Data: 2012-05-16 04:25:04

ACCESSO AGLI ATTI - Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 24.4.2012, n. 7

ACCESSO AGLI ATTI - Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 24.4.2012, n. 7
N. 00007/2012REG.PROV.COLL.

N. 00002/2012 REG.RIC.A.P.

N. 00008/2012 REG.RIC.A.P.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2 di A.P. del 2012, proposto da:
Codacons, rappresentato e difeso dagli avv. Carlo Rienzi, Marco Ramadori, Luciana Selmi, con domicilio eletto presso * Ufficio Legale Naz.Le Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini N.73; Carlo Renzi in proprio e quale Leg.Rapp. Assoc.Tutela Utenti, dell'Inform., Stampa e Diritti Autore, rappresentato e difeso dagli avv. Luciana Selmi, Marco Ramadori, Carlo Renzi, con domicilio eletto presso * Ufficio Legale Naz.Le Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini N.73;
contro
Società Italiana Autori ed Editori, rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Mandel, Stefano Astorri, Federico. Sorrentino, con domicilio eletto presso Maurizio Mandel in Roma, viale della Letteratura, 30; Società Per Lo Sviluppo dell'Arte, della Cultura e dello Spettacolo;


sul ricorso numero di registro generale 8 di A.P. del 2012, proposto da:
Codacons, rappresentato e difeso dagli avv. Carlo Rienzi, Marco Ramadori, Luciana Selmi, con domicilio eletto presso * Ufficio Legale Naz.Le Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini N.73; Carlo Rienzi, Associazione per la Tutela degli Utenti dell'Informazione, della Stampa e del Diritto D'Autore, Stefano Valente, rappresentati e difesi dagli avv. Marco Ramadori, Carlo Rienzi, Luciana Selmi, Stefano Valente, con domicilio eletto presso * Ufficio Legale Naz.Le Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini N.73;
contro
Siae Spa - Società Per Lo Sviluppo dell'Arte, della Cultura e dello Spettacolo, rappresentato e difeso dagli avv. Federico. Sorrentino, Maurizio Mandel, Stefano Astorri, con domicilio eletto presso Maurizio Mandel in Roma, viale della Letteratura, 30; Ministero Beni e Attivita' Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
quanto al ricorso n. 2 del 2012:
della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione Iii Ter n. 04384/2011, resa tra le parti, concernente DINIEGO ACCESSO AI DOCUMENTI RELATIVI A INVESTIMENTO FONDI SIAE NELL'ACQUISTO DI OBBLIGAZIONI LEHMAN BROTHERS
quanto al ricorso n. 8 del 2012:
della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione Ii Qua n. 07996/2011, resa tra le parti, concernente DINIEGO ACCESSO AI DOCUMENTI

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Società Italiana Autori ed Editori e di Siae Spa - Società Per Lo Sviluppo dell'Arte, della Cultura e dello Spettacolo e di Ministero Beni e Attivita' Culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2012 il Cons. Marzio Branca e uditi per le parti gli avvocati Ramadori, Rienzi, Selmi, Astorri, Mandel, e Sorrentino. Ramadori, Rienzi, Selmi, Astorri, Mandel, e Sorrentino.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. Con istanza in data 9 settembre 2009, il Codacons, l’avv. Carlo Rienzi e l’Associazione per la Tutela degli Utenti, dell'Informazione, della Stampa e del Diritto d’autore, hanno chiesto al Ministero per i beni e attività culturali e alla Società italiana autori ed editori (in prosieguo Siae) l’ostensione dei seguenti documenti:
- copia delle delibere assembleari con le quali è stata disposta la proposizione di una azione di responsabilità nei confronti dei componenti il consiglio di amministrazione, che dispose di investire importi di notevole entità di titolarità della Siae nell’acquisto di obbligazioni emesse dalla società Lehman Brothers;
- copia degli atti afferenti al conferimento dell’incarico ad uno o più legali per la tutela dei diritti e degli interessi della Siae e, di riflesso, dei suoi soci in relazione alla procedura concorsuale a carico della società Lehman Brothers;
- copia degli atti introduttivi di giudizi o riguardanti eventuali trattative stragiudiziali, finalizzati alla tutela degli interessi e dei diritti della Siae e dei suoi associati relativamente al c.d. “crack Lehman Brothers”.
2. Con il ricorso n. 9528 del 2009, proposto al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, il signor Carlo Rienzi, il Codacons e l’Associazione per la tutela degli utenti dell’informazione, della stampa e dei diritti d’autore (in prosieguo Associazione per la tutela degli utenti) hanno impugnato il diniego emanato dalla Siae con la nota del 9 ottobre 2009.
3. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con la sentenza 19 maggio 2011, n. 4384, ha estromesso dal giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha dichiarato inammissibile il ricorso, sia per difetto di notifica ai contro interessati, sia per difetto di legittimazione attiva e di interesse dei ricorrenti.
