Data: 2012-06-19 04:50:41

Proprietari, confinanti e "vicini" possono ricorrere contro il titolo edilizio

Proprietari, confinanti e "vicini" possono ricorrere contro il titolo edilizio

Cons. Stato Sez. IV, Sent., 07-05-2012, n. 2620


1.1.La signora I.F. era proprietaria, unitamente ai figli M.L. e M.L., di un terreno ubicato nel Comune di Sant'Angelo d'Alife (Ce), ricadente in zona classificata "agricola" dal vigente P.R.G. e "zona di conservazione del paesaggio agricolo di fondovalle - CAF" dal vigente Piano Territoriale Paesistico (PTP).

La F. e i L. hanno presentato al Comune in data 17 dicembre 2002 una domanda di rilascio di un titolo edilizio per la realizzazione su tale terreno di un fabbricato rurale con deposito per attrezzi agricoli.

L'Amministrazione comunale, dopo aver acquisito il parere favorevole della Commissione edilizia comunale integrata (CECI) di cui al verbale n. 4 dd. 11 febbraio 2003, ha rilasciato con provvedimento dd. 13 febbraio 2003 l'autorizzazione paesaggistica allora contemplata dall'art. 151 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, trasmettendola alla competente Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico-artistico e demoetnoantropologico per le province di Caserta e di Benevento di Caserta.

Con susseguente Provv. n. 19 dd. 4 settembre 2003 il Comune ha quindi rilasciato ai richiedenti il permesso di costruire, peraltro volturato in data 10 ottobre 2003 a favore della signora M.I., resasi medio tempore acquirente del terreno anzidetto.

Con atto protocollato dal Comune al n. 5175 dd. 13 ottobre 2003 la I. ha comunicato la data di inizio dei lavori, identificandola con il 13 ottobre 2003.

In data 10 febbraio 2004 il tecnico comunale ha accertato che in relazione all'anzidetto titolo di costruire era stato realizzato sul fondo uno scavo esteso in lunghezza per m.19,70 di lunghezza largo m. 13,30 a circa m. 32 dalla strada statale 158 e a m. 20 dal Vallone torrentizio denominato "Pietrapalombo ".

Con nota dd. 20 aprile 2004 la I. ha comunicato al Comune il progetto di una variante in corso d'opera, consistente nella realizzazione di locali per la trasformazione delle materie prime prodotte direttamente dall'azienda nonché nella creazione di piccoli punti di vendita dei prodotti aziendali.

Con nota dd. 17 maggio 2004 il Sindaco ha comunicato che su tale progetto la Commissione edilizia comunale e la Commissione edilizia comunale integrata avevano espresso, per quanto di rispettiva competenza, parere favorevole.

L'Amministrazione comunale ha quindi rilasciato con provvedimento prot. 1332 dd. 11 maggio 2004 una nuova autorizzazione paesaggistica.

Peraltro, con nota prot. 13813 dd. 14 giugno 2004 la predetta Soprintendenza, in sede di procedimento di cui all'art. 151 del D.P.R. n. 490 del 1999, ha rappresentato al Comune l'esigenza che "l'edificio sia realizzato il più lontano possibile dalla stradina carrabile e dal limite del canale adiacente", prescrivendo contestualmente specifiche modalità di rivestimento delle pareti esterne dell'edificio e la necessità della "previa acquisizione dell'autorizzazione relativa al Piano straordinario per l'assetto idrogeologico predisposto dalla Autorità di Bacino Nazionale dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno".

Con susseguente nota dd. 23 luglio 2004 la stessa Soprintendenza, considerata la presenza in zona di elementi e strutture di interesse archeologico, ha espresso sul progetto di variante "parere di massima favorevole a condizione di effettuare saggi preliminari all'inizio dei lavori a cura e spese del committente con l'assistenza di personale tecnico scientifico di questa Amministrazione a cui vengono inviati i grafici di progetto".

Con Provv. n. 22 del 2004 il Comune ha rilasciato il permesso di costruire anche per la realizzazione dei lavori in variante al precedente permesso n. 19 del 2003.

1.2. Con ricorso proposto sub R.G. 10319 del 2004 innanzi al T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, il Sig. V.D., confinante della I., chiesel'annullamento dei seguenti atti: provvedimento prot. n. 2332 dd. 11 maggio 2004 del Comune di Sant'Angelo d'Alife, avente ad oggetto il rilascio di nulla-osta paesaggistico a favore della I. per la realizzazione di punti vendita e di lavorazione aziendale; verbale n. 24 dd. 6 maggio 2004 della Commissione edilizia integrata; della nota prot. n. 13813 dd. 14 giugno 2004 della Soprintendenza di conferma della compatibilità paesaggistica con prescrizioni; permesso n. 22 dd. 30 agosto 2004 rilasciato in variante al permesso di costruire n. 19 del 2003.

Si costituirono in giudizio il Comune, l'Amministrazione per i beni e le attività culturali e la I., concludendo per la reiezione del ricorso.

La I. dedusse pure, in via preliminare, l'inammissibilità del ricorso medesimo.

1.3. Con ricorso proposto sub R.G. 5215 del 2006 innanzi al medesimo giudice di primo grado la I., a sua volta, chiedeva l'annullamento dell'ordinanza n. 19 dd. 17 maggio 2006, con la quale il Comune di Sant'Angelo d'Alife, in esecuzione del giudicato reso inter partes dal medesimo T.A.R. per la Campania, Sez. IV, con sentenza n. 1009 dd. 14 febbraio 2005, confermata con decisione n. 1909 dd. 7 aprile 2006 da questa stessa Sezione, disposto aveva disposto la demolizione delle opere realizzate abusivamente ma sanate per effetto del permesso di costruire in sanatoria n. 1 del 2004.

Il Comune e l'Amministrazione per i beni e le attività culturali si costituirono in tale ulteriore giudizio concludendo entrambi per la reiezione del ricorso.

Il D., a sua volta, proponeva intervento ad opponendum.

Nel medesimo procedimento la I. impugnava con motivi aggiunti di ricorso anche la sopravvenuta, ulteriore ordinanza comunale n. 26 dd. 21 settembre 2006, avente ad oggetto la demolizione delle opere realizzate in esecuzione del permesso in sanatoria n. 1 del 2004, il rapporto n. 19376/2006 dd. 4 ottobre 2006 della Soprintendenza, nonché la diffida dd. 4 settembre 2006 richiamata nel medesimo atto della Soprintendenza.

