Data: 2012-08-21 20:51:47

INSEGNE - PARERE VINCOLANTE dell'ente proprietario della strada

INSEGNE - PARERE VINCOLANTE dell'ente proprietario della strada
Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 18.04.2012 n. 2271
N. 02271/2012REG.PROV.COLL.

N. 02324/2012 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 2324 del 2012, proposto da:
Turi Aldo Giovanni, rappresentato e difeso dall’Avv. Francesco Cantobelli, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell’Avv. Federico Massa, via degli Avignonesi, 5;
contro
Anas Spa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comune di Zollino (Le);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Lecce, Sez. III, n. 2180 dd. 16 dicembre 2011, resa tra le parti e concernente diniego su denuncia di inizio di attività edilizia.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Anas Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2012 il Cons. Fulvio Rocco e udito per l’appellante l’Avv. Francesco Cantobelli;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.

1.Ritenuto che l’appello in epigrafe va respinto per quanto qui appresso specificato.
2. L’attuale appellante, Sig. Aldo Giovanni Turi, ha presentato in data 10 marzo 2010 al Comune di Zollino (Lecce) una denuncia di inizio di attività avente ad oggetto la realizzazione di lavori di messa in sicurezza del proprio fondo mediante realizzazione di un accesso carrabile allo stesso.
Su tale pratica l’Anas S.p.a. – Compartimento della Viabilità per la Puglia, ha espresso con nota Prot. CBA-0026901-P dd. 19 luglio 2010 parere negativo, posto che l’accesso richiesto doveva essere ubicato “lungo la rampa che collega la SS 16 (dir. Lecce) con la SP 248 (Martano Soleto) e che “l’art. 22 del Codice della Strada vieta categoricamente “l’apertura di accesso lungo le rampe di intersezioni, sia a raso che a livelli sfalsati”” (cfr. documentazione in atti del fascicolo processuale di primo grado).
In conseguenza di ciò, con nota Prot. n. 20100003944 dd. 29 luglio 2010 il Responsabile del IV Settore del Comune di Zollino ha opposto diniego all’ulteriore corso della pratica.
Con ricorso proposto sub R.G. 1721 del 2010 innanzi al T.A.R. per la Puglia, Sede di Lecce, il Turi ha chiesto l’annullamento di tali due atti, deducendo:
a) violazione e falsa applicazione del D.L.vo 30 aprile 1992 n. 285, del D.P.R. 16 dicembre 1992 n. 495, degli artt. 22 e 23 del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 e del R.D. 8 dicembre 1933 n. 1740; eccesso di potere per illogicità manifesta, difetto di istruttoria, errore nei presupposti, contraddittorietà, irragionevolezza e sviamento; difetto di motivazione;
b) violazione di legge per mancata applicazione dell’art. 10-bis della L. 7 agosto 1990 n. 241, violazione del diritto di difesa.
Nel giudizio di primo grado si è costituita l’Anas S.p.a., concludendo per la reiezione del ricorso.
Con ordinanza cautelare n. 969 dd. 10 dicembre 2010 la Sez. III dell’adito T.A.R. ha respinto la domanda cautelare di sospensione degli atti impugnati, proposta dal Turi, “considerato che non è ravvisabile l’esistenza di un pregiudizio grave e irreparabile, attesa la prevalenza dell’interesse alla sicurezza stradale sull’interesse del ricorrente all’apertura di un accesso alla strada” (risulta pertanto errato l’assunto in fatto contenuto a pag. 2 della sentenza qui impugnata secondo il quale, viceversa, “con ordinanza n. 969 del 2010 è stata accolta la tutela cautelare”).
