distretti di trasformazione anziché in quelli di conservazione.
Il TAR ha accolto il ricorso. In via di premessa ha chiarito che la pregressa sentenza in rito non era idonea a cristallizzare la situazione del ricorrente nei confronti della potestà pianificatoria dell’amministrazione; nel merito ha ritenuto il PUC illegittimo nella parte in cui ha imposto un vincolo “a macchia di leopardo” su singoli immobili a prescindere dal loro inserimento in zone omogenee; illegittimo, altresì, in relazione all’inserimento dell’albergo nei distretti di trasformazione anziché in quelli di conservazione.
Propone ora appello il Comune di Rapallo.
Il medesimo segnala innanzitutto che, nelle more del giudizio, è entrata in vigore la legge regionale 1/2008 che ha previsto l’immodificabilità della destinazione degli alberghi classificati. Previsione inizialmente recepita in una variante al PRG e successivamente nel progetto definitivo di PUC (22 dicembre 2010). Nel merito sostiene la compatibilità delle originarie previsioni con i peculiari contenuti del P.U.C. affatto diversi dalla tradizionale conformazione per zone, tipica della vecchia strumentazione urbanistica.
La società, costituitasi nel giudizio d’appello, replica sostenendo che la legge 1/2008 non si applicherebbe all’Hotel Savoia, non avente una classificazione alberghiera in corso di validità al momento dell’entrata in vigore della stessa. Propone altresì appello incidentale in relazione al capo della sentenza che dichiara applicabile le sopravvenuta pianificazione urbanistica anche in presenza di un giudicato.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 26 giugno 2012.
DIRITTO
Il gravame è sorretto dai seguenti motivi:
1) Il Giudice di Prime cure avrebbe erroneamente affermato che i vincoli di destinazione su singole strutture alberghiere esorbitano dalla funzione urbanistica ponendosi in contrasto con il principio di libertà di impresa, omettendo di considerare sia la peculiarità della normativa regionale in materia di turismo, sia le specificità del Piano Urbanistico Comunale (previsto dalla legge urbanistica regionale n. 36/1997) rispetto alla tradizionale strumentazione urbanistica. Specificità che si traducono nella possibilità di prevedere, accanto allo zonizzazione, anche disposizioni più marcatamente attuative, coinvolgenti singoli immobili, come sarebbe dimostrato dall’art. 27 comma 2 lett. b) della l.u.r. 36/97 (il P.U.C. indica la capacità turistico – ricettiva complessiva del Comune unitamente ai criteri per l’articolazione nelle relative tipologie …..), e dall’art. 30 comma 3 lett. b) legge cit. (il P.U.C. specifica le destinazioni d’uso principali e complementari articolate per categorie funzionali, nonché i limiti della loro eventuale modificabilità anche senza opere edilizie).
2) In ogni caso, anche ove per ipotesi ammesso che la previsione urbanistica si risolva in un sostanziale vincolo alberghiero necessitante di una previa previsione legale, quest’ultima sarebbe fornita dall’art. 18 bis della l.r. 4 marzo 1982, n. 11.
3) La sentenza sarebbe altresì erronea nella parte in cui afferma che il vincolo è stato posto prescindendo dalla collocazione degli alberghi sul territorio. Secondo l’appellante, le norme tecniche avrebbero invece differenziato il regime vincolistico, consentendo, a determinate condizioni, la possibilità di mutamento di destinazione d’uso per alcuni alberghi (tra i quali non rientra quello di proprietà degli appellanti) proprio in ragione della relativa collocazione topografica.
4) Non sarebbe affatto ravvisabile un difetto di motivazione – come invece sostenuto dal Primo giudice – poichè, in disparte la non necessità di una motivazione specifica, risulterebbero evidenti le caratteristiche di pregio storico architettonico che hanno indotto l’amministrazione ad optare per il mantenimento della destinazione alberghiera; né potrebbe ravvisarsi una carenza di istruttoria in ordine al sistema turistico- ricettivo locale.