1.4. Con ulteriore ricorso proposto sub R.G. 7298 del 2006 sempre innanzi allo stesso giudice di primo grado la I. chiese l'annullamento della nota della Soprintendenza prot. n. 18943 dd. 26 settembre 2006 recante la richiesta al Comune di ritirare l'autorizzazione rilasciata a' sensi dell'art. 151 del D.Lgs. n. 490 del 1999 , nonché delle altre note richiamate nella nota medesima.

L'Amministrazione per i beni e le attività culturali, costituitasi anche in questo giudizio, concludeva per la reiezione del ricorso.

1.5.1. Con sentenza n. 6486 dd. 4 luglio 2007 la Sezione VIII dell'adito T.A.R., previa riunione delle tre impugnative sopradescritte, accolse il ricorso proposto sub R.G. 10319 del 2004 dal D., respinse il ricorso proposto sub R.G. 7298 del 2006 dalla I. e dichiarò inammissibile il ricorso proposto sub R.G. 5215 del 2006 dalla medesima I., compensando integralmente tra tutte le parti le spese di giudizio.

1.5.2. Giova sin d'ora evidenziare che il giudice di primo grado dapprima disaminò il ricorso proposto sub R.G. 10319 del 2004 dal D., reputando che lo stesso investisse aspetti determinanti per la risoluzione dell'intera vicenda complessivamente dedotta in giudizio mediante i tre ricorsi anzidetti.

Al riguardo il giudice il T.A.R. innanzitutto respinse l'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla I. per asserita carenza della legittimazione al ricorso da parte del D. . L'eccezione, basata sull'atto di acquisto da parte del D. di un fondo distante da quello della I. coinvolto nella causa , non escludeva di per sé, per i primi Giudici, che il medesimo D. fosse proprietario anche di altro fondo confinante con quello della predetta I.; né andava sottaciuto - sempre secondo quanto affermato dallo stesso giudice di primo grado - che con precedente giudicato intervenuto tra le parti (ossia per effetto della predetta sentenza n. 1009 del 2005 resa dalla IV Sezione del T.A.R. per la Campania e confermata con decisione n. 1909 del 2006 di questa stessa Sezione) e relativo a più giudizi vertenti sulla legittimità di provvedimenti relativi a opere eseguite dalla stessa I. nella medesima area interessata dai provvedimenti qui impugnati in primo grado, non era risultata contestata la legittimazione a ricorrere del D..

Concludendo sul punto il giudice di primo grado evidenziò anche che l'area di cui trattasi ricade catastalmente nella particella n. 269, foglio 16 del Comune censuario di Sant'Angelo d'Alife e che il settore di versante in cui sono compresi particella e foglio suddetti, nell'ambito del progetto di Piano Stralcio per l'assetto idrogeologico-rischio frana adottato il 25 febbraio 2003 (Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2003) ricade all'interno di un'area perimetrata come area di "Alta Attenzione - A4" (cfr. Relazione di consulenza tecnica dd. 17 maggio 2006 dell'ing. A.C. nominato in relazione ai fatti di cui è causa dal Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, dr.ssa F.C.).

Sempre secondo il T.A.R. dalla riferita e particolare posizione della zona conseguiva quindi un ampliamento della sfera dei soggetti interessati alla conservazione dell'assetto idrogeologico della intera zona, ancorchè non strettamente confinanti, perchè potenzialmente esposti a pericoli connessi a possibili sconvolgimenti dell'equilibrio idrogeologico del territoriale comunale.

1.5.3. Passando al merito di causa relativo al medesimo ricorso proposto sub R.G. 10319 del 2004, il T.A.R. rilevò che il ricorso aveva ad oggetto il permesso di costruire n. 22 del 2004 rilasciato alla I. dall'Amministrazione Comunale (controinteressata nel giudizio medesimo ma ricorrente nei due altri giudizi introdotti in primo grado e contestualmente decisi), nonché i pregressi giudizi di compatibilità con il valore paesaggistico delle opere assentite con il predetto titolo edilizio, ossia il parere favorevole espresso dalla CECI con verbale del 6 maggio 2004, il nulla-osta paesaggistico rilasciato dal Sindaco con Provv. n. 2332 dd. 11 maggio 2004 e la determinazione adottata su quest'ultimo provvedimento dalla competente Soprintendenza con nota prot. n. 13813 dd.14 giugno 2004).

Il T.A.R. rimarcò pure che l'Amministrazione comunale aveva assentito mediante l'anzidetto titolo edilizio n. 22 del 2004 una variante al precedente permesso di costruire n. 19 del 2003, rilasciato ai danti causa della medesima I. e volturato in favore di quest'ultima, titolare di azienda agricola quale coltivatrice diretta, e che con lo stesso permesso di costruire n. 19 del 2003 era stata assentita la realizzazione di un fabbricato rurale e annesso deposito di strumenti agricoli, nel mentre con la susseguente variante era stata assentita la realizzazione di locali per la trasformazione delle materie prime prodotte direttamente dall'azienda, nonché la realizzazione di piccoli punti vendita.

Ciò posto, ad avviso del giudice di primo grado l'ora descritto nesso di collegamento tra i due titoli edilizi suggeriva l'opportunità di un cenno al quadro generale in cui si inscrivono tali provvedimenti e alle pregresse determinazioni adottate dall'Amministrazione comunale in relazione all'intera vicenda dedotta nel presente giudizio.

In tal senso, il giudice di primo grado notava come dalla documentazione in atti constava che con provvedimento dd. 13 gennaio 2004 la stessa Amministrazione Comunale aveva autorizzato a' sensi dell'art. 151 del D.Lgs. n. 490 del 1999 la realizzazione delle stesse opere assentite con il gravato permesso n. 22 del 2004 e che tale autorizzazione paesaggistica era stata annullata con decreto soprintendentizio del 25 febbraio 2004.

Da tale decreto risultava che l'area interessata dall'intervento ricade in zona E1 del P.R.G comunale e in zona CAF del P.T.P., nel testuale rilievo - tra l'altro - per cui "né la realizzazione né le planimetrie evidenziano l'esistenza del Vallone adiacente al lotto interessato nella cui fascia di 50 metri rientra l'edificio in progetto che è quindi in contrasto con l'art. 9 del p.t.p. vigente che alla norma "tutela dei corsi d'acqua e dei bacini idrografici" nei corsi d'acqua per una fascia di 50 metri dal ciglio spondale e di 100 metri dei bacini idrografici artificiali impedisce la realizzazione di nuove volumetrie".

