Sottopongo alla Vostra attenzione un quesito che ci è stato posto verbalmente da un operatore e che ci ha creato non pochi dubbi interpretativi, soprattutto in riferimento agli sviluppi che una risposta positiva potrebbe determinare nella realtà locale.
Il caso è relativo a due attività di somministrazione alimenti e bevande A e B, da tempo regolarmente attive, ubicate nella stessa via, site in locali commerciali attigui ma non comunicanti. Attualmente la proprietà delle due attività è della medesima società.
Il titolare chiede se può tenere chiusa la cucina dell’attività A, lasciando in funzione solo la cucina dell'attività B, che andrebbe a fornire i pasti, già impiattati e pronti per il consumo, oltre che ai suoi clienti, anche quelli dell’attività A.
Per effettuare questa attività il ristoratore intenderebbe presentare per l’attività di somministrazione B (quella con la cucina aperta) una scia di inizio attività di catering.
Con riferimento a quanto sopra evidenziato chediamo:
1) può essere avviata una attività di catering (che la L.R.Toscana 62/2018, art. 47 comma 1 lettera e) definisce “organizzazione di un servizio di somministrazione alimenti e bevande rivolto esclusivamente al consumatore stesso…”), se i clienti finali non sono i consumatori bensì i clienti di altra/e attività di somministrazione alimenti e bevande?
In caso di risposta negativa al punto 1) nel senso che NON può essere avviata attività di catering:
2) esiste una modalità per la quale legittimamente l’attività A possa tenere chiusa la cucina (o solo parzialmente aperta) e l’attività B possa produrre/servire i pasti anche per i clienti dell’attività A?
In caso di risposta positiva al punto 1), nel senso che si può avviare una attività di catering:
3) avrebbe senso l'esistenza di una attività di ristorazione che è di fatto un locale vuoto dove non c'è preparazione nè impiattamento, perché i camerieri potrebbero servire i piatti pronti per il consumo, provenienti dalla cucina di un qualsiasi ristorante vicino?
E infine,
4) le risposte ai quesiti precedenti varierebbero se, diversamente dal caso esposto, la proprietà degli esercizi interessati non fosse la medesima?
Grazie per l'attenzione, attendiamo con impazienza opinioni in merito
Il caso è particolare. A parere mio occorre sempre partire dall’assunto desumibile dal DL 138/2011 e DL 1/2012 (ma non solo) per il quale l'iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge e, comunque, nei soli casi di interessi connessi a rilevanti interessi pubblici: tutela della salute, ordine pubblico, ecc.
Da un punto di vista privatistico non vedo problemi neppure se fossero due soggetti distinti: vige la libertà contrattuale. Questioni private a parte (che non ci interessano se non per comprendere “chi fa che cosa”), da un punto di vista amministrativo la fattispecie è sicuramente singolare. Se A e B fossero due soggetti distinti non vedrei particolari impedimenti: B sarebbe un fornitore (all’ingrosso) di A. Al di là della particolarità, il caso sarebbe quello. Nulla osterebbe affinché un esercizio di somm.ne operasse senza cucina, non è la cucina che qualifica l’attività ma il somministrare alimenti e bevande che possono essere anche acquistati all’ingrosso presso terzi già pronti al consumo lasciando all’esercente solo l’organizzazione del servizio per l’effettivo consumo (molti al BAR al 90 % somministrato alimenti acquistati da terzi senza alcuna preparazione).
Il fatto che A e B siano due unità locali della stessa impresa (questo ho compreso dalla tua domanda), rende la fattispecie descritta sopra (A diverso da B) illegittima? Direi di no.
Alla fine, batterà scontrino sempre lo stesso codice fiscale e non ci sarà un contratto di fornitura. Questo al netto di eventuali divisioni operative che il commercialista potrà chiarire meglio.
il MiSE afferma che “il catering consiste nel preparare i pasti in un luogo di produzione per poi trasportarli in un altro per il consumo da parte di una collettività. Prevede, quindi, un’attività di vendita o somministrazione del cibo in un luogo diverso da quello in cui viene prodotto” – vedi risoluzione n. 8562/2013. Alla luce di questo, non è peregrina l’ipotesi di una SCIA di catering.
In sintesi, fossero due soggetti sarebbe una fornitura all’ingrosso ma trattandosi della stessa impresa potrebbe anche starci questa ipotesi così da rendere la questione maggiormente inattaccabile dal punto di vista amministrativo.
Tutto quanto ho detto resta subordinato alla condizione della tutela della salute pubblica tramite modalità operative in linea con i principi del reg. CE 852/04 e relativo piano di autocontrollo.
Un piacere leggere quesiti cosi ben formulati e risposte di tale livello.
:) :)