Niente SCIA per i cartelli pubblicitari - TAR 29 maggio 2012
TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 29.05.2012 n. 1474
N. 01474/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00169/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 169 del 2009, proposto da:
Carminati Allestimenti s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Noschese, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R.
contro
Comune di Cermenate, non costituito in giudizio
per l'annullamento
delle note del 4.11.2008, con cui il responsabile dello sportello unico per le attività produttive del Comune di Cermenate ha disposto il diniego di rilascio di sette autorizzazioni all’installazione di altrettanti cartelli pubblicitari, da collocare su suolo pubblico ed all’interno del centro abitato; del parere negativo, reso dal responsabile del settore lavori pubblici; di ogni altro atto o documento presupposto, connesso, collegato o consequenziale
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2012 il dott. Angelo Fanizza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso ritualmente proposto la società Carminati Allestimenti s.r.l. ha impugnato, con istanza di sospensione, chiedendone l’annullamento, le comunicazioni con cui il responsabile dello sportello unico per le attività produttive del Comune di Cermenate ha disposto, dopo rituale preavviso ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241/90, il diniego di rilascio di sette autorizzazioni all’installazione di altrettanti cartelli pubblicitari, da collocare su suolo pubblico e all’interno del centro abitato.
La società ricorrente ha inoltre impugnato, con il medesimo ricorso introduttivo, il presupposto parere negativo, reso dal responsabile del settore lavori pubblici, ed “ogni altro atto o documento presupposto, connesso, collegato o consequenziale”.
A fondamento dell’impugnazione sono stati dedotti i seguenti tre motivi di ricorso:
1) violazione, falsa e/o erronea applicazione dell’art. 23 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada) e artt. 47 e ss. del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e attuazione del Codice della Strada) e 41 e 43 Costituzione. Violazione, falsa ed errata applicazione dell’art. 37, comma 1 del Regolamento comunale – eccesso di potere per travisamento della ridetta normativa, per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti;
2) violazione, falsa e/o erronea applicazione dell’art. 23 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada) e artt. 47 e ss. del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e attuazione del Codice della Strada) e 41 e 43 Costituzione. Violazione, falsa ed errata applicazione dell’art. 36 del Regolamento comunale – eccesso di potere per travisamento della ridetta normativa, per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti;
3) violazione, falsa ed errata applicazione dell’art. 10 bis della legge 8 agosto 1990, n. 241.
La domanda cautelare è stata radicata, oltre che sulla fondatezza in diritto del ricorso, sul pregiudizio che l’illegittimo contingentamento delle autorizzazioni inferirebbe alla concorrenza, con effetti negativi sulla gestione economica dell’impresa ricorrente.
L’Amministrazione comunale non si è costituita in giudizio.
Con ordinanza del 28 gennaio 2009, n. 143, questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare, rilevando l’insussistenza dei presupposti di fondatezza e periculum in mora, oltre al fatto che “la dedotta violazione dell’art. 10 bis l. 241/1990 dovrà essere oggetto di una più approfondita valutazione nella sede del merito, anche alla luce dell’art. 21 octies, ed all’esito del giudizio sulla spettanza, in concreto, della pretesa avanzata dalla ricorrente”.
La società ricorrente ha depositato rituale memoria conclusiva in data 7 aprile 2012.
All’udienza pubblica del 9 maggio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto, nei termini che seguono.
Sia nel primo che nel secondo motivo di ricorso, l’istante ha censurato la legittimità degli atti di diniego opposti dall’Amministrazione – che, quanto alla motivazione, fanno rinvio al presupposto parere negativo reso dal responsabile del settore lavori pubblici – sostanzialmente deducendo:
- il travisamento dei presupposti giuridici della disciplina amministrativa sull’installazione dei cartelli pubblicitari, che ad avviso della società ricorrente sarebbe regolata dalle norme del Codice della Strada e del relativo regolamento di esecuzione, laddove, nel parere negativo reso dall’ufficio lavori pubblici, si sarebbe fatto unicamente riferimento alla diversa disciplina sulle pubbliche affissioni, quest’ultima articolata nel regolamento comunale approvato con delibera del Consiglio comunale del 18.2.2008, n. 12, il cui art. 36, comma 4, impone la preventiva acquisizione della concessione per l’occupazione del suolo pubblico.
Ora, quantunque la società Carminati s.r.l. ne fosse sprovvista al momento della presentazione delle istanze di autorizzazione, ciò, nondimeno, non avrebbe costituito idoneo motivo di diniego, dal momento che “il preventivo assenso di cui alla citata norma regolamentare si applica alle eventuali occupazioni di suolo pubblico, ma evidentemente nei casi in cui l’area appartenesse ad Ente diverso dal Comune e cioè nei casi in cui non potendo (recte dovendo) esso procedere d’ufficio perché non tratterebbe di res propria, perché ad esempio suolo provinciale o regionale, debba necessariamente richiedere il preventivo assenso dell’Ente proprietario” (cfr. pag. 10 ricorso);
- la carenza di motivazione insita nell’allegazione, sempre nel parere negativo prima citato, di generiche ragioni di “decoro urbano” e di salvaguardia, in non meglio precisati “alcuni casi”, della “sicurezza degli utenti della strada”;
- l’eccesso di potere ravvisabile nell’inibizione di nuove installazioni sul malfermo presupposto che “sono già stati collocati altri impianti pubblicitari di adeguate dimensioni collocati in posizioni concordate con l’Amministrazione Comunale e soprattutto in numero adeguato” (cfr. parere cit.).