5) Anche le statuizioni relative all’inserimento dell’Hotel Savoia in un distretto di trasformazione anziché di conservazione sarebbero erronee. A prescindere dallo sconfinamento nel merito dell’azione amministrativa, sarebbe – secondo l’appellante – sufficiente rilevare che il progetto dell’amministrazione consiste nella ridefinizione di tutta la zona “fronte mare”, con sostanziale trasformazione urbanistica.
A - Prima della disamina dei suddescritti motivi del gravame principale occorre tuttavia vagliare il ricorso incidentale proposto dalla Laurum s.r.l., poichè esso investe la questione, preliminare dal punto di vista logico giuridico, dell’applicabilità o meno del P.U.C. e delle relative norme di salvaguardia, in presenza di un giudicato che ha interessato la medesima domanda precedentemente proposta.
Secondo l’appellante incidentale, se è pur vero che trattasi di una sentenza in rito, è parimenti incontestabile che essa è scaturita dall’annullamento in autotutela del precedente diniego impugnato, con conseguente necessità di applicazione della regola anteriore, in deroga al principio tempus regit actum che, nel caso di specie, porterebbe alla negazione di una tutela effettiva.
La censura non può essere condivisa.
Come correttamente statuito dal Primo giudice, il rapporto tra principio di effettività della tutela del singolo ed interesse pubblico alla migliore pianificazione del territorio trova un punto di mediazione nel giudicato e nei suoi effetti conformativi, se e nella misura in cui dallo stesso emerga la spettanza dell’utilità invocata dal privato, per il tramite del giudizio, sulla base delle norme pregresse.
Ai detti contenuti del giudicato non può però essere equiparato il provvedimento di annullamento in autotutela del pregresso diniego e la conseguente appendice giudiziaria che si limita a dichiarare la cessata materia del contendere, poichè in questo caso, a prescindere dal tipo dei vizi postulanti l’autoannullamento, si è dinanzi all’esercizio di un potere demolitorio di natura amministrativa (com’è noto discrezionale, richiedendo la ponderazione di interessi ulteriori rispetto al mero ripristino della legalità) che se da un lato fa risorgere l’obbligo di provvedere nuovamente sull’istanza, dall’altro impone di tener conto, al fini del corretto perseguimento dell’interesse pubblico, della normativa medio tempore sopravvenuta, in osservanza dell’imperativo tempus regit actum. La vicenda conserva natura interamente amministrativa anche in pendenza di giudizio, limitandosi il giudice ad accertare che il provvedimento del quale è domandato l’annullamento è stato eliminato sua sponte dall’amministrazione, senza indagare ulteriormente circa la spettanza dell’utilità richiesta (sentenza cd in rito) in relazione alle norme al tempo vigenti.
Non essendo rinvenibile un giudicato sulla “spettanza”, correttamente, nel caso di specie, l’amministrazione ha riesaminato l’istanza nel quadro della sopravvenuta pianificazione.
B- Può dunque passarsi all’esame dell’appello principale.
1. In proposito viene preliminarmente in rilievo una questione sollevata dall’appellante in punto di permanenza dell’interesse al ricorso.
L’amministrazione riferisce che nelle more del giudizio d’appello è entrata in vigore la legge regionale n. 1/2008, recante “misure per la salvaguardia e la valorizzazione degli alberghi e disposizioni relative alla disciplina e alla programmazione dell'offerta turistico-ricettiva negli strumenti urbanistici comunali”, ai sensi della quale, “a far data dall’entrata in vigore, le strutture ricettive classificate "albergo" e le relative aree asservite e di pertinenza ai sensi della normativa vigente in materia, quelle la cui attività sia cessata e non ancora oggetto di interventi di trasformazione in una diversa destinazione assentiti con titoli abilitativi edilizi già rilasciati in data anteriore, quelle in corso di realizzazione e quelle realizzate successivamente o divenute successivamente tali, sono soggette a specifico vincolo di destinazione d'uso ad albergo, con divieto di modificare tale destinazione…….”.