Dalla documentazione in atti - proseguiva ancora il giudice di primo grado - risultava ancora che con provvedimento n. 1 del 2004 recante come protocollo il n. 25 dd. 12 febbraio2004 il Comune aveva rilasciato alla I. il permesso di costruire in sanatoria sulla base di una presunta autorizzazione paesaggistica postuma (ossia per opere già asseritamente eseguite tra il 9 maggio e il 30 luglio 2001 ) di cui alle note della Soprintendenza dd. 21 gennaio 2003 e dd. 25 marzo 2003: permesso impugnato dal D. e, come detto innanzi, annullato con sentenza n. 1009 del 2005 della Sezione IV dello stesso T.A.R., integralmente confermata con decisione n. 1909 del 2006 resa da questa stessa Sezione; e constava pure che in data 21 aprile 2004 la medesima I. aveva presentato al Comune un nuovo progetto di variante al permesso n. 19 del 2003 relativamente al quale la CECI con verbale n. 24 del 6 maggio 2004 aveva espresso parere favorevole recepito dal Sindaco e che del relativo giudizio la competente Soprintendenza aveva preso atto con nota prot. 13812 dd. 14 giugno 2004, subordinando tuttavia la propria determinazione a specifiche condizioni, tra cui quella che "prima dell'inizio dei lavori sia acquisita l'autorizzazione relativa al Piano per l'assetto idrogeologico predisposto dall'Autorità di Bacino Nazionale dei fiumi Liri -Garigliano e Volturno".

Tutto ciò premesso, il giudice di primo grado affermò che tale condizione era stata posta, sic et simpliciter, a base dell'impugnato permesso di costruire in variante, indipendentemente dall'avveramento della stessa: e, se così era, il punto nodale della questione specificamente dedotta in giudizio dal D. si identificava nell'interrogativo se l'autorizzazione paesaggistica stessa era idonea - o meno - a giustificare il rilascio del gravato permesso di costruire.

Sempre secondo il giudice di primo grado, dalla stessa struttura condizionata della determinazione soprintendentizia si si doveva, quindi, arguire che l'autorizzazione paesaggistica era da intendersi efficace subordinatamente all'avveramento dell'evento in essa dedotto come condizione sospensiva, e cioè all'acquisizione, da parte del Comune o dell'interessato, dell'assenso dell'Autorità del Bacino.

Lo stesso giudice precisò - altresì - che non risultava essere intervenuto tale assenso né che la condizione si fosse avverata, né constava che l'anzidetta autorizzazione paesaggistica fosse stata in parte qua impugnata dalla I. (ossia, relativamente alla condizione in essa apposta); semmai, la deficienza della condizione risulterebbe per converso accertata con provvedimento soprintendentizio n. 18943 dd. 26 settembre 2006, esso sì impugnato sub R.G. 7298 del 2006 dalla medesima I. innanzi allo stesso giudice di primo grado e avente ad oggetto il ritiro della predetta autorizzazione, segnatamente in considerazione del mancato avveramento della condizione surriferita.

Secondo lo stesso T.A.R. andava escluso che la mancata impugnativa in parte qua della predetta autorizzazione condizionata potesse ritenersi superata con la considerazione che nella fattispecie concreta non era necessario l'assenso dell'Autorità del Bacino; e che - comunque sia - andava rimarcato che tale assenso non solo era dedotto nell'autorizzazione come condizione espressa, ma anche come componente essenziale e determinante, senza la quale la stessa autorizzazione doveva intendersi inoperante.

D'altra parte - evidenziava lo stesso T.A.R. - andava sottolineato che, nell'economia generale dell'autorizzazione paesaggistica anzidetta, la controversa condizione era del tutto estranea alla logica della necessarietà - o meno - nel "sistema" dell'assenso dell'Autorità del Bacino, nella stessa autorizzazione dedotto come evento condizionante della sua efficacia: nella specie, ad avviso dello stesso giudice, invero si trattava di una condizione volontaria (ma non legale) che la Soprintendenza aveva apposto alla propria determinazione, nel presupposto che tale assenso fosse in rapporto di connessione causale e di implicazione reciproca con il giudizio di compatibilità paesaggistica.

Detto altrimenti, ad avviso del T.A.R. l'anzidetto assenso dell'Autorità del Bacino era ritenuto dalla Soprintendenza, nell'ambito della propria autonomia discrezionale, integrativo e complementare della propria autorizzazione, indipendentemente dalla preesistenza di una specifica previsione normativa che ne imponesse l'acquisizione a garanzia dell'effettività della medesima autorizzazione paesaggistica: e ciò, sempre secondo il T.A.R., non sarebbe stato irragionevole, "non potendo in astratto escludersi una interconnessione funzionale tra i due valori, concorrenti nella fattispecie concreta, dell'armonia paesaggistica e dell'equilibrio idrogeologico. In tale ottica deve dunque ritenersi che al limite, per sottrarsi alla condizione apposta all'autorizzazione paesaggistica, il Comune avrebbe dovuto chiedere all'Autorità del Bacino l'assenso dedotto in condizione nella stessa autorizzazione e mostrarne l'eventuale rifiuto alla Soprintendenza che quell'assenso aveva imposto. Sulla base delle considerazioni esposte deve dunque concludersi che l'autorizzazione paesaggistica che il Comune ha posto a base dell'impugnato permesso in variante è stata rilasciata dalla Soprintendenza, per la condizione apposta, come autorizzazione originariamente inefficace o con efficacia sospesa. Ne discende che con la deficienza di detta condizione, la stessa autorizzazione deve ritenersi definitivamente inefficace ed inutile: inetta comunque a supportare l'impugnato permesso. Di riflesso deve ritenersi illegittimamente adottato e perciò deve essere annullato l'impugnato permesso in variante n. 22 del 2004" (cfr. pag. 14 e ss. della sentenza qui impugnata)

1.5.4. Muovendo pure dalle considerazioni ora riferite, il giudice di primo grado respinse il ricorso proposto sub R.G. 7298 del 2006 proposto dalla I. avverso la nota prot. n. 18943 dd 26 settembre 2006, con la quale la Soprintendenza aveva revocato la precedente sua nota recante la presa d'atto condizionata dell'autorizzazione paesaggistica, invitando per conseguenza l'Amministrazione comunale a ritirare il nulla-osta paesaggistico da essa rilasciato.

Secondo lo stesso T.A.R., peraltro, a tale ricorso non sarebbero estranei profili di inammissibilità, avendo la I. con esso dedotto vizi del provvedimento impugnato che avrebbe dovuto dedurre in sede di impugnativa, da lei non proposta, della predetta autorizzazione condizionata della Soprintendenza.

