Data: 2012-05-17 04:30:29

Illecito promettere somme eccedenti quelle dovute anche se in CONVENZIONE

Illecito promettere somme eccedenti quelle dovute anche se in CONVENZIONE
TAR Veneto, Sez. III, con la sentenza 09.05.2012 n. 651

N. 00651/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00564/2011 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 564 del 2011, proposto da:
Comune di Baone, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Neri, Francesco Curato, con domicilio eletto presso Francesco Curato in Venezia, Piazzale Roma, 468/B;
contro
Provincia di Padova, rappresentato e difeso dall'avv. Maddalena Mazzoleni, con domicilio legale presso la segreteria di questo Tribunale;
Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali - Soprintendenza Per i Beni Architettonici e Paesaggistici, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrett. Stato, domiciliata per legge in Venezia, San Marco, 63;
Ente Parco Regionale dei Colli Euganei, rappresentato e difeso dall'avv. Barbara Battistella, con domicilio legale presso la segreteria di questo Tribunale;
Comune di Monselice, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avv. Chiara Balbinot, con domicilio legale presso la segreteria di questo Tribunale;
nei confronti di
Italcementi Fabbriche Riunite Cemento Spa, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. Antonella Capria, Franco Zambelli, con domicilio eletto presso Franco Zambelli in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;
per l'annullamento dei seguenti atti:
- l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei in data 13 Dicembre 2010 prot. n° 13161;
- la delibera della Giunta Provinciale di Padova n° 316 in data 29 Dicembre 2010 avente ad oggetto il giudizio di compatibilità ambientale per il progetto Italcementi S.P.A.;
- il parere della Commissione Provinciale VIA in data 14 Dicembre 2010;
- la relazione istruttoria del gruppo di lavoro della Commissione Provinciale VIA in data 14 Dicembre 2010;
- il parere favorevole del Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto in data 1 Dicembre 2010 prot. n° 20980;
- il parere dell’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei in data 24 Maggio 2010 prot. n° 5875;
- la relazione istruttoria del Parco Regionale dei Colli Euganei in data 18 Ottobre 2010 a firma dell’Arch. Mengotti;
- il parere della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici in data 1 Dicembre 2010 prot. n° 32258, emesso nell’ambito del procedimento di autorizzazione paesaggistica.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Padova e di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali e di Parco Regionale dei Colli Euganei e di Comune di Monselice e di Italcementi Fabbriche Riunite Cemento Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 maggio 2012 il dott. Marco Morgantini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Parte ricorrente impugna, tra gli atti indicati in epigrafe, i provvedimenti che hanno autorizzato, dal punto di vista paesaggistico ed ambientale, il progetto elaborato da Italcementi S.p.A. per rinnovare e mantenere in esercizio per 28 anni la cementeria sita in Comune di Monselice e ricadente all’interno del perimetro del Parco Regionale dei Colli Euganei.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nella parte in cui sono impugnati atti che non hanno natura provvedimentale.
Tali sono:
- il parere della Commissione Provinciale VIA in data 14 Dicembre 2010;
- la relazione istruttoria del gruppo di lavoro della Commissione Provinciale VIA in data 14 Dicembre 2010;
- il parere favorevole del Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto in data 1 Dicembre 2010 prot. n° 20980;
- il parere dell’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei in data 24 Maggio 2010 prot. n° 5875;
- la relazione istruttoria del Parco Regionale dei Colli Euganei in data 18 Ottobre 2010 a firma dell’Arch. Mengotti;
- il parere della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici in data 1 Dicembre 2010 prot. n° 32258, emesso nell’ambito del procedimento di autorizzazione paesaggistica.
L’autorizzazione paesaggistica e l’autorizzazione ambientale sono invece i provvedimenti effettivamente lesivi degli interessi per la cui tutela è stato proposto il presente ricorso, in quanto autorizzano l’intervento dal punto di vista paesaggistico ed ambientale.
Ne consegue che il ricorso è ammissibile nella parte in cui sono impugnate:
- l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei in data 13 Dicembre 2010 prot. n° 13161;
- la delibera della Giunta Provinciale di Padova n° 316 in data 29 Dicembre 2010 avente ad oggetto il giudizio di compatibilità ambientale per il progetto Italcementi S.P.A..
Tale delibera della Giunta Provinciale infatti, con la quale è stato espresso giudizio favorevole di compatibilità ambientale, costituisce autorizzazione ambientale, così come prevede il quarto comma dell’art. 26 del D. Lgs. n° 152 del 2006.
2. Deve essere rigettata l’eccezione di difetto di legittimazione a ricorrere.
Il collegio osserva quanto segue.
Il Comune ricorrente lamenta, con la proposizione del ricorso di cui in epigrafe, la lesione del proprio interesse, evidenziando, nelle memorie e sulla base della documentazione depositata in giudizio, le seguenti circostanze fattuali:
- l’intervento provoca un impatto ambientale nel territorio del Comune ricorrente;
- il Comune ricorrente ha espresso, nella procedura di VIA, parere contrario all’intervento, analizzando nel dettaglio gli effetti che l’intervento determina sul proprio territorio nei vari profili, tra i quali quello paesaggistico, ambientale, sull’economia e sull’agricoltura;
-il parere della Commissione VIA, recepito nella deliberazione provinciale impugnata, attesta che il Comune ricorrente è fortemente interessato dal passaggio di mezzi pesanti per lo stabilimento.
Le norme in tema di valutazione d’impatto ambientale (artt. 23 e ssgg del D. Lgs. n° 152 del 2006, art. 2 lettera m della legge regionale n° 10 del 1999) tutelano l’interesse di tutti i Comuni, nel cui territorio si produce l’impatto ambientale di un intervento, ad esprimere il proprio parere nelle procedure di valutazione di impatto ambientale.
La procedura di valutazione d’impatto ambientale, i cui esiti sono stati impugnati col presente ricorso, ha riconosciuto che nel territorio del Comune ricorrente si produce l’impatto ambientale dell’intervento, ammettendo conseguentemente il Comune ricorrente ad esprimere il proprio parere.
Il parere espresso al riguardo dal Comune ricorrente è stato contrario (documento n° 6 depositato in giudizio da parte ricorrente).
Ne consegue che il Comune ricorrente agisce ritualmente in giudizio per tutelare l’interesse alla qualità ambientale del proprio territorio che è specificamente preso in considerazione dagli artt. 23 e ssgg del D. Lgs. n° 152 del 2006 e dall’art. 2 lettera m della legge regionale n° 10 del 1999.
Il collegio osserva che l’interesse alla qualità ambientale del proprio territorio legittima non solo l’impugnazione dell’autorizzazione ambientale, ma anche dell’autorizzazione paesaggistica, in quanto l’autorizzazione paesaggistica concorre a determinare la realizzazione dell’intervento e conseguentemente il pregiudizio ambientale connesso all’intervento autorizzato.
Ulteriore ed autonomo profilo di legittimazione al ricorso è il profilo strettamente paesaggistico.
Il collegio premette al riguardo che la legittimazione del Comune ricorrente ad impugnare anche l’autorizzazione paesaggistica è espressamente riconosciuta dall’art. 146 del D. Lgs. n° 42 del 2004, secondo cui l'autorizzazione paesaggistica e' impugnabile, con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, da qualsiasi soggetto pubblico che ne abbia interesse.