4. Il giudice di prime cure ha ritenuto che:
a) le intimate Amministrazioni centrali dovevano essere estromesse dal giudizio, dal momento che la parte ricorrente non aveva impugnato alcun atto da esse emanato;
b) in base al vigente quadro normativo (art. 25, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241, “Norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, come modificato dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, “Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241”, art. 3 del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, “Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi” ed agli orientamenti giurisprudenziali (Consiglio di Stato, sezione IV giurisdizionale, 21 novembre 2006, n.6792), il ricorso avverso il diniego di accesso agli atti deve essere notificato anche ai controinteressati;
c) non sussiste, per quanto riguarda la posizione dell’avv. Rienzi, un interesse legittimante la richiesta di accesso agli atti da parte di un singolo associato, in quanto di tale interesse è titolare il rappresentante dei soci dai medesimi eletto nell’assemblea generale, anche con il compito di controllare il buon andamento della società e l’assolvimento dei compiti istituzionali da parte degli organi a ciò preposti della medesima società;
d) l’istanza di ostensione degli atti non può costituire uno strumento surrettizio di sindacato generalizzato sull’azione amministrativa, volto alla verifica della legittimità e dell’efficienza dell’azione amministrativa;
e) il diritto di accesso, per quanto riguarda il Codacons e l’associazione per la tutela degli utenti, trova un preciso limite nel fatto che il medesimo non può dar luogo all’esercizio di una azione popolare, in quanto “la titolarità o la rappresentatività degli interessi diffusi non giustifica un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza di ogni documento riferibile all’attività dell’ente, ma solo degli atti che hanno un diretta incidenza sui servizi rivolti ai consumatori e non in via meramente ipotetica e riflessa sugli interessi degli stessi.”
5. Avverso tale sentenza, gli originari ricorrenti hanno proposto l’appello in epigrafe n. 8219 del 2011, esponendo le ragioni illustrate in primo grado e criticando le proposizioni della sentenza, con le argomentazioni di cui si dirà appresso.
6. La Siae, costituitasi in giudizio, ha chiesto che sia confermata la statuizione del TAR sulla inammissibilità del ricorso per difetto di notifica ai controinteressati, ed ha sostenuto la correttezza della sentenza per le ragioni che saranno riferite più avanti.
7. Il Consiglio di Stato, sezione VI giurisdizionale, ha pronunciato sul riferito appello con una sentenza parziale, con contestuale ordinanza di rimessione della causa all’esame dell’Adunanza Plenaria, in data 8 febbraio 2012 n. 677, sulla quale si tornerà più avanti, il cui esame veniva iscritto al ruolo per la camera di consiglio del 26 marzo 2012.
8.1. Frattanto, in data 30 gennaio 2012, il Codacons, l’avv. Carlo Rienzi e l’Associazione per la difesa degli utenti dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore, nonché in maestro Stefano Valente in qualità di socio Siae, hanno depositato altro ricorso in appello, registrato al n. 643 del 2012, per la riforma della sentenza 17 ottobre 2011 n. 7996, con la quale il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. seconda quater, ha dichiarato inammissibili i ricorsi n. 3532 del 2011 e n. 5193 del 2011, previamente riuniti, proposti dagli stessi istanti per l’annullamento delle note con le quali la Siae e il Ministero per i beni e le attività culturali avevano respinto le istanze di accesso, presentate, rispettivamente, il 4 febbraio 2011 e il 7 aprile 2011.
8.2. Con le suddette istanze era stato richiesto l’accesso ai seguenti documenti:
1) Copia delle delibere con cui gli organi gestionali della SIAE hanno deciso di acquistare le obbligazioni Lehman Brothers a termine decennale;
2) Copia delle delibere e degli atti attestanti le valutazioni in ordine al mancato ritiro dei titoli stessi a favore del crescente fallimento della Lehman;
3) Copia delle delibere assembleari con le quali è stata disposta azione di responsabilità nei confronti del Consiglio di Amministrazione che dispose di investire i fondi SIAE nell’acquisto di obbligazioni Lehman Brothers;
4) Copia di atti afferenti il conferimento dell’incarico ad uno o più legali per la tutela di diritti ed interessi della SIAE e, di riflesso, dei suoi soci in relazione alla procedura concorsuale a carico della Lehman Brothers;
5) Copia di atti e/o documenti nonché di atti introduttivi di giudizi e/o di eventuali trattative stragiudiziali finalizzati alla tutela degli interessi e dei diritti della SIAE e dei suoi associati relativamente al cd. “crack Lehman”.
8.3. Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato il difetto di legittimazione passiva del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, essendo stato richiesto l’accesso ad atti formati e posseduti da altra Amministrazione.
Inoltre, pur constatando che la domanda di accesso oggetto dei nuovi ricorsi presentava parziale coincidenza con quella che aveva formato oggetto della sentenza dello stesso Tribunale n. 4384 del 2011, gravata con il primo degli appelli in epigrafe, non ha ravvisato la violazione del principio del ne bis in idem, a causa della assenza di totale coincidenza sia tra i documenti richiesti sia tra i richiedenti l’accesso e la proposizione del ricorso (mancando in quel giudizio il ricorrente Valente).
Quanto al resto, la sentenza perviene alla decisione di inammissibilità dei ricorsi in base a considerazioni sostanzialmente coincidenti con quelle esposte nella ricordata sentenza del TAR n. 4384 del 2011 (v. supra n. 4).