1.5.5. Per quanto da ultimo attiene al ricorso n. 5215 del 2006, proposto dalla I.M. avverso l'ordinanza comunale n. 19 del 2006 con la quale fu disposta la demolizione di opere che erano state assentite in sanatoria dallo stesso Comune con provvedimento n. 1 del 2004, il T.A.R. dichiarò l'inammissibilità di tale impugnativa, reputando in tal senso esaustiva la notazione per cui il giudicato discendente dalla propria sentenza n. 1009 del 2005 e comportante l'annullamento del permesso di costruire in sanatoria n. 1 del 2004 avrebbe reso res illicita, con valenza retroattiva, l'opera realizzata sine titulo, con la conseguenza che l'opera medesima doveva ritenersi, per la necessaria intangibilità ed effettività del giudicato attuato mediante l'ordinanza impugnata, insuscettibile di ulteriore sanatoria.

2.1. Con l'appello in epigrafe la I. ha chiesto la riforma di tale sentenza, deducendo quanto qui appresso specificato.

2.2.1. Sul ricorso proposto sub R.G. 10319 del 2004 dal D.: violazione dell'allora vigente art. 21 della L. 6 dicembre 1971, n. 1034; violazione del principio di corrispondenza tra "chiesto e pronunciato".

Secondo la I. la sentenza impugnata risulterebbe viziata per ultrapetizione, in quanto il D., nel contesto del predetto procedimento sub R.G. 10319 del 2004, non avrebbe in alcun modo censurato l'asseritamente mancato avveramento della condizione apposta dalla Soprintendenza con la propria nota prot. 813 dd. 14 giugno 2004.

2.2.2. Sempre sul ricorso proposto sub R.G. 10319 del 2004 dal D.: violazione e falsa applicazione dell'art. 100 c.p.c.; motivazione erronea.

La I. ha contestato l'avvenuta reiezione, da parte del giudice di primo grado, della propria eccezione di difetto di legittimazione attiva da parte del D..

Ad avviso della I., il T.A.R. avrebbe innanzitutto errato laddove ha affermato che lei sarebbe proprietaria di altro fondo confinante con quello del D.: circostanza, questa, che la I. intende smentire mediante l'allegazione secondo cui il fondo al quale il medesimo T.A.R. si riferirebbe è la particella n. 240 del foglio n. 21, della quale lei sarebbe comodataria, nel mentre la presente controversia riguarderebbe la ben diversa (e quanto mai lontana) particella n. 269 del foglio n. 16.

Per lo stesso motivo, sempre secondo la I., non rileverebbe in giudicato formatosi inter partes per effetto della predetta sentenza n. 1009 del 2005 resa dal T.A.R., posto che quest'ultima avrebbe per oggetto opere realizzate sulla predetta particella n. 240, e non già sulla particella n. 269.

La I. afferma inoltre che il D. mai avrebbe comprovato la sussistenza di un proprio interesse alla conservazione dell'assetto idrogeologico dell'intera zona, né che le opere da lei realizzate comprometterebbero l'assetto del fondo del quale egli è proprietario.

2.2.3. Sempre sul ricorso proposto sub R.G. 10319 del 2004 dal D.: error in iudicando, violazione sotto ulteriore profilo del predetto - e allora vigente - art. 21 della L. n. 1034 del 1971, motivazione erronea per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria.

La I. evidenzia che nel fascicolo di primo grado risulta depositata la nota prot. n. 3231 dd. 16 giugno 2004, a firma del progettista delle opere, nella quale, in sede di richiesta del permesso di costruire in variante, è attestato che l'area destinata all'edificazione non è interessata da fenomeni franosi e che pertanto l'autorizzazione da parte dell'Autorità di Bacino anzidetta non sarebbe nella specie necessaria.

La I. evidenzia pure che nello stesso fascicolo è pure presente la nota della medesima Autorità di Bacino prot. n. 1492 dd. 2 marzo 2005, nella quale si legge - tra l'altro - "... che per le opere in corso di realizzazione in agro di S. Angelo d'Alife al foglio 16, particella n. 269 ... non essendo l'area interessata da alcuna perimetrazione del ... piano straordinario" redatto per la rimozione delle situazioni a rischio più alto, "la stessa non è soggetta alle norme e ai divieti delle relative misure di salvaguardia, tuttora vigenti ai sensi dell'art. 9 della L. 13 luglio 1999, n. 226, né l'intervento subordinato ad alcun parere e/o autorizzazione da parte dell'Autorità di Bacino. ... Si ribadisce che in base alle norme vigenti (misura di salvaguardia del Piano straordinario e art. 16 delle norme di attuazione del Piano stralcio per l'assetto idrogeologico-rischio frana questa Autorità di Bacino non doveva rilasciare alcuna autorizzazione alle opere in oggetto".

In conseguenza di ciò, ad avviso della I., la stessa "lettura" della vicenda data dalla Soprintendenza e condivisa apoditticamente dal giudice di primo grado risulterebbe del tutto infondata per ben evidente travisamento della situazione di fatto, comunque non esattamente rilevata dal giudice medesimo.

2.3. Sul ricorso proposto sub R.G. 7298 del 2006 dalla medesima I.: error in iudicando,

violazione dell'allora vigente art. 21 della L. n. 1034 del 1971 e motivazione erronea sotto più profili.

La I. rileva in proposito che con il proprio ricorso in primo grado non sono state proposte censure avverso l'autorizzazione della Soprintendenza n. 13813 del 2004, ma sono state proposte censure avverso il provvedimento prot. 18943 del 2006 emesso dalla medesima Soprintendenza, avuto segnatamente riguardo a vizi propri di quest'ultimo, e che pertanto il ricorso R.G. 7298 del 2006, anche a prescindere dalla circostanza che lo stesso dovrebbe essere accolto in dipendenza di quanto già evidenziato dianzi ai precedenti par. 2.2.1., 2.2.2. e 2.2.3., è stato erroneamente dichiarato - sia pure per mera completezza della trattazione della fattispecie- inammissibile dal giudice di primo grado.

Ad ogni buon conto la I. ripropone al riguardo nel presente grado di giudizio tutte le censure già da lei svolte innanzi al T.A.R. ossia:

a) sotto più profili, violazione e falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, violazione del D.Lgs. n. 490 del 1999 e successive modifiche, violazione dei principi in materia di autotutela, violazione del giusto procedimento, difetto di istruttoria, carente motivazione, insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, sviamento di potere, illogicità manifesta, incompetenza e violazione del principio del contrarius actus;

b) violazione e falsa applicazione del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, violazione dell'art. 7 della L. n. 241 del 1990 ed eccesso di potere.

2.4. Sul ricorso proposto sub R.G. 5215 del 2006 dalla medesima I.: error in iudicando,

violazione dell'allora vigente art. 21 della L. n. 1034 del 1971, violazione dell'art. 36 e ss. del T.U. approvato con D.P.R. n. 380 del 2001, nonché motivazione erronea sotto più profili.

A tale riguardo la I. contesta l'assunto del giudice di primo grado secondo il quale l'inammissibilità del ricorso da lei proposto sub R.G. 5215 del 2006 discenderebbe dal giudicato formatosi sulla sentenza n. 1009 del 2005 resa dallo stesso T.A.R., posto che, ad avviso della medesima I., tale giudicato di per sé non le impedirebbe di presentare una nuova domanda di sanatoria e, conseguentemente, di ottenere sulla domanda stessa quella pronuncia della Soprintendenza la cui carenza era stata - per l'appunto - posta alla base del giudicato predetto.

Ad ogni buon conto anche per tale ricorso la I. ripropone nel presente grado di giudizio tutte le censure già da lei dedotte innanzi al T.A.R., ossia:

a) violazione e falsa applicazione del T.U. approvato con D.P.R. n. 380 del 2001, violazione della L. n. 241 del 1990, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, violazione del giusto procedimento, sviamento di potere;

b) sotto ulteriore profilo, violazione e falsa applicazione del T.U. approvato con D.P.R. n. 380 del 2001, violazione della L. n. 241 del 1990, eccesso di potere per sviamento, nonché per assenza di istruttoria e di motivazione;

c) violazione dell'art. 27 del T.U. approvato con D.P.R. n. 380 del 2001 e dell'art. 149 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, nonché eccesso di potere per erroneità e inesistenza dei presupposti;

d) violazione dell'art. 41 del T.U. approvato con D.P.R. n. 380 del 2001, nonché eccesso di potere sotto ulteriore profilo per violazione del giusto procedimento, inesistenza dei presupposti e simulazione procedimentale;

e) sempre sotto ulteriore profilo, violazione e falsa applicazione del T.U. approvato con D.P.R. n. 380 del 2001, violazione della L. n. 241 del 1990, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, violazione del giusto procedimento, sviamento di potere;

f) ancora, violazione e falsa applicazione del T.U. approvato con D.P.R. n. 380 del 2001, violazione della L. n. 241 del 1990 ed eccesso di potere.

2.5. Si è costituito anche nel presente grado di giudizio il D., concludendo per la reiezione del ricorso.

2.6. Si è parimenti costituito in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali, parimenti concludendo per la conferma della sentenza resa in primo grado.

2.7. Con ordinanza n. 740 dd. 12 febbraio 2008 la Sezione ha respinto la domanda di sospensione cautelare della sentenza di primo grado, avanzata dall'appellante, "considerato che, in questa sede di prima delibazione e allo stato degli atti, il ricorso, che pur richiede ulteriori approfondimenti nella più propria fase di merito, non appare assistito da profili di fumus".

2.8. Con ulteriore atto notificato alle controparti la I. ha rinunciato al ricorso da lei proposto in primo grado sub R.G. 5215 del 2006 e al conseguente appello proposto sul relativo capo della statuizione resa al riguardo dal T.A.R., e ha prodotto agli atti di causa i seguenti, nuovi documenti:

a) provvedimento del Ministero dei beni e attività culturali - Soprintendenza di Caserta prot. 0006009 dd. 14 marzo 2011, avente ad oggetto "Sant'Angelo d'Alife: richiesta di revoca della nota Prot. 18943 del 26 settembre 2006 - area vincolata paesisticamente ai sensi del D.M. 28 marzo 1985", recante la precisazione che "per i luoghi oggetto di intervento, il Piano straordinario per l'assetto idrogeologico non prevedeva il rilascio di alcuna autorizzazione da parte dell'Autorità di Bacino, bensì la sola autorizzazione dell'Ente locale";

b) provvedimento di integrazione prot. 0007623 dd. 30 marzo 2011, sempre della stessa Soprintendenza, recante la precisazione che "il punto 3 della nota Prot. 13813 dd. 14 giugno 2004 sia da intendere esclusivamente come richiesta di autorizzazione relativa al Piano straordinario per l'assetto idrogeologico, rilasciata dal Comune Autorità ... competente, come specificato nella nota Prot. 4232 del 26 giugno 2003";

c) provvedimento di archiviazione del procedimento penale R.G. 16490 del 2004 a carico della medesima I. disposto in data 29 giugno 2007 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario di Santa Maria Capua Vetere, secondo il quale "le ulteriori indagini disposte dal P.M. e, in particolare, le consulenze tecniche hanno dimostrato che l'iter del procedimento per il rilascio del permesso di costruire è, sostanzialmente, immune da rilievi, di modo che non vi è spazio per configurare un abuso edilizio, né reati contro la Pubblica Amministrazione"; la I. precisa pure che tale provvedimento del G.I.P. è stato emesso su conforme richiesta del Sostituto procuratore della Repubblica titolare della relativa indagine, il quale a sua volta ha concluso nel senso che "la notizia di reato è risultata infondata in base agli accertamenti svolti da questo ufficio. Ed infatti, sia dalle indagini espletate dalla scrivente, che dagli esiti della consulenza tecnica conferita dall'ufficio a un professionista di fiducia in data 28 dicembre 2004, è emerso che il permesso di costruire n. 19 del 2003 e la successiva variante in corso d'opera n. 22 del 2004 sono stati adottati legittimamente";

d) parere dell'Avv. Luigi Ricciardelli reso in data 20 giugno 2011 sui documenti testé descritti.

In relazione a tutto ciò la I. ha pertanto concluso per l'accoglimento dell'appello e ha quindi o un'ulteriore domanda di sospensione della sentenza impugnata.

2.10. La I., inoltre, ha proposto un'ulteriore istanza di sospensione cautelare della sentenza resa in primo grado allegando a sostegno della stessa non solo i dianzi descritti provvedimenti adottati dalla Soprintendenza e dal giudice penale, ma anche la sopravvenuta ordinanza del Commissario ad acta dd. 13 novembre 2010, nominato con decreto del Dirigente del Settore Urbanistica della Regione Campania n. 49 dd. 26 maggio 2010, recante - in espressa esecuzione della qui impugnata sentenza del T.A.R. n. 6486 dd. 4 luglio 2007, nonché della conseguente ordinanza di demolizione n. 48 dd. 23 ottobre 2007 emessa dal Comune di S. Angelo d'Alife - l'ingiunzione allo sgombero della predetta particella n. 269, nonché la susseguente nota dd. 2 febbraio 2011 del medesimo Commissario recante a sua volta il preannuncio che in data 1 febbraio 2011, alle ore 10.00, sarebbe stato eseguito lo sgombero coattivo del relativo immobile da persone e cose.

