ANTITRUST - relazione annuale sull'attività svolta dall'AGCM
Alleghiamo la relazione completa dalla quale abbiamo estrapolato questi interessanti passaggi:
Il contrasto alle restrizioni pubbliche e la promozione della legalità nei mercati:
i nuovi poteri dell’Autorità
L’efficacia dell’azione di un’Autorità di concorrenza non si misura solo
in relazione alle attività in applicazione della normativa antitrust e di quella di
tutela del consumatore, ma anche con riguardo alla sua capacità di influire sul
quadro normativo, segnalando le restrizioni ingiustificate all’attività economica
che trovano origine in regolamenti o norme di legge, e tracciando gli obiettivi
prioritari di riforma pro-concorrenziale del sistema economico.
Quale riconoscimento dell’importante ruolo svolto negli anni sul terreno
della promozione della concorrenza, l’Autorità è stata di recente investita di
nuovi compiti e prerogative che, consentendo una più efficace azione proconcorrenziale
nelle diverse aree di intervento, influiranno positivamente sulla
competitività del sistema economico e, dunque, sulle possibilità di crescita e
sviluppo del Paese in una prospettiva di sempre maggiore integrazione europea
e di rafforzamento del mercato unico.
Al riguardo, viene in primo luogo in rilievo il decreto-legge 6 dicembre
2011 n. 201 recante “Disposizioni urgenti per l’equità, la crescita e il
consolidamento dei conti pubblici”, convertito, con modificazioni, dalla legge
22 dicembre 2011, n. 214 (d’ora in avanti d.l. n. 201/2011), che, da un lato, ha
introdotto con l’art. 34 un parere preventivo obbligatorio dell’Autorità sui
disegni di legge governativi e sui regolamenti; dall’altro, con l’art. 35, ha
attribuito a essa la legittimazione a impugnare gli atti amministrativi che
determino violazioni delle norme a tutela della concorrenza e del mercato.
Il primo rimedio, intervenendo nel procedimento di formazione di leggi
e regolamenti, ha carattere preventivo ed è volto a evitare l’introduzione di
nuove ingiustificate restrizioni alla concorrenza.
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Il secondo è chiaramente concepito come uno strumento di reazione, la cui
introduzione era stata già auspicata dall’Autorità20. La norma reca, tuttavia,
alcune peculiarità sul piano procedurale che non ne fanno soltanto uno
strumento di portata reattiva: la legittimazione ad impugnare viene inserita,
infatti, in un quadro più ampio volto a favorire anche il dialogo e lo spontaneo
ravvedimento dell’amministrazione che ha adottato l’atto illegittimo.
In secondo luogo, vengono in rilievo il già citato d.l. n. 1/2012, nonché il
decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 “Disposizioni urgenti in materia di
semplificazione e sviluppo”, in via di conversione (d’ora in avanti d.l. n.
5/2012). Entrambi hanno introdotto il parere preventivo obbligatorio
dell’Autorità con riguardo ai regolamenti governativi che dovranno essere
adottati per dare compiuta attuazione alle norme di liberalizzazione e
semplificazione dettate, rispettivamente, dagli articoli 1 e 12 di tali decreti.
Il rafforzamento della funzione di advocacy
Il rafforzamento del potere di advocacy dell’Autorità si inquadra nella
norma sulla liberalizzazione dei mercati di cui all’art. 34 del d.l. n. 201/2011,
che costituisce l’epilogo di una serie di tentativi compiuti dal legislatore negli
anni più recenti per dare maggiore voce alla concorrenza nel processo di
modernizzazione del sistema regolatorio nazionale. In tale quadro, la citata
norma, dopo aver disposto la soppressione di talune rilevanti e perniciose
restrizioni pubbliche dei mercati, ha dapprima previsto che “L’introduzione di
un regime amministrativo volto a sottoporre a previa autorizzazione l’esercizio
di un’attività economica deve essere giustificato sulla base dell’esistenza di
un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con
l’ordinamento comunitario, nel rispetto del principio di proporzionalità”.