9. Con istanza depositata il 21 febbraio 2012, la Siae, preso atto della pendenza del nuovo ricorso in appello, e rilevata l’opportunità della trattazione congiunta delle cause aventi oggetti sostanzialmente le stesse domande di accesso, ha chiesto il differimento ad altra camera di consiglio in epoca successiva all’adozione della decisione di rimessione della questione all’Adunanza Plenaria da parte della Sezione investita dell’affare.
Con decreto del Presidente del Consiglio di Stato, l’esame dell’appello n. 643 del 2012 veniva fissato per la camera di consiglio dell’Adunanza Plenaria del 26 marzo 2012, in abbinamento con l’appello n. 8219 del 2011.
10. Come accennato al punto 7, sull’appello n. 8219 del 2011 la Sezione Sesta ha emesso la sentenza parziale, con contestuale ordinanza di rimessione della causa all’esame dell’Adunanza Plenaria, n. 677 in data 8 febbraio 2012.
In particolare, la sentenza ha accolto l’impugnazione della statuizione con la quale i primi giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado per difetto di notifica ai controinteressati. Sul punto non vi è motivo di intrattenersi in questa sede, in quanto già definito e comunque esulante dalle questioni contestualmente rimesse all’esame dell’Adunanza Plenaria.
11.1. La rimessione all’Adunanza Plenaria concerne:
a) la sussistenza della legittimazione e dell’interesse degli appellanti a proporre il ricorso di primo grado;
b) le conseguenze della eventuale riconosciuta ammissibilità della pretesa degli appellanti poiché essi mirano dichiaratamente ad ottenere copia degli atti posti in essere dalla Siae.
La rimessione è accompagnata da osservazioni della Sezione remittente tendenzialmente favorevoli all’accoglimento dell’appello.
11.2. A seguito dell’ordinanza di rimessione, le parti hanno depositato nuove memorie, in cui si sviluppano in particolare gli argomenti che giustificano la legittimazione alla domanda di accesso.
Alla camera di consiglio dell’Adunanza Plenaria del 26 marzo 2012, uditi i difensori delle parti, i due appelli non sono stati trattenuti in decisione.
DIRITTO
1.1 In ordine alla posizione dei cosiddetti “soci”, più correttamente “associati”, secondo le norme dello Statuto Siae, gli appellanti in tale qualità, contestando le proposizioni della sentenza impugnata, hanno dedotto:
a) i rapporti che il socio instaura con la Siae sono due, il primo riconducibile all’istituto del mandato, che fa nascere in capo alla Siae l’obbligo di percepire i diritti d’autore per poi ridistribuirli ai singoli associati, ed il secondo riferibile all’istituto della rappresentanza, utilizzato per consentire lo svolgimento delle attività di competenza dell’assemblea generale;
b) l’esercizio del diritto dell’accesso non ha alcuna dipendenza e relazione con il rivestire funzioni nell’assemblea generale, soprattutto quando, come nel caso di specie, tale esercizio è direttamente ed immediatamente riferibile alla posizione del socio stesso;
c) i soci rimangono liberi di esercitare personalmente i propri diritti, che non possono subire limitazioni dall’elezione dei rappresentanti nell’assemblea, quando - come nel caso in esame – si attivano per avere contezza della gestione delle somme incassate, frutto del lavoro creativo degli iscritti, e delle perdite subite e cioè di una situazione economica direttamente e concretamente riferibile al singolo socio;
d) il diritto di accesso può essere esercitato dal socio che si ritiene danneggiato per una perdita economica, al fine di ottenere informazioni utili a valutare se il mandatario è venuto meno alle sue obbligazioni nei confronti del mandante e per consentire al mandante, come nel caso di specie (in cui la Siae svolge la sua attività anche nell’interesse dei soci), la tutela della propria situazione soggettiva, fortemente lesa dal “crack Lehman Brothers“, eventualmente con la proposizione di azioni di responsabilità nei confronti di coloro che hanno determinato il depauperamento delle risorse societarie;
e) la domanda di accesso presentata dagli appellanti non assume i caratteri di una ispezione generalizzata sull’attività di una pubblica amministrazione, posto che la richiesta ha riguardato un numero limitato e ben definito di atti della Siae.
L’avv. Rienzi e il m.o Valente hanno depositato una ulteriore memoria in vista della camera di consiglio di trattazione, insistendo sulla distinzione tra il diritto ai proventi delle opere e quello alla fruizione del patrimonio spettante all’associato.
La memoria si conclude ribadendo la domanda, che sarebbe stata formulata in via subordinata, di conoscere i soli estremi degli atti emessi dalla Siae a tutela dell’integrità del proprio patrimonio.