Nel caso di specie il progetto, se realizzato, determina l’alterazione del profilo e del paesaggio dei Colli Euganei. Sotto tale profilo parte ricorrente ha depositato in giudizio (documento n° 23) planimetria che evidenzia come il territorio del Comune ricorrente, ricompreso nel perimetro del Parco Regionale dei Colli Euganei, si trova a distanza, dal sito di pertinenza dell’impianto, talmente breve, che gli effetti pregiudizievoli sul paesaggio, che il progetto comporta per le sue dimensioni, incidono anche sul paesaggio nel quale il territorio del Comune ricorrente è inserito.
Il progetto infatti incide sul paesaggio in quanto prevede:
- la demolizione di una parte delle strutture edilizie attualmente presenti tra cui alcune ciminiere e lo smantellamento dei serbatoi di olio combustibile;
- la costruzione di nuove strutture, tra cui il forno contenuto in una torre del ciclo di preriscaldo, a sezione rettangolare, delle dimensioni di pianta di metri 19 per 24 e 89 metri di altezza dal piano di posa (pur prevedendo l’abbassamento dell’altezza della torre rispetto al progetto inizialmente presentato) e una serie di tubazioni, relative alla linea di macinazione, di 70 metri di altezza media dal piano di posa.
La cementeria si trova nei pressi e in vista dei Colli Euganei ed è inserita nel perimetro del Parco Regionale dei Colli Euganei.
Dunque sussiste la legittimazione al ricorso, anche per questo secondo profilo autonomo.
Tale secondo profilo di legittimazione, che attiene all’aspetto prettamente paesaggistico, legittima autonomamente l’impugnazione non solo dell’autorizzazione paesaggistica, ma anche dell’autorizzazione ambientale, in quanto l’interesse ambientale si caratterizza anche in relazione alla tutela dei valori paesaggistici presenti nel territorio nel cui ambito viene prodotto l’impatto ambientale, così come prevede espressamente il primo comma lettera c) dell’art. 5 del D. Lgs. n° 152 del 2006.
La legittimazione al ricorso non è scalfita, come vorrebbe Italcementi, dalla circostanza che il Comune ricorrente non è legittimato alla stipula della convenzione, prevista dall’art. 19 delle Norme d’Attuazione del Piano Ambientale, ai fini dell’assentibilità di progetti di contenimento dell’impatto ambientale e paesistico (così TAR Veneto III n° 801 del 2011).
Infatti il Comune ricorrente non è legittimato a stipulare la convenzione, prevista dall’art. 19 delle Norme d’Attuazione del Piano Ambientale, perché non è il Comune nel cui sedime territoriale sono ubicate le opere da autorizzare, che è chiamato in seguito al rilascio di atti di assenso rispetto all’intervento.
Tuttavia nel caso di specie l’interesse per il quale il Comune ricorrente agisce non è l’interesse all’esercizio delle proprie competenze a rilasciare atti abilitativi, ma invece l’interesse alla qualità ambientale e/o paesaggistica del proprio territorio, nei sensi sopra precisati, che prescinde dalla legittimazione alla stipula della convenzione prevista dall’art. 19 delle Norme d’Attuazione del Piano Ambientale.
Ne consegue che è priva di pregio l’eccezione, sollevata da Italcementi, secondo cui, se non c’è legittimazione ad impugnare gli atti presupposti (la convenzione di cui all’art. 19 delle N.T.A. del Piano Ambientale), non vi sarebbe legittimazione neppure per l’impugnazione dei provvedimenti finali.
Le conclusioni sopra delineate in punto di legittimazione a ricorrere del Comune si pongono d’altro canto in linea con la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato VI n° 3066 del 2008) secondo cui l'ente locale, in quanto esponenziale degli interessi della popolazione locale, è legittimato ad insorgere contro provvedimenti amministrativi che rechino pregiudizio agli interessi della popolazione locale.
Sotto tale profilo il Comune ricorrente ha dimostrato la sussistenza di un pregiudizio concreto, attuale e lesivo di una situazione giuridica che il legislatore specificamente riconosce a favore del Comune a beneficio della popolazione locale.
3. Deve essere rigettata l’eccezione di improcedibilità del ricorso in relazione alla lamentata sopravvenuta carenza d’interesse per essere stati gli atti impugnati già annullati da questo Tribunale con sentenza n° 803 del 2011.
Infatti la sopra richiamata sentenza n° 803 del 2011 è stata riformata dalla sentenza del Consiglio di Stato n° 1185 del 2012.
4. Le Amministrazioni resistenti e la controinteressata hanno depositato in giudizio la sentenza del Consiglio di Stato n° 1185 del 2012 che, in riforma della sentenza del TAR Veneto n° 803 del 2011, ha rigettato il ricorso proposto da cittadini e comitati avverso atti che sono stati impugnati anche con il presente ricorso.
Al deposito della sopra richiamata sentenza del Consiglio di Stato viene allegata la deduzione secondo cui non sarebbe possibile un giudizio autonomo, tale da disattendere quello formulato dal Consiglio di Stato. Si determinerebbe un inammissibile contrasto tra giudicati e la violazione dell’art. 21-septies della legge n° 241 del 1990.
La deduzione è infondata.
Infatti il giudizio reso con la sentenza del TAR Veneto n° 803 del 2011, riformata con sentenza del Consiglio di Stato n° 1185 del 2012, ed il presente giudizio sono giudizi distinti, proposti da parti distinte con ricorsi formalmente e sostanzialmente distinti e non sussiste dunque alcun vincolo di giudicato.
5.1. Il progetto autorizzato prevede la sostituzione delle tre linee di cottura del clinker da 3.300 tpd a via semisecca e dei relativi camini con un’unica linea da 3.000 tpd e nuova torre con processo a via secca con preriscaldatore in sospensione (PRS) a 4 stadi e calcinatore. Gli interventi principali per la conversione tecnologica sono:
- dismissione dell’attuale reparto di essiccazione delle materie prime composto da due essiccatori e relativi fornelli;
- conversione a cemento dei quattro molini attualmente dedicati alla macinazione delle materie prime, dismettendo definitivamente i relativi fornelli di generazione dei gas caldi;
- sostituzione delle attuali linee di cottura, adottando un’unica linea con torre PRS a 4 stadi (alta 89 metri) con precalcinatore e raffreddatore del clinker;
- nuova macinazione ed essiccazione della miscela cruda dotata di un unico molino verticale che sfrutta i cascami di calore della linea di cottura per l’essiccazione delle materie prime;
- nuovo impianto di filtrazione a tessuto per la linea di cottura, il molino crudo ed il raffreddatore del clinker.
In sintesi il progetto comporta:
- la demolizione di una parte delle strutture edilizie attualmente presenti tra cui alcune ciminiere e lo smantellamento dei serbatoi di olio combustibile;
- la costruzione di nuove e più ampie strutture, tra cui il forno contenuto in una torre del ciclo di preriscaldo, a sezione rettangolare, delle dimensioni di pianta di metri 19 per 24 e 89 metri di altezza dal piano di posa e una serie di tubazioni, relative alla linea di macinazione, di 70 metri di altezza media dal piano di posa.
Il contesto morfologico immediatamente circostante è pianeggiante, caratterizzato da quote del piano campagna di circa 4-5 metri sul livello del mare, mentre la cementeria si trova ad una quota di 9-10 metri sul livello del mare.
La cementeria si trova altresì nei pressi e in vista dei Colli Euganei ed è inserita nel perimetro del Parco Regionale dei Colli Euganei.
