Un’azienda agricola che produce vino intende somministrare il proprio prodotto a bicchieri in locali a destinazione d’uso commerciale nei quali al momento vende i propri prodotti, mantenendo naturalmente la principalità agricola puoi dirmi se la seguente procedura è corretta
-integrare la propria posizione alla C.C.I.A.A. inserendo come attività secondaria la somministrazione
-essere in possesso dei requisiti morali e professionali per la somministrazione
-presentare la pratica al Suap (SCIA ai sensi della L.R. 28/2005, comunicazione di cui art. 6 Reg. 852/2004, ecc.)
Naturalmente dovrà effettuando la gestione fiscale separata per dimostrare la principalità agricola, mantenendo un’unica partita IVA.
Grazie
Se fa come dici tu (procedura corretta), l’azienda agricola avvia una vera e propria attività commerciale che è al di fuori dalla sua portata. Lo può fare, ma la somministrazione non è un’attività agricola con tutto ciò che ne consegue anche come tassazione dei ricavi. In questo caso sarà avviato un vero e proprio esercizio di somministrazione (bar/ristorante) ai sensi dell’art. 42 e seguenti della LR 28/2005 e quindi requisiti di qualità ecc.
La somministrazione anche se non prevalente non è un’attività agricola, lo è la “vendita al dettaglio” anche di prodotti non provenienti dall’azienda purché in misura non prevalente.
Anche se è un po’ tirata, si potrebbe interpretare la faccenda come una somministrazione “non assistita” esercitata contestualmente alla vendita diretta al dettaglio.
Per questa ipotesi la destinazione d’uso commerciale non serve e l’attività resta agricola. La cosa potrebbe reggere e non occorre nessuna pratica “amministrativa”. Casomai l’aggiornamento della notifica sanitaria.
Anche Simone si era espresso in questo senso, guarda qua:
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=5109.0
Infine rammenta l’art. 191 del Reg. TULPS. E’ ancora in vigore. Nel linguaggio dell’epoca nel concetto di vendita era compresa anche la somministrazione. Alla luce di questo e considerando che il d.lgs. 228/01 ha esteso la vendita diretta anche in locali aperti al pubblico, si potrebbe ritenere che il vino di propria produzione sia somministrabile previa comunicazione che comunque è già stata fatta ai sensi del d.lgs. 228/01.
191. Il proprietario o fittavolo, che intende vendere al minuto il vino dei propri fondi, non ha bisogno di licenza, purché presenti preventivamente all'autorità locale di pubblica sicurezza una dichiarazione scritta dalla quale risulti:
a) da quali fondi sia ricavato il vino;
b) l'estensione dei medesimi;
c) la quantità media del prodotto annuo e la parte di esso destinata alla minuta vendita;
d) in quali locali di sua abitazione od annessi ai fondi intenda vendere il prodotto.
L'autorità locale di pubblica sicurezza, riconosciuta la sussistenza delle asserite condizioni, prende atto della dichiarazione, rilasciandone ricevuta, nella quale fissa il termine consentito per la vendita.
Alle vendite indicate nel presente articolo si applicano le disposizioni degli artt. 16, 96 e 101 della legge (228) e 185 e 186 del presente regolamento.
Ti ho dato un po’ di spunti di riflessione.