La citata fonte ha inoltre previsto che il vincolo, direttamente discendente dalla legge, possa essere rimosso - a mezzo della modifica dello strumento urbanistico comunale vigente, su richiesta del proprietario e acquisito il parere del gestore - in alcuni casi tassativi indicati.
In forza del mutato quadro normativo il Comune di Rapallo ha dapprima approvato una variante al PRG (adottata il 28/2/2009 ed approvata il 18/12/2009) e poi adottato il progetto definitivo di P.U.C. (22 dicembre 2010): atti che hanno confermato la disciplina vincolistica ritenuta pregiudizievole dalla Laurum s.r.l. e che tuttavia sono rimasti inoppugnati.
L’impossibilità di ottenere il cambio di destinazione d’uso alla luce della legge regionale 1/2008 cit. e della nuova strumentazione urbanistica, determinerebbe allora – nella logica difensiva dell’appellante - il venir meno dell’interesse a coltivare il giudizio.
2. La Laurum s.r.l. replica evidenziando l’inapplicabilità della nuova disciplina regionale agli ex alberghi non classificati, fra i quali anche l’Hotel Savoia, e comunque la non necessità di impugnazione del progetto definitivo di P.U.C. (che ha superato la variante al PRG) in virtù dell’effetto caducante derivante dall’annullamento del progetto preliminare di P.U.C a suo tempo impugnato. In ogni caso valorizza la sussistenza dell’interesse ai fini risarcitori.
3. L’eccezione di improcedibilità è priva di fondamento. Gli atti che si assumono non impugnati - pur appartenendo ad una sequenza procedimentale in cui il progetto definitivo di P.U.C., lungi dal presentarsi quale pedissequo sviluppo del preliminare, ha confermato l’immodificabilità della destinazione d’uso sulla base delle nuove fonti normative - sono comunque successivi alla sentenza di primo grado e pertanto non possono rilevare come vizi della pronuncia in punto di interesse processuale.
Né il giudizio di appello, chiesto dall’amministrazione rimasta soccombente in primo grado è idoneo a determinare la reviviscenza del rapporto processuale di primo grado con conseguente immanenza della valutazione in punto di interesse, atteso che, il giudizio d’appello ha ad oggetto una vicenda che dal punto di vista fattuale giuridico rimane cristallizzata al primo grado, nell’ambito del thema decidendum tracciato dal ricorrente sulla base dell’interesse che a quel tempo lo animava; impregiudicata, ovviamente, la facoltà di rinunciare (anche in grado di appello) al ricorso ed agli effetti della favorevole sentenza di prime cure.
La valutazione in punto di interesse ha piuttosto ragion d’essere quando il primo giudizio si sia concluso con un rigetto della domanda, ed il ricorrente insista in appello. In questa ipotesi, infatti, l’appellante - chiusasi non satisfattivamente la prima parentesi - chiede un nuovo esame della sua domanda, anche se alla luce di specifici motivi di gravame, al quale può accedersi solo ove l’interesse originario sia ancora attuale o comunque surrogato da quello risarcitorio.
4. Ciò chiarito in via preliminare, nel merito l’appello, seppur in parte fondato, non è tale da esimere l’atto impugnato da una pronuncia di annullamento, lasciando residuare altri e meno radicali profili di illegittimità pur sollevati in primo grado e rimasti implicitamente assorbiti dal tenore perentorio della sentenza.
4.1. Il punto fondamentale della questione controversa risiede nei limiti della pianificazione comunale e, nella specie, nella possibilità di imporre vincoli ai mutamenti di destinazione d’uso indipendentemente dalla disciplina delle zone omogenee.
