La PA non deve attendere il GIUDIZIO CIVILE - illegittima sospensione del procedimento
Consiglio di Stato, sentenza n. 3739 del 26 giugno 2012
N. 03739/2012REG.PROV.COLL.
N. 07757/2009 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7757 del 2009, proposto da Francesco
Campanella, Vito Aureliano Campanella, Giovanni Battista Campanella, Paolo
Campanella e Giuseppe Rossano Campanella, rappresentati e difesi dagli avv.
Francesco Campanella e Luigi D'Ambrosio, con domicilio eletto presso Alfredo
Placidi in Roma, via Cosseria 2;
contro
Comune di Rutigliano, rappresentato e difeso dall'avv. Filippo Giampaolo, con
domicilio eletto presso il medesimo in Roma, viale Tito Labieno 118;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI, SEZIONE III, n. 1749/2008, resa tra
le parti, concernente DIRITTO DI SUPERFICIE LOTTO DEMANIALE
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Rutigliano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2012 il Cons. Nicola Gaviano e
uditi per le parti gli avvocati Luigi D'Ambrosio e Filippo Giampaolo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I signori Campanella Francesco, Paolo, Giuseppe Rossano, Vito Aureliano e
Giovanni Battista, premesso di essere eredi universali ab intestato della signora
Rachele Spinelli, deceduta il 22/7/2005, e titolare in vita della concessione del
diritto perpetuo di superficie sul lotto demaniale n. 6 del Cimitero di Rutigliano
con soprastante tombino funerario, titolo assentitole dal locale Comune con atto
n. rep. 1818 del 1°/4/1994, richiedevano alla stessa Amministrazione con istanza
del 30/01/2006 la voltura in proprio favore, nella loro qualità, in comune e pro
indiviso, dell’anzidetta concessione cimiteriale della loro dante causa.
Sull’istanza di voltura il Responsabile dell’Ufficio Aree Cimiteriali del Comune
stabiliva con provvedimento n. 17094 dell’8/11/2006 di sospendere ogni
determinazione, in attesa dell’esito di un contenzioso civile pendente dinanzi al
Tribunale di Bari che era stato promosso, contro gli stessi istanti, dai signori
Antonelli, quali eredi della sig.ra Pellicciari, la più remota titolare della concessione
oggetto dell’istanza.
Da qui l’impugnativa dei sigg.ri Campanella avverso il provvedimento
soprassessorio dinanzi al T.A.R. per la Puglia.
Il ricorso veniva affidato ad un unico, articolato motivo: violazione dell’art. 1 L.
241/1990, violazione dei principi generali in materia di concessioni amministrative,
ed in particolare di concessioni cimiteriali; violazione dell’art. 12 del Regolamento
di Polizia Mortuaria vigente nel Comune di Rutigliano, violazione dei principi
generali in tema di procedimento amministrativo e di buon andamento della Pubblica Amministrazione; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione,
erroneità del presupposto giustificativo e perplessità.
I ricorrenti deducevano, fondamentalmente, che l’art. 12 del Regolamento
comunale di Polizia Mortuaria attribuiva loro, in qualità di eredi della titolare della
concessione cimiteriale, il diritto alla voltura in proprio favore del titolo medesimo.
L’atto impugnato, pertanto, violava sia il Regolamento citato, sia i principi generali
in materia di trasmissibilità mortis causa delle concessioni cimiteriali. Risultavano
altresì violati i principi generali in materia di provvedimenti cautelari, atti che per
loro natura sarebbero soggetti a termini finali precisi, laddove il provvedimento
gravato aveva invece sospeso a tempo indeterminato la decisione sulla loro istanza.
Il Comune di Rutigliano si costituiva in giudizio deducendo l’infondatezza del
ricorso e chiedendone il rigetto.
All’esito, con la sentenza del T.A.R. adìto n. 1749/2008 in epigrafe il ricorso dei
sigg.ri Campanella veniva respinto.
