[color=blue][b]Rapporto tra accesso ordinario, accesso civico e accesso generalizzato[/b][/color]
[color=red][b]Tar Toscana, sez. II, 20 dicembre 2019, n. 1748[/b][/color]
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1230 del 2019, proposto da
XXXX s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Marconi e Alessio Barbieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana-A.R.P.A.T. in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Michela Simongini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
YYYY s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
[b]- del provvedimento dell'A.R.P.A.T. prot. n. 2019/0057522 del 29 luglio 2019, portante il “rigetto dell'istanza di accesso a documenti amministrativi” presentata da XXXX s.r.l. in data 25 giugno 2019 e, ove occorra, del silenzio rigetto formatosi sull'istanza medesima;[/b]
nonché per l'accertamento
- del diritto della ricorrente a prendere visione ed estrarre copia dei documenti oggetto dell'istanza del 25 giugno 2019, di accesso agli atti relativi alla dichiarazione di utilizzo di terre e rocce da scavo ex art. 21 del D.P.R. n. 120/2017 presentata da YYYY in relazione ad un cantiere sito nel Comune di Cascina, con la conseguente condanna dell'Amministrazione resistente all'ostensione dei documenti richiesti.
....
FATTO e DIRITTO
1. La Società XXXX s.r.l. è proprietaria nel Comune di Cascina, in fregio a via ZZZZ, di un distributore di carburanti e di alcuni adiacenti appezzamenti di terreno con destinazione agricola.
La Società YYYY s.r.l. ha ottenuto dal Comune di Cascina, il 30 marzo 2018, il permesso di costruire n. 7/2018 per realizzare un nuovo distributore di carburanti a pochi metri di distanza da quello di XXXX e su un’area (F. 43, mappali 450 e 832) confinante con il terreno F. 43 mappale 36, sempre in proprietà di quest’ultima, avente destinazione agricola. Essa, nella relazione tecnica allegata all’istanza per il rilascio del permesso, comunicava che le terre e le rocce da scavo estratte sarebbero state riutilizzate in loco per reinterri e riempimenti.
La XXXX, il 25 giugno 2019, ha presentato all’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (nel seguito: “ARPAT”) un’istanza di accesso ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241,[color=red][b] per ottenere il rilascio di copia della dichiarazione di utilizzo ex art. 21, d.P.R. 13 giugno 2017 n. 120, attestante la sussistenza dei requisiti affinché terra e roccia da scavo siano qualificate come sottoprodotti, che la prima avrebbe dovuto presentare alla stessa ARPAT e al Comune di Cascina per essere abilitata ad effettuare tale attività[/b][/color]. [b]La domanda è stata respinta con provvedimento 29 luglio 2019 poiché le terre movimentate da YYYY verrebbero depositate non sul terreno confinante con quello della XXXX ma su un terreno distante, ove esiste un altro distributore di proprietà della stessa YYYY.[/b]
La XXXX ha allora impugnato il diniego con il presente ricorso, notificato il 24 settembre 2019 e depositato il 7 ottobre 2019.
Lamenta la ricorrente, con [color=red][b]primo motivo di gravame[/b][/color], che il diniego sarebbe viziato poiché nega l’accesso a un atto avente rilevanza ambientale, mentre l’articolo 3 del d.lgs. 12 maggio 1995, n. 195, attribuisce il diritto all’accesso a chiunque ne faccia richiesta senza necessità di motivare il relativo interesse. Ritiene quindi di avere diritto ad accedere alla documentazione richiesta indipendentemente dal fatto di essere proprietaria del fondo vicino a quello nel quale sono in corso i lavori.
Con [color=red][b]secondo motivo[/b][/color] deduce anche in base alla l. n. 241/1990, che al proprietario del fondo non potrebbe essere opposta l’assenza di un interesse diretto e attuale a conoscere e verificare la legittimità degli atti su cui si basa l’esecuzione di lavori edilizi nell’area confinante. Essa avrebbe titolo a conoscere se la gestione delle terre e delle rocce da scavo da parte di YYYY avvenga secondo legge e a tale proposito, la distanza del sito di destinazione finale delle stesse sarebbe irrilevante. Ritiene la ricorrente di vantare un interesse giuridicamente tutelato a che venga rispettata la normativa ambientale nel sito di produzione a fianco della sua proprietà. Nessun diritto alla riservatezza potrebbe poi essere opposto dalla controinteressata poiché la dichiarazione di utilizzo è una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e quindi atto pubblico avente funzione abilitativa, e soggetta all’accesso civico generalizzato.
