Data: 2012-07-10 19:57:08

AUTOTUTELA - potere discrezionale senza obbligo di procedere su esposto

L'Amministrazione non ha alcun obbligo di procedere in autotutela sulla richiesta di annullamento di provvedimenti asseritamente illegittimi
Qualora si richieda all’amministrazione l’annullamento in autotutela di provvedimenti asseritamente illegittimi, l’amministrazione non ha alcun obbligo di procedere in autotutela, in quanto l’esercizio del potere di annullamento in autotutela è espressione di un potere ampiamente discrezionale dell’amministrazione, a fronte del quale non sussistono posizioni giuridiche qualificate dell’interessato. Ne consegue, ad avviso del Consiglio di Stato, che il mancato esercizio del potere di annullamento d’ufficio non può essere sindacato in sede giurisdizionale, spettando solamente all’amministrazione ogni valutazione e considerazione del proprio provvedimento e degli interessi dei privati concorrenti e del loro affidamento. Non ha pregio alcuno, quindi, dissertare sul rigetto dell’istanza di annullamento in autotutela e sulla sufficienza ed adeguatezza delle motivazioni rappresentate dall’amministrazione.
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 6.7.2012, n. 3958)

http://www.gazzettaamministrativa.it/opencms/opencms/index.html

******************
N. 03958/2012REG.PROV.COLL.

N. 04789/2000 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4789 del 2000, proposto da:
D'Incau Paola, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Contaldi e Claudio Dal Piaz, con domicilio eletto presso Mario Contaldi in Roma, via Pierluigi da Palestrina, 63;
contro
Callegher Davide, non costituito in giudizio;
Comune di Candelo, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandra Neri e Pier Vittorio Magnani, con domicilio eletto presso Alessandra Neri in Roma, via C. Fracassini, 4;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE I n. 00137/1999, resa tra le parti, concernente CONCESSIONE EDILIZIA