Il Parco Regionale dei Colli Euganei è disciplinato dalla legge regionale n° 38 del 1989, che prevede l’approvazione del Piano Ambientale del Parco Regionale dei Colli Euganei (di seguito richiamato semplicemente come Piano Ambientale) ed il rispetto delle relative prescrizioni, il cui scopo è di assicurare la necessaria tutela e valorizzazione dell’ambiente e di sostenere lo sviluppo economico sociale. Più precisamente, fine del Piano Ambientale è, secondo l’art. 2 della legge n° 38 del 1989:
“a) la protezione del suolo e del sottosuolo, della flora, della fauna, dell’acqua;
b) la tutela, il mantenimento, il restauro e la valorizzazione dell’ambiente naturale, storico, architettonico e paesaggistico, considerato nella sua unitarietà e il recupero delle parti eventualmente alterate;
c) la salvaguardia delle specifiche particolarità antropologiche, geomorfologiche, vegetazionali, faunistiche, archeologiche e paleontologiche;
d) la fruizione a fini scientifici, culturali e didattici;
e) la promozione, anche mediante la predisposizione di adeguati sostegni tecnico-finanziari, delle attività di manutenzione degli elementi naturali storici costituenti il parco, nonché delle attività economiche tradizionali, compatibili con l’esigenza primaria della tutela dell’ambiente naturale e storico;
f) lo sviluppo sociale, culturale ed economico delle popolazioni comprese nell’ambito del parco e su di esso gravitanti;
g) la promozione delle funzioni di servizio per il tempo libero e di organizzazione dei flussi turistici presenti nelle zone euganee e nell’intero ambito regionale”.
L’art. 6 comma 1 della legge regionale n° 38 del 1989 stabilisce che “il piano ambientale ha valenza paesistica ai sensi dell’art. 124 della legge regionale n° 61 del 1985, e l’efficacia del piano di area regionale; la sua approvazione comporta, quando si tratti di prescrizioni e vincoli, l’automatica variazione degli strumenti urbanistici, generali e attuativi, in corrispondenza alle prescrizioni ed ai vincoli approvati” (di tale norma ha tenuto conto anche TAR Veneto I n° 2858 del 2006).
Tale disciplina del Piano Ambientale è conforme alle leggi statali n° 1097 del 1971 “Norme per la tutela delle bellezze naturali ed ambientali e per le attività estrattive nel territorio dei Colli Euganei”, n° 394 del 1991 ”Legge quadro sulle aree protette” e alle leggi regionali n° 40 del 1984 “Nuove norme per l’istituzione di parchi e riserve naturali regionali” e n° 38 del 1989 “Norme per l’istituzione del Parco Regionale dei Colli Euganei”.
Tale quadro normativo è d’altro canto coerente con l’art. 9 della Costituzione, secondo cui la Repubblica tutela il paesaggio.
Infatti tale specifica tutela dei Colli Euganei è stata riconosciuta costituzionalmente legittima con sentenza della Corte Costituzionale n° 9 del 1973.
Da quanto sopra consegue che le norme di tutela del Piano Ambientale del Parco Regionale dei Colli Euganei devono essere tenute presenti e rispettate dalle Pubbliche Amministrazioni chiamate ad esprimersi, quando viene richiesta l’autorizzazione paesaggistica o l’autorizzazione ambientale, trattandosi di norme di tutela che attengono proprio alla valutazione di compatibilità con l’ambiente ed il paesaggio.
Sotto tale profilo pertanto la circostanza che il P.R.G. del Comune di Monselice abbia inserito l’area in cui sorge la cementeria Italcementi in Zona Industriale non consente di derogare al Piano Ambientale.
5.2. Il Piano Ambientale è stato pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione del Veneto in data 27 Novembre 1998 e ha preso in specifica considerazione la posizione delle cementerie.
Gli articoli 3, 5, 19 e 36 delle N.T.A. del Piano Ambientale stabiliscono testualmente:
- “per il controllo delle attività incompatibili” il Piano Ambientale persegue l’obiettivo della “progressiva riduzione degli impatti ambientali degli impianti di cementeria influenti sulla situazione ambientale del parco, sopprattutto quelli determinati dal traffico indotto” (art. 3 comma secondo lettera b);
- “sono incompatibili con le finalità del Parco… gli impianti produttivi ad alto impatto ambientale, quali le cementerie” (art. 19 primo comma);
- “per quanto concerne le cementerie esistenti individuate nella tavola C3 in aree di riconversione fisica e funzionale con la numerazione 15, 16 e 17 e per le quali è prevista l’approvazione di progetti di intervento unitario ai sensi dell’art. 36, l’Ente potrà sollecitare la conclusione di accordi di programma con la Regione, il Ministero dell’Ambiente, i Comuni e gli altri soggetti pubblici competenti, ai sensi dell’art. 26 della legge n° 394 del 1991 e dell’art. 27 della legge n° 142 del 1990, per il coordinamento delle azioni di contenimento dell’impatto ambientale e paesistico e per concertare con le aziende stesse strategie di adeguamento ed eventuale riconversione e/o rilocalizzazione delle attività e degli impianti” (art. 19 comma terzo primo periodo);
- “Cementeria di Monselice(15), Cementeria Italcementi (16), Cementeria Cementizillo (17) per ciascuno di tali impianti produttivi, un apposito progetto unitario deve coordinare gli interventi necessari per migliorare l’inserimento ambientale, mitigandone l’impatto con la ricomposizione paesistica e l’arredo vegetale e per conseguire gli obiettivi di adeguamento o riconversione fisica e/o funzionale decisi a livello regionale” (art. 36 comma quindicesimo);
- “In ogni caso gli interventi eccedenti la manutenzione e l’adeguamento degli impianti e delle strutture e le ristrutturazioni interne sono subordinati alla stipula di apposite convenzioni, con la partecipazione dell’Ente Parco e dei Comuni interessati, che definiscano in particolare:
a) le modalità e i tempi di prosecuzione dell’attività, con particolare riguardo per il traffico indotto;
b) le modalità e i tempi delle eventuali dismissioni, nonché delle condizioni di riuso dei sedimi e dei fabbricati, da verificare nell’ambito degli strumenti urbanistici locali, secondo le indicazioni del Piano Ambientale;
c) i programmi di investimento, di riassorbimento occupazionale e di eventuale rilocalizzazione in aree esterne (art. 19 terzo comma secondo periodo);
- “I progetti di intervento unitario, di cui all’art. 36, si riferiscono ad ambiti segnalati in tavola di piano, in cui l’attuazione degli interventi deve essere coordinata da forme di progettazione operativa al fine di garantire l’unitarietà di concezione e di realizzazione… In tali ambiti fino all’approvazione dei progetti sono ammessi solo interventi che non compromettano la realizzazione degli interventi secondo gli indirizzi definiti nel titolo IV” (art. 5 comma quinto).
Il collegio osserva che il progetto autorizzato si pone in contrasto con le sopra richiamate norme di tutela del Piano Ambientale.
Si sottolinea preliminarmente che il cementificio Italcementi di Monselice, del quale si controverte, è esplicitamente richiamato all’art. 36 delle N.T.A. del Piano Ambientale e, in quanto indicato nella tavola C3 allegata al Piano Ambientale, richiamato anche al precedente art. 19 comma terzo primo periodo delle N.T.A. del Piano Ambientale.
Si sottolinea preliminarmente inoltre che l’art. 36 è compreso nel titolo IV delle N.T.A., titolo richiamato dal riportato art. 5 comma quinto.
