Atto amministrativo - valutato al momento dell'adozione - CdS 3343/2012
La legittimità dell'atto adottato dall'Amministrazione va valutata con riferimento alle norme vigenti al tempo in cui è stato adottato
Nel caso di specie il ricorrente lamenta l’applicazione da parte dell’amministrazione comunale della disciplina vigente al momento del rilascio del permesso di costruire anziché a quello della presentazione dell’istanza. Il Consiglio di Stato ha rigettato l'eccezione rilevando che secondo principi consolidati, il procedimento amministrativo è regolato dal principio tempus regit actum, con la conseguenza che la legittimità dell’atto va valutata con riferimento alle norme vigenti al tempo in cui è stato adottato (Cons. St. Sez. VI, 12.10.2011, n.5515; 12.1.2011, n. 112), essendo il rapporto cui l’atto inerisce sensibile ai mutamenti della normativa di riferimento fino a quando non sia definito. Applicando tale principio alla vicenda in esame, il Collegio ha rilevato come ciò sia avvenuto, nella specie, solo mediante il rilascio del permesso di costruire su istanza dell’interessato, non avendo quest’ultima alcun effetto definitorio del rapporto.
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 6.6.2012, n. 3343)
N. 03343/2012REG.PROV.COLL.
N. 01448/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1448 del 2011, proposto da:
Adamo Franco Paiano, rappresentato e difeso dall'avv. Cosimo Luperto, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza 24;
contro
Comune di Muro Leccese, Regione Puglia, Anas - Compartimento di Bari, non costituiti;
Metalupiae S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Ernesto Sticchi Damiani e Alfredo Caggiula, con domicilio eletto presso Studio Legale Bdl in Roma, via Bocca di Leone, 78;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE II n. 00117/2011, resa tra le parti, concernente REALIZZAZIONE IMPIANTO DI DISTRIBUZIONE DI GAS PER CARBURANTI
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Metalupiae S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2011 il Cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati Quinto, per delega dell'Avv. Luperto, e Saverio Sticchi Damiani, per delega dell'Avv. Ernesto Sticchi Damiani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il sig. Paiano , proprietario di fondo confinante con quello della Metalupiae s.r.l., ha impugnato con ricorso e successivi motivi aggiunti il permesso di costruire rilasciato dal Comune di Muro Leccese in favore della medesima società per la realizzazione di un impianto di distribuzione di gas per autotrazione.
2. Il T.a.r. ha respinto il ricorso sul rilievo dell’insussistenza di un obbligo di comunicazione ex art. 7 l. n. 241/1990 nei confronti del proprietario di immobile confinante con quello interessato dal procedimento di rilascio del titolo edilizio, del rispetto da parte della Metalupiae delle distanze prescritte, della conformità del permesso di costruire a quanto disposto dalla deliberazione comunale n. 6 del 30.1.2009 in materia di localizzazione di impianti di distribuzione di carburante nonchè dal Codice della strada.
3. Propone appello l’interessato per i seguenti motivi:
- violazione dell’art. 97 cost. e 7 l. n. 241/1990 , per avere erroneamente il T.a.r. omesso di considerare che il proprio fondo era interessato dall’intervento autorizzato, in quanto incluso nell’ambito delle distanze di sicurezza che presidiano la costruzione di impianti di distribuzione gas;
- violazione della normativa di settore in materia di distanze di sicurezza;
- violazione degli artt. 10, 12, 20 D.P.R. 380/2001, per avere illegittimamente applicato l’amministrazione, in sede di rilascio del permesso di costruire, la disciplina sopravvenuta rispetto alla data di presentazione dell’istanza;
- violazione ed errata applicazione del PUTT, per avere erroneamente il T.a.r. ritenuto l’area di intervento ricadente in ambito “C”valore distinguibile anzicchè in ambito “B” valore rilevante e non avere inoltre considerato l’appartenenza della particella alla zona di rispetto boschiva;
- violazione dell’art. 26 D.P.R. 495/1992, del regolamento di attuazione del codice della strada, dell’art. 3 D.M. 1404/1968, dell’art. 14 p.4. NTA di piano, per mancato rispetto della distanza di 20 metri da strada locale comunale prescritta a tutela della sicurezza stradale ed ambientale;
- illegittimità della deliberazione n. 6/2009 per non conformità agli strumenti urbanistici di cui costituisce variante.
4. Si è costituita in resistenza la Metalupiae s.r.l., chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
5. Sono state depositate diffuse memorie ed all’udienza del 25 ottobre 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
6. Con il primo motivo, l’appellante censura la sentenza di primo grado per avere erroneamente escluso l’applicazione degli obblighi partecipativi nei suoi riguardi, obblighi che discenderebbero dall’inclusione del proprio fondo, confinante con quello interessato dall’intervento autorizzato, nell’ambito delle distanze di sicurezza prescritte per la costruzione di impianti di distribuzione di gas da autotrasporto, con conseguente imposizione di un vincolo espropriativo in termini di inedificabilità.