L’art. 18 bis della legge regionale 11/82 (applicabile ratione temporis) prevede che “in sede di formazione o di revisione dello strumento urbanistico generale a norma della legge regionale 6 febbraio 1974 n. 7, come modificata dalla legge regionale 10 novembre 1992 n. 30, i comuni sono tenuti a dettare la disciplina urbanistico - edilizia delle strutture ricettive che, fondandosi su di una preventiva analisi della capacità ricettiva complessiva del comune, alla luce sia della esistente dotazione sia dei prevedibili fabbisogni futuri, contiene in ogni caso la specifica ripartizione percentuale della suddetta capacità ricettiva fra le diverse categorie di strutture ricettive realizzabili nelle zone omogenee del territorio comunale, con la individuazione delle singole quote da destinare ai vari tipi di aziende che sostituiscono la ricettività alberghiera e quella all' aria aperta…..”.
A mente della Legge regionale n. 36 del 04-09-1997 la pianificazione territoriale di livello comunale ha ad oggetto la disciplina del soprassuolo e del sottosuolo ed è volta, tra l’altro, “a valorizzare le risorse ambientali e le economie locali” (cfr. art. 5 comma 1 lett. b), deve indicare “la capacità turistico-ricettiva complessiva del Comune unitamente ai criteri per l’articolazione nelle relative tipologie…..”.
Inoltre, dall’esame della normativa urbanistica regionale emerge un tendenziale superamento della tecnica dello zooning in favore di una generale ripartizione funzionale ad assicurare gli obiettivi territoriali e socio economici (ambiti di conservazione e riqualificazione governate dalle norme di conformità, distretti di trasformazione disciplinati dalle norme di congruenza, aree di produzione agricola, territorio non insediabile), residuando riferimenti alla zonizzazione di cui al decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 2 aprile 1968 sono al fine del coordinamento con altre fonti normative vigenti che richiamino le zone omogenee.
4.2. Il descritto quadro normativo, pur non contenendo analitiche previsioni che conferiscano al pianificatore il potere di vietare il mutamento di destinazione d’uso di immobili, da alberghiero a residenziale, nondimeno fonda un potere di regolamentazione urbanistica agganciato alla capacità ricettiva complessiva del comune ed alla valorizzazione dell’economia locale, cui non sfuggono i limiti ai mutamenti di destinazione d’uso, strumento a mezzo del quale la disciplina urbanistica si interseca, in funzione programmatoria e di controllo, con quella economico-produttiva. Né può essere d’ostacolo all’esercizio del cennato potere la mancanza di un collegamento dei limiti alla destinazione d’uso con la generale disciplina della zona territoriale in cui l’immobile insiste, ove comunque risulti – in disparte le considerazioni di cui sopra in tema di zooning - che in sede di pianificazione del territorio comunale siano comunque considerate tutte le strutture alberghiere, e le previsioni siano diversificate in relazione alle esigenze urbanistiche ed agli obiettivi economici (nel caso di specie l’amministrazione ha ampiamente chiarito le peculiarità dell’area fronte mare, il pregio storico ed architettonico dell’Hotel Savoia, la significatività dello stesso per la tradizione turistica del Comune, etc.).
4.3. Piuttosto è la ragionevolezza dei limiti a venire in rilievo. La disciplina del mutamento di destinazione d’uso è connessa con lo sfruttamento economico dell’immobile e può risolversi in una sostanziale ablazione ove non opportunamente temperata da meccanismi di deroga che tengano conto della sostenibilità economica dell’uso, eventualmente correlandola alla temporaneità e modificabilità del vincolo.
E’ quanto di recente affermato dalla Sezione, per la quale “il rispetto del canone di temporaneità e di modificabilità del vincolo di destinazione d’uso alberghiero, lungi dall’essere una possibilità liberamente valutabile dal legislatore regionale, appartiene alla stessa ragion d’essere della sua istituzione e deve ritenersi a questo intrinseco” (cfr. Sez. IV, 6 ottobre 2011, n. 5487); ciò sulla scorta del noto pronunciamento della Corte Costituzionale n. 4 del 28 gennaio 1981 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 5 del d.1. 27 giugno 1967, n. 460, convertito nella legge 28 luglio 1967, n. 628.
