Edilizia - competenze regionali e silenzio - CdS 1999/2012
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 04-04-2012, n. 1999
1.1.L'attuale appellante, Bellavista Costruzioni S.r.l., espone di essere proprietaria di un immobile ubicato a Massa in Via Belvedere, identificato catastalmente al foglio n. 69, particelle n. 1177 e 1179 e acquistato in forza di contratto di compravendita Rep. n. 13584 dd. 29/7/2006 a rogito del notaio dott. Luigi Cattaneo.
La Società ha ottenuto dal Comune di Massa la voltura a proprio favore del permesso di costruire Prot. n. 55389 dd. 21 dicembre 2005, a suo tempo rilasciato al proprio dante causa e avente ad oggetto la costruzione di due edifici residenziali.
In data 11 gennaio 2008 Bellavista Costruzioni ha quindi presentato una denuncia di inizio attività per la realizzazione di area a parcheggio recintata da muretto in cemento armato, a disposizione degli edificandi fabbricati insistenti sui mappali 1177, 1178 e 1179 del foglio n. 69.
I relativi lavori sono stati ultimati il 6 settembre 2010.
Bellavista Costruzioni ha poi ottenuto il rilascio del permesso di costruire n. 60011 dd. 12 giugno 2008, relativo ad una variante in corso d'opera rispetto all'anzidetto titolo edificatorio del 21 dicembre 2005: variante che, per quanto attiene al fabbricato A, consisterebbe nella modifica delle partizioni interne e prospettiche, nell'allargamento del garage interrato e nella realizzazione di uno scannafosso su due lati, nel mentre per quanto attiene al fabbricato B attiene alla modifica della sagoma, nonché alla realizzazione di modifiche interne, esterne e prospettiche.
Da ultimo, Bellavista Costruzioni ha presentato in data 10 aprile 2009 un'ulteriore richiesta di variante in corso d'opera rispetto ai precedenti permessi di costruire e contemplante un mutamento di altezza e un incremento di volume dei due edifici.
Tale richiesta non ha ottenuto riscontro; e, peraltro, il dirigente comunale del Settore Urbanistica, avendo constatato la già avvenuta realizzazione senza titolo delle opere rese oggetto della richiesta medesima, nonché l'avvenuta esecuzione di altri interventi difformi anche dallo stesso progetto presentato e nondimeno già eseguito, ha disposto la sospensione dei lavori con ordinanza del 12 gennaio 2010, comunicata all'impresa il 4 febbraio 2010.
Il 19 febbraio 2010 Bellavista Costruzioni ha comunicato a sua volta all'Amministrazione Comunale di avere ripristinato le dimensioni dello scannafosso così come assentite dai titoli edilizi ad essa già rilasciati, e ha reiterato la richiesta di rilascio di un nuovo titolo edilizio in variante.
Con ordinanza n. 1480 dd. 31 marzo 2010 il Dirigente comunale ha ingiunto la demolizione delle opere abusive.
Bellavista Costruzioni, per parte propria, ha presentato in data 22 giugno 2010 un'ulteriore domanda di rilascio di un permesso di costruire in sanatoria avente ad oggetto le predette opere realizzate in difformità dai permessi di costruire n. 60011 dd. 12 giugno 2008 e n. 55389 dd. 21 dicembre 2005.
Stante la persistente inerzia del Comune sull'istanza di sanatoria edilizia, e vista l'infruttuosa scadenza del termine di cui al combinato disposto degli artt. 83 e 140 della L.R. 3 gennaio 2005, n. 1, nel testo all'epoca vigente, Bellavista Costruzioni ha proposto sub R.G. 839 del 2011 innanzi al T.A.R. per la Toscana un ricorso a' sensi degli artt. 31 e 117 cod. proc. amm., chiedendo al giudice adito di ordinare al Comune di Massa di provvedere sull'istanza entro 30 giorni, o in diverso termine ritenuto di giustizia.