7. Il motivo è infondato.
Si condivide, invero, a riguardo il rilievo del primo giudice , secondo cui l’inedificabilità , per l’appellante, di una fascia di 5 metri di distanza dal confine discende direttamente dall’applicazione del punto 3 dell’art. 14 delle N.T.A. del piano di fabbricazione del Comune di Muro Leccese, secondo cui, salva l’ipotesi di costruzione in aderenza con altro edificio, il proprietario del fondo deve edificare rispettando la distanza dai confini di proprietà non inferiore a mt 5,00.
Dovendosi, pertanto, ricollegare a tale disposizione - e non alla realizzazione dell’impianto ed al rispetto delle relative distanze di 10 metri tra edifici - il sacrificio dello ius aedificandi lamentato dall’appellante, non può essere riconosciuto nei suoi riguardi alcun effetto diretto ricollegabile al provvedimento di rilascio del permesso di costruire ed alle relative distanze da osservare, da cui derivi l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento. In quanto proprietario di immobile confinante con quello oggetto di permesso di costruire, egli non può essere qualificato come soggetto direttamente interessato al provvedimento, con la conseguenza che non sussiste alcuna lesione delle sue facoltà procedimentali - comunque salvaguardate dalla possibilità di intervento volontario nel procedimento di rilascio del titolo ai sensi dell’art. 9 della legge n.241/90 - poiché non vi è alcun obbligo per l’amministrazione di comunicazione dell’avvio del procedimento preordinato al rilascio del permesso di costruire( Cons. St. Sez. IV, 27.10.2011, n. 5789; 6.7.2009, n. 4300).
8. Quanto al rispetto delle distanze di sicurezza, è da confermare la sentenza di primo grado, ove si consideri che la distanza di sicurezza esterna di cui al DM 30.11.1983 , pari a 20 metri, è ridotta al 50% quando, come nella specie, siano realizzate idonee schermature di tipo continuo con muri di calcestruzzo armato e deve essere calcolata, in base al predetto decreto, tra il perimetro in pianta di ciascun elemento pericoloso e il perimetro del più vicino fabbricato esterno o di altre opere pubbliche o private rispetto ai confini di aree edificabili verso le quali tali distanze devono essere osservate. Nella specie, l’area edificabile , in conformità sia alle distanze dai confini che alle distanze tra edifici (rispettivamente di 5 e 10 metri) previste dalle NTA nell’area di intervento, dista un minimo di 10 metri dal manufatto, con conseguente rispetto della relativa normativa.
9. Parimenti infondato è il terzo motivo, con cui si lamenta l’applicazione da parte dell’amministrazione della disciplina vigente al momento del rilascio del permesso di costruire anzicchè a quello della presentazione dell’istanza.
Secondo piani principi, il procedimento amministrativo è regolato dal principio tempus regit actum, con la conseguenza che la legittimità dell’atto va valutata con riferimento alle norme vigenti al tempo in cui è stato adottato (Cons. St. Sez. VI, 12.10.2011, n.5515; 12.1.2011, n. 112), essendo il rapporto cui l’atto inerisce sensibile ai mutamenti della normativa di riferimento fino a quando non sia irretrattabilmente definito. Ciò è avvenuto, nella specie, solo mediante il rilascio del permesso di costruire su istanza dell’interessato, non avendo quest’ultima alcun effetto definitorio del rapporto.
10. In merito al terzo motivo, riguardante l’ ubicazione dell’area oggetto di intervento, che l’appellante sostiene ricadere interamente in “ATE B valore rilevante”, ritiene il Collegio , in disparte le valutazioni circa gli errori grafici rinvenuti dalla comparazione delle tavole cartografiche n. 1.1 e n.2.1 - pure presi in considerazione dal primo giudice - che deporrebbero per la ricomprensione solo di una parte dell’area nell’ATE B, di dover accordare rilievo al certificato di destinazione urbanistica n. 1840 del 25.5.2008, da cui risulta che l’intera particella n. 84 - nella quale deve essere realizzato l’impianto - ricade parte nell’ambito territoriale C e parte nell’ambito territoriale B. Detta certificazione, infatti, è assistita da fede pubblica e fa piena prova fino a querela di falso, ai sensi dell’art. 2700 cod. civ., dei fatti attestati.