Ciò posto, si rileva che il primo comma dell’art. 19 del Piano Ambientale stabilisce che le cementerie non possono essere ubicate all’interno del perimetro del Parco, in quanto impianti produttivi ad alto impatto ambientale.
Questa è pertanto la regola stabilita dal Piano Ambientale ed ogni disposizione che prevede la permanenza di cementerie o interventi su cementerie costituisce disposizione derogatoria ed eccezionale e, come tale, è insuscettibile di integrazione analogica o interpretazione estensiva. Così tra l’altro non sarebbe possibile prendere in considerazione, per ampliare l’impatto sull’ambiente di tali impianti, persino ragioni attinenti le attività economiche, i livelli occupazionali o la salubrità dei luoghi, in ipotesi di astratta configurabilità di tali evenienze.
Come si è visto, per il cementificio Italcementi di Monselice e per gli altri 2 cementifici esistenti nel Parco l’art. 36 comma quindicesimo delle N.T.A., la norma più specifica sul thema decidendum, prevede che “un apposito progetto unitario deve coordinare gli interventi necessari per migliorare l’inserimento ambientale mitigandone l’impatto con la ricomposizione paesistica e l’arredo vegetale, e per conseguire gli obiettivi di adeguamento o riconversione fisica e/o funzionale decisi a livello regionale”. Quindi, in primo luogo, il progetto unitario non è facoltativo o sostituibile da altri procedimenti (“deve”) e, in secondo luogo, l’obiettivo di “migliorare l’inserimento ambientale mitigandone l’impatto con la ricomposizione paesistica e l’arredo vegetale” non è alternativo , ma congiuntivo (“e”) a quello di “conseguire gli obiettivi di adeguamento o riconversione fisica e/o funzionale decisi a livello regionale”.
Cioè non è possibile intervenire sul cementificio Italcementi senza il progetto unitario e senza mitigare l’impatto ambientale e paesistico.
Tali conclusioni sono confermate dal sopra riportato art. 19 comma terzo primo periodo delle N.T.A., il quale coerentemente dispone, per il cementificio Italcementi di Monselice, che “è prevista l’approvazione di progetti di intervento unitario ai sensi dell’art. 36” e che eventuali “accordi di programma” dovranno avere ad oggetto anche “azioni di contenimento dell’impatto ambientale e paesistico”.
Il terzo comma dell’art. 19 delle N.T.A. (in combinato disposto con l’art. 36) del Piano Ambientale impone allora l’approvazione di un progetto di intevento unitario che coordini gli interventi necessari per migliorare l’inserimento ambientale, mitigandone l’impatto con la ricomposizione paesistica e l’arredo vegetale e per conseguire gli obiettivi di adeguamento o riconversione fisica e/o funzionale decisi a livello regionale.
Nel caso di specie il progetto unitario richiesto dagli artt. 19 e 36 delle N.T.A del Piano ambientale non esiste, come è pacificamente ammesso dall’Ente Parco.
La motivazione dell’autorizzazione paesaggistica fa riferimento alla circostanza che:
- l’intervento è inquadrabile tra gli interventi eccedenti la manutenzione e l’adeguamento degli impianti e delle strutture e le ristrutturazioni interne, che il terzo comma dell’art. 19 del Piano Ambientale ammetterebbe, se sono stipulate apposite convenzioni.
- la convenzione è stata stipulata.
Tuttavia l’inquadrabilità dell’intervento autorizzato tra gli interventi eccedenti la manutenzione e l’adeguamento degli impianti e delle strutture e le ristrutturazioni interne non consente l’intervento sulla sola base dell’avvenuta stipula delle convenzioni.
È infatti necessaria anche la previa approvazione del progetto di intervento unitario, così come previsto dal terzo comma dell’art. 19 e dall’art. 36 del Piano Ambientale, sopra evidenziati.
A non diversa intrepretazione si perviene anche soffermandosi sul sopra riportato secondo periodo dell’art. 19 comma terzo delle N.T.A..
Le “apposite convenzioni” qui previste non sono infatti alternative al progetto unitario.
Sotto tale profilo il collegio non concorda con quanto sostenuto dall’Ente Parco, perché le “apposite convenzioni” sono indicate, nel secondo periodo del terzo comma dell’art. 19, come necessarie per gli interventi eccedenti la manutenzione e l’adeguamento degli impianti e delle strutture e le ristrutturazioni interne, interventi tra i quali rientra quello in esame, qualora gli “accordi di programma” non siano stati stipulati.
Infatti l’ambito dei soggetti partecipanti e del contenuto delle “apposite convenzioni” costituisce un minus rispetto all’ambito degli “accordi di programma”, un minus necessario per gli interventi di maggiore impatto, restando comunque facoltativo il ricorso alternativo agli “accordi di programma”.
Sarebbe invero paradossale, oltre che contrario al tenore letterale delle norme di piano, che proprio per gli interventi di maggiore impatto, dei quali si controverte, si potesse prescindere, grazie alle “apposite convenzioni”, dalla predisposizione non solo degli “accordi di programma”, ma anche dei progetti unitari che, invece, in ipotesi negata, sarebbero necessari solo per gli interventi minori.
Le ipotesi alternative sono riassuntivamente due:
per gli interventi eccedenti la manutenzione e l’adeguamento degli impianti e delle strutture e le ristrutturazioni interne è necessario il progetto unitario con gli accordi di programma di cui al primo periodo di cui al terzo comma dell’art. 19 delle N.T.A. del Piano Ambientale oppure il progetto unitario con le apposite convenzioni di cui al secondo periodo di cui al terzo comma dell’art. 19 delle N.T.A. del Piano Ambientale;
per gli interventi non eccedenti la manutenzione e l’adeguamento degli impianti e delle strutture e per gli interventi non ristrutturativi è necessario il progetto unitario eventualmente anche senza gli accordi di programma o le convenzioni di cui sopra.
Solo l’approvazione del progetto unitario, con gli obiettivi e le caratteristiche indicati dal terzo comma dell’art. 19 e dall’art. 36 delle N.T.A del Piano Ambientale, consente infatti la temporanea continuazione di un’attività che altrimenti, come sottolinea il primo comma dell’art. 19 delle N.T.A. del Piano Ambientale, sarebbe non consentita; tanto più quando, come nel caso di specie, viene consentito l’avvio di un ciclo produttivo della durata di 28 anni.
Tali norme sono coerenti con le esigenze di tutela ambientale ed in particolare con la norma base del Piano Ambientale che prevede l’incompatibilità delle cementerie con le finalità del Parco.
Tanto è sufficiente a concludere per la fondatezza della censura, secondo cui non è possibile autorizzare l’intervento senza la previa approvazione del progetto di intervento unitario di cui al terzo comma dell’art. 19 e all’art. 36 delle N.T.A. del Piano Ambientale.
5.3. Si rileva ancora, per completezza d’esame, come, quand’anche si volesse interpretare, contro la lettera e la logica del Piano Ambientale sopra descritte, l’art. 19, terzo comma seconda parte, delle N.T.A nel senso dell’ammissibilità di interventi sul cementificio di Monselice “eccedenti la manutenzione e l’adeguamento degli impianti e delle strutture e le ristrutturazioni interne” senza il predetto progetto unitario e previa la sola stipula di apposite convenzioni, anche in tal caso gli interventi sarebbero subordinati ai medesimi limiti specificamente prescritti dal Piano Ambientale per lo stesso cementificio e sopra descritti, di contenimento dell’impatto ambientale e paesaggistico dell’impianto.
