Data: 2020-09-19 08:37:57

TUPI - FLESSIBILITA' DELLE MANSIONI TRA LE DIVERSE CATEGORIE

Buongiorno,ho un dubbio che forse mi potete chiarire.
In occasione della prova orale di un corcorso, parlando di organizzazione del lavoro, ho detto tra le altre cose che, dovendo organizzare un ufficio, va tentuto conto anche dell'inquadramento dei dipendenti, cioè ogni dipendente va assegnato a compiti attinenti alla categoria e profilo in cui è inquadrato.
La Commissione ha considerato tale affermazione come sbagliata, in quanto l'attinenza delle mansioni alla categoria di inquadramento non sarebbe, a loro dire, una norma imperativa, ma solo indicativa, cioè il criterio da seguire sarebbe un criterio "mera prevalenza" di compiti attinenti all'inquadramento. Quindi, ad esempio, un dipendente inquadrato come "C" può essere assegnato a mansioni da C per il 51% ed a mansioni da D per un 49%.
Questa affermazione, mi suscita qualche considerazione etica: rammento che nel mio ente tempo fa decisero di bandire come "C" delle postazioni lavorative in precedenza sempre bandite come "D", per motivi credo di risparmio (tanto si sa che spesso i concorsi da C vengono vinti dai laureati....però questo sottoinquadramento va a scapito della giusta valorizzazione dei giovani neoassunti, ... tenuto conto delle finalità pubbliche della p.a....questa è buona amministrazione? pagare un laureato da diplomato magari per un decennio? non so...).
Ma tornando al quesito in sè, qualcuno di voi mi sa spiegare in quale fonte normativa si trova questa "elasticità", e come si interfaccia con il "diritto a mansioni proprie" che credo derivi dallo statuto dei lavoratori?
vi ringrazio se qualcuno mi sa dare qualche lume al riguardo!

riferimento id:55826

Data: 2020-09-20 16:14:41

Re:TUPI - FLESSIBILITA' DELLE MANSIONI TRA LE DIVERSE CATEGORIE


Buongiorno,ho un dubbio che forse mi potete chiarire.
In occasione della prova orale di un corcorso, parlando di organizzazione del lavoro, ho detto tra le altre cose che, dovendo organizzare un ufficio, va tentuto conto anche dell'inquadramento dei dipendenti, cioè ogni dipendente va assegnato a compiti attinenti alla categoria e profilo in cui è inquadrato.
La Commissione ha considerato tale affermazione come sbagliata, in quanto l'attinenza delle mansioni alla categoria di inquadramento non sarebbe, a loro dire, una norma imperativa, ma solo indicativa, cioè il criterio da seguire sarebbe un criterio "mera prevalenza" di compiti attinenti all'inquadramento. Quindi, ad esempio, un dipendente inquadrato come "C" può essere assegnato a mansioni da C per il 51% ed a mansioni da D per un 49%.
Questa affermazione, mi suscita qualche considerazione etica: rammento che nel mio ente tempo fa decisero di bandire come "C" delle postazioni lavorative in precedenza sempre bandite come "D", per motivi credo di risparmio (tanto si sa che spesso i concorsi da C vengono vinti dai laureati....però questo sottoinquadramento va a scapito della giusta valorizzazione dei giovani neoassunti, ... tenuto conto delle finalità pubbliche della p.a....questa è buona amministrazione? pagare un laureato da diplomato magari per un decennio? non so...).
Ma tornando al quesito in sè, qualcuno di voi mi sa spiegare in quale fonte normativa si trova questa "elasticità", e come si interfaccia con il "diritto a mansioni proprie" che credo derivi dallo statuto dei lavoratori?
vi ringrazio se qualcuno mi sa dare qualche lume al riguardo!
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MAH, Cassazione dice di far riferimento ad una analisi QUALITATIVA e non quantitativa:
https://www.altalex.com/documents/massimario/2014/06/18/lavoratore-mansioni-promiscue-prevalenza-categoria-professionale-criteri

Con il ragionamento della Commissione so dovrebbero "contare" i minuti/secondo delle attività ed attribuirli magicamente alla categoria C e categoria D quando molte delle attività possono essere svolti dai due profili.

riferimento id:55826
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