La I., nel chiedere la sospensione della sentenza resa in primo grado, ha allegato la circostanza dell'avvenuta impugnazione di tali ulteriori atti con nuovo ricorso nonché con motivi aggiunti di ricorso proposti innanzi al T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, sub R.G. 454 del 2008.

2.10.Il D. ha puntualmente replicato anche a tali ulteriori deduzioni della I., ribadendo la propria domanda di reiezione dell'appello e opponendosi all'accoglimento della nuova domanda di sospensione della sentenza resa dal T.A.R.

Il D. ha, inoltre, tuzioristicamente riproposto in via di eccezione tutti i motivi di ricorso già da lui proposti in primo grado sub R.G. 10319 del 2004 e assorbiti nella sentenza qui impugnata.

2.11. Con ordinanza n. 1242 dd. 16 marzo 2011 la Sezione, investita dalla predetta nuova domanda di sospensione cautelare della sentenza di primo grado ha respinto la domanda stessa "ritenuto che il fatto sopravvenuto che motiva la presentazione della nuova istanza cautelare attiene esclusivamente al profilo del danno e costituisce mera ed obbligata conseguenza degli atti passati indenni al vaglio di primo grado e cautelare predetto".

3. Alla pubblica udienza del 6 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4. Innanzitutto va dato atto della ritualità della rinuncia fatta dalla I. al ricorso da lei proposto in primo grado sub R.G. 5215 del 2006 e al conseguente appello da lei proposto sul relativo capo della statuizione resa al riguardo dal T.A.R..

In conseguenza di ciò, risulta pertanto ad oggi inoppugnabile e dispiega pieno effetto tra le parti l'ordinanza n. 19 dd. 17 maggio 2006, con la quale il Comune di Sant'Angelo d'Alife, in esecuzione del giudicato reso inter partes dal T.A.R. per la Campania, Sez. IV, con sentenza n. 1009 dd. 14 febbraio 2005, confermata con decisione n. 1909 dd. 7 aprile 2006 da questa stessa Sezione, ha disposto la demolizione delle opere realizzate per effetto del permesso di costruire in sanatoria n. 1 del 2004.

Viceversa, l'appello in epigrafe concerne pertanto - ora - la sola sorte: a) del provvedimento prot. n. 2332 dd. 11 maggio 2004 del Comune di Sant'Angelo d'Alife avente ad oggetto il rilascio di nulla-osta paesaggistico a favore della I. per la realizzazione di punti vendita e di lavorazione aziendale; b) del presupposto verbale n. 24 dd. 6 maggio 2004 della Commissione edilizia integrata (CECI); c) della nota prot. n. 13813 dd. 14 giugno 2004 della Soprintendenza di conferma della compatibilità paesaggistica con prescrizioni; d) del permesso n. 22 dd. 30 agosto 2004 rilasciato in variante al permesso di costruire n. 19 del 2003 (cfr. ricorso R.G. 10319 del 2004 proposto innanzi al giudice di primo grado), nonché la sorte; e) della nota della Soprintendenza prot. n. 18943 dd. 26 settembre 2006 recante la richiesta al Comune di ritirare l'autorizzazione paesistica rilasciata a'sensi dell'art. 151 del D.Lgs. n. 490 del 1999 , nonché delle altre note richiamate nella nota medesima (cfr. ricorso R.G. 7298 del 2006 proposto sempre innanzi allo stesso giudice di primo grado).

5.1. Precisato ciò, l'appello va respinto.

5.2. Va innanzitutto respinta l'eccezione di inammissibilità delle impugnative proposte in primo grado dal D. sub R.G. 10319 del 2004.

A tale riguardo è assorbente la notazione per cui il D. è proprietario di area vicina a quella della I., essendo separata da quest'ultima soltanto dalla pubblica via, classificata quale Strada provinciale.

Entrambi i fondi sono inoltre inclusi dal vigente strumento urbanistico nella zona di conservazione del paesaggio agricolo di fondovalle contemplata dal Piano territoriale paesistico per il Massiccio del Matese, e sono altresì compresi all'interno del P.S.A.I. - Piano stralcio per l'assetto idrogeologico - rischio frane adottato in data 25 febbraio 2003 dal Comitato Istituzionale dell'Autorità di Bacino dei Fiumi Liri, Garigliano e Volturno.

La circostanza della materiale vicinanza dei due fondi e il comune contesto di tutela paesistica e idrogeologica che contraddistingue i due immobili rende pertanto il D. per certo interessato alla conservazione dell'assetto dell'intera area nella quale è ubicata la sua proprietà, essendo sufficiente al riguardo che quest'ultima sia collocata nelle vicinanze della nuova costruzione, e non già al confine di quest'ultima.

In tal senso, infatti, è ben noto che la possibilità di ricorrere avverso il rilascio di un titolo edilizio va riconosciuto ai proprietari (persone fisiche o giuridiche) di immobili o abitazioni ubicati su un terreno non solo confinante, ma anche fronteggiante o comunque ubicato in prossimità dell'area nella quale avviene l'attività edilizia (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. VI, 1 febbraio 2010 n. 400).

Né, al fine di negare la sussistenza della legittimazione attiva del D., è necessario - come viceversa vorrebbe la I. - che questi comprovi la sussistenza di un proprio interesse alla conservazione dell'assetto idrogeologico dell'intera zona, e che le opere realizzate nell'area vicina effettivamente compromettano l'assetto del fondo del quale egli è proprietario: l'interesse del medesimo D. al mantenimento dell'attuale assetto idrogeologico dell'area in cui ricade la sua proprietà risulta infatti ex se presupposto nella narrativa dei fatti causa contenuta nel ricorso da lui presentato in primo grado, e la materiale prova del pericolo derivante dai lavori posti in essere dalla I. non è necessaria in quanto l'esistenza di un divieto ad eseguire i lavori medesimi risulta a sua volta insita nelle allegazioni in fatto e in diritto contenute nell'atto introduttivo del giudizio proposto innanzi al T.A.R.

5.3. Per quanto attiene al capo della sentenza impugnata riguardante il ricorso proposto sub R.G.

R.G. 10319 del 2004 dal D. e avente ad oggetto il permesso di costruire n. 22 del 2004 rilasciato alla I. dall'Amministrazione comunale, nonché i pregressi giudizi di compatibilità con il valore paesaggistico delle opere assentite con tale titolo edilizio, non sussiste il vizio di ultrapetizione dedotto dall'appellante.