Successivamente ha sancito in capo all’Autorità l’obbligo di rendere un “parere
obbligatorio, nel termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione del
provvedimento, in merito al rispetto del principio di proporzionalità sui disegni
di legge governativi e i regolamenti che introducono restrizioni all’accesso e
all’esercizio di attività economiche”.
L’introduzione di siffatto parere completa l’intervento del legislatore volto
a liberalizzare le attività economiche e può contribuire efficacemente ad arginare
il rischio della reintroduzione di restrizioni normative ingiustificate nel quadro
normativo interno. La norma è certamente, dunque, meritevole di apprezzamento:
in un quadro generale innovato essa riconosce all’Autorità un ruolo di “filtro”,
cruciale per impedire il risorgere di istanze protezionistiche nell’ordinamento.
I limiti della nuova previsione riguardano principalmente l’ambito
applicativo. Poiché il parere preventivo è stato introdotto soltanto per i disegni
di legge governativi e i regolamenti, l’enorme arcipelago delle legislazioni locali
è destinato a restare fuori da ogni meccanismo efficace di tempestiva verifica.
Il controllo sulla materia esercitato dalla Corte Costituzionale - che, attraverso
un’interpretazione ampia della “tutela della concorrenza” ex art. 117 Cost.,
lascia oggi spazi assai ridotti all’autonomia regionale - ha infatti carattere non
solo successivo, ma meramente eventuale: pur fondamentale nel definire i
rapporti tra i diversi livelli istituzionali nell’esercizio della potestà legislativa,
esso non può pertanto sortire i benefici che avrebbe invece un meccanismo di
controllo regolare svolto da un’autorità tecnica sui nuovi progetti di regolazione.
Da questo punto di vista, un utile ausilio potrà tuttavia venire dall’articolo
4 del d.l. n. 1/2012, ai sensi del quale “La Presidenza del Consiglio dei Ministri
raccoglie le segnalazioni delle Autorità indipendenti aventi ad oggetto restrizioni
alla concorrenza e impedimenti al corretto funzionamento dei mercati al fine di
predisporre le opportune iniziative di coordinamento amministrativo dell’azione
dei ministeri e normative di attuazione degli articoli 41, 117, 120, 127 della
Costituzione”. L’avvio di una operosa collaborazione istituzionale, in virtù della
quale l’Autorità segnali al Governo le norme regionali in contrasto con la “tutela
della concorrenza” ex art. 117 Cost., ai fini dell’eventuale impugnativa dinanzi
alla Corte Costituzionale, appare suscettibile di dispiegare un importante effetto
di barriera rispetto al dilagare di interventi ingiustificatamente restrittivi adottati
in sede locale. Se congiuntamente considerata al penetrante controllo che sta
svolgendo la Corte Costituzionale sulle legislazioni locali, la nuova previsione
consente di confidare che anche su tale terreno possa registrarsi in prospettiva
un’evoluzione virtuosa.
In aggiunta alle norme richiamate, concorrono da ultimo a rafforzare il ruolo
di competition advocacy dell’Autorità altre disposizioni dei citati d.l. n. 1/2012
e n. 5/2012. Infatti, in un’ottica complementare alla previsione introdotta
dall’articolo 34 del d.l. n. 201/2011, è destinato ad operare sia il parere preventivo
che l’Autorità sarà chiamata ad esprimere, ex art. 1 del d.l. n. 1/2012, sui
regolamenti che il Governo dovrà adottare “per individuare le attività per le quali
permane l’atto preventivo di assenso dell’amministrazione, e disciplinare i
requisiti per l’esercizio delle attività economiche, nonché i termini e le modalità
per l’esercizio dei poteri di controllo dell’amministrazione, individuando le
disposizioni di legge e regolamentari dello Stato che, ai sensi del comma 1,
vengono abrogate a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti
stessi”, sia il parere preventivo che l’Autorità dovrà esprimere, ex art. 12 del d.l.
n. 5/2012, sui futuri regolamenti del Governo volti a semplificare i procedimenti
amministrativi concernenti l’attività di impresa.