Donde l’appello degli interessati avverso tale pronuncia dinanzi a questo Consiglio.
Anche in questo grado di giudizio il Comune resisteva al gravame avversario,
richiedendone la reiezione.
Gli appellanti, dopo avere depositato la sentenza del Tribunale di Bari n. 414 del
2012, che aveva definito in senso a loro favorevole il contenzioso civile cui si era
riferita la soprassessoria, sviluppavano ulteriormente le loro ragioni con una
successiva memoria, con la quale insistevano per l’accoglimento dell’appello.
Alla pubblica udienza del 4 maggio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
L’appello è fondato.
1a E’ invero esatto, innanzi tutto, il rilievo di parte appellante sulla non pertinenza
del richiamo fatto dal T.A.R. al principio generale della revocabilità delle
concessioni amministrative per sopravvenute ragioni di interesse pubblico, dal
momento che nella concreta vicenda il Comune appellato non ha mai espresso, né fatto intravvedere, alcun proposito revocatorio, bensì si è limitato ad assumere una
misura di natura soprassessoria, in ragione della pendenza di un contenzioso civile.
1b Il primo Giudice, inoltre, nel compiere le proprie valutazioni sull’art. 12 del
Regolamento comunale di Polizia Mortuaria, si è soffermato solo sul testo di tale
articolo che era stato originariamente approvato dal Consiglio comunale il 30
gennaio 2003, senza tenere perciò conto delle modificazioni (pur specificamente
richiamate da parte ricorrente) che erano state apportate al medesimo con la
successiva delibera consiliare n. 32 del 7 aprile 2003.
1c Coglie poi nel segno anche la critica degli appellanti che pone in risalto che il
primo Giudice, in luogo di pronunziarsi sugli specifici vizi che erano stati dedotti
avverso il provvedimento che formava oggetto di gravame, la sospensione del
procedimento di voltura, si è invece concentrato sulla distinta tematica della
accoglibilità (o meno) dell’istanza di voltura: così pervenendo al risultato di
escludere l’annullabilità della soprassessoria solo alla luce dell’esito negativo che il
procedimento sospeso avrebbe dovuto a suo avviso avere, ed ancor prima che ad
una qualsivoglia decisione di merito al riguardo potesse pervenire il Comune
competente, così anticipandone le valutazioni.
Donde la sostanziale pretermissione, da parte del primo Giudice, delle censure che
costituivano il contenuto del ricorso di prime cure.
2 Da quanto precede emerge inequivocabilmente la necessità, per la Sezione, di
prendere in esame le doglianze che erano state originariamente mosse da parte
ricorrente avverso il provvedimento impugnato, e si trovano in questa sede
riproposte.
2a In questa prospettiva può essere subito colta la fondatezza della principale
censura svolta dai ricorrenti, che hanno osservato come la voltura da loro richiesta
costituisse per l’Amministrazione un atto sostanzialmente dovuto (tanto più in
quanto non risulta che fossero pervenute al Comune istanze in concorrenza con la loro), non essendo stata sollevata questione né intorno all’esistenza ed efficacia
giuridica della concessione in questione, così come corrente fino ad allora in capo
alla decuius, né sulla qualità ereditaria di essi istanti.
Secondo l’insegnamento della giurisprudenza civile, infatti, il diritto sul sepolcro
già costituito è un diritto soggettivo perfetto di natura reale assimilabile al diritto di
superficie, suscettibile di possesso e soprattutto di trasmissione sia inter vivos che
per via di successione mortis causa, e come tale opponibile agli altri privati, atteso
che lo stesso nasce da una concessione amministrativa avente natura traslativa di
un'area di terreno o di una porzione di edificio in un cimitero pubblico di carattere
demaniale (Cass. civ. sez. II, 30 maggio 2003, n. 8804, e 30 maggio 1984, n. 3311).