Ciò premesso, il Collegio osserva quanto segue:
1) qualsiasi installazione su suolo pubblico, compresa la collocazione di cartelli pubblicitari, è soggetta al preventivo rilascio di un atto concessorio.
Nel caso dei cartelli pubblicitari – la cui disciplina, contrariamente a quanto sostenuto dalla società ricorrente, non è regolata soltanto alle disposizioni del Codice della Strada, ma anche, come si vedrà appresso, da diverse norme (artt. 3, 12) del D.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 – non può quindi ammettersi la sufficienza di una domanda di installazione (sia pure, come ha affermato la società ricorrente, corredata dalla documentazione tecnica prescritta dalla legge), dovendosi, di contro, pienamente esplicare da parte dell’Amministrazione un’attività valutativa secondo canoni di discrezionalità tecnica.
La rilevanza di tale momento valutativo è comprovata dall’inammissibilità di un provvedimento concessorio per silentium (cfr. TAR Lombardia - Milano, sez. IV, 23 gennaio 2009, n. 208) e dalla necessaria verifica sulla concedibilità del suolo pubblico (in tal senso cfr. TAR Lombardia - Milano, sez. IV, 12 novembre 2007, n. 6242; id., sez. III, 19 novembre 2004, n. 6048);
2) L’installazione di impianti pubblicitari – ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 – è da ritenere attività “contingentata” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 aprile 2009 n. 2723) e, come tale, è pretermessa dalla disciplina liberistica di cui all’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
È tuttavia pacifico che nel Comune di Cermenate, quanto meno all’epoca dell’adozione dei provvedimenti impugnati, il regime di contingentamento non si fosse realizzato, non essendosi approvato il piano degli impianti per le affissioni, previsto dall’art. 37 del vigente regolamento comunale.
In difetto di tale pianificazione, l’Amministrazione era dunque tenuta a motivare con puntualità i provvedimenti di diniego all’esercizio dell’attività pubblicitaria – espressione dell’iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 della Costituzione – , tanto più in considerazione di un’inibitoria assoluta e generalizzata su tutto il territorio comunale.
Ora, a fronte delle documentate istanze presentate dalla società ricorrente, l’obbligo motivazionale dell’Amministrazione è rimasto oggettivamente inevaso, non potendosi che ritenere illegittime le ragioni di divieto fondate su generici richiami alla tutela del “decoro urbano”, alla salvaguardia della “sicurezza degli utenti della strada” ed al conseguito raggiungimento di un “numero adeguato” di installazioni.
Pertanto, in accoglimento dei primi due motivi di ricorso, nei termini che si è detto, e fermo restando che le autorizzazioni all’installazione di cartelli pubblicitari presuppongono il rilascio, all’esito di un procedimento amministrativo su domanda, di un atto espresso di concessione all’occupazione del suolo pubblico (ovvero, in caso di occupazione di suolo privato, la produzione di idoneo titolo di disponibilità, non sottraendosi, nemmeno tale fattispecie, dalle necessarie valutazioni di merito tecnico della pubblica Amministrazione), le note impugnate sono illegittime e vanno, pertanto, annullate.
Con il terzo motivo di ricorso, infine, la società ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90, assumendo lese le proprie prerogative di partecipazione procedimentale.
Con ordinanza cautelare del 28 gennaio 2009, n. 143, questo Tribunale, nel respingere la domanda cautelare, ha rilevato che “la dedotta violazione dell’art. 10 bis l. 241/1990 dovrà essere oggetto di una più approfondita valutazione nella sede del merito, anche alla luce dell’art. 21 octies, ed all’esito del giudizio sulla spettanza, in concreto, della pretesa avanzata dalla ricorrente”.
A scioglimento di tale riserva, osserva il Collegio che la prima parte dell’art. 21 octies non riguarda la presente fattispecie, dal momento che le autorizzazioni all’installazione, e le concessioni di occupazione del suolo pubblico a queste sottese, hanno natura discrezionale; quanto, invece, alla sanatoria di cui alla seconda parte della citata disposizione, reputa il Collegio che questa, oltre ad essere riferibile alle violazioni procedimentali concernenti la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, può riguardare anche la comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10 bis, ma che, nel caso di specie, emerge chiara l’irrilevanza del contributo fornito dalla società ricorrente con la nota del 2.4.2008, inidonea ad introdurre nel procedimento elementi di rimeditazione per l’inibizione dei provvedimenti successivamente impugnati.
Il terzo motivo è, quindi, infondato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella complessiva somma di € 2.500,00, oltre ad I.V.A. e C.P.A. e alla rifusione del contributo unificato.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei termini espressi in motivazione.
Condanna il Comune di Cermenate a corrispondere alla ricorrente le spese, i diritti e gli onorari di difesa, oltre ad accessori, come da motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Mariuzzo, Presidente
Raffaello Gisondi, Primo Referendario
Angelo Fanizza, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)