La legittimazione a impugnare gli atti della pubblica amministrazione
Non meno importante nella prospettiva di rafforzare l’azione di contrasto
svolta dall’Autorità avverso le restrizioni amministrative della concorrenza è
quanto previsto dall’articolo 35 del d.l. n. 201/2011 che, aggiungendo l’articolo
21-bis alla legge n. 287/90, ha attribuito all’Autorità la legittimazione ad agire
innanzi al TAR Lazio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti e i
provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che determinano
distorsioni della concorrenza. Lo stesso ha previsto, inoltre, che l’Autorità
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emetta entro 60 giorni un parere motivato, qualora ritenga che una pubblica
amministrazione abbia emanato un atto in violazione delle norme sulla
concorrenza; decorsi 60 giorni senza che l’amministrazione si sia conformata
ad esso, l’Autorità potrà presentare, per il tramite dell’Avvocatura dello Stato,
il ricorso entro i successivi 30 giorni.
Non sono poche le questioni e i profili di problematicità che l’attribuzione
di tale legittimazione straordinaria solleva sul piano sistematico e applicativo,
la cui chiarificazione competerà alla dottrina e ancor più alla giurisprudenza21.
Certamente, la norma ha una portata molto ampia, chiara riprova della volontà
del legislatore di colpire l’agire anticoncorrenziale delle amministrazioni
pubbliche, a prescindere in primis dalla specifica veste formale dell’atto
amministrativo illegittimo. La stessa attribuisce, infatti, all’Autorità la
legittimazione ad impugnare gli atti amministrativi generali, i regolamenti e i
provvedimenti di qualsiasi amministrazione, con una elencazione di tipologie
che vale a ricomprendere qualsivoglia provvedimento possa promanare da una
pubblica amministrazione.
Se poi si ha riguardo al processo di ampliamento della nozione di pubblica
amministrazione che è ormai in atto da diversi anni, in virtù del quale è sempre
più frequente che soggetti privati siano sottoposti al rispetto di norme
tradizionalmente destinate a soggetti pubblici, lo spazio di impugnativa
consentito all’Autorità si amplia ulteriormente, fino a potersi dispiegare nei
confronti di soggetti formalmente privati che svolgono un’attività amministrativa
rivolta al conseguimento di interessi pubblici quali concessionari e organismi di
diritto pubblico. La legittimazione dell’Autorità ha in altri termini lo stesso
perimetro e lo stesso ambito della giurisdizione del giudice amministrativo, fatto
salvo il vincolo di scopo che ne contraddistingue l’azione22.
Oltre al suddetto potere di impugnativa, la norma prevede la possibilità per
l’Autorità, laddove ritenga che una pubblica amministrazione abbia emanato un
atto in violazione delle norme a tutela della concorrenza e del mercato, di
emettere entro sessanta giorni un parere motivato, nel quale vengano indicati gli
specifici profili delle violazioni riscontrate. Se la pubblica amministrazione non
si conforma nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere,
l’Autorità può presentare il ricorso al giudice amministrativo. E’ oggetto di
dibattito il rapporto tra siffatto parere motivato dell’Autorità e la legittimazione
ad impugnare, sul quale sarà il giudice amministrativo a fare chiarezza.
Certamente, la possibilità di procedere all’emissione di un parere motivato
arricchisce le modalità di azione dell’Autorità, consentendo ad essa di (provare
a) avviare un dialogo con l’amministrazione che ha adottato l’atto, rinviando ad
un momento successivo l’eventuale ricorso al giudice.
I margini di utilizzo dello strumento appaiono come detto molto ampi,
potendo con esso l’Autorità aggredire un novero di atti che comprende, a titolo
esemplificativo, tutti i regolamenti sia statali che locali, i bandi di gara e
qualsivoglia provvedimento qualificabile come amministrativo. E’ indubbio,
tuttavia, che i risultati più proficui dovranno attendersi dall’impugnativa
avverso le delibere di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali,
delle quali l’Autorità è destinataria diretta secondo la normativa vigente.
