Gentile Redazione
Si dice che la necessit? aguzzi l'ingegno, ma, in Italia, ? piu' da "fatta la legge ... trovato l'inganno".
Mi riferisco ai ristoratori che intendono sfruttare le pieghe del DPCM per aggirare i divieti, come nel caso di finte attivazioni di "mense aziendali" nel proprio ristorante grazie alla disposizione di cui all'oggetto che recita "Continuano a essere consentite le attivit? delle mense e del catering continuativo su base contrattuale, che garantiscono la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, nei limiti e alle condizioni di cui al comma 3. "
Si pone il problema del previo contratto con le aziende.
? ovvio che la "conversione" del ristorante a mensa pu? essere apprezzabile capacit? di "adattamento" al tragico periodo ma la tentazione ? troppo forte, di utilizzare questa strada per eludere il divieto di somministrazione.
Quindi, il suggerimento ? quello di verificare eventuali preventivi accordi con le aziende, a favore dei propri lavoratori.
Potrebbe essere un elemento sintomatico di elusione, il fatto che ogni lavoratore, dopo aver consumato all'interno, paghi il proprio conto.
Potrebbe essere richiesto, in fase di controllo, che sia l'azienda a pagare i pasti ai suoi lavoratori, altrimenti non ci sarebbe nessuna differenza con un ristorante/tavola calda che apre in violazione ai divieti.
Ringrazio per un eventuale parere.
Giuseppe Fiori
A parere mio, quelli che citi sono indizi e non prove, nel senso che l'elemento probante ? la effettiva sussistenza di un contratto di fornitura del servizio: obbligo assunto dal ristoratore di fornire la prestazione esclusivamente ai dipendenti del soggetto contraente. A questo dovrebbe corrispondere una fatturazione all'azienda dato che il soggetto che compra il servizio. L'effettiva modalit? di pagamento della prestazione dice fino a un certo punto.
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