Nel caso di specie, il pianificatore ha previsto per alcune delle strutture alberghiere presenti sul territorio - tra le quali l’Hotel Savoia - il divieto di mutamento di destinazione d’uso, salva la possibilità di destinare locali al piano terra, ad esercizio di vicinato, nonché l’incremento della S.A. esistente sino al 30% della preesistenza con elevazione dell’altezza. Non ha però previsto alcuna possibilità di svincolo, neanche per casi eccezionali, nè una durata dello stesso, di fatto imponendo un vincolo alberghiero incondizionato ed a tempo indeterminato.
In tal senso la previsione vincolistica è irragionevole poichè, pur costituendo la stessa esercizio di un potere urbanistico finalizzato alla valorizzazione dell’economia locale, omette di considerare deroghe e temperamenti necessari a tutelare la sostenibilità economica dell’uso imposto.
Giova a tal punto evidenziare che successivamente all’approvazione del progetto preliminare di P.U.C. è entrata in vigore la legge regionale 1/2008 la quale, nell’imporre un vincolo di destinazione alberghiera, ha al contempo previsto che “i Comuni, con la modifica dello strumento urbanistico comunale vigente, possono proporre, su richiesta del proprietario e acquisito il parere del gestore, il non assoggettamento al vincolo di cui al comma 1 delle strutture esistenti censite per le quali non sia più esercitabile l'attività alberghiera in relazione alla sopravvenuta inadeguatezza a mantenere la presenza sul mercato dell'offerta ricettiva e alla non sostenibilità economica della stessa, motivate da almeno una delle seguenti cause: a) oggettiva impossibilità dell'immobile ad adeguare le sue caratteristiche distributive, funzionali e dimensionali al livello degli standard qualitativi del settore alberghiero, a causa dell'esistenza di vincoli paesaggistici, monumentali od urbanistico-edilizi non superabili; b) collocazione della struttura in un contesto le cui caratteristiche urbanistiche o territoriali determinino la incompatibilità o la insostenibilità della funzione alberghiera”. (In applicazione della citata norma, il Comune di Rapallo ha poi approvato il progetto definitivo di P.U.C. ).
La vicenda normativa sopravvenuta conferma l’impianto argomentativo di cui sopra e l’illegittimità di una previsione vincolistica avulsa dalle concrete condizioni economiche della realtà imprenditoriale sulla quale ricade.
L’accertamento dell’illegittimità dell’atto, per motivi diversi da quelli individuati dal Primo giudice comportanti un più ridotto effetto demolitorio e conformativo, costituisce per l’amministrazione un risultato migliorativo rispetto alle statuizioni di prime cure ma non può giustificare un dispositivo di formale accoglimento del gravame, teso più radicalmente alla reiezione della domanda di annullamento azionata.
Per completezza deve aggiungersi che la motivazione della sentenza merita altresì riforma in relazione al Capo in cui si afferma che l’inserimento dell’intera area fronte mare in un distretto di trasformazione anziché in uno di conservazione e riqualificazione è scelta urbanistica illegittima avuto riguardo agli obiettivi in concreto perseguiti dall’amministrazione. Sono condivisibili le obiezioni dell’appellante nella parte in cui, oltre a segnalare una sconfinamento nel merito della discrezionalità amministrativa, valorizzano la necessità di riorganizzare integralmente la “promenade” litoranea anche attraverso consistenti interventi sulle infrastrutture e sui servizi, nell’ambito di un complesso di interventi compatibili con il concetto di “trasformazione” di cui all’art. 29 della legge urbanistica regionale.
Come detto, la correzione della motivazione lascia comunque in piedi il carattere demolitorio della sentenza di prime cure con conseguente rigetto del gravame.
L’esito del giudizio e la complessità delle questioni trattate, giustificano la compensazione delle spese di lite
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Per l’effetto conferma la statuizione demolitoria gravata, con le precisazioni di cui in premessa in ordine a motivazioni e portata..
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2012 con l'intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Guido Romano, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore