Prima prova scritta.
Prima domanda (tempo massimo 1 ora)
Il candidato illustri le principali fasi della programmazione di bilancio, analizzando in particolare le leve decisionali a disposizione dell'Ente in riferimento alla previsione delle entrate.
Svolgimento:
La programmazione di bilancio rientra nella più ampia azione amministrativa di pianificazione e di programmazione che, a loro volta, seguono un ciclo denominato Plan, Do, Check, Act, usando per semplicità espositiva la terminologia anglosassone.
Tale ciclo inizia con la pianificazione e con la programmazione, Plan, attraverso l'utilizzo di vari documenti contabili, primo fra tutti il DUP, Documento Unico di Programmazione. Successivamente, abbiamo la seconda fase, Do, per mezzo della quale si pongono in essere concretamente tutte le azioni necessarie per realizzare adeguatamente il perseguimento degli obiettivi, stabiliti attraverso la programmazione stessa.
Al terzo livello di azione si trova il Chek, il controllo di ciò che è stato realizzato e, soprattutto, di come si è arrivati a tali obiettivi. In questa terza fase, inoltre, è imprescindibile l'analisi degli scostamenti, fra obiettivi programmati e risultati ottenuti, analisi qualitativa ma anche quantitativa. Infine, a seguito della suddetta analisi, si ha l'ultimo livello, cronologicamente, del ciclo: Act, le azioni che rappresentano una conseguenza delle precedenti 3 fasi.
Questo ciclo si rinnova di continuo, ripartendo poi da Plan, la programmazione e le altre fasi susseguenti. Ciò avviene in genere con cadenza annuale ma, a livello di Bilancio di Previsione finanziario, l'orizzonte temporale è almeno triennale.
Riguardo al Bilancio dell'Ente locale, il primo documento da cui parte la programmazione è il DUP, come detto, attraverso la suddivisione in 2 parti, la sezione strategica e la sezione operativa. La prima presenta un orizzonte temporale pari a quello delle linee di mandato del Sindaco, per cui ha una valenza strategica di pianificazione di medio periodo. La sezione operativa, invece, ha una durata pari a quella del Bilancio.
In seguito al DUP, approvato dal Consiglio entro il 31 luglio di ogni anno, c'è il Bilancio di Previsione, che dettaglia maggiormente gli obiettivi del DUP, quantificandoli nei vari capitoli di Bilancio. Al terzo e ultimo livello di dettaglio, infine, c'è il PEG, Piano Esecutivo di Gestione, che la Giunta deve approvare entro 20 giorni dall'approvazione del Bilancio. Il PEG dettaglia e quantifica gli obiettivi, ancora meglio del Bilancio; obiettivi che devono essere perseguiti e realizzati dai Dirigenti.
In relazione alle entrate locali, occorre la premessa che esse provengono principalmente da 2 fonti distinte: le entrate derivanti da trasferimenti e le entrate derivanti dai tributi locali. I trasferimenti nei confronti dell'Ente sono principalmente di 2 tipi: regionali e statali. Per tale ragione le leve decisionali relative a tali tipologie di entrate hanno un margine limitato, che dipende da scelte e decisioni politiche. Esse sono quindi nettamente distinte dalla volontà e dalla capacità gestionale dei Dirigenti, anche in virtù del principio di separazione fra gestione tecnica e decisioni politiche.
Le entrate derivanti dai tributi locali, invece, riguardano il rapporto esistente fra un determinato Ente ed i suoi cittadini, in termini tributari, per cui hanno un più ampio margine di manovra, a disposizione dei Dirigenti.
A livello quantitativo, il gettito maggiore di ogni Ente proviene dall'IMU, Imposta Municipale Unica, seguito da quello per la Tari. Ci sono poi altri tributi che possono caratterizzare alcuni Comuni, quali per esempio l'Imposta di Soggiorno, che PUO' essere istituita dai Comuni capoluogo di Provincia, dalle Unioni di Comuni nonché da Comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche.
A livello di utilizzazione del gettito, poi, abbiamo l'Imposta di Scopo, anch'essa non obbligatoria, come non è obbligatoria l'Imposta di Soggiorno, per finanziare la realizzazione di opere pubbliche.
Tornando alle maggiori imposte comunali, l'IMU è quella più importante, ed attraverso le decisioni prese dall'Ente in riferimento ad essa, si attua il principio costituzionale della potestà regolamentare dei Comuni, sancito dall'articolo 117 della Costituzione e, prima ancora della riforma costituzionale del 2001 che ha portato anche all'introduzione del nuovo articolo 117 della Costituzione, dall'articolo 52 del D. Lgs. 446/1997. Infatti i Comuni possono variare le aliquote Imu da un minimo ad un massimo, previsti dalla norma nazionale, ma possono anche prevedere abbattimenti di imponibile e di imposta per categorie determinate di contribuenti.
Sappiamo che l'aliquota ordinaria dell'Imu è lo 0,86%, ma essa può anche essere azzerata, oltre che variata dai Comuni, per mezzo del Regolamento approvato dal Consiglio. In particolare, fra le altre casistiche, si possono azzerare le aliquote Imu per le case popolari e appartenenti all'ERP, Edilizia Residenziale Pubblica, si può azzerare l'aliquota dei fabbricati merce, posseduti da imprese e destinati alla successiva vendita. Anche i terreni agricoli possono vedere l'aliquota azzerata, così come le aree edificabili: queste ultime, in dettaglio, presentano anche difficoltà di valutazione da parte dell'Ente, in quanto il riferimento normativo è al valore venale in commercio, un importo che può variare a seconda dell'area geografica, anche sensibilmente e che tiene conto di una molteplicità di parametri. Inoltre, sempre in riferimento ai terreni edificabili, la riforma dei tributi locali del 2020 ha anche previsto la facoltà per i Comuni di introdurre il rimborso ai contribuenti, al massimo per gli ultimi 5 anni, per quei terreni che erano edificabili e che sono tornati agricoli.
Da tutte queste particolarità si capisce che, in tema di Imu, l'Ente ha diversi margini di manovra, così come per la Tassa sui Rifiuti, la Tari.
Per quest'ultima, la scelta principale da prendere è quella relativa alla qualificazione normativa da dare alla stessa Tari. Se si considera essa una tassa, e si stabilisce ciò con Regolamento consiliare, allora il gettito sarà di competenza del Comune e la Tari apparterrà alla categoria dei tributi locali, a tutti gli effetti. Se invece si opta per la Tarip, la tariffa puntuale (o corrispettiva), non siamo più in ambito tributi locali ma si passa ad un corrispettivo di natura patrimoniale di diritto pubblico. La differenza è notevole, poiché la Tarip è applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti, e normalmente non è compresa nel bilancio comunale. Quindi per essa sarà necessaria una forma di programmazione diversa dal Bilancio.
Da ultimo, la legge 147/2013, istitutiva della Tari, dà facoltà ai Comuni di istituire la Tarip, ma a condizione che essi abbiano realizzato sistemi di misurazione puntuale della qualità dei rifiuti conferiti al servizio pubblico.
OTTIMA TRATTAZIONE, buona premessa e buono svolgimento senza andare fuori tema.
Avrei aggiunto qualcosa sulle misure anti-covid che hanno riguardato le entrate degli enti locali (super jolly) quali i canoni di concessione di impianti sportivi, dehors, buoni pasto ecc...