1.2 A tali argomenti la difesa della Siae ha opposto:
a) gli associati non hanno né legittimazione né interesse a richiedere l’accesso agli atti dell’ente, poiché non sono titolari di una posizione differenziata e qualificata;
b) nell’ambito dei rapporti tra il “socio” e la Siae, il mandato conferito a quest’ultima per la raccolta e la ripartizione dei provenienti delle opere d’ingegno va distinto dal mandato conferito all’assemblea generale in qualità di organismo rappresentativo;
c) l’investimento di una parte del patrimonio nelle obbligazioni emesse dalla società Lehman Brothers non riguarda la raccolta e la ripartizione dei proventi ai soci (su cui non vi è stato alcun rilievo), ma la ‘politica degli investimenti’, che come tutte le altre attività amministrative è di competenza dell’assemblea generale e, dunque, dei rappresentanti eletti dai soci;
d) la sentenza del T.A.R. non ha ignorato la differenza fra i due mandati, ma ha inquadrato correttamente la richiesta di accesso nell’ambito proprio dell’attività di vigilanza riservata all’assemblea generale ed ai suoi componenti, piuttosto che in quello della ripartizione dei proventi;
e) una ulteriore ragione - per ritenere che gli appellanti non abbiano né la legittimazione né l’interesse all’accesso agli atti - consiste nel fatto che gli stessi non hano maturato alcun provento e non possono aver subito alcun concreto, diretto ed attuale pregiudizio dall’investimento in titoli Lehman Brothers.
In vista della camera di consiglio, la Siae ha depositato una memoria con la quale ha ribadito le proprie difese. Considerato l’avviso espresso dai giudici remittenti circa la accoglibilità di una pretesa domanda subordinata, volta alla conoscenza dei soli estremi degli atti cui si chiede l’accesso, la Siae ne ha eccepito l’inammissibilità in quanto non proposta nelle relative istanze e neppure nei giudizi di primo grado. Ha segnalato, inoltre, l’impraticabilità dell’ipotesi, avanzata dai giudici remittenti, di consentire l’accesso ai documenti richiesti con modalità tali da non rendere identificabili i destinatari di eventuali atti relativi alla responsabilità degli ex componenti il Consiglio di amministrazione, trattandosi di nominati generalmente noti.
2.1 Per quanto riguarda il diritto all’accesso agli atti indicati da parte del Codacons e dell’Associazione per la tutela degli utenti, dell’informazione, della stampa e del diritto di autore, gli appellanti hanno rilevato che:
a) le medesime associazioni – nel chiedere gli atti riferibili alle iniziative intraprese dalla Siae per tutelare i propri interessi e quelli dei soci alla effettiva percezione dei proventi - sono legittimate ad accedere ai documenti richiesti, in quanto portatrici di interessi diffusi o collettivi per la cui tutela è essenziale la conoscenza degli atti richiesti in ostensione, tenuto anche conto che esse possono agire in giudizio a tutela dei risparmiatori (le associazioni hanno invocato i principi desumibili dalle sentenze del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 11 gennaio 2007, n. 1, e sezione VI, 3 febbraio 2005, n. 280, e della Corte di cassazione, 31 gennaio 2008, n. 2406);
b) la domanda di accesso (volta anche a conoscere le motivazioni delle scelte della Siae di acquistare titoli atipici fortemente speculativi e di non smobilizzare per tempo gli investimenti) è stata proposta dal Codacons quale associazione di promozione sociale, in coerenza con l’art. 26 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, “Disciplina della associazioni di promozione sociale”, richiamato a pagina 11 dell’atto di appello e per il quale “alle associazioni di promozione sociale è riconosciuto il diritto di accesso ai documenti amministrativi” (comma 1) e “ai fini di cui al comma 1 sono considerate situazioni giuridicamente rilevanti quelle attinenti al perseguimento degli scopi statutari delle associazioni di promozione sociale” (comma 2), sicché rileva la posizione fatta valere a “tutela dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore, nonché del risparmiatore e investitore, che ha un diritto immediatamente connesso all’equa, tempestiva ed effettiva ridistribuzione dei dividendi, oltre che al risarcimento dei danni”;
c) le associazioni non hanno inteso assumere la veste di “mero denunciante” di eventuali abusi in pregiudizio dei consumatori e degli utenti, ma intendono valutare la sussistenza dei presupposti tali da giustificare le proprie iniziative processuali consentite dalla legge;
d) le azioni esperibili dal Codacons e dall’Associazione per la tutela degli utenti costituiscono una misura di difesa aggiuntiva e non sostitutiva, poiché alle associazioni di promozione sociale e a quelle dei consumatori spetta una legittimazione autonoma fondata su posizioni giuridiche diverse da quelle individuali;
e) la natura dell’ente e la tipologia della documentazione richiesta non possono costituire un ostacolo alla domanda di accesso agli atti, rientrando la Siae negli enti di cui all’art. 23 della legge n. 241 del 1990, anche perché la documentazione richiesta, ancorché di natura privatistica, è correlata ad una attività amministrativa, posta in essere da soggetti gestori di servizi pubblici.
Per quanto riguarda, infine, il profilo (riscontrato dal primo giudice) connesso alla possibile configurazione dell’istanza di accesso come una forma di ‘controllo generalizzato’ sull’attività della Siae, gli appellanti rilevano che con la loro istanza non hanno chiesto un accesso indiscriminato ad una serie di atti non connessi con una precisa situazione giuridica, ma si sono limitati a chiedere gli estremi di atti concernenti una specifica vicenda e già posti in essere dall’Amministrazione.