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 aprile 2012 il Consigliere di Stato Doris Durante;
Uditi per le parti l’avv. Rogia, per delega dell'avv. Dal Piaz, e l’avv. Neri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1.- D’Incau Paola, residente nel Comune di Candelo, in via Sandigliano n. 46, con ricorso al TAR Piemonte chiedeva l’annullamento della concessione edilizia (n. 289 del 6 settembre 1988) rilasciata a Callagher Davide per l’insediamento in prossimità della sua abitazione di un impianto meccanico di autolavaggio.
Assumeva:
che la realizzazione dell’impianto e il suo funzionamento arrecavano gravissimi danni alla sua abitazione immediatamente frontistante a causa di rumori e vibrazioni costanti e insopportabili prodotti dalle macchine di lavaggio;
che il Comune non aveva dato seguito alla sua richiesta di annullamento in autotutela della concessione edilizia rilasciata, malgrado i rappresentati profili di illegittimità che in detta istanza di annullamento in autotutela aveva evidenziato;
che l’intervento assentito era incompatibile con la destinazione di zona, occupando in parte la fascia di rispetto stradale e in parte zona impropria.
2.- Il TAR Piemonte respingeva il ricorso con sentenza n. 137 del 24 febbraio – 11 marzo 1999, rilevando che non ricorreva l’interesse pubblico all’annullamento in autotutela della concessione edilizia, tanto più necessaria, in quanto per il tempo trascorso e per il consolidamento della posizione giuridica del controinteressato, che aveva eseguito da tempo l’opera concessa, non era sufficiente l’asserita illegittimità della concessione edilizia.
3.- Con l’atto di appello in esame, la ricorrente chiede l’annullamento o la riforma della suddetta sentenza per error in iudicando alla stregua dei seguenti motivi:
violazione dell’art. 61 e seguenti della legge urbanistica regionale del Piemonte; violazione dell’art. 3, della l. n. 241 del 1990; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti; ingiustizia grave e manifesta; sviamento.
Il Comune di Candelo costituitosi in giudizio ha eccepito l’irricevibilità dell’appello per tardiva proposizione, la tardiva proposizione del ricorso di primo grado, proposto a distanza di due anni dal rilascio della concessione edilizia e nel merito ne ha dedotto l’infondatezza.
Parte ricorrente, con memoria di replica ha contestato la tardiva notifica, assumendo che la prima, tempestiva notifica dell’atto di appello non sarebbe andata a buon fine, avendo l’avvocato domiciliatario del Comune cambiato indirizzo, senza dare comunicazione del nuovo indirizzo ai difensori della ricorrente, sicché ai sensi dell’art. 157, 3°comma, c.p.c., il Comune, avendo dato causa all’ipotesi di nullità, non potrebbe eccepirla ed ha chiesto, comunque, la rimessione nei termini. Nel merito ha insistito sulle censure dedotte.
Alla pubblica udienza del 13 aprile 2012, precisate le conclusioni nei termini di cui agli atti difensivi, il giudizio è stato assunto in decisione.
4.- Va respinta l’eccezione di tardività dell’appello, atteso che il mancato perfezionamento della notifica non è imputabile al notificante.
Conformemente a giurisprudenza consolidata, deve ritenersi tempestiva la notifica dell'atto di appello che, tentata in pendenza del termine per impugnare, non sia andata a buon fine per cause indipendenti dalla volontà del notificante, e sia stata da questi tempestivamente rinnovata, a nulla rilevando che la seconda notifica si sia perfezionata dopo lo spirare del termine per l'impugnazione (Cass. civ. Sez. II, 26 marzo 2012, n. 4842; Cass. civ. Sez. II, 26 marzo 2012, n. 4842).
Nella specie, la prima notifica, nei termini, è stata invano tentata presso lo studio del difensore di controparte, il quale, malgrado avesse cambiato indirizzo, non ne aveva dato comunicazione alle parti, ingenerando il convincimento che fosse rimasto immodificato l’indirizzo indicato nell’elezione di domicilio.
5.- Va ritenuta inammissibile l’eccezione di tardività del ricorso di primo grado, notificato a distanza di due anni dal rilascio della concessione edilizia impugnata, atteso che l’eccezione andava fatta valere mediante appello incidentale alla sentenza.
6.- Nel merito l’appello è infondato e va respinto.
Innanzi tutto va rilevato che allorché si richiede all’amministrazione l’annullamento in autotutela di provvedimenti asseritamente illegittimi, l’amministrazione non ha alcun obbligo di procedere in autotutela, in quanto l’esercizio del potere di annullamento in autotutela è espressione di un potere ampiamente discrezionale dell’amministrazione, a fronte del quale non sussistono posizioni giuridiche qualificate dell’interessato.
Ne consegue che il mancato esercizio del potere di annullamento d’ufficio non può essere sindacato in sede giurisdizionale, spettando solamente all’amministrazione ogni valutazione e considerazione del proprio provvedimento e degli interessi dei privati concorrenti e del loro affidamento.
Non ha pregio alcuno, quindi, dissertare sul rigetto dell’istanza di annullamento in autotutela e sulla sufficienza ed adeguatezza delle motivazioni rappresentate dall’amministrazione.
Fermo tanto, va poi considerato che non sussiste alcun contrasto o incompatibilità tra la destinazione di zona e l’impianto di autolavaggio.
7.- La ricorrente assume che l’impianto ricade in parte in fascia di rispetto stradale e in parte in zona impropria. Richiama, all’uopo, gli artt. 36 e 64 delle norme tecniche di attuazione del PRG di Biella, che nelle fasce di rispetto stradale consentirebbero solo opere a servizio della strada, tra le quali, essa asserisce, non potrebbe essere compresa l’installazione di un autolavaggio.
La censura è infondata.
Le citate norme tecniche di attuazione del PRG, tra gli insediamenti ammissibili nelle zone di rispetto stradale, indicano, in via esemplificativa, tra gli altri, i parcheggi scoperti, i distributori di carburante con relativi accessori per il soccorso immediato degli utenti della strada.
E’ indubbio che un impianto di autolavaggio assembla i caratteri degli insediamenti ammissibili, in quanto comprende il parcheggio con l’ulteriore servizio del lavaggio, funzione accessoria a servizio dell’utente della strada.
8.- Quanto alla circostanza che l’insediamento sarebbe allocato a distanza di mt. 10 dal ciglio della strada e non a mt. 12, 25 come previsto dalle disposizioni di piano, essendo opera a servizio della strada, essa ai sensi dell’art. 64 delle NTA è collocabile in deroga alle distanze previste in generale per gli altri tipi di interventi.
9.- In relazione alle emissioni rumorose e alle vibrazioni che arrecherebbero fastidio all’abitazione della ricorrente fronti stante all’impianto, va osservato che esse sono state più volte misurate dagli uffici competenti ed è stato anche imposto al titolare dell’impianto di adottare gli accorgimenti necessari per riportare l’inquinamento acustico nei limiti di legge, fermo restando che compete al giudice ordinario la cognizione in materia di emissioni di qualunque tipo, comprese quelle acustiche.
Sta di fatto che la ricorrente si è già rivolta al giudice ordinario, ottenendo tutela in tale sede.
10.- La ricorrente, invero, afferma di agire per la tutela dell’interesse pubblico alla cessazione dell’attività di autolavaggio.
Tale interesse, invero, non è azionabile direttamente dal privato il quale può agire a tutela del proprio esclusivo interesse che potrebbe, in ipotesi, coincidere con l’interesse pubblico.
Tuttavia, nel caso in esame, il Comune, organo cui compete la tutela dell’interesse pubblico, ha contestato decisamente che sussista l’interesse pubblico alla rimozione dell’impianto, contestando il sussistere delle denunciate illegittimità.
11.- Quanto ai profili relativi al rispetto delle norme in materia di scarico delle acque reflue, se, come assume la ricorrente, al contro interessato sono state applicate sanzioni per le suddette violazioni, sta a significare che la situazione è sotto controllo da parte delle autorità competenti in materia.
Per quanto esposto, l’appello deve essere respinto.
Tenuto conto della natura della controversia, le spese di giudizio possono essere equamente compensate tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l 'appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Doris Durante, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/07/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


riferimento id:6296
vuoi interagire con la community? vai al NUOVO FORUM - community.omniavis.it