1.2. Nel giudizio di primo grado non si è costituito il Comune di Massa.
1.3. Con sentenza n. 1223 dd. 15 luglio 2011 la Sezione III dell'adito T.A.R. ha dichiarato tale ricorso inammissibile, reputando che il combinato disposto degli artt. 83 e 140 della L.R. n. 1 del 2005 non prefigurava, nel testo in vigore all'epoca dei fatti di causa, ipotesi riconducibili a silenzio-inadempimento e come tali azionabili innanzi al giudice amministrativo, ma fattispecie risolubili nelle forme del silenzio-diniego di cui all'art. 36 del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Lo stesso giudice non ha provveduto alla condanna della parte soccombente al pagamento delle spese del giudizio, stante la mancata costituzione del Comune di Massa.
2.1. Con l'appello in epigrafe Bellavista Costruzioni chiede la riforma di tale sentenza.
2.2. Con un primo ordine di censure l'appellante deduce l'avvenuta violazione degli artt. 83 e 140 della L.R. n. 1 del 2005, escludendo che la disciplina in essi contenuta all'epoca dei fatti di causa potesse sostanziare la formazione di un provvedimento tacito di diniego, come per contro esplicitamente disposto dall'anzidetto art. 36 del T.U. 380 del 2001.
A tale riguardo l'appellante rimarca che l'art. 140, commi 1, 2 e 3, della L.R. n. 1 del 2005 disponevano all'epoca anzidetta quanto segue: "1. Fino alla scadenza del termine di cui all'articolo 132, comma 3, per i casi di opere eseguite in assenza di permesso di costruire o in totale difformità o con variazioni essenziali ........ nei casi di opere eseguite in assenza di denuncia di inizio dell'attività e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal presente titolo, l`avente titolo può ottenere il permesso di costruire o l'attestazione di conformità rilasciata dal comune in sanatoria quando l'intervento realizzato è conforme agli strumenti della pianificazione territoriale, agli atti di governo, nonchè al regolamento edilizio vigenti, sia al momento della realizzazione dell'opera che al momento della presentazione della domanda. 2. Alle domande di sanatoria di cui al comma 1 si applicano le misure di salvaguardia previste dalla normativa vigente. 3. Sulla richiesta di permesso di costruire in sanatoria il comune si pronuncia secondo le disposizioni di cui all'articolo 83" della medesima L.R. n. 1 del 2005.
Quest'ultimo, a sua volta, secondo la prospettazione dell'appellante non contemplerebbe nel testo dell'epoca ipotesi di silenzio significativo, disponendo per contro al comma 7 che "il provvedimento finale, da notificare all'interessato, è adottato dal comune entro quindici giorni dalla proposta di cui al comma 4, dal ricevimento degli atti di assenso ovvero dall`esito della conferenza dei servizi di cui al comma 6 ...", al comma 9 che "decorso inutilmente il termine per l'emanazione del provvedimento conclusivo, l'interessato può, con atto trasmesso in plico raccomandato con avviso di ricevimento, richiedere all'autorità competente di adempiere entro quindi giorni dal ricevimento della richiesta", e al comma 10 che "decorso inutilmente anche il termine di cui al comma 9, l'interessato può inoltrare istanza alla Regione la quale, ai sensi della L.R. 1 dicembre 1998, n. 88, nomina un commissario ad acta che nel termine di sessanta giorni adotta il provvedimento".
L'appellante rimarca - altresì - che a' sensi del comma 6 del predetto art. 140 della L.R. n. 1 del 2005, come allora vigente, "l'attestazione di conformità in sanatoria è rilasciata dal Comune entro sessanta giorni dalla presentazione della relativa domanda, fatta salva l'applicazione dell'art. 82, comma 3, ed è subordinata al pagamento, a titolo di sanzione amministrativa per gli interventi diversi di quelli di cui al comma 4, di una somma determinata dal Comune stesso da Euro 516,00 a Euro 5.164,00 in ragione della natura e consistenza dell'abuso".
Secondo la prospettazione dell'appellante, da tutto ciò discenderebbe che nella disciplina all'epoca vigente e da applicare per il caso di specie non sarebbe contemplata alcuna conseguenza derivante dallo spirare dei termini di legge per l'adempimento, e che pertanto il legislatore regionale non avrebbe inteso con ciò introdurre ipotesi di silenzio significativo di reiezione delle istanze; e semmai - sempre secondo Bellavista Costruzioni - proprio l'esistenza, testè descritta, di istituti sollecitatori e di interventi sostitutivi escluderebbe ex se una volontà di configurare l'eventuale inerzia delle amministrazioni comunali quale silenzio-diniego.
