Data: 2021-02-08 08:41:35

Corte Costituzionale dichiara l'incostituzionalità dell'art. 702 ter, c. 2,c.p.c

La Corte Costituzionale con la [b]sentenza del 04.11.2020, n. 253, [/b]depositata in data 26.11.2020, ha dichiarato l’[b]incostituzionalità dell’art. 702 ter co. 2, ultimo periodo, c.p.c.[/b] nella parte in cui non prevede che, [b]in caso di questione pregiudiziale rispetto all’oggetto del ricorso, sollevata con domanda riconvenzionale, rientrante nella competenza del tribunale in composizione collegiale, il giudice adito possa disporre il mutamento del rito fissando l’udienza di cui all’art. 183 c.p.c., in quanto norma che si pone in contrasto con il diritto di difesa della parte convenuta ai sensi dell’art. 3 e 24 Cost.[/b]

La ratio che ha comportato l’introduzione nell’ordinamento del rito sommario di cognizione, in alternativa al rito ordinario di cognizione[2], è da ricercare nella volontà del Legislatore di ridurre la durata dei giudizi di primo grado, da un punto di vista istruttorio, nei casi in cui è richiesta la soluzione di controversie di facile risoluzione, in applicazione del principio della ragionevole durata del processo ai sensi dell’art. 111 Cost.

Come chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 10.07.2012, n. 11512,[b] la sommarietà del rito di cui agli artt. 702 bis e ss. c.p.c. non ha alcuna ripercussione sulla cognizione,[/b] la quale risulta a tutti gli effetti una cognizione piena, ma bensì consiste nella [b]destrutturazione formale del procedimento, il quale, pur concludendosi nella forma dell’ordinanza è idoneo al giudicato sostanziale.[/b]

Data la[b] ratio dello strumento processale, l’art. 702 ter co. 3 c.p.c. consente al giudice,[/b] qualora ritenga necessario lo svolgimento di un’istruttoria [b]non sommaria, di disporre il mutamento del rito in quello ordinario di cognizione, fissando l’udienza di trattazione di cui all’art. 183 c.p.c.[/b]

Allo stesso modo, ai sensi dell’art. 183 bis c.p.c., il giudice del rito ordinario di cognizione può disporre, alla prima udienza di trattazione, dopo aver valutato la complessità della lite e previo contraddittorio tra le parti, il mutamento del rito ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c.

Ne deriva che rientra nel potere discrezionale del giudice adito indirizzare il giudizio di primo grado, incardinato dall’attore nelle forme ordinarie o in quelle sommarie, verso il rito più adeguato, tenuto conto delle esigenze derivanti dall’istruttoria e dalla complessità, in fatto e in diritto, della controversia.

La disposizione censurata, imponendo la [b]declaratoria di inammissibilità della domanda riconvenzionale [/b]che veicoli una causa attribuita al tribunale in composizione collegiale, [b]senza consentire al giudice stesso di valutare l’opportunità di disporre il mutamento del rito, appare quindi inevitabilmente distonica rispetto all’assetto normativo delineato dall’art. 183 bis c.p.c., norma che demanda al giudice adito la valutazione ultima relativamente al rito più adeguato per la trattazione della causa.[/b]

Ne deriva che la disposizione censurata viola il di[b]ritto di difesa del convenuto ai sensi dell’art. 24 Cost.[/b]

Infatti, pur non essendo ravvisabile una tutela costituzionale allo svolgimento di un simultaneus processus, data la discrezionalità legislativa in materia, esso è la risultante di regole processuali finalizzate a realizzare un’economia dei giudizi e a prevenire il conflitto tra giudicati, ma la sua inattuabilità non lede, in linea di principio, il diritto di azione, né quello di difesa, se la pretesa sostanziale dell’interessato può essere fatta valere nella competente, pur se distinta, sede giudiziaria con pienezza di contraddittorio e difesa[12].

Al contempo però, la [b]preclusione assoluta, anche se solo iniziale, del simultaneus processus, non è compatibile con la garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale ove non risulti sorretta da idonee ragioni giustificative.[/b]

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