Infatti, tale conclusione deriva innanzitutto dal testo dello stesso art. 19, terzo comma, seconda parte, ove, alla lett. b, si precisa: “secondo le indicazioni del Piano Ambientale”.
Ma soprattutto una diversa conclusione è espressamente esclusa dal menzionato art. 5, comma quinto, delle N.T.A, che dispone che “fino all’approvazione dei progetti [unitari] sono ammessi solo interventi che non compromettano la realizzazione degli interventi secondo gli indirizzi definiti nel titolo IV”. Orbene tali indirizzi sono specificamente, per il cementificio di Monselice, quelli visti all’art. 36, articolo compreso appunto nel titolo IV delle N.T.A. In sostanza, la normativa del parco dei Colli Euganei prevede che, in attesa dell’attuazione degli indirizzi sui progetti unitari, non possono in nessun caso autorizzarsi interventi non possibili con i progetti unitari medesimi. Si tratta invero di una norma di salvaguardia inevitabile se si vuole prevenire l’elusione di limiti previsti per i ripetuti progetti.
In definitiva, non potrebbero né letteralmente né logicamente ipotizzarsi interventi consentiti senza un progetto unitario o con impatto ambientale maggiore di quanto consentito con un progetto unitario.
Nel caso di specie invece la previsione di un nuovo ciclo produttivo di durata di 28 anni, l’innalzamento di una nuova torre alta ben 89 metri (pur prevedendo l’abbassamento dell’altezza della torre rispetto al progetto inizialmente presentato), la costruzione di tubazioni, relative alla linea di macinazione, di 70 metri di altezza media dal piano di posa non contengono, ma aggravano notevolmente e palesemente l’impatto ambientale e paesaggistico oggi esistente.
Tale aggravio ambientale e paesaggistico risulta altresì evidente, considerando che l’autorizzazione impone la cessazione dell’attività produttiva entro il termine di 28 anni a far data dall’entrata in funzione del ciclo produttivo autorizzato, provvedendo quindi allo smantellamento dell’intero stabilimento e alla modifica del sito, con riduzione ad area verde del relativo sedime, entro i due anni successivi al termine di esercizio.
Dunque, con l’autorizzazione paesaggistica, si afferma in sostanza che l’intevento autorizzato è incompatibile con la tutela del paesaggio, ma diventa compatibile se la durata del ciclo produttivo conseguente all’intervento viene limitata a 28 anni.
Tale limitazione temporale, per di più relativa ad un periodo molto lungo, però è evidentemente incongrua ad eliminare l’incompatibilità ambientale nell’attualità e per tutto il predetto prolungato periodo.
L’aggravio ambientale e paesaggistico risulta altresì evidente, considerando che il Presidente dell’Ente Parco ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica nonostante che in seno alla Commissione Tecnica del 29 Settembre 2010, che aveva espresso a maggioranza parere contrario all’intervento, richiamato nell’autorizzazione impugnata, i Commissari Francesco Pio Dotti e Paolo Drago avessero specificamente dichiarato che sotto il profilo paesaggistico l’intervento presentava un forte impatto visivo e strutturale.
Il Commissario Massimo Valandro aveva specificamente dichiarato che l’intervento compromette ulteriormente il contesto ambientale.
Ne consegue l’inammissibilità dell’intervento progettato.
5.4. La mancanza nel caso di specie di un progetto unitario si può in effetti spiegare con l’inidoneità dell’intervento, approvato invece coi provvedimenti impugnati, a perseguire gli obiettivi assegnati al progetto unitario di contenimento dell’impatto ambientale e paesaggistico dell’impianto.
Infatti la previsione di un nuovo ciclo produttivo di durata di 28 anni, l’innalzamento di una nuova torre alta ben 89 metri, la costruzione di tubazioni, relative alla linea di macinazione, di 70 metri di altezza media dal piano di posa non contengono, ma aggravano notevolmente e palesemente l’impatto ambientale e paesaggistico oggi esistente.
5.5. Non sarebbe poi possibile sostenere che la cementeria potrebbe continuare a svolgere l’attività sulla base del secondo comma dell’art. 19 del Piano, secondo cui potrebbe trattarsi di impianti ammessi ad operare “esclusivamente per ragioni di pubblica utilità non altrimenti soddisfacibili”.
Infatti la definizione di azione svolta per ragioni di pubblica utilità non altrimenti soddisfacibili non può applicarsi alla cementeria, perché non ci sono ragioni di pubblica utilità che impongono l’allocazione di una cementeria all’interno, anziché all’esterno, del perimetro del Parco.
5.6. Italcementi S.P.A. non può nemmeno invocare la circostanza che la propria cementeria è stata costruita prima dell’istituzione del Parco Regionale dei Colli Euganei.
Infatti gli artt. 19 e 36 delle N.T.A. del Piano Ambientale disciplinano in modo specifico, come sopra precisato, le cementerie già esistenti prima dell’approvazione delle norme stesse, tra le quali la cementeria Italcementi di Monselice.
Pertanto il progetto non poteva ottenere l’autorizzazione paesaggistica rilasciata invece dal Presidente del Parco Regionale dei Colli Euganei in data 13 Dicembre 2010.
L’autorizzazione paesaggistica è illegittima, perché il progetto è in contrasto con le analizzate norme del Piano Ambientale.
La delibera della Giunta Provinciale n° 316 del 29 Dicembre 2010, con cui è stato espresso giudizio di compatibilità ambientale favorevole, è illegittima perché è stata adottata sulla base di un’autorizzazione paesaggistica illegittima, specificamente richiamata nella motivazione della delibera provinciale di cui sopra.
Infatti la valutazione d’impatto ambientale deve avere riguardo anche ai valori paesaggistici presenti nel territorio nel cui ambito viene prodotto l’impatto ambientale, così come prevede il primo comma lettera c) dell’art. 5 del D. Lgs. n° 152 del 2006.
Pertanto l’illegittimità della presupposta autorizzazione paesaggistica determina l’illegittimità della valutazione d’impatto ambientale con la quale l’autorizzazione paesaggistica è stata considerata, erroneamente, valida.
Il presente punto n° 5 della sentenza è da solo sufficiente ai fini dell’accoglimento del ricorso proposto avverso l’autorizzazione paesaggistica e la sopra richiamata delibera della Giunta Provinciale di Padova n° 316 del 29 Dicembre 2010.
6. Ulteriore vizio dell’autorizzazione paesaggistica è dato dalla circostanza che il Presidente dell’Ente Parco, avendo adottato una determinazione in contrasto col parere della Commissione Tecnica, doveva, prima della firma dell’atto, riproporre la questione alla Commissione Tecnica per fare conoscere le motivazioni da lui adottate, come prescrive il settimo comma dell’art. 57 del regolamento dell’Ente Parco.
Tale norma stabilisce testualmente:
“Qualora le determinazioni del Presidente, o del suo delegato, siano non conformi al parere espreso dalla Commissione Tecnica, prima della firma dell’atto egli è tenuto a riproporre la questione alla Commissione Tecnica per fare conoscere le motivazioni da lui adottate”.
L’Ente Parco asserisce che il Presidente, nell’ambito della riunione della Commissione Tecnica del 29 Settembre 2010 in cui è stato espresso parere contrario all’intervento, aveva espressamente dichiarato “la propria contarietà rispetto alle motivazioni sostenute” (a supporto del parere contrario espresso dalla Commissione Tecnica) “ribadendo che nell’odierna convocazione la Commissione Tecnica era chiamata ad esprimersi unicamente ai sensi dell’art. 146 del D. Lgs. n° 42 del 2004”.