Nella memoria per la camera di consiglio, le appellanti, facendo leva sulle considerazioni dei giudici remittenti favorevoli all’accoglimento dell’appello, e sulla più recente giurisprudenza amministrativa (TAR Lazio, n. 1151 del 2011) e della Corte di cassazione (Sez. Terza Civ. 28 agosto 2011 n. 17351), hanno insistito per l’accoglimento degli appelli.
Particolare rilievo, anche in sede di trattazione orale, è stato dato alla citata pronuncia della Cassazione, che ha affermato la legittimazione del Codacons ad agire in giudizio per il risarcimento del danno in difesa dei consumatori, ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge 30 luglio 1998 n. 281, anche traendo spunto dall’art. 140-bis del d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (codice del consumo).
2.2. In relazione a tali censure, la Siae ha osservato che:
a) gli appellanti hanno richiamato disposizioni di legge e precedenti giurisprudenziali che non avrebbero attinenza con la fattispecie in esame, concernendo la problematica della tutela dei cittadini nel settore del consumo;
b) al contrario, l’insussistenza della legittimazione attiva del Codacons e dell’Associazione per la tutela degli utenti e l’inesistenza di qualsivoglia loro interesse in riferimento a provvedimenti riguardanti la Siae sono state già affermate in giurisprudenza (cfr. Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sez. III, 14 febbraio 2006, n.1073).
Per quanto riguarda, infine, la qualificazione di ‘azione popolare’ dell’iniziativa degli appellanti, manca una posizione differenziata delle associazioni, in quanto gli atti richiesti non hanno incidenza diretta sui servizi rivolti ai consumatori.
Nella memoria depositata per la camera di consiglio, la Siae ha ribadito la distinzione tra diritto di accesso e azione popolare, rilevando che il primo postula sempre un interesse differenziato della parte che chiede i documenti.
Si contesta con decisione, in fine, l’interpretazione, avanzata dalla sezione remittente, dell’art. 26, comma 2, della legge 7 dicembre 2000 n. 383 cit., sulle associazioni di promozione sociale, secondo cui una associazione, purché persegua uno scopo previsto dallo statuto, sarebbe titolare ex lege di un diritto di accesso a qualunque atto dell’Amministrazione, indipendentemente dalla sussistenza di un suo interesse diretto, differenziato e concreto.
3. Il Collegio prende atto, in primo luogo, che non sono stati proposti motivi di gravame avverso le statuizioni dei giudici remittenti in merito al difetto di legittimazione passiva del Ministero dei beni e delle attività culturali.
Rileva, inoltre che le questioni deferite all’Adunanza Plenaria, desunte dall’appello n. 8219 del 2011, si ripropongono anche in relazione all’appello n. 643 del 2012, vertente tra parti e su oggetti largamente coincidenti. Deve disporsi, pertanto, la riunione dei due affari ai fini di un’unica decisione.
4.1. Va esaminata preliminarmente, e accolta, l’eccezione di inammissibilità della domanda, individuata, e qualificata come proposta in via subordinata, dai giudici remittenti (punto 12 dell’ordinanza), di conoscere i soli estremi degli atti emessi dalla Siae per la tutela del proprio patrimonio.
Anche nell’ipotesi, invero non credibile, che fosse possibile configurare come domanda subordinata il breve accenno contenuto alle pagine 3 dei due identici appelli, rilievo assorbente assume la circostanza che la stessa non è stata formulata nell’istanza di accesso, ma, e soprattutto, neppure nei ricorsi di primo grado. Una pronuncia di merito sul punto violerebbe il divieto di domande nuove in appello (art. 104 del codice del processo amministrativo).
4.2 L’impugnazione proposta dagli appellanti in qualità di associati alla Siae è fondata.
E’ utile rilevare che, anche ad avviso della difesa della Siae (memoria del 9 marzo 2012), “l’associato è bensì titolare, nei confronti dell’ente, di una posizione differenziata rispetto al quisque de populo, ma tale qualità lo abilita – al di là degli strumenti rappresentativi di democrazia interna – ad interessarsi alle vicende relative alla gestione dell’ente solo qualora e nei limiti in cui esse riguardino la propria posizione giuridica e ricadano sulla propria sfera di interesse.”.
Secondo la Società controinteressata, tuttavia, al singolo associato non spetterebbe altra posizione personale, sfera di interesse o status, che non sia riconducibile alla “ripartizione dei proventi dei diritti d’autore tra gli aventi diritto” (Statuto, art. 1, lett. h), per cui non sussisterebbe a beneficio dell’associato altro diritto di accesso che quello collegato e strumentale alla tutela della sfera suddetta.
A sostegno della tesi la Siae fa leva sull’art. 106, comma 1, del proprio Regolamento generale, che disciplina il diritto di accesso a “dati, informazioni e documenti concernenti la posizione personale dell’associato”, per inferirne che la norma riconosce agli associati il diritto di acquisire tutte le informazioni e gli atti che concernono la ripartizione dei propri proventi, ma non anche i “documenti concernenti l’attività istituzionale dell’ente”, come ritenuto, si assume “erroneamente”, nell’ordinanza di rimessione.