Chiede quindi che il proprio diritto di accesso sia accertato sia ai sensi della legge n. 241/1990, che ai sensi dell’articolo 3 del d.lgs. n. 195/2005, che ai sensi dell’art. 5, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 a titolo di accesso civico generalizzato.
Si è costituita ARPAT replicando alle deduzioni della ricorrente.
Alla camera di consiglio del 3 dicembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. La domanda di accesso è stata formulata dalla ricorrente ai sensi della legge n. 241/1990 assumendo di avere un interesse “diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento” richiesto, come prevede l’articolo 22, comma 1, lett. b) della citata normativa. Nel ricorso chiede però che la sua domanda venga accolta non solo ai sensi di questa normativa, ma anche a titolo di accesso civico generalizzato e, inoltre, in quanto avrebbe ad oggetto informazioni ambientali ai sensi del d.lgs. n. 195/2005.
La difesa di ARPAT replica che tale riqualificazione della domanda di accesso in sede processuale non sarebbe possibile.
[color=red][b]Ai fini della trattazione della controversia occorre quindi, in via preliminare, stabilire se tale riqualificazione sia legittima ed individuare dunque se alla fattispecie sia applicabile la sola legge n. 241/1990 o, invece, anche le altre normative invocate dalla ricorrente. A tal fine il Collegio reputa di ripercorrere le considerazioni contenute nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 2 agosto 2019 n. 5503 la quale, se pure resa in tema di accesso agli atti di una gara d’appalto, contiene principi applicabili in via generale e quindi anche al caso di specie.[/b][/color]
L’accesso ai documenti amministrativi è oggi regolamentato da [color=red][b]tre sistemi generali, ognuno caratterizzato da propri limiti e presupposti[/b][/color]:
a) il [color=red][b]tradizionale accesso documentale[/b][/color] (artt. 22 ss. l. n. 241/1990), che consente ai (soli) soggetti portatori di un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata” di accedere ai dati incorporati in supporti documentali formati o, comunque, detenuti da soggetti pubblici;
b) [color=red][b]l'accesso civico[/b][/color], concesso a “chiunque” per ottenere “documenti, informazioni o dati” di cui sia stata omessa la pubblicazione normativamente imposta (art. 5, comma 1, d. lgs. n. 33/2013);
c) [color=red][b]l’accesso civico generalizzato[/b][/color], concesso “senza alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva” e, perciò, senza necessità di apposita “motivazione” giustificativa in relazione a “dati, informazioni o documenti” ancorché non assoggettati all’obbligo di pubblicazione (art. 5, comma 2 d. lgs. n. 33/2013).
[b]Si tratta di istituti a carattere generale ma ognuno con oggetto diverso, e sono applicabili ognuno a diverse e specifiche fattispecie: ne segue che ognuno di essi opera nel proprio ambito di azione senza assorbimento della fattispecie in un’altra, e senza abrogazione tacita o implicita ad opera della disposizione successiva poiché diverso è l’ambito di applicazione di ciascuno di essi.[/b] Ognuno di questi presenta caratteri di specialità rispetto all’altro. Di conseguenza, come ritenuto in tale arresto che il Collegio condivide, laddove il richiedente abbia espressamente optato per un modello è precluso all’Amministrazione qualificare diversamente l’istanza, al fine di individuare la disciplina applicabile.