Con sentenza n. 2180 dd. 16 dicembre 2011 la medesima Sezione III dell’adito T.A.R. ha respinto il ricorso del Turi, rilevando quanto segue: “2.1 Con il primo motivo si lamentano carenze nell’istruttoria procedimentale anche in considerazione del fatto che l’accesso in oggetto, confluente su una rampa della SS 16, risalirebbe all’epoca della costruzione della stessa strada statale; si tratterebbe quindi di una situazione consolidata da circa quaranta anni e come tale meritevole di tutela, anche in base alla normativa pro-tempore vigente. Il motivo è infondato. L’accesso che il sig. Turi intende realizzare è posto sullo svincolo di collegamento tra la SS16 e la Strada Martano - Soleto. L’art. 22 del Codice della Strada dispone che “è comunque vietata l’apertura di accessi lungo le rampe di intersezioni sia a raso che a livelli sfalsati, nonché lungo le corsie di accelerazione e di decelerazione”. Atteso dunque che, pacificamente, i lavori da assentire prevedono l’accesso lungo una rampa di intersezione, allo stato della normativa vigente il diniego è stato opposto correttamente; il legislatore ha infatti predeterminato in astratto che un tale accesso comporta un pericolo per la circolazione da essere vietato senza possibilità di deroga. Non sarebbe quindi ammissibile una deroga ad hoc che facesse prevalere le ragioni della proprietà, concernenti l’accessibilità del fondo, sulle ragioni di sicurezza stradale, anche nel caso di specie, in cui lo stesso fondo risulta interamente intercluso. Si osserva poi che la preesistenza del suddetto accesso - che secondo le affermazioni del ricorrente, non sorrette da riscontri probatori, sussisterebbe da 40 anni - non ha avuto riconoscimento in alcuna determinazione amministrativa; un provvedimento autorizzativo sarebbe stato invece necessario, anche in base alla normativa vigente all’epoca della costruzione della SS 16; disponeva infatti l’art. 4 del R.D. 1740 del 1933 che “non possono essere stabiliti nuovi accessi o nuove diramazioni dalla strada ai fondi e fabbricati laterali, senza preventiva licenza della competente autorità”.La supposta preesistenza costituisce un dato di mero fatto e dunque, in quanto espressione di un fenomeno abusivo, non può ritenersi produttiva di una situazione consolidata in capo al sig. Turi meritevole di tutela. Per le stesse ragioni il regime edificatorio deve essere individuato sulla base della normativa attualmente vigente, che, come già esposto, stabilisce un divieto espresso alla creazione del citato accesso carrabile.2.2. Con il secondo motivo si lamenta l’omissione del preavviso di diniego ex art. 10-bis della L. 241 del 1990. Il motivo è infondato. La violazione dell’art. 10-bis, L. 241/1990 - che prevede la comunicazione, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, dei motivi che ostano all’accoglimento della domanda - non può ritenersi tale da produrre ex se l’illegittimità del provvedimento finale, dovendo la disposizione sul preavviso di rigetto, essere interpretata alla luce del successivo art. 21-octies, comma 2, che impone al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo. Nel caso di specie l’art. 21-octies rende, quindi, irrilevante la violazione delle norme sul procedimento per il fatto che, nel caso di specie, il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, vista la presenza di un espresso divieto di legge per la realizzazione dell’opera edilizia proposta”.
Il giudice di primo grado ha integralmente compensato tra le parti le spese di giudizio.
3. Il Turi chiede ora la riforma di tale sentenza, deducendo al riguardo quanto segue.
a) Innanzitutto, l’art. 22 del D.L.vo 285 del 1992 e – in precedenza – l’art. 4 del R.D. 1740 del 1933 non sono a suo avvisto disposizioni aventi contenuto di norme urbanistico-edilizie, posto che la realizzazione di un semplice accesso al fondo non comporterebbe il mutamento dell’assetto del territorio e non andrebbe pertanto riguardato quale opera di trasformazione urbanistico-edilizia: assunto, questo, che il Turi reputa comprovato dalla circostanza per cui il soggetto preposto al rilascio dell’autorizzazione è l’ente proprietario della strada e non già l’ente competente a decidere in materia di edilizia e urbanistica (ossia il Comune).