Tanto si desumerebbe, secondo la Siae dal collegamento funzionale tra il detto comma 1, e il comma 2 dell’art. 106 cit., dove si dispone che “Le verifiche dei conti della ripartizione, ivi compresi, per la Sezione Musica, i programmi delle pubbliche esecuzioni relativi al periodo al quale si riferisce la ripartizione, hanno luogo nei giorni fissati dalla Società e nei locali da questa indicati.”. Se ne dovrebbe dedurre che sono solo questi gli atti cui l’associato avrebbe accesso.
Il Collegio osserva che tale opinione sarebbe da condividere solo se, in base alla normativa statutaria e regolamentare dell’Ente, non fosse individuabile alcuna “posizione personale” dell’associato se non quella collegata alla ripartizione dei diritti d’autore.
Ma non è così, perché pare innegabile che anche l’associato che non abbia titolo alla ripartizione di proventi goda pur sempre di una posizione che lo rende titolare di obblighi e diritti diversi ed autonomi rispetto a quello di percepire quanto gli è dovuto i qualità di autore o editore.
Basti citare, quanto ai primi, l’obbligo di versare la quota di iscrizione e i contributi associativi annui, i diritti di segreteria e i rimborsi spese (art. 17 Regolamento generale); quanto ai secondi, le posizioni relative all’elettorato attivo e passivo all’assemblea generale (art. 4 Statuto), alla partecipazione alle commissioni di sezione (art. 124 Regolamento generale) e ai comitati disciplinari (art. 28 Regolamento generale) nonché di fruire delle attività solidaristiche e delle iniziative promozionali (borse di studio, sussidi, incentivi) di cui agli art. 20 e 21 dello Statuto.
In altri termini, la normativa interna della Siae conferisce all’associato in quanto tale un ruolo di membro attivo di quel determinato corpo sociale, al cui funzionamento può cooperare in svariate funzioni, e dal quale è destinato a ricevere una serie di benefici ulteriori rispetto a quelli per i quali si è richiesta l’iscrizione.
In questo quadro non può stupire, che, con una sentenza non lontana, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Sez. III n. 1158 del 2004) abbia riconosciuto l’interesse all'annullamento della deliberazione dell’Assemblea della SIAE in data 26 giugno 2003, con cui sono stati designati il Presidente ed i componenti del CDA dell’ente impugnate elezioni, “indipendentemente dalla circostanza che i ricorrenti non siano componenti dell’Assemblea dell’ente, in quanto è nella loro sfera giuridica la pretesa della regolarità delle elezioni stesse e, di conseguenza, della piena legittimazione degli organi di governo dell’ente.”.
Ed è anche evidente che ai fini della tutela di quella sfera giuridica assuma rilievo essenziale la gestione del patrimonio, che la Siae deve utilizzare per l’assolvimento dei suoi compiti “nell’interesse degli associati” (art. 1 Regolamento generale).
Appare dirimente, a tale riguardo, la circostanza che, a causa della nota procedura concorsuale riguardante la Lehman Brothers, la Siae abbia subito una perdita nel proprio patrimonio, come attestato dalla stessa Siae, da ultimo con la nota in data 4 gennaio 2012 (doc. 2°.10°, depositato nell’appello n. 643 del 2011), con la quale si assicurano gli appellanti che la Società “continuerà a svolgere tutte le azioni necessarie per il recupero delle somme a suo tempo investite”, con l’assistenza di uno studio legale specializzato.
Il generico interesse dell’associato alla prudente e corretta amministrazione del patrimonio, dalla quale dipende il soddisfacimento delle posizioni attive che si collegano al suo status, assume nella fattispecie un connotato di palpabile concretezza, in relazione alle criticità collegabili ad una perdita finanziaria.
L’associato, quindi, in quanto titolare di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, deve essere considerato soggetto “interessato”, ai sensi dell’art. 2 comma 1, lett. b), della legge n. 241 del 1990 (come modificata dall’art. 15 della legge n. 15 del 2005), fonte del diritto all’accesso ai documenti delle pubbliche amministrazioni.
In tale prospettiva, risultano prive di pregio le obiezioni avanzate dalla controinteressata basate sul fatto che i due appellanti non possono dimostrare di aver subito alcun danno nell’area della ripartizione del diritti di autore, posto che tale profilo non esaurisce la sfera degli interessi dei soggetti medesimi nel rapporto con la Siae.
4.3 Con diversa argomentazione, la Siae contesta la pretesa degli appellanti rilevando che la vigilanza sul funzionamento della Società compete all’assemblea (art. 5, comma 1, lett. d) dello Statuto), che esercita la rappresentanza dei “soci” che la eleggono, per compiere per loro conto quelle funzioni che non sarebbe possibile ai circa 90 mila iscritti.
A tale riguardo, va osservato che anche la Siae sembra condividere, almeno in linea astratta (ultima memoria, pag. 19), l’avviso manifestato nella sentenza/ordinanza di rimessione (pag. 15), secondo cui “le regole sull’elezione dei rappresentanti dei soci non incidono negativamente sui diritti sostanziali e su quelli derivanti dal relativo status”, salvo a precisare che nella specie non si verte in tema di rapporti tra il socio e l’amministrazione in una società di capitali, per cui risulta non appropriato il richiamo all’art. 2476, comma 2, cod.civ., che prevede una sorta di diritto di accesso del socio che non partecipa all’amministrazione.
