Comune e controllo sui circoli - Cons. Stato Sez. V, Sent., 06-09-2012, n. 4725
Cons. Stato Sez. V, Sent., 06-09-2012, n. 4725
1. L'ENDAS - Ente nazionale democratico di azione sociale ha impugnato davanti al TAR Molise, con ricorso integrato da motivi aggiunti, il regolamento per la somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli privati per il Comune di Carrara, approvato con delibera consiliare n. 115 del 29 ottobre 2008, nonché gli atti applicativi consistenti nella richieste di esibizione all'amministrazione comunale dell'istanza di affiliazione, del rendiconto economico-finanziario e della denuncia di inizio attività.
A sostegno dell'impugnativa l'ente ricorrente ha censurato il regolamento ritenendolo nullo per carenza di potere per violazione dell'art. 2 del D.P.R. n. 235 del 2001 ("Regolamento recante semplificazione del procedimento per il rilascio dell'autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli privati), ed in ogni caso illegittimo nelle disposizioni attraverso le quali sono ad esso imposti obblighi di
2. Nel contraddittorio con l'amministrazione intimata il TAR adito ha rigettato il ricorso reputando l'atto regolamentare impugnato riconducibile alle funzioni di polizia amministrativa attribuite ai comuni dal D.P.R. n. 616 del 1977 e conforme al citato D.P.R. n. 235 del 2001.
3. Nell'appello sono riproposte le stesse censure disattese in primo grado.
Il Collegio reputa tuttavia che esse non possano trovare accoglimento e che pertanto la sentenza di primo grado debba essere integralmente confermata.
4. Innanzitutto, non è fondata la censura di nullità del regolamento per carenza di potere.
Lo stesso appellante riconosce un titolo di competenza amministrativa attribuito ai Comuni dall'art. 2 D.P.R. n. 235 del 2001 nei confronti delle associazioni private esercenti attività di somministrazione di alimenti e bevande (pag. 7 del ricorso in appello). La citata disposizione impone alle associazioni della specie di quella odierna appellante di presentare al Comune nel cui territorio esercitano la propria attività una d.i.a. ai sensi dell'articolo 19 della L. n. 241 del 1990, nella quale devono essere dichiarati: l'ente nazionale con finalità assistenziali al quale aderisce; il tipo di attività di somministrazione; l'ubicazione e la superficie dei locali adibiti alla somministrazione; la sussistenza delle condizioni previste dall'articolo 111, commi 3, 4-bis e 4-quinquies, del testo unico delle imposte sui redditi; la conformità dei locali nei quali è esercitata la somministrazione alle norme e prescrizioni in materia edilizia, igienico-sanitaria e ai criteri di sicurezza vigenti.
Alla stregua dell'inequivoco tenore della disposizione in esame, non può dubitarsi che del tutto legittimamente l'autorità comunale è titolata ad emanare, nell'ambito della sua sfera di autonomia organizzativa e funzionale, disposizioni regolamentari al fine di disciplinare le modalità di esercizio del potere di controllo ad essa attribuita dal D.P.R. n. 235 del 2001.
5. La medesima disposizione consente di ritenere infondate anche le censure di illegittimità formulate nei confronti di singole norme del regolamento comunale impugnato e cioè quelle contenute negli artt. 3, 6, 10, 11, 12, 13 e 14.
Si sostiene (nell'ordine prospettato nell'appello) che:
- l'art. 3, disciplinante la d.i.a. da presentare al Comune, sarebbe invasivo della libertà associativa, oltre che in contrasto con art. 2 D.P.R. n. 235 del 2001, perché richiede di indicare dati e notizie su colui che presenta la denuncia, le modalità di svolgimento dell'attività associativa ed i locali in cui essa si svolge;
- l'art. 13, sarebbe parimenti violativo di tale libertà nella parte in cui individua alcune attività vietate ai circoli ed alle associazioni;
- l'art. 14, concernente prescrizioni, orari e rapporti con gli enti affiliati, sarebbe illegittimo in ragione degli obblighi di comunicazione di provvedimenti disciplinari adottati dagli enti affilianti, e dell'attribuzione al Comune del potere di inibire temporaneamente l'adesione ad altri enti, nonché l'obbligo di comunicare annualmente una relazione sulle iniziative da intraprendere e sul rendiconto economico-finanziario;
- gli artt. 10, comma 1, lett. b), 12, comma 1 e 13, con i quali si vieta la somministrazione di alimenti e bevande a soggetti non soci, vulnererebbero l'attività e libertà associativa;
- l'art. 6, sulla valenza della d.i.a., si assume debordante in ambiti riservati alla competenza dell'autorità di pubblica sicurezza ex art. 86 t.u.l.p.s.;
- l'art. 11, sulle caratteristiche dei locali, si censura nella parte in cui richiama norme e regole relative alle attività commerciali.
6. Sennonché nessuna delle doglianze come sopra sunteggiate ha pregio, dovendo le disposizioni in esame ritenersi legittima esplicazione della potestà autorizzativa attribuita all'autorità comunale dal D.P.R. n. 235 del 2001, riferibile non solo al controllo delle norme e prescrizioni in materia edilizia, igienico-sanitaria e di sicurezza, ma anche a profili di stampo tributario.
Con riguardo a quest'ultimo profilo, giova evidenziare che per fruire delle agevolazioni riconosciute a tale tipologia di enti dall'art. 111 t.u.i.r. nell'ambito dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande, l'art. 2 del D.P.R. n. 235 del 2001 prevede puntuali obblighi comunicativi e prescrizioni in capo alle associazioni, comportanti, tra l'altro, la comunicazione dell'atto costitutivo e dello statuto, delle finalità assistenziali perseguite e del rendiconto finanziario.
Le norme regolamentari censurate si appalesano dunque come corretta applicazione dei poteri ricavabili dal combinato disposto delle suddette disposizioni ora richiamate, in virtù delle quali del tutto legittimamente il Comune può pretendere l'esibizione di dati e notizie concernenti aspetti inerenti l'attività associativa, in conformità alle esigenze di assicurare il rispetto della normativa edilizia, sanitaria e tributaria applicabile in materia.
7. Non vi è luogo a provvedere sulle spese, vista la mancata costituzione del Comune appellato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza appellata.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.