La previsione di tale legittimazione in capo all’Autorità può contribuire,
dunque, in modo decisivo a far evolvere il sistema amministrativo nazionale,
e ancor più quello locale, verso una maggiore coerenza con i principi
concorrenziali. Alla luce dell’avversione frequentemente manifestata dalle
amministrazioni pubbliche verso una piena apertura alla logica del confronto
competitivo, e a fronte della limitata efficacia degli interventi consultivi
dell’Autorità, la possibilità per essa di ricorrere al giudice può agevolare lo
sviluppo e il radicamento di una cultura del mercato che stenta ancora oggi ad
affermarsi sul piano amministrativo.
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Il prezzo dei carburanti in rete in Italia - anche al netto della componente
fiscale- è tra i più elevati di tutti i Paesi della UE. Alla base di uno degli
elementi maggiormente esplicativi del deficit concorrenziale che
contraddistingue il nostro Paese rispetto ad altri principali partner europei, si
trovano tanto elementi di carattere strutturale - il conclamato eccessivo numero
di punti vendita e l’inefficienza che caratterizza la rete italiana di distribuzione
di carburanti32- quanto il mancato sviluppo, nel nostro Paese, di una funzione
di distribuzione realmente autonoma nell’ambito della filiera, che -come
dimostrato dall’esperienza di altri paesi europei- determina consistenti
riduzioni dei prezzi sul mercato finale.
Le previsioni normative contenute nel d.l. n. 1/2012 favoriscono tanto
una riduzione sostanziale del numero dei piccoli impianti inefficienti e di
quelli incompatibili quanto l’ingresso di nuovi operatori non integrati
verticalmente, anche attraverso l’eliminazione di vincoli all’utilizzo di
strumenti concorrenziali diversi dal prezzo nell’attività di distribuzione dei
carburanti (orari, self service, non oil) e appaiono quindi complessivamente
andare nella corretta direzione con riguardo al necessario processo di
ristrutturazione della rete di distribuzione33.
In secondo luogo, le nuove norme spingono verso una maggiore
indipendenza nell’attività di approvvigionamento, mediante forme di
progressivo abbandono dei contratti di esclusiva, e l’adozione di differenti
tipologie contrattuali per l’affidamento e l’approvvigionamento degli
impianti di distribuzione carburanti34.
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Le riforme recentemente approvate incidono direttamente anche su una
serie di settori nei cui mercati, a causa di restrizioni normative o regolamentari
di varia natura, o a prassi commerciali da queste facilitate, stentano ad
affermarsi condizioni di offerta realmente concorrenziali; le nuove norme, sia
attraverso l’eliminazione di vincoli ingiustificati all’accesso e all’esercizio
dell’attività economica, sia -laddove necessario- imponendo nuove regole di
comportamento agli operatori, tendono a definire un assetto e un
funzionamento più competitivo, anche alla luce dell’importante obiettivo
comunitario della realizzazione del Mercato Unico dei Servizi.
La liberalizzazione del settore dei servizi, secondo i principi sanciti dalla
direttiva 2006/123/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre
2006 relativa ai servizi nel mercato interno, è da molto tempo al centro
dell’agenda politica, al fine precipuo di rilancio dello sviluppo economico36
.....
Con riferimento al settore della distribuzione commerciale, devono essere
guardate con favore le misure introdotte con l’art. 31, comma 2, del d.l. n.
201/2011, finalizzate a rimuovere gli ostacoli residui che impediscono l’apertura
degli esercizi commerciali negli orari liberamente scelti da ciascun esercente, e
a rendere principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà di apertura di
nuovi punti vendita, con i soli limiti specificamente individuati nel testo
normativo. Resta soltanto la criticità già segnalata dall’Autorità con riguardo alle
ampie deroghe al principio generale affermato, consentite dallo stesso articolo.