La deduzione dell’Ente Parco è fuorviante.
Il Presidente dell’Ente Parco aveva infatti espresso la sopra richiamata opinione in seno alla Commissione Tecnica, ma l’art. 57 del regolamento citato stabilisce che, dopo l’espressione del parere da parte della Commissione Tecnica il Presidente, se vuole rilasciare un’autorizzazione difforme dal parere espresso dalla Commissione, egli deve esporre il proprio intendimento in diversa e successiva seduta rispetto a quella nella quale la Commissione Tecnica ha espresso il proprio parere.
Tale norma ha una logica di attenzione rispetto ai valori tutelati dal Parco e di conseguente ponderazione delle scelte. Pertanto essa non può essere disattesa, rinunciando alla successiva seduta di confronto.
Inoltre si deve osservare che, anche se si volesse sostenere che il confronto tra Presidente e Commissione Tecnica potrebbe avvenire nella stessa seduta in cui la Commissione Tecnica esprime il proprio parere, in realtà nella seduta della Commissione Tecnica del 29 Settembre 2010 il Presidente dell’Ente Parco aveva espresso un parere avente ad oggetto le valutazioni espresse dalla Commissione, ma non aveva preannunciato il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
Tale necessario confronto è dunque mancato, con conseguente illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica impugnata.
La delibera della Giunta Provinciale n° 316 del 29 Dicembre 2010, con cui è stato espresso giudizio di compatibilità ambientale favorevole, è illegittima perché è stata adottata sulla base di un’autorizzazione paesaggistica illegittima, specificamente richiamata nella motivazione della delibera provinciale di cui sopra.
Infatti la valutazione d’impatto ambientale deve avere riguardo anche ai valori paesaggistici presenti nel territorio nel cui ambito viene prodotto l’impatto ambientale, così come prevede il primo comma lettera c) dell’art. 5 del D. Lgs. n° 152 del 2006.
Pertanto l’illegittimità della presupposta autorizzazione paesaggistica determina l’illegittimità della valutazione d’impatto ambientale con la quale l’autorizzazione paesaggistica è stata considerata, erroneamente, valida.
Il presente punto n° 6 della sentenza è da solo sufficiente ai fini dell’accoglimento del ricorso proposto avverso l’autorizzazione paesaggistica e la sopra richiamata delibera della Giunta Provinciale di Padova n° 316 del 29 Dicembre 2010.
7. L’autorizzazione paesaggistica impugnata è altresì illegittima, in quanto affetta dal vizio di motivazione erronea.
Infatti l’autorizzazione paesaggistica è motivata anche con il parere favorevole espresso dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici in data 1 Dicembre 2010 prot. n° 32258.
In realtà con tale nota la Soprintendenza non ha espresso alcun parere. Tale nota infatti recita “si subordina il parere al parere già espresso dalla Direzione Regionale del Veneto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali reso in seno al procedimento di V.I.A.”.
La Soprintendenza non ha specificato quale sia il proprio parere e non ha effettuato alcuna valutazione relativamente al profilo paesaggistico dell’intervento nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
Né è possibile desumere dal verbo “subordinare” di cui sopra alcun contenuto di parere.
Dunque l’autorizzazione paesaggistica è motivata in relazione ad un presupposto in realtà non sussistente, con conseguente illegittimità.
La delibera della Giunta Provinciale n° 316 del 29 Dicembre 2010, con cui è stato espresso giudizio di compatibilità ambientale favorevole, è illegittima perché è stata adottata sulla base di un’autorizzazione paesaggistica illegittima, specificamente richiamata nella motivazione della delibera provinciale di cui sopra.
Infatti la valutazione d’impatto ambientale deve avere riguardo anche ai valori paesaggistici presenti nel territorio nel cui ambito viene prodotto l’impatto ambientale, così come prevede il primo comma lettera c) dell’art. 5 del D. Lgs. n° 152 del 2006.
Pertanto l’illegittimità della presupposta autorizzazione paesaggistica determina l’illegittimità della valutazione d’impatto ambientale con la quale l’autorizzazione paesaggistica è stata considerata, erroneamente, valida.
Il presente punto n° 7 della sentenza è da solo sufficiente ai fini dell’accoglimento del ricorso proposto avverso l’autorizzazione paesaggistica e la sopra richiamata delibera della Giunta Provinciale di Padova n° 316 del 29 Dicembre 2010.
8. In relazione a quanto specificato al precedente punto 7 il collegio evidenzia che l’autorizzazione paesaggistica è stata rilasciata senza che sia stato espresso dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici il necessario parere, prescritto dall’art. 146 del D. Lgs. n° 42 del 2004.
Ne consegue l’illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica per carenza dei presupposti necessari per il suo rilascio.
La delibera della Giunta Provinciale n° 316 del 29 Dicembre 2010, con cui è stato espresso giudizio di compatibilità ambientale favorevole, è illegittima perché è stata adottata sulla base di un’autorizzazione paesaggistica illegittima, specificamente richiamata nella motivazione della delibera provinciale di cui sopra.
Infatti la valutazione d’impatto ambientale deve avere riguardo anche ai valori paesaggistici presenti nel territorio nel cui ambito viene prodotto l’impatto ambientale, così come prevede il primo comma lettera c) dell’art. 5 del D. Lgs. n° 152 del 2006.
Pertanto l’illegittimità della presupposta autorizzazione paesaggistica determina l’illegittimità della valutazione d’impatto ambientale con la quale l’autorizzazione paesaggistica è stata considerata, erroneamente, valida.
Il presente punto n° 8 della sentenza è da solo sufficiente ai fini dell’accoglimento del ricorso proposto avverso l’autorizzazione paesaggistica e la sopra richiamata delibera della Giunta Provinciale di Padova n° 316 del 29 Dicembre 2010.
9. L’autorizzazione paesaggistica impugnata è altresì illegittima per eccesso di potere e violazione di legge, in relazione all’erronea valutazione delle modalità di tutela del vincolo paesaggistico.
Il progetto comporta:
- la demolizione di una parte delle strutture edilizie attualmente presenti tra cui alcune ciminiere e lo smantellamento dei serbatoi di olio combustibile;
- la costruzione di nuove strutture, tra cui il forno contenuto in una torre del ciclo di preriscaldo, a sezione rettangolare, delle dimensioni di pianta di metri 19 per 24 e 89 metri di altezza dal piano di posa (pur prevedendo l’abbassamento dell’altezza della torre rispetto al progetto inizialmente presentato) e una serie di tubazioni, relative alla linea di macinazione, di 70 metri di altezza media dal piano di posa.
La cementeria si trova nei pressi e in vista dei Colli Euganei ed è inserita nel perimetro del Parco Regionale dei Colli Euganei.
In relazione a quanto sopra risulta evidente come il progetto, se realizzato, determina l’alterazione del profilo e del paesaggio dei Colli Euganei, comportando la creazione di un manufatto che ha le stesse dimensioni di un colle, con la peculiarità che si tratta non di un colle naturale, ma di un cementificio.
Di ciò avrebbe dovuto essere conseguentemente consapevole il Presidente dell’Ente Parco, che ha invece rilasciato l’autorizzazione paesaggistica.
Il dubbio sulla consapevolezza dell’incompatibilità paesaggistica dell’intervento è rafforzato dalla considerazione che l’autorizzazione impone la cessazione dell’attività produttiva entro il termine di 28 anni a far data dall’entrata in funzione del ciclo produttivo autorizzato, provvedendo quindi allo smantellamento dell’intero stabilimento e alla modifica del sito, con riduzione ad area verde del relativo sedime, entro i due anni successivi al termine di esercizio.