Il Turi afferma inoltre che nel caso di realizzazione di un accesso senza previa acquisizione del necessario titolo autorizzatorio non verrebbe a realizzarsi un vero e proprio abuso edilizio, come viceversa sostenuto dal giudice di primo grado.
Il Turi afferma pure che nel caso di specie dovrebbe farsi riferimento all’anzidetto art. 4 del R.D. 1740 del 1933, il quale non reca – per l’appunto – il divieto di realizzare accessi sulle rampe di accelerazione, ed evidenzia – altresì – che “l’esistenza di tale accesso in data antecedente all’entrata in vigore del nuovo codice della strada, seppur difficilmente dimostrabile documentalmente, può certamente essere provata sulla base di presunzioni precise e concordanti” (cfr. pag. 4 dell’atto introduttivo del presente grado di giudizio), quale la circostanza che l’attuale sagomatura del guard-rail fronti stante la proprietà per cui è chiesto l’accesso sarebbe stata “certamente eseguita dallo stesso dallo stesso personale che ha provveduto ad installare il (medesimo) guard-rail nel momento in cui è stata realizzata la intersezione, e cioè circa 40 anni fa” (cfr. ibidem, pag. 5) e il principio ricavabile dalla giurisprudenza che, ai fini della conformità urbanistica dei lavori di ristrutturazione urbanistica, individua quale parametro di riferimento la disciplina vigente all’epoca della realizzazione del manufatto originario e non già quella vigente all’epoca dell’esecuzione dei lavori medesimi.
b) L’art. 22 del Codice della Strada contemplerebbe al comma 9 un’espressa possibilità di deroga al susseguente suo comma 10, recante il diniego di apertura di accessi lungo le rampe di accelerazione: possibilità in alcun modo considerata dall’Anas e dallo stesso giudice di primo grado.
c) Risulterebbe in ogni caso violato, per effetto del diniego impugnato in primo grado, l’art. 10-bis della L. 241 del 1990, come introdotto dall’art. 6 della L. 11 febbraio 2005 n. 15.
4. Il Collegio, per parte propria, evidenzia quanto segue.
a) A parte la ben evidente e generale confusione di ordine sistematico operata dall’appellante tra titolo edilizio e titolo autorizzatorio rilasciato dall’ente proprietario della strada al fine dell’apertura del passo carraio, va rimarcato che la disciplina contenuta nell’art. 22 del D.L.vo 285 del 1992 e quella a sua volta contenuta nell’art. 4 del R.D. 1740 del 1933 non assolve per certo a finalità urbanistico-edilizie ma ad esigenze di sicurezza della circolazione stradale che identificano un pubblico interesse di maggior rilievo rispetto alle finalità anzidette, e tali quindi da rendere le finalità medesime nettamente recessive rispetto alle valutazioni compiute dall’Autorità istituzionalmente deputata a garantire l’incolumità degli utenti delle pubbliche strade, ovvero – come nel caso di specie – dallo stesso legislatore in sede di diretta disciplina della relativa materia.
In tale contesto, quindi, il parere favorevole dell’ente proprietario della strada va configurato, a’ sensi degli artt. 5, comma 4, 20, comma 3, e 23, comma 4, del T.U. approvato con D.P.R. 380 del 2001, quale necessario e del tutto condizionante presupposto per la legittima esplicazione dell’attività edilizia da parte del soggetto privato.
Né può essere condivisa la prospettazione dell’appellante secondo cui la norma risolutiva per il caso di specie risiederebbe nell’art. 4 del R.D. 1740 del 1933 che prima dell’entrata in vigore dell’attuale Codice della Strada disciplinava il rilascio dei permessi di passo carraio e non contemplava il divieto di rilascio della relativa autorizzazione nelle ipotesi in cui il passo medesimo dovrebbe aprirsi su di una rampa di accelerazione.