La riprova a contrariis della fondatezza della prospettazione medesima è rinvenuta dalla medesima appellante nella circostanza che il previgente art. 37 della L.R. 14 ottobre 1999, n. 52 espressamente contemplava - per contro - la formazione del provvedimento tacito di diniego dopo il decorso di sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza da parte dell'interessato, nonché nell'ulteriore circostanza che l'attuale testo dell'anzidetto art. 140, comma 3, della L.R. n. 1 del 2005, come sostituito dopo i fatti di causa per effetto dell'art. 39 della L.R. 5 agosto 2011, n. 40, testualmente dispone: "Sulla richiesta di permesso di costruire in sanatoria il Comune si pronuncia secondo le disposizioni di cui all'art. 83. Decorso il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di sanatoria si intende formato il silenzio-rifiuto".
Va anche precisato che l'art. 83 della L.R. n. 1 del 2005, a sua volta parimenti sostituito dall'art. 18 della medesima L.R. n. 40 del 2011, dispone al comma 13 che "decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, ove il comune non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui ai commi 14 e 15".
In relazione a tutto ciò, pertanto, secondo l'appellante solo mediante l'introduzione negli artt. 140 e 83 della L.R. n. 1 del 2005 di puntuali e specifiche disposizioni da parte dello stesso legislatore la disciplina ivi contenuta potrebbe ragionevolmente ricondursi ad ipotesi di silenzio significativo diverse rispetto al dato ricavabile dal testo di tali articoli, così come vigente all'epoca dei fatti di causa.
2.3. Con un secondo ordine di censure l'appellante deduce l'errata applicazione dell'art. 36 del T.U. 380 del 2001, violazione e falsa applicazione del principio di successione delle leggi e di concorrenza con la legislazione regionale in materia di urbanistica, con conseguente violazione dell'art. 117 Cost. come sostituito dall'art. 3 della L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.
L'appellante rimarca in tal senso che il giudice di primo grado ha menzionato a conforto della propria tesi il precedente rappresentato dalla sentenza n. 418 dd. 2 marzo 2011, resa dalla medesima Sezione del T.A.R. per la Toscana, laddove - tra l'altro - si invoca a conforto della tesi dello stesso giudice di primo grado la sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 17 settembre 2010 n. 17440, secondo la quale - per l'appunto - la qualificazione, da parte del legislatore nazionale, del silenzio come atto tacito di diniego esprimerebbe un principio fondamentale della materia urbanistica, come tale non derogabile da parte del legislatore regionale, posto che la disciplina contenuta nell'art. 36, comma 3, del T.U. 380 del 2001 e riproduttiva dell'art. 13, secondo comma, della L. 28 febbraio 1985, n. 47 da un lato risponderebbe allo scopo di evitare il protrarsi di situazioni di incertezza intrinsecamente suscettive di incentivare l'abusivismo, e dall'altro introdurrebbe una presunzione relativa di difformità urbanistico-edilizia dei lavori realizzati senza titolo, accollando ragionevolmente al soggetto che ha violato la legge e versa in una condizione illecita l'onere di attivarsi prontamente, anche nelle sedi giudiziarie, affinché sia dimostrata la natura solo formale e non sostanziale dell'illecito commesso.
Bellavista Costruzioni innanzitutto rimarca che tale pronuncia del T.A.R. campano si riferisce, comunque, ad una legge regionale ben diversa nei suoi contenuti da quella toscana in quanto, a differenza di quest'ultima, seguita a richiamare testualmente l'art.36 del T.U. 380del 2001.