[color=red][b]Correlativamente il richiedente, una volta effettuata la propria istanza motivata dai presupposti di una specifica forma di accesso, non potrà effettuare una conversione della stessa in corso di causa. [/b][/color]Questa infatti si radica su una specifica richiesta e sulla relativa risposta negativa dell’Amministrazione che concorrono a formare l’oggetto del contendere. Non può quindi ammettersi un mutamento del titolo giuridico dell’accesso in corso di controversia poiché il rapporto tra richiedente ed Amministrazione (o soggetto equiparato) si è formato non attorno ad un generico (asserito) diritto del primo di accedere a una determinata documentazione ma su una richiesta precisamente connotata nei suoi presupposti giuridici e fattuali. È su questo rapporto che la controversia verte, ed è questo l’oggetto del contendere.
La coesistenza di tre diverse specie di accesso agli atti, ciascuna distintamente regolata nei suoi presupposti, induce a ritenere che [color=red][b]non esista, nel nostro ordinamento, un unico e generale diritto del privato ad accedere agli atti amministrativi che possa farsi valere a titolo diverso[/b][/color]. Esistono invece specifiche situazioni nei rapporti di pubblico all’interno delle quali, al venire in essere di determinati presupposti (diversi in ognuna di esse), il privato assume titolo ad accedere alla documentazione amministrativa, con limiti e modalità diversificate nelle varie ipotesi. È onere del richiedente individuare quale sia la sua situazione e, pertanto, quale tipologia di accesso azionare, eventualmente in via cumulativa. Una volta effettuata la scelta, è su tale rapporto che si incardina la controversia e lo stesso non può dunque essere riqualificato in sede giudiziaria.
[color=red][b]La richiesta della ricorrente, effettuata ai sensi della legge n. 241/1990, non può quindi essere (ri)esaminata alla luce del d. lgs. n. 33/2013.[/b][/color]
Le medesime considerazioni valgono con riferimento alla richiesta qualificazione dell’istanza di accesso della ricorrente alla stregua di una domanda di informazioni ambientali ex d.lgs. n. 195/2005, poiché questa a sua volta costituisce un sottosistema normativo disciplinante una fattispecie specifica di accesso ed operante solo nel proprio ambito.
Non si tratta di lettura formalistica della normativa, ma di individuare l’ambito preciso della presente controversia e del rapporto su cui verte.
ARPAT ha fornito risposta negativa ad un’istanza di accesso formulata ai sensi della legge n. 241/1990 e ove il giudizio venisse esteso alla verifica della sua fondatezza ai sensi di normative non richiamate nella stessa, e sulle quali quindi la stessa ARPAT non ha fornito alcuna risposta (e non doveva farlo), sarebbe violato il divieto a carico di questo Giudice di pronunciarsi con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati posto dall’articolo 34, comma 2, del codice di rito.[b] A prescindere dalla qualificazione della posizione dell’accedente in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo, questione ancora irrisolta, è certo che la decisione sulla richiesta di ostensione di un documento deve essere preceduta da un’attività amministrativa volta a verificare la sua corrispondenza allo schema normativamente prefigurato e alla tutela normativamente stabilita dei contrapposti interessi, in primo luogo quello alla riservatezza dei soggetti i cui dati sono rappresentati nei documenti oggetto di domanda.[/b] [color=red][b]Al Giudice, ex art. 34, comma 2, c.p.a. non può quindi che essere interdetta la riqualificazione dell’istanza presentata dalla ricorrente poiché si sostituirebbe inammissibilmente all’Amministrazione in poteri non ancora esercitati.[/b][/color]
Sotto tale profilo appare irrilevante il regolamento dell’ARPAT richiamato dalla ricorrente in memoria, così come irrilevante è la circostanza che le premesse del provvedimento negativo impugnato contengano un riferimento all’art. 5, comma 3, del d.lgs. 33/2013 in tema di accesso civico generalizzato poiché questo appare frutto di refuso e comunque non è vincolante ai fini del decidere, in base al principio secondo il quale ai fini della qualificazione della sua natura l'atto amministrativo va interpretato in base al suo specifico contenuto risalendo al potere concretamente esercitato dall'amministrazione, prescindendo dal nomen iuris che gli è stato assegnato (C.d.S. II, 30 settembre 2019 n. 6534).[b] L’ARPAT ha inteso negare l’accesso in base alla legge n. 241/1990 come mostra il contenuto del dispositivo, nel quale si respinge l’istanza della ricorrente “ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. b, L. 241/1990” poiché essa “non risulta titolare di un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti richiesti”. ARPAT ha esaminato e statuito sull’istanza della ricorrente valutando la sussistenza dei presupposti stabiliti, ai fini dell’accesso, dalla legge n. 241/1990 e in base a questa sarà deciso la controversia[/b]. Questa si è infatti formata in ordine ad un rapporto giuridico con una sua precisa qualificazione, attribuita dalla ricorrente stessa alla propria istanza, ed è su tale tipo di rapporto, con tale specifica qualificazione, che questo Giudice deve statuire.