Dunque, con l’autorizzazione paesaggistica, si afferma in sostanza che l’intevento autorizzato è incompatibile con la tutela del paesaggio, ma diventa compatibile se la durata del ciclo produttivo conseguente all’intervento viene limitata a 28 anni.
Tale limitazione temporale, per di più relativa ad un periodo molto lungo, però è evidentemente incongrua ad eliminare l’incompatibilità ambientale nell’attualità e per tutto il predetto prolungato periodo.
L’incompatibilità paesaggistica dell’intervento doveva essere facilmente nota, considerando che l’alterazione del profilo e del paesaggio dei Colli Euganei non sono consentiti a causa della tutela sotto tale profilo predisposta, oltre che dal ripetuto Piano Ambientale, dall’art. 9 della Costituzione, dalle leggi statali n° 1097 del 1971 “Norme per la tutela delle bellezze naturali ed ambientali e per le attività estrattive nel territorio dei Colli Euganei”, n° 394 del 1991”Legge quadro sulle aree protette” e dalle leggi regionali n° 40 del 1984 “Nuove norme per l’istituzione di parchi e riserve naturali regionali” e n° 38 del 1989 “Norme per l’istituzione del Parco Regionale dei Colli Euganei”.
Tale specifica tutela è stata altresì riconosciuta costituzionalmente legittima con sentenza della Corte Costituzionale n° 9 del 1973.
Il Presidente dell’Ente Parco ha inoltre rilasciato l’autorizzazione paesaggistica nonostante che in seno alla Commissione Tecnica del 29 Settembre 2010, che aveva espresso a maggioranza parere contrario all’intervento, richiamato nell’autorizzazione impugnata, i Commissari Francesco Pio Dotti e Paolo Drago avessero specificamente dichiarato che sotto il profilo paesaggistico l’intervento presentava un forte impatto visivo e strutturale.
Il Commissario Massimo Valandro aveva specificamente dichiarato che l’intervento compromette ulteriormente il contesto ambientale.
È quindi, tutto ciò posto, logico il dubbio che il Presidente dell’Ente Parco fosse consapevole che stava autorizzando un intervento paesaggisticamente non consentito e dunque illegittimo.
Ne consegue che l’autorizzazione paesagistica è stata rilasciata sulla base di un’erronea valutazione dell’impatto che provoca l’intervento sul paesaggio dei Colli Euganei, impatto incompatibile con la salvaguardia del paesaggio dei Colli Euganei.
L’autorizzazione paesaggistica è pertanto illegittima.
La delibera della Giunta Provinciale n° 316 del 29 Dicembre 2010, con cui è stato espresso giudizio di compatibilità ambientale favorevole, è illegittima perché è stata adottata sulla base di un’autorizzazione paesaggistica illegittima, specificamente richiamata nella motivazione della delibera provinciale di cui sopra.
Infatti la valutazione d’impatto ambientale deve avere riguardo anche ai valori paesaggistici presenti nel territorio nel cui ambito viene prodotto l’impatto ambientale, così come prevede il primo comma lettera c) dell’art. 5 del D. Lgs. n° 152 del 2006.
Pertanto l’illegittimità della presupposta autorizzazione paesaggistica determina l’illegittimità della valutazione d’impatto ambientale con la quale l’autorizzazione paesaggistica è stata considerata, erroneamente, valida.
Il presente punto n° 9 della sentenza è da solo sufficiente ai fini dell’accoglimento del ricorso proposto avverso l’autorizzazione paesaggistica e la sopra richiamata delibera della Giunta Provinciale di Padova n° 316 del 29 Dicembre 2010.
10. L’autorizzazione paesaggistica impugnata è altresì illegittima per un ulteriore profilo di eccesso di potere.
Infatti l’autorizzazione paesaggistica è stata rilasciata sul presupposto dell’avvenuta stipula della convenzione sottoscritta in data 13 Dicembre 2010 da Ente Parco, Comune di Monselice e Italcementi in pretesa attuazione del terzo comma dell’art. 19 delle N.T.A. del Piano Ambientale.
Tale convenzione è specificamente richiamata nell’autorizzazione paesaggistica impugnata.
L’art. 8 della sopra richiamata convenzione prevede che Italcementi versi all’Ente Parco, per interventi di interesse pubblico volti al miglioramento di aree compromesse nonché alla messa in sicurezza di fronti collinari, la somma di un milione di euro.
Si tratta di una cifra cospicua, non imposta da disposizioni di legge.
La destinazione della somma non è specificamente connessa ad eventi provocati per effetto dell’intervento approvato.
La competenza in ordine agli interventi di interesse pubblico finanziati con la somma sopra indicata è dell’Ente Parco.
Si pone conseguentemente il dubbio che la somma che Italcementi si è obbligata a pagare, per finalità di interesse pubblico, costituisca un motivo di persuasione, affinchè il Presidente dell’Ente Parco procedesse al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica impugnata, anche a costo di rilasciare un’autorizzazione paesaggistica illegittima.
Il necessario perseguimento dell’interesse pubblico connesso all’adozione di un provvedimento amministrativo, imposto dagli articoli 54, 97 e 98 della Costituzione, implica che, qualora le circostanze facciano dubitare sull’effettivo perseguimento dell’interesse pubblico specifico, tale provvedimento è illegittimo se l’Autorità emanante non dimostra adeguatamente, dimostrazione che nel caso di specie è mancata, il concreto perseguimento dell’interesse pubblico specifico pur in presenza di tali circostanze.
Di qui il vizio di eccesso di potere.
La delibera della Giunta Provinciale n° 316 del 29 Dicembre 2010, con cui è stato espresso giudizio di compatibilità ambientale favorevole, è illegittima perché è stata adottata sulla base di un’autorizzazione paesaggistica illegittima, specificamente richiamata nella motivazione della delibera provinciale di cui sopra.
Infatti la valutazione d’impatto ambientale deve avere riguardo anche ai valori paesaggistici presenti nel territorio nel cui ambito viene prodotto l’impatto ambientale, così come prevede il primo comma lettera c) dell’art. 5 del D. Lgs. n° 152 del 2006.
Pertanto l’illegittimità della presupposta autorizzazione paesaggistica determina l’illegittimità della valutazione d’impatto ambientale con la quale l’autorizzazione paesaggistica è stata considerata, erroneamente, valida.
Il presente punto n° 10 della sentenza è da solo sufficiente ai fini dell’accoglimento del ricorso proposto avverso l’autorizzazione paesaggistica e la sopra richiamata delibera della Giunta Provinciale di Padova n° 316 del 29 Dicembre 2010.
11. La delibera della Giunta Provinciale di Padova n° 316 del 2010 è altresì illegittima perché non contiene le controdeduzioni al parere espresso dal Comune ricorrente nel corso del procedimento di valutazione d’impatto ambientale.
Il Comune ricorrente ha espresso nella procedura di V.I.A. parere motivato, lungo ed articolato in più punti, contrario all’approvazione del progetto (tale parere è il documento n° 6 depositato in giudizio).
Tale parere analizza nel dettaglio gli effetti che l’intervento determina sul proprio territorio nei vari profili, tra i quali quello paesaggistico, ambientale, sull’economia e sull’agricoltura.