Alla luce di tale premessa in fatto, che trova riscontro anche nell’elaborato grafico a corredo della relazione del committente, ove si distingue una porzione posta a nord delineata da linee oblique(ATE B) e la rimanente area , più vasta , delineata da linee verticali (ATE C) nonché nella nota dell’ing. Gatto del 21.6.2010 , si rivela infondato il motivo di parte appellante che fa discendere dall’erroneo dato dell’appartenenza dell’intera area all’ ATE B, valore rilevante - per il quale il PUTT prevede “massima cautela negli interventi di trasformazione del territorio”- la non assentibilità dell’intervento. Di converso, essendo non contestato che la parte edificata dell’impianto debba essere realizzata al di fuori della fascia di rispetto ricadente in ATE B, non appare viziata da errore sul fatto l’autorizzazione paesaggistica , peraltro assistita , previa istruttoria, dal parere favorevole della Regione di cui alla nota n. 3501 del 1.4.2009, condizionato alla realizzazione di misure mitigative (piantagione di essenze vegetali locali lungo il perimetro del lotto interessato allo scopo di ridurre l’impatto paesaggistico visivo e di incrementare il patrimonio botanico – vegetazionale autoctono).
11. Le suesposte considerazioni dimostrano anche l’infondatezza della censura di contraddittorietà della sentenza di primo grado, in cui si dà atto della presenza per una sola porzione a nord dell’area (appunto quella ricadente in ATE B) della zona di rispetto boschiva, nonché quella di illegittimità della deliberazione n. 6/2009, in quanto adottata per zona in ATE B e contenente localizzazione del singolo impianto.
12. A tale ultimo riguardo, occorre considerare che la deliberazione comunale n.6/2009, conformemente a quanto previsto dall’art. 2, comma 1 bis d.lgs. n. 32 del 1998, consegue la finalità di dotare il Comune , in assenza di un piano carburanti, di un adeguamento dello strumento urbanistico (nella specie, programma di fabbricazione), stabilendo che nella zona agricola E2 (destinata in base alle NTA a sole costruzioni rurali) possano essere localizzati impianti stradali di distribuzione carburanti. Il chiaro intento della deliberazione è , quindi, quello di adeguare lo strumento urbanistico consentendo la realizzazione di impianti di distribuzione carburante in zone agricole, senza alcun riferimento specifico all’impianto per cui è causa.
La circostanza che una porzione dell’area , ricadente in zona agricola (su cui non è prevista, tuttavia, la realizzazione dell’edificazione) ricada in base al PUTT in ATE B non integra le condizioni di sussistenza di quei “particolari vincoli paesaggistici” che il legislatore ha inteso considerare come impeditivi della localizzazione di impianti.
Diversamente, sotto il profilo paesaggistico, ciò comporta che l’intervento debba essere assistito dalla relativa autorizzazione, nella specie intervenuta, come visto, con prescrizioni.
13. Infondato è anche l’ulteriore mezzo, con cui l’appellante censura la sentenza di primo grado per avere erroneamente giudicato non violato l’obbligo di distanza di 20 metri dalle strade locali comunali, sancito dall’art. 26, c. 2 D.P.R. 495/92 , rilevandosi una distanza inferiore tra l’impianto e la strada “Carruttata”.
14. Va, preliminarmente, osservato che ai sensi dell’art. 26, comma 2 del Regolamento di cui al D.P.R. n. 495 del 1992, la distanza delle costruzioni dalla sede stradale è di 20 metri per le strade di tipo F (ossia di interesse locale) diverse dalle strade vicinali, e di 10 metri per le strade vicinali.
Nella specie, la c.d. strada Carruttata risulta dalla certificazione comunale del 20.9.2010 e dalla pianta allegata come strada comunale esterna denominata “strada vicinale Carottata”. L’inserimento della strada nel contesto della rete viaria comunale, in quanto idonea a soddisfare le esigenze di carattere generale della comunità territoriale mediante l’uso pubblico, non ne fa venire meno la natura di strada “vicinale” ( cfr. Cons. Stato Sez. V, 23-05-2005, n. 2584), cui occorre fare riferimento ai fini della distanza da applicare ai sensi dell’art. 26, che non contiene alcuna distinzione tra uso pubblico o privato delle strade vicinali. La sentenza di primo grado fa, quindi, corretta applicazione della disciplina in materia di distanze dalle strade vicinali, che è di 10 metri e nella specie risulta rispettata.
15. Dal rigetto di tutti i motivi di appello discende, altresì, l’infondatezza della domanda risarcitoria.
16. Conclusivamente, l’appello deve essere respinto.
La peculiarità delle questioni trattate induce, tuttavia, il Collegio a disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l 'appello e, per l'effetto,conferma la sentenza di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Roberto Chieppa, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere, Estensore
Doris Durante, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Fonte: http://www.gazzettaamministrativa.it