3. Venendo quindi alle conclusioni, in applicazione delle coordinate normative desumibili dalla legge n. 241/1990 ai sensi della quale, si ripete, l’istanza è stata formulata,[color=red][b] il ricorso deve essere respinto. ARPAT nel provvedimento di diniego ha infatti chiarito che le terre movimentate dall’impresa YYYY vengono depositate su un terreno distante da quello della ricorrente e, pertanto, in alcun modo potrebbero apportarle danni.[/b][/color]
La ricorrente valorizza, a sostegno delle proprie posizioni, il suo interesse a verificare se i lavori nel fondo confinante avvengano nel rispetto della normativa ambientale. Una volta però appurato che, con riferimento alle terre movimentate, alcun danno può derivare al fondo di sua proprietà, tale interesse legittimo sfuma in interesse di mero fatto poiché se l’attività della controinteressata non è in grado di incidere in alcun modo su posizioni giuridicamente tutelate della ricorrente (almeno per quanto concerne l’oggetto della presente controversia, ovvero le terre di risulta dei lavori effettuati), ebbene detto interesse in nulla si differenzia dall’interesse non qualificato né differenziato facente capo al quivis de populo ad esercitare un controllo generalizzato sulla legittimità dell’operato amministrativo, e non costituisce pertanto “situazione giuridicamente tutelata” che legittimi l’accesso alla dichiarazione di utilizzo delle terre e rocce di scavo inoltrata dalla controinteressata.
Non è conferente il parallelo effettuato della ricorrente con l’accesso alla documentazione riguardante il rispetto, da parte del confinante, della normativa edilizia ed urbanistica nell’esecuzione di interventi edificatori poiché le modalità di questi possono sempre incidere sulle caratteristiche del fondo confinante e, in particolare, sul suo valore, stante il collegamento materiale stabile fra i terreni, collegamento che deve comunque sempre essere oggetto di dimostrazione (C.d.S. V, 27 marzo 2019 n. 2025). [color=red][b]Il rispetto della normativa ambientale, una volta appurato che non esiste alcun collegamento fra il materiale potenzialmente inquinante e il fondo vicino a quello oggetto di intervento, rappresenta un interesse che non si differenzia da quello generale, proprio della collettività indifferenziata, al rispetto della legge da parte della pubblica amministrazione.[/b][/color]
Per queste ragioni il ricorso deve essere respinto.
Le spese processuali possono tuttavia essere integralmente compensate tra le parti in ragione della novità e della complessità delle questioni affrontate.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2019 con l'intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Riccardo Giani, Consigliere
Alessandro Cacciari, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alessandro Cacciari Rosaria Trizzino
IL SEGRETARIO
[color=red][b]Commento[/b][/color]: https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/il-consiglio-di-stato-ha-reso-il-parere-sulle-linee-guida-recante-indicazioni-in-materia-di-affidamenti-ai-servizi-sociali
[color=red][b]Approfondimento[/b][/color]:
All’Adunanza plenaria la verifica d’ufficio e in sede contenziosa dei presupposti per l’accesso generalizzato se non sussistono i presupposti per l’accesso ordinario - Cons. St., sez. III, ord., 16 dicembre 2019, n. 8501
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=52848
Accesso ai documenti, civico e speciale (01/11/2019)
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=52208.0
[color=red][b]Accesso agli atti, civico e generalizzato in due recenti sentenze (29/12/2019)[/b][/color]
[size=14pt][color=blue][b]https://youtu.be/Nu2X4O15EzQ[/b]
[/color][/size]