L’obiezione, benché fondata quanto allo specifico riferimento normativo, non si rivela idonea a contrastare la tesi degli appellanti. La disciplina dell’accesso agli atti amministrativi, infatti, non condiziona l’esercizio del relativo diritto alla titolarità di una posizione giuridica tutelata in modo pieno, quale il diritto soggettivo del soggetto che ha conferito un capitale in una società commerciale, essendo sufficiente il collegamento con una situazione giuridicamente riconosciuta anche in misura attenuata. La giurisprudenza afferma, infatti, che la legittimazione all'accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell'accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l'autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante all'impugnativa dell'atto (Consiglio di Stato, sezione VI, 09 marzo 2011, n. 1492 ).
Sul punto, pertanto, si può concludere nel senso dell’accoglimento dell’appello proposto dai signori Carlo Rienzi e Stefano Valente in qualità di associati alla Siae.
5. Al contrario, gli appelli proposti dal Codacons e dall’Associazione per la tutela degli utenti dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore, non sono fondati.
Il Collegio non intende mettere in discussione l’emersione e la progressiva affermazione del ruolo che le associazioni dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici ha assunto nell’ordinamento, e il contributo che la loro azione arreca alla realizzazione dei valori accolti nella Costituzione.
Il fenomeno è lucidamente descritto dalla sentenza, ampiamente richiamata dalle appellanti a sostegno delle proprie ragioni, con la quale la Corte di cassazione, Sez. Terza civile, 18 agosto 2011 n. 1735, a proposito di azioni giudiziarie intraprese a norma dell’art. 3 della legge n. 281 del 1998, ha riconosciuto al Codacons il merito, senza sostituirsi con la proprie azioni alle iniziative dei singoli, di “spianare ad esse la strada, tramite il superamento degli ostacoli di ogni genere di cui tale strada potrebbe essere disseminata”.
La fattispecie in esame, tuttavia, attiene allo specifico problema della sussistenza del diritto di accesso, ai sensi dell’art. 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990 e s.m., a determinati atti di una pubblica amministrazione.
Che il giudizio debba svolgersi alla stregua dei precetti di questa legge è confermato anche dall’art. 26, comma 1, della legge sulle associazioni di promozione sociale, 7 dicembre 2000 n. 383, cit., sulle cui disposizioni fa principalmente leva la domanda delle appellanti.
La norma recita, infatti: “Alle associazioni di promozione sociale – è tale è sicuramente il Codacons per aver prodotta la relativa documentazione –è riconosciuto il diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui all’art. 22, comma 1, della legge 7 agosto 1990 n. 241.”
Segue il comma 2, fortemente valorizzato dalle appellanti, secondo cui: “Ai fini di cui al comma 1, sono considerate situazioni giuridicamente rilevanti quelle attinenti al perseguimento degli scopi statutari delle associazioni di promozione sociale.”.
Fin dalle prime pronunce del Consiglio di Stato sull’interpretazione dell’art. 22 della legge 7 agosto 1990 n. 241, (sezione IV, 26 novembre 1993, n.1036) fu riconosciuta la legittimazione del Codacons ad esercitare il diritto di accesso ai documenti dell'Amministrazione in relazione ad interessi che pertengono ai consumatori e utenti di pubblici servizi.
Cionondimeno, già nella sentenza citata, si precisò che la disposizione di cui all'art.22, comma 1, della legge n.241 del 1990, pur riconoscendo il diritto di accesso a "chiunque vi abbia interesse" non ha tuttavia introdotto alcun tipo di azione popolare diretta a consentire una sorta di controllo generalizzato sulla Amministrazione, tant'è che ha contestualmente definito siffatto interesse come finalizzato alla “tutela” di "situazioni giuridicamente rilevanti".
Anche sulla scorta dell’art. 2 del primo regolamento attuativo della legge, con riferimento all’accesso, approvato con d.P.R. 27 giugno 1992 n. 352, fu chiarito che l'interesse che legittima la richiesta di accesso, oltre ad essere serio e non emulativo, deve essere “personale e concreto”, ossia ricollegabile alla persona dell'istante da uno specifico nesso: in sostanza occorre che il richiedente intenda difendere una situazione di cui è portatore, qualificata dall'ordinamento come meritevole di tutela, non essendo sufficiente il generico e indistinto interesse di ogni cittadino alla legalità o al buon andamento della attività amministrativa.
Da questo indirizzo interpretativo la giurisprudenza del Consiglio di Stato non si è mai discostata (Sez. VI, 23 novembre 2000, n. 5930; Sez. IV, 6 ottobre 2001 n. 5291; Sez. VI, 22 ottobre 2002 n. 5818; Sez.. V, 16 gennaio 2005 n. 127; Sez. IV, 24 febbraio 2005, n. 658; Sez. VI, 10 febbraio 2006 n. 555; Sez. VI, 1 febbraio 2007 n. 416).
Il detto orientamento, del resto, ha ricevuto ulteriore supporto dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15, cit. con la quale sono state apportate modifiche alla legge n. 241 del 1990. Con la novella, non solo è stato introdotto nell’art. 24, il comma 3, secondo cui sono inammissibili istanze di accesso “preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”, ma anche e, soprattutto, si è meglio definita la figura del soggetto “interessato” all’accesso, come quello che - come era già prescritto - abbia un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, ma anche che - ed è questa l’innovazione - tale situazione sia “collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”.