Altro discorso, poi, è che tale diritto nei confronti della Pubblica Amministrazione
sia suscettibile di affievolimento, degradando ad interesse legittimo, nei casi in cui
esigenze di pubblico interesse, per la tutela dell'ordine e del buon governo del
cimitero, impongano o consiglino all’Amministrazione di esercitare il potere di
revoca della concessione (Cass civ., SS.UU., 7 ottobre 1994, n. 8197): aspetto che
tuttavia, come si è già detto, nella presenta vicenda non viene in rilievo.
I diritti analoghi conferiti ai concessionari demaniali sono, del resto, normalmente
suscettibili di trasmissione mortis causa (salve le valutazioni che l’Amministrazione si
sia eventualmente riservata sui requisiti del nuovo titolare : cfr. ad es., C.d.S., VI,
27 febbraio 1992, n. 139).
L’art. 12 del Regolamento comunale sopra menzionato presenta un contenuto
coerente con i principi appena esposti.
Tale articolo già nel suo testo originario stabiliva quanto segue: “Alla morte del
concessionario, il Comune riconoscerà come tale uno solo tra gli eredi, che potrà essere designato
dal testatore o, in difetto, di comune consenso fra gli eredi stessi, il cui nome e le qualifiche saranno
notificate alla autorità municipale, entro un anno dalla morte del primo concessionario. In mancanza di tale modifica l’anzidetta designazione sarà fatta definitivamente dal Comune previa
audizione degli eredi legittimi od intestatari della successione…..”.
L’articolo è stato poi espressamente integrato dalla delibera consiliare n. 32/2003,
che ha stabilito di introdurvi le seguenti innovazioni:
- “fare rinvio, per la successione mortis causa del concessionario, alle norme previste all’uopo dal
codice civile” ;
- “non limitare la successione ai soli ascendenti ma a tutti i familiari così come previsto dalla
legge” ;
- “non limitare ad uno soltanto la portata dispositiva della disciplina dedotta nella disposizione
regolamentare”.
Con queste modifiche (delle quali, peraltro, né la difesa municipale né il T.A.R.
hanno tenuto conto) è stata dunque soppressa l’originaria limitazione recata
dall’articolo sull’intestabilità del titolo a non più di uno degli eredi del
concessionario defunto.
Lo stesso T.A.R., d’altra parte, aveva colto il punto (senza però trarne le dovute
conseguenze) che, poiché la concessione del 1994 non era mai stata revocata, ma
era ancora pienamente efficace e vincolante, sarebbe stato sufficiente che il
nominativo di uno degli istanti venisse formalmente indicato al Comune, ai sensi
dell’art. 12 del Regolamento, per fare scattare l’obbligo dell’Ente di riconoscerlo
quale nuovo titolare della concessione. Riconoscimento, questo, che, a parte il
vizio della mancata considerazione del mutato testo dello stesso art. 12 (con il
quale era stata ormai ammessa anche la possibilità di una cointestazione del titolo),
è comunque arduo considerare compatibile con la decisione, oggetto di appello, di
legittimare la soprassessoria assunta dall’Amministrazione.
2b Parimenti fondata è la critica rivolta alla sospensione del procedimento di
voltura (anche) per il fatto di essere stata disposta sine die, alla luce del divieto di aggravare il procedimento codificato dall’art. 1, comma 2, della legge n. 241 del
1990.
La stessa difesa comunale ricorda come il principio di non aggravamento del
procedimento sia volto ad evitare che l’iter del medesimo subisca, oltre che onerosi
appesantimenti, degli inutili rallentamenti. E non pare possa seriamente dubitarsi
che una misura di sospensione sine die del procedimento costituisca un esempio
paradigmatico di iniziativa dilatoria che si pone agli antipodi rispetto all’osservanza
del predetto principio.
Giustamente parte appellante ha poi rimarcato lunghezza ed imprevedibilità della
durata di un giudizio civile. Non vale perciò replicare alla doglianza, come ha fatto
la difesa comunale, che il termine finale della sospensione, dopo tutto, avrebbe
coinciso con il giorno della pubblicazione della sentenza definitiva del giudizio
civile, poiché l’obiezione nulla toglie all’indeterminatezza della stasi creata dal
provvedimento impugnato.