Con riferimento alla distribuzione dei farmaci, in coerenza con quanto
osservato dall’Autorità, il legislatore ha disposto il potenziamento del servizio,
con l’aumento del numero delle autorizzazioni al fine di favorire l’accesso alla
titolarità delle farmacie; ha inoltre introdotto la possibilità di istituire una farmacia
anche nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti civili a traffico internazionale,
nelle stazioni marittime e aree di servizio autostradali, nei centri commerciali e
nelle grandi strutture di vendita a determinate condizioni, con conseguente
ampliamento della concorrenza nel settore e benefici diretti per i consumatori.
Altrettanto importanti le innovazioni introdotte nel settore della
distribuzione editoriale, dove alla liberalizzazione della vendita al dettaglio di
quotidiani e periodici prevista dall’art. 31 del d.l. n. 201/2011 si sono aggiunte
le disposizioni di cui all’art. 39 del d.l. n. 1/2012 che, in coerenza con le
indicazioni espresse dall’Autorità, permettono agli edicolanti di vendere
qualsiasi altro prodotto e la possibilità di praticare sconti, offrendo un
contributo al completamento della libertà di esercizio nel settore.
Con riguardo al segmento della distribuzione alimentare, il d.l. n. 1/2012
ha introdotto con l’art. 62 importanti previsioni volte a disciplinare le relazioni
commerciali in materia di cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari, in
particolare imponendo criteri di trasparenza, correttezza, proporzionalità e
reciproca corrispettività delle prestazioni, nonché il rispetto di predefiniti
termini di pagamento nelle relazioni contrattuali fra i diversi operatori della
filiera, infine stabilendo esplicitamente l’illiceità di una serie di pratiche nelle
suddette relazioni commerciali.
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Concorrenza, semplificazione e pubblica amministrazione
In un contesto nel quale è prioritario rilanciare la crescita e recuperare
competitività sul piano internazionale, la semplificazione del sistema
amministrativo è un tema centrale dal quale non si può prescindere. Non da oggi,
d’altra parte, le analisi condotte dalle principali organizzazioni internazionali
individuano nella ipertrofia normativa e nella complicazione burocratica una
delle prime cause dello svantaggio competitivo dell’Italia nel contesto europeo
e dell’intera area OCSE. Su tale versante occorre semplificare il sistema,
alleggerire i carichi amministrativi e rimuovere le barriere improprie all’attività
imprenditoriale, tra cui in particolare l’eccessiva complessità delle norme e delle
procedure, per superare il grave handicap che lo affligge nel confronto con i
partner europei in termini di capacità di attrazione degli investimenti46.
In tale direzione, con la legge 11 novembre 2011, n. 180 recante “Norme
per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese”, il Parlamento ha
inteso stabilire i principi che concorrono a definire lo Statuto giuridico delle
imprese, con particolare riferimento alle micro piccole e medie imprese di cui
si compone in prevalenza il tessuto economico nazionale. Particolare menzione
merita il divieto, di cui all’art. 8, di introdurre “negli atti normativi e nei
provvedimenti amministrativi a carattere generale che regolano l’esercizio di
poteri autorizzatori, concessori o certificatori, nonché l’accesso ai servizi
pubblici o la concessione di benefici, nuovi oneri regolatori, informativi o
amministrativi a carico di cittadini, imprese e altri soggetti privati senza
contestualmente ridurne o eliminarne altri, per un pari importo stimato, con
riferimento al medesimo arco temporale”. Si completa, con il meccanismo di
compensazione previsto, il programma legislativo di riduzione o eliminazione
degli oneri regolatori, informativi o amministrativi, garantendo per il futuro
l’invarianza degli oneri sui privati connessi a nuove norme o prescrizioni47.
Sul terreno della semplificazione, non meno importante è poi il citato d.l.
n. 5/2012 “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo”, in
corso di conversione, con il quale è stato predisposto un esteso e ambizioso
piano di intervento volto ad allineare il Paese agli standard internazionali.
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