Data: 2021-02-08 11:04:49

I costi della bonifica del sito inquinato - CdS n.3/21

[b][color=red]I costi della bonifica del sito inquinato sono a carico della curatela fallimentare[/color][/b]

Ricade sulla curatela fallimentare l'onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti abbandonati e i relativi costi gravano sulla massa fallimentare. Lo ha affermato l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 3/2021.

La questione
La quarta sezione del Consiglio di Stato ha chiesto all'adunanza plenaria di chiarire se, a seguito della dichiarazione di fallimento, perdano giuridica rilevanza gli obblighi cui era tenuta la società fallita in ordine all'abbandono e deposito incontrollati di rifiuti. La violazione di questi divieti comporta l'obbligo di rimozione, avvio a recupero o smaltimento e ripristino dello stato dei luoghi in solido col proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali questa violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa.
L'adunanza plenaria ha dichiarato, quale principio di diritto, che ricade sulla curatela fallimentare l'onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti e i relativi costi gravano sulla massa fallimentare. La presenza dei rifiuti in un sito industriale e la posizione di detentore degli stessi, acquisita dal curatore dal momento della dichiarazione del fallimento dell'impresa tramite l'inventario dei beni comportano, secondo i giudici, la sua legittimazione passiva all'ordine di rimozione, posto che la responsabilità alla rimozione è connessa alla qualifica di detentore acquisita dal curatore fallimentare in virtù della detenzione del bene immobile inquinato su cui i rifiuti insistono.

I costi di bonifica
Nell'ottica del diritto europeo, si legge nella sentenza, i rifiuti devono essere rimossi dallo stesso imprenditore o da chi ne amministra il patrimonio dopo la dichiarazione del fallimento, che ne ha materialmente acquisito la detenzione o la disponibilità giuridica e che pertanto è tenuto a sostenerne i costi di gestione in applicazione del principio «chi inquina paga». Nella qualità di detentore dei rifiuti, il curatore fallimentare è obbligato a metterli in sicurezza e a rimuoverli, avviandoli allo smaltimento o al recupero, altrimenti i costi della bonifica finirebbero per ricadere sulla collettività incolpevole, in antitesi non solo con quel principio ma anche con la realtà economica sottesa alla relazione che intercorre tra il patrimonio dell'imprenditore e la massa fallimentare di cui il curatore ha la responsabilità, che si pone in continuità con detto patrimonio.
Questa regola non può essere inficiata dal fatto che il fallimento sia, in tutto o in parte, incapiente rispetto ai costi della bonifica, che appare come «evenienza di mero fatto» configurabile anche in ipotesi riferibili a un imprenditore non fallito o al proprietario del bene o alla stessa amministrazione comunale che, in dissesto o meno, non abbia disponibilità finanziarie adeguate. In caso di mancanza di risorse si dovranno attivare gli strumenti ordinari e il Comune, qualora intervenga direttamente esercitando le funzioni inerenti all'eliminazione del pericolo ambientale, potrà insinuare le spese sostenute per gli interventi nel fallimento, spese che godranno del privilegio speciale.

Le finalità
[b][u]Rammenta infine l'adunanza plenaria che le norme del Codice ambientale hanno la finalità di salvaguardia del bene-ambiente rispetto a ogni evento di pericolo o danno ed è assente ogni matrice di sanzione dell'autore[/u][/b]. Talché la bonifica costituisce uno strumento pubblicistico teso non a monetizzare la diminuzione del relativo valore, ma a consentirne il recupero materiale, in funzione di reintegrazione del bene giuridico.
Nemmeno può essere riconosciuta al curatore la possibilità di rinunciare ad acquisire i beni che pervengono dal fallito qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo dei beni stessi, rinunciando così ad acquisire il fondo su cui grava l'onere di bonifica. In primo luogo perché questa evenienza costituisce una mera eventualità di fatto riguardante la gestione della procedura fallimentare e non incide sul rapporto amministrativo e sui principi in materia di bonifica. In secondo perché si riferisce ai beni che entrano a diverso titolo nel patrimonio dell'imprenditore dopo la dichiarazione di fallimento e che sono oggetto di spossessamento (eredità, donazioni, vincite ai giochi, diritti d'autore).

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