Invero, secondo la prospettazione della I., il D., nel contesto del ricorso da lui proposto in primo grado, non avrebbe in alcun modo censurato l'asseritamente mancato avveramento della condizione apposta dalla Soprintendenza con la propria nota prot. 813 dd. 14 giugno 2004, essendosi limitato a dedurre, nell'atto introduttivo di quel giudizio, le seguenti censure:

a) mancanza in capo della medesima I. della qualità di coltivatrice diretta, necessaria viceversa per il rilascio del titolo edilizio;

b) violazione dell'art. 15 del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in quanto la concessione edilizia n. 19 del 2003 sarebbe stata rilasciata in data anteriore al periodo annuale fissato dalla legge per l'inizio dei lavori;

c) violazione dell'art. 2, lett. h), del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 in quanto l'attività di allevamento del bestiame assentita con il titolo edilizio impugnato dovrebbe intendersi quale attività di tipo produttivo, con conseguente applicazione nella specie della disciplina propria degli scarichi da insediamenti industriali;

d) presunta mancanza del nulla osta paesaggistico a supporto del titolo edilizio impugnato.

Né - sempre secondo la I. - la censura accolta dal T.A.R. risulterebbe dedotta nei motivi aggiunti di ricorso, sempre ivi proposti sub R.G. 10319 del 2004 dal D. avverso il Provv. n. 16 dd. 15 marzo 2006 con il quale il Comune aveva revocato l'ordinanza di sospensione dei lavori, il D. aveva dedotto:

a) difetto di motivazione;

b) disparità di trattamento;

c) violazione del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228.

Osserva a sua volta questo Collegio che a pag. 13 della sentenza qui impugnata si legge, testualmente, che "affiora, quindi, il punto nodale della questione dedotta in giudizio e sollevata con specifica censura dal ricorrente (ossia dal D.): se, cioè, l'autorizzazione paesaggistica di cui sopra era idonea a giustificare il gravato permesso di costruire"; e che, a pag. 6 e ss. dell'atto introduttivo del giudizio proposto in primo grado sub R.G. 10319 del 2004, il D. afferma che nel caso di specie non consta che la Soprintendenza abbia annullato il nulla osta del Comune, come a quel tempo previsto dal D.Lgs. n. 490 del 1999, e che - comunque - l'intervento edilizio posto in essere dalla I. neppure rispetterebbe le distanze prescritte dal letto del "Vallone Pietrapalombo".

Si deduce dunque da ciò che l'inidoneità del provvedimento adottato dalla Soprintendenza è stata dedotta dal D., se non altro per l'espressa sua contestazione della mancata osservanza della distanza della costruzione dal Vallone anzidetto: distanza che l'art. 9 del vigente P.T.P. fissa in metri 50 dal ciglio spondale, e ciò - all'evidenza - non solo per motivi di ordine paesistico, ma nel contempo anche idrogeologico: e da qui, dunque, la possibilità per la stessa Soprintendenza di condizionare l'efficacia del proprio provvedimento alla pronuncia della competente Autorità preposta all'osservanza del vincolo idrogeologico, con l'ulteriore conseguenza che l'apposizione in tal senso di una ben chiara condizione sospensiva alla pronuncia stessa rendeva - come ben inteso e altrettanto efficacemente espresso dal giudice di primo grado - l'autorizzazione paesaggistica "definitivamente inefficace ed inutile: inetta comunque a supportare l'impugnato permesso" (cfr. pag. 15 della sentenza qui impugnata).

Né, a ben vedere, nell'economia della presente causa giova in contrario l'allegazione, da parte della I., della nota dell'Autorità di Bacino Prot. n. 1492 dd. 2 marzo 2005, nella quale si legge - tra l'altro, e come si è visto innanzi - "... che per le opere in corso di realizzazione in agro di S. Angelo d'Alife al foglio 16, particella n. 269 ... non essendo l'area interessata da alcuna perimetrazione del ... piano straordinario" redatto per la rimozione delle situazioni a rischio più alto, "la stessa non è soggetta alle norme e ai divieti delle relative misure di salvaguardia, tuttora vigenti ai sensi dell'art. 9 della L. 13 luglio 1999, n. 226, né l'intervento subordinato ad alcun parere e/o autorizzazione da parte dell'Autorità di Bacino. ... Si ribadisce che in base alle norme vigenti (misura di salvaguardia del Piano straordinario e art. 16 delle norme di attuazione del Piano stralcio per l'assetto idrogeologico - rischio frana questa Autorità di Bacino non doveva rilasciare alcuna autorizzazione alle opere in oggetto".

Se così è, infatti, era - semmai - onere della I. impugnare la predetta pronuncia della Soprintendenza, anche (e soprattutto) a lei sfavorevole nella misura in cui - e, si badi, proprio perché rendeva la presupposta autorizzazione "inefficace ed inutile" - essa era altresì, e contestualmente, "inetta comunque a supportare" il titolo per lei necessario al fine di realizzare le costruzioni da lei progettate; e risulta altrettanto assodato che tale inerzia della stessa I. al riguardo non può rimanere priva di conseguenze in ordine ai successivi provvedimenti intervenuti ad incidere, in senso negativo, sulla sua sfera giuridica.

Né - ancora - giova per un diverso esito del ricorso proposto dal D. la postuma allegazione da parte della stessa I. della nota della Soprintendenza di Caserta prot. 0006009 dd. 14 marzo 2011, avente ad oggetto "Sant'Angelo d'Alife: richiesta di revoca della nota Prot. 18943 del 26 settembre 2006 - area vincolata paesisticamente ai sensi del D.M. 28 marzo 1985", recante la precisazione che "per i luoghi oggetto di intervento, il Piano straordinario per l'assetto idrogeologico non prevedeva il rilascio di alcuna autorizzazione da parte dell'Autorità di Bacino, bensì la sola autorizzazione dell'Ente locale" , nonché dell'ulteriore nota prot. 0007623 dd. 30 marzo 2011, sempre della stessa Soprintendenza, recante la precisazione che "il punto 3 della nota Prot. 13813 dd. 14 giugno 2004 sia da intendere esclusivamente come richiesta di autorizzazione relativa al Piano straordinario per l'assetto idrogeologico, rilasciata dal Comune Autorità ... competente, come specificato nella nota Prot. 4232 del 26 giugno 2003".