Risulta infatti assodato che il Turi mai ha chiesto il rilascio di tale autorizzazione nel corso della vigenza di tale disciplina e che, una volta sopravvenuto l’attuale divieto contenuto nell’art. 22 dell’attuale Codice della Strada, non può pretendere l’ultrattività dello ius vetus; né può giovare allo stesso Turi la circostanza che il proprio accesso alla pubblica strada sarebbe stato di fatto tollerato “per fatto concludente” dall’Anas anche mediante l’asserita posa in opera di un guard rail che sin qui gli ha consentito il materiale accesso al fondo, ovvero un richiamo analogico del tutto inconferente nell’economia di causa ad una giurisprudenza (oltre a tutto neppure condivisa da questo Collegio) circa la norma da applicare per l’accertamento di conformità degli interventi di ristrutturazione urbanistica.
b) E’ del tutto infondato l’assunto dell’appellante secondo il quale l’art. 22 del Codice della Strada contemplerebbe al comma 9 un’espressa possibilità di deroga al susseguente suo comma 10, recante il diniego di apertura di accessi lungo le rampe di accelerazione: possibilità in alcun modo considerata dall’Anas e dallo stesso giudice di primo grado.
Tale assunto, infatti, va radicalmente capovolto.
Il comma 9 anzidetto reca infatti non già una disciplina di deroga, ma la disciplina sostantiva dei presupposti per il rilascio delle autorizzazioni all’apertura dei passi carrai, laddove – per l’appunto – si dispone che “nel caso di proprietà naturalmente incluse o risultanti tali a seguito di costruzioni o modifiche di opere di pubblica utilità, nei casi di impossibilità di regolarizzare in linea tecnica gli accessi esistenti, nonché in caso di forte densità degli accessi stessi e ogni qualvolta le caratteristiche plano-altimetriche nel tratto stradale interessato dagli accessi o diramazioni non garantiscano requisiti di sicurezza e fluidità per la circolazione, l'ente proprietario della strada rilascia l'autorizzazione per l'accesso o la diramazione subordinatamente alla realizzazione di particolari opere quali innesti attrezzati, intersezioni a livelli diversi e strade parallele, anche se le stesse, interessando più proprietà, comportino la costituzione di consorzi obbligatori per la costruzione e la manutenzione delle opere stesse”.
Nel susseguente comma 10 si dispone, invece, che “il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti stabilisce con proprio decreto, per ogni strada o per ogni tipo di strada da considerare in funzione del traffico interessante le due arterie intersecantisi, le caratteristiche tecniche da adottare nella realizzazione degli accessi e delle diramazioni, nonché le condizioni tecniche e amministrative che dovranno dall'ente proprietario essere tenute a base dell'eventuale rilascio dell'autorizzazione”, soggiungendosi nella seconda sua parte che “è comunque vietata l’apertura di accessi lungo le rampe di intersezioni sia a raso che a livelli sfalsati, nonché lungo le corsie di accelerazione e di decelerazione”.
Tale ultima disposizione costituisce, quindi, norma generale di “chiusura” del “sistema”, che inequivocabilmente ed in ogni caso (“comunque”) inibisce - anche, quindi, per la fattispecie che segnatamente riguarda il Turi - il rilascio di qualsivoglia autorizzazione in deroga alla stessa.
c) Come ha correttamente statuito il giudice di primo grado, non può nella specie rilevare la formale violazione dell’art. 10-bis della L. 241 del 1990, in quanto a’ sensi dell’art. 21-octies della medesima L. 241 del 1990, a sua volta inserito per effetto dell’art. 14, comma 1, della L. 15 del 2005, il contenuto dispositivo degli atti impugnati non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, stante la presenza di un espresso divieto di legge al riguardo.
5. Le spese e gli onorari del giudizio del presente grado di giudizio possono essere integralmente compensati tra le parti.
Va peraltro dichiarato irripetibile il relativo contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
Dichiara irripetibile il contributo unificato di cui all’art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche corrisposto per il presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2012 con l’intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Sergio De Felice, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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