Il Comune ricorrente ha espresso tale parere in quanto titolare dell’interesse alla qualità ambientale del proprio territorio che è specificamente preso in considerazione dagli artt. 23 e ssgg del D. Lgs. n° 152 del 2006 e dall’art. 2 lettera m) della legge regionale n° 10 del 1999.
La stessa istruttoria della Commissione VIA, recepita nella deliberazione provinciale impugnata, attesta che il Comune ricorrente è specificamente interessato dal passaggio di mezzi pesanti per lo stabilimento.
Proprio la specificità dell’interesse fatto valere dal Comune ricorrente nella procedura di V.I.A. imponeva quella specifica controdeduzione che invece è illegittimamente mancata.
L’interesse del Comune ricorrente nella procedura di V.I.A. non è assimilabile all’interesse che viene fatto valere con le osservazioni che vengono presentate da qualsiasi cittadino nella procedura di approvazione di un piano urbanistico.
In tale ultima procedura il cittadino può presentare le proprie osservazioni in relazione ad un interesse generale, il quale interesse generale può essere considerato dai criteri di impostazione del piano urbanistico senza un riferimento specifico al cittadino che ha presentato l’osservazione.
Invece la specificità dell’interesse fatto valere dal Comune ricorrente imponeva una controdeduzione specifica, che invece è mancata.
Ne consegue violazione di legge.
Il presente punto n° 11 della sentenza è da solo sufficiente ai fini dell’accoglimento del ricorso proposto avverso la sopra richiamata delibera della Giunta Provinciale di Padova n° 316 del 29 Dicembre 2010.
12. La delibera della Giunta Provinciale di Padova n° 316 del 29 Dicembre 2010 è altresì viziata in relazione alla circostanza che nella seduta del 13 ottobre 2010 la Commissione Provinciale V.I.A. ha stabilito di non procedere a nuova pubblicazione del progetto, ai sensi dell’art. 26 del D. Lgs. n° 152 del 2006, in seguito alle presentazione in data 1 Ottobre 2010 prot. n° 150420 di modifiche progettuali.
Tale decisione è viziata da insufficienza della motivazione, in quanto non è stata supportata da un’adeguata descrizione delle modifiche progettuali apportate né da una conseguente specifica valutazione di tali modifiche.
Tale descrizione e valutazione avrebbero dovuto essere effettuate anche considerando che nel corso della seduta si è fatto cenno a modifiche concernenti l’abbassamento della torre (fino all’approvata altezza di 89 metri) ed ad un conseguente “peggioramento ambientale in termini di ricadute al suolo”.
Il vizio procedimentale descritto determina l’illegittimità degli atti successivi del procedimento, tra cui la delibera della Giunta Provinciale di Padova n° 316 del 29 Dicembre 2010 impugnata.
Il presente punto n° 12 della sentenza è da solo sufficiente ai fini dell’accoglimento del ricorso proposto avverso la sopra richiamata delibera della Giunta Provinciale di Padova n° 316 del 29 Dicembre 2010.
13. Restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso.
Il ricorso è dunque in parte inammissibile ed in parte fondato.
In accoglimento parziale del ricorso devono essere annullate l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Presidente dell’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei e la delibera della Giunta Provinciale n° 316 del 29 Dicembre 2010, con cui è stato espresso giudizio di compatibilità ambientale favorevole.
14. Il solo Ente Parco Regionale dei Colli Euganei deve essere condannato alle spese, con liquidazione come da dispositivo, in relazione alla circostanza che il Presidente dell’Ente Parco, rilasciando illegittimamente l’autorizzazione paesaggistica impugnata, ha disatteso le norme di tutela ambientale e paesaggistica specificamente previste nel Piano Ambientale del Parco.
Si è trattato di violazione aggravata dalla oggettiva circostanza che il Presidente dell’Ente Parco si è discostato dal parere espresso in seno alla Commissione Tecnica del Parco Regionale dei Colli Euganei in data 24 Maggio 2010, cui ha partecipato lo stesso Presidente, secondo cui l’intervento risulta incompatibile con il Piano Ambientale.
15. L’ipotesi, descritta in particolare al punto 9 della presente sentenza, di consapevolezza di illegittimità, da parte del Presidente dell’Ente Parco, nel rilascio dell’autorizzazione paesaggistica illegittima impugnata, impone al collegio di trasmettere la presente sentenza alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Padova, unitamente ai seguenti documenti:
- l’autorizzazione paesaggistica impugnata;
- il verbale della seduta n° 26 della Commissione Tecnica del Parco in data 29 Settembre 2010;
- la nota della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso in data 2 Novembre 2010 prot. n° 29007, con cui si esprime parere contrario alla realizzazione dell’intervento;
- il parere espresso dal Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali in data 1 Dicembre 2010 prot. n° 20980;
- la nota della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso in data 1 Dicembre 2010 prot. n° 32258.;
- la convenzione sottoscritta in data 13 Dicembre 2010 da Ente Parco, Comune di Monselice e Italcementi in pretesa attuazione del terzo comma dell’art. 19 delle N.T.A. del Piano Ambientale.
Il collegio ritiene infatti necessario che la Procura verifichi se l’illegittimo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica impugnata abbia comportato la commissione di reati, in specie di abuso d’ufficio di cui all’art. 323 del cod. pen..
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
1) lo dichiara inammissibile per carenza d’interesse nella parte in cui sono impugnati:
- il parere della Commissione Provinciale VIA in data 14 Dicembre 2010;
- la relazione istruttoria del gruppo di lavoro della Commissione Provinciale VIA in data 14 Dicembre 2010;
- il parere favorevole del Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto in data 1 Dicembre 2010 prot. n° 20980;
- il parere dell’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei in data 24 Maggio 2010 prot. n° 5875;
- la relazione istruttoria del Parco Regionale dei Colli Euganei in data 18 Ottobre 2010 a firma dell’Arch. Mengotti;
- il parere della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici in data 1 Dicembre 2010 prot. n° 32258, emesso nell’ambito del procedimento di autorizzazione paesaggistica.
2) Per il resto lo accoglie e, per l’effetto, annulla:
- l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei in data 13 Dicembre 2010 prot. n° 13161;
- la delibera della Giunta Provinciale di Padova n° 316 in data 29 Dicembre 2010 avente ad oggetto il giudizio di compatibilità ambientale per il progetto Italcementi S.P.A..
3) Condanna l’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei al pagamento, a favore di parte ricorrente, della somma complessiva di Euro 4.000/00 (quattromila/00) oltre eventuali accessori di legge.
4) Trasmette la presente sentenza alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Padova., ai fini della verifica se l’illegittimo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica impugnata abbia comportato la commissione di reati, in specie di abuso d’ufficio di cui all’art. 323 del cod. pen., unitamente ai seguenti documenti:
- l’autorizzazione paesaggistica impugnata;
- il verbale della seduta n° 26 della Commissione Tecnica del Parco in data 29 Settembre 2010;
- la nota della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso in data 2 Novembre 2010 prot. n° 29007, con cui si esprime parere contrario alla realizzazione dell’intervento;
- il parere espresso dal Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali in data 1 Dicembre 2010 prot. n° 20980;
- la nota della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso in data 1 Dicembre 2010 prot. n° 32258.;
- la convenzione sottoscritta in data 13 Dicembre 2010 da Ente Parco, Comune di Monselice e Italcementi in pretesa attuazione del terzo comma dell’art. 19 delle N.T.A. del Piano Ambientale
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 2 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Riccardo Savoia, Consigliere
Marco Morgantini, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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