La puntualizzazione chiarisce che, per stabilire se sussiste il diritto all’accesso, occorre avere riguardo al documento cui si intende accedere, per verificarne l’incidenza, anche potenziale, sull’interesse di cui il soggetto è portatore.
In altri termini, essere titolare di una situazione giuridicamente tutelata non è condizione sufficiente perché l’interesse rivendicato possa considerarsi “diretto, concreto e attuale”, essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento.
Nell’attuale controversia, le Associazioni appellanti si dichiarano portatrici, a norma del loro Statuto, di un interesse collettivo o diffuso dei consumatori e degli utenti dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore, e, come tali, affermano aver diritto all’accesso ai documenti richiesti in quanto la cattiva gestione del patrimonio della Siae ha determinato un pregiudizio agli interessi delle categorie rappresentate.
Secondo lo schema logico imposto dall’art. 22 della legge n. 241 del 1990, appena ricordato, occorre verificare se gli atti, cui si chiede di accedere, siano in qualche modo collegati con la suddetta situazione giuridica, vale a dire se la conoscenza degli atti stessi, e le iniziative eventualmente conseguenti, siano in grado di concorrere alla tutela della medesima situazione giuridica.
Il quesito va risolto in senso negativo.
Come osservato in sede di esame degli appelli dei signori Rienzi e Valente, il patrimonio della Siae deve essere gestito nell’interesse dei soli associati, che, in quanto tali, possono beneficiare di incrementi patrimoniali ed essere esposti a pregiudizi per eventuali perdite.
Al contrario, la vasta ed indifferenziata platea dei consumatori e utenti del diritto d’autore, che le appellanti intendono rappresentare, non può ricevere alcun nocumento da decurtazioni del patrimonio della Siae né giovarsi in alcun modo del recupero di capitali venuti meno per effetto di investimenti pregressi, cui, invece, è legittimamente interessato il singolo associato.
Va precisato, incidentalmente, che non è esatta l’affermazione delle appellanti secondo cui: “la Siae gode di un monopolio legale nella promozione della cultura e nella diffusione delle opere dell’ingegno di carattere creativo”, posto che, come si ricorda negli stessi appelli, a norma dell’art. 180 delle legge 22 aprile 1941, n. 633, Protezione del diritto d’autore di altri diritti connessi al suo esercizio, gli autori ed editori “possono esercitare personalmente i diritti riconosciuti dalla Legge, oppure affidarne la tutela alla Società Italiana degli Autori e degli Editori”.
L'attività di intermediazione, di rappresentanza, di cessione di diritti, affidate dalla legge alla Siae in via esclusiva, rivestono indubbio rilievo pubblicistico, ma ciò non fa venir meno per la Siae la natura di ente pubblico economico, riconosciuta dallo Statuto, cui consegue la normale produzione di profitti e la costituzione di un patrimonio da gestire esclusivamente nell’interesse degli associati.
Le associazioni appellanti possono certamente farsi promotrici di iniziative tese ad assicurare legalità dell’azione amministrativa anche nei confronti della Siae, quanto all’esercizio delle attività di interesse pubblico che ad essa competono, ma risultano sprovviste di una posizione differenziata e qualificata che dia titolo ad accedere agli atti riguardanti la gestione del patrimonio, di cui può beneficiare solo la base associativa.
L’allegazione del precedente offerto dalla sentenza del Tribunale amministrativi regionale del, Sez. II-quater, 7 febbraio 2011, n. 1165, con la quale è stato riconosciuto al Codacons il diritto di accesso agli atti posti in essere dalla Arcus s.p.a. - Societa' Per Lo Sviluppo dell'Arte, della Cultura e dello Spettacolo, non induce il Collegio a modificare il proprio convincimento.
La pronuncia riguarda una vicenda afferente a finanziamenti di iniziative culturali aperte alla fruizione pubblica con finanziamenti pubblici, e , quindi, del tutto diversa dall’attuale, che, come detto, concerne le sorti del patrimonio di un ente a base associativa, fruibile dai soli associati.
Gli appelli delle associazioni, pertanto vanno rigettati.
6. In ragione della parziale soccombenza, le spese sono integralmente compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe, previamente riuniti, accoglie l'appello proposto dai signori Carlo Rienzi e Stefano Valente, e, per l'effetto, ordina l’esibizione degli atti oggetto delle domande di accesso in questione, nel termine di 30 giorni dalla comunicazione, o se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza;
rigetta gli appelli proposti dal Codacons e dall’Associazione per la tutela degli utenti della stampa dell’informazione e del diritto d’autore;
spese compensate;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Coraggio, Presidente
Giorgio Giovannini, Presidente
Gaetano Trotta, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Alessandro Botto, Consigliere
Marzio Branca, Consigliere, Estensore
Aldo Scola, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Anna Leoni, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere


IL PRESIDENTE



L'ESTENSORE IL SEGRETARIO





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/04/2012
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione

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