2c Rileva inoltre la Sezione che la circostanza che penda una causa civile dall’esito
suscettibile di interferire sull’assetto di rapporti amministrativi costituisce
un’evenienza tutt’altro che infrequente, la quale però non giustifica certo, ogni
qualvolta si manifesti, un congelamento sine die dell’azione amministrativa che in
base all’attuale status quo risulti dovuta in favore di chi consti averne al momento
titolo. Senza dire che, in casi come quello in controversia, l’impossibilità di
avvalersi medio tempore del bene demaniale, sottratto a qualsiasi utilizzazione,
integrerebbe un irragionevole spreco di risorse.
Vero è, quindi, che era ipotizzabile un nesso tra la futura decisione della
controversia da parte del Giudice civile e le sorti finali della concessione. Ma ciò,
lungi dal giustificare una paralisi del procedimento di voltura, richiedeva
semplicemente, al Comune, di dare coerente seguito alla pronuncia giurisdizionale
civile, una volta che fosse stata emessa, qualora essa avesse acclarato la carenza di legittimazione di chi, nondimeno, nell’attualità, non venendo contestate né la
propria qualità ereditaria, né l’esistenza ed efficacia della concessione, non poteva
non vedere soddisfatta la propria pretesa.
Come ha bene osservato la difesa di parte appellante, infatti, ove il Comune avesse
nutrito dei seri dubbi sulla legittimità del titolo concessorio, avrebbe potuto, in tal
caso, attivarsi in autotutela per il suo ritiro. In assenza di qualsivoglia iniziativa in
tal senso –neppure mai annunziata-, però, la concessione non poteva che
continuare a produrre tutti i propri effetti sotto ogni profilo.
2d L’effettuazione della voltura richiesta, d’altra parte, non avrebbe gravato sugli
interessi dei sigg.ri Antonelli più di quanto non aveva già fatto a suo tempo il
rilascio, nel 1994, della concessione intestata alla sig.ra Spinelli, al cui cospetto i
primi avevano instaurato sin dal 1995 la loro controversia civile. Titolo e
controversia erano, invero, già coesistiti per un decennio; e sin dal 1999 il Comune
era edotto della pendenza della causa intentata dai sigg.ri Antonelli (cfr. l’atto di
costituzione della difesa municipale nel primo grado di giudizio, pag. 3).
Il che fa comprendere quanto fossero remoti i margini per un intervento cautelare,
sulla materia, nel successivo anno 2006. Con il rischio, oltre tutto, di far apparire il
provvedimento impugnato strumentale alla tutela cautelare non tanto dell’interesse
pubblico, quanto piuttosto degli interessi dei sigg.ri Antonelli, non essendo mai
state nemmeno illustrate con chiarezza, dal Comune, le ragioni che lo avrebbero
sconsigliato di concedere la richiesta voltura prima dell’esito del contenzioso da
tempo pendente.
3 Per le ragioni esposte, in conclusione, la presente impugnativa merita di trovare
accoglimento, potendo rimanere assorbita ogni residua doglianza di parte
appellante. Per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere accolto il
ricorso di prime cure ed annullata la misura impugnata. Le spese del doppio grado di giudizio sono liquidate, secondo soccombenza, dal
seguente dispositivo.
Nell’operato dell’Amministrazione non si rinvengono i presupposti di temerarietà
che sarebbero necessari per l’applicazione dell’art. 26 CPA.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente
pronunciando sull'appello in epigrafe, lo accoglie, e per l’effetto, in riforma della
decisione appellata, accoglie il ricorso di primo grado, annullando il
provvedimento con questo impugnato.
Condanna il Comune di Rutigliano al rimborso ai ricorrenti delle spese processuali
del doppio grado di giudizio, che liquida nella complessiva misura di euro
cinquemila oltre gli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 4 maggio 2012 con
l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore
Marco Buricelli, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 26/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)