Infatti, ove pur si accedesse alla tesi (peraltro alquanto forzata, stante l'inequivoco dato letterale dell'atto pretesamente "interpretato") che tali note costituiscano atti di "interpretazione autentica" - e, quindi, retroagenti al momento della redazione della stessa nota prot. 13813 dd. 14 giugno 2004 - discenderebbe comunque la conseguenza che l'Amministrazione comunale doveva essere attivata dalla stessa I. quale Autorità a ciò competente: adempimento, anche questo, omesso dall'interessata.

Concludendo sul punto, neppure giova alla I. l'allegazione della medio tempore sopravvenuta archiviazione del procedimento penale avviato a suo carico per i medesimi fatti considerati nel predetto ricorso proposto dal D. innanzi al T.A.R.: dall'archiviazione, infatti, non possono discendere gli effetti propri della sentenza penale di assoluzione di cui all'art. 652 c.p.p. come modificato dall'art. 9 della L. 27 marzo 2001, n. 97, con la conseguenza che il giudice amministrativo è assolutamente libero nella valutazione della presente fattispecie e nell'interpretazione delle disposizioni normative ad essa applicabili.

5.4. Per quanto attiene al capo della sentenza impugnata riguardante il ricorso proposto dalla I. sub R.G. 7298 del 2006 avverso la nota prot. n. 18943 dd 26 settembre 2006, con la quale la Soprintendenza aveva revocato la precedente sua nota recante la presa d'atto condizionata dell'autorizzazione paesaggistica, invitando per conseguenza l'Amministrazione comunale a ritirare il nulla-osta paesaggistico da essa rilasciato, va evidenziato che il giudice di primo grado ha respinto il ricorso medesimo richiamandosi al riguardo alle stesse considerazioni da lui per l'innanzi svolte per il predetto ricorso ivi proposto sub R.G. 10319 del 2004 dal D.: senza sottacere, peraltro, che al medesimo ricorso ivi proposto sub R.G. 7298 del 2006 non sarebbero estranei profili di inammissibilità, avendo la I. con esso dedotto vizi del provvedimento impugnato che avrebbe dovuto dedurre in sede di impugnativa - da lei, per l'appunto, non proposta - della predetta autorizzazione condizionata della Soprintendenza.

La I., viceversa, nel presente giudizio di appello sostiene che con il proprio ricorso in primo grado non sarebbero state proposte censure avverso l'autorizzazione della Soprintendenza n. 13813 del 2004, ma sarebbero state proposte censure avverso il provvedimento prot. 18943 del 2006 emesso dalla medesima Soprintendenza, avuto segnatamente riguardo a vizi propri di quest'ultimo, e che pertanto il ricorso R.G. 7298 del 2006, anche a prescindere dalla circostanza che lo stesso dovrebbe essere accolto in dipendenza di quanto già evidenziato dianzi ai par. 2.2.1., 2.2.2. e 2.2.3. di questa stessa sentenza, sarebbe stato erroneamente dichiarato - sia pure per mera completezza della trattazione della fattispecie - inammissibile dal giudice di primo grado.

La I. ha pertanto riproposto anche nel presente grado di giudizio le censure già da lei dedotte al riguardo innanzi al T.A.R.

Il Collegio, a sua volta, reputa del tutto assorbente la notazione secondo la quale la revoca da parte della Soprintendenza della propria anzidetta nota recante la presa d'atto condizionata dell'autorizzazione paesaggistica rilasciata dall'Amministrazione comunale era atto comunque dovuto a fronte del mancato avveramento della condizione predetta: e tale assunto - si badi - risulta ora ancor di più corretto, posto che la medesima Soprintendenza adesso afferma - come si è visto innanzi, al par. 5.3. della presente sentenza - che il soggetto istituzionale tenuto a svolgere l'attività dedotta in condizione era (ed è) proprio lo stesso Comune.

Né, comunque, possono giovare alla posizione della I., a fronte dell'intrinseca legittimità del provvedimento di revoca da lei impugnato, le censure da lei dedotte al riguardo in primo grado (sotto più profili, violazione e falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, violazione del D.Lgs. n. 490 del 1999 e successive modifiche, violazione dei principi in materia di autotutela, violazione del giusto procedimento, difetto di istruttoria, carente motivazione, insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, sviamento di potere, illogicità manifesta, incompetenza e violazione del principio del contrarius actus; violazione e falsa applicazione del T.U. approvato con D.P.R. n. 380 del 2001; violazione dell'art. 7 della L. n. 241 del 1990 ed eccesso di potere), posto che:

a) nella specie non necessitava alcuna istruttoria tecnica in proposito, essendo ex se sufficiente l'accertamento del mancato avveramento della condizione, posto che ogni profilo tecnico della vicenda si era - per l'appunto - consunto con l'emanazione della presa d'atto condizionata che - giova ribadire - non è stata impugnata dalla medesima I.;

b) nemmeno necessitava nella specie una puntuale motivazione in merito, stante - pure sotto questo profilo, e anche agli effetti sia dell'art. 21-quinquies della L. n. 241 del 1990, sia dell'allora vigente art. 151 del D.Lgs. n. 490 del 1999 - l'accertamento del mancato avveramento della condizione;

c) non poteva essere invocata la violazione dell'art. 7 della L. n. 241 del 1990 sotto il profilo dell'omesso inoltro della comunicazione dell'avvio del procedimento, stante la manifesta applicazione alla fattispecie dell'art. 21-octies della medesima L. n. 241 del 1990 avuto riguardo alla circostanza che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello impugnato;

d) non poteva discendere alcun risarcimento del danno o, meglio, alcun indennizzo a favore della I., posto che un provvedimento "definitivamente inefficace ed inutile", nonché ex se inidoneo"comunque a supportare l'impugnato permesso" non può per certo costituire presupposto per fondare, a' sensi dell'anzidetto art. 21-quinquies della L. n. 241 del 1990, una pretesa ristoratrice della posizione del soggetto destinatario della revoca del provvedimento medesimo.

6. Le spese e gli onorari del presente grado del giudizio possono, peraltro, essere integralmente compensati tra tutte le parti.

Va peraltro dichiarato irripetibile il contributo unificato di cui all'art. 9 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e successive modifiche, relativo al presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, dà atto della rinuncia da parte dell'appellante del ricorso da lei proposto sub R.G. 5215 del 2006 innanzi al giudice di primo grado, e respinge per il resto l'appello medesimo.

Compensa integralmente tra tutte le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

Dichiara irripetibile per il presente grado di giudizio il contributo unificato di cui all'art. 9 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e successive modifiche.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

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