Inoltre, sempre ad avviso dell'appellante, l'unica interpretazione "costituzionalmente orientata" dell'art. 140 della L.R. n. 1 del 2005 così come vigente all'epoca dei fatti di causa sarebbe quella che prescrive l'obbligo per l'Amministrazione Comunale di concludere il procedimento di sanatoria con
un provvedimento espresso da emanarsi entro i sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza da parte dell'operatore privato, senza illegittime sovrapposizioni o integrazioni da parte della previgente disciplina di fonte statuale, da reputarsi - per l'appunto - nella specie superata in forza della potestà normativa concorrente attribuita alle Regioni in materia di governo del territorio proprio da parte dell'attuale testo dell'art.117 Cost..
Sempre secondo Bellavista Costruzioni, neppure potrebbe ritenersi che l'introduzione da parte della Regione Toscana di un'ipotesi di silenzio-inadempimento, derogatoria rispetto alla disciplina del silenzio-diniego contemplata dalla fonte legislativa statale, si ponga in violazione dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato: e ciò in quanto si tratterebbe di una disciplina procedimentale contemplante le modalità di emanazione del provvedimento di sanatoria edilizia, non implicante - in quanto tale - alcuna violazione dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico; né lo stesso T.A.R. per la Toscana potrebbe, in via interpretativa, disapplicare la fonte primaria regionale successiva contenente una modalità procedimentale per il rilascio della sanatoria edilizia diversa e più garantista per il privato rispetto a quella in precedenza dettata dal legislatore statale in materia concorrente nella riscontrata assenza nel T.U. 380 del 2001 di principi fondamentali di segno opposto.
Quanto inderogabilmente disposto dal legislatore statale, ossia la necessaria conformità di ciò che è edificato agli strumenti urbanistici ed il pagamento di una sanzione, seguiterebbero comunque a costituire, anche nel "sistema" toscano, presupposti imprescindibili per il rilascio del provvedimento sanante.
Detto altrimenti, secondo l'appellante la previsione contenuta nella legge nazionale in ordine alla formazione del silenzio-diniego a fronte del decorso di un determinato periodo di tempo dalla
presentazione di un'istanza di sanatoria, rappresenterebbe una mera norma procedurale di
dettaglio, in quanto tale cedevole a seguito dell'esercizio del potere normativo concorrente da parte della Regione di disciplinare diversamente il procedimento di emanazione dell'atto di sanatoria con l'introduzione dell'obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, come per l'appunto legittimamente avvenuto in Toscana, fermi comunque restando i presupposti per il rilascio del provvedimento sanante costituiti dalla conformità agli strumenti urbanistici e dal pagamento della sanzione.
La medesima appellante invoca inoltre a conforto della propria tesi la sentenza della Corte Costituzionale n. 196 dd. 28 giugno 2004 laddove ha ritenuto lesa la potestà legislativa regionale dalla sottrazione da parte del legislatore statale della possibilità di disciplinare diversamente gli effetti del prolungato silenzio del Comune a fronte dell'istanza di condono: e ciò proprio in relazione al fatto che in tal caso si verte nell'ambito di una disciplina procedurale di dettaglio non involgente i principi fondamentali dettati dalle leggi dello Stato.
2.4. Con un terzo ordine di censure Bellavista Costruzioni deduce perplessità e contraddittorietà con il contenuto di atti amministrativi presupposti, nonché violazione dell'art. 140 della L.R. n. 1 del 2005 e della sua inveterata prassi applicativa.
L'appellante riferisce in tal senso che con nota ad essa inviata dal Dirigente del Settore Urbanistica in data 11 aprile 2011 in riscontro alla diffida precedentemente effettuata e depositata in copia in occasione dell'udienza camerale di primo grado del 9 giugno 2011 (nonché riproposta anche nel presente grado di giudizio quale doc. 2 dell'appellante medesima), era stata comunicata "l'intenzione di questa Amministrazione di addivenire in tempi brevi ad una definizione della questione" .
Bellavista Costruzioni afferma che tale nota costituirebbe la manifestazione, ancorché interlocutoria, della consapevolezza dell'Amministrazione Comunale di non aver ancora provveduto sull'istanza di permesso in sanatoria in variante a precedente permesso di costruire presentata ben dieci mesi prima.
La medesima Amministrazione - rimarca sempre l'appellante - adduce a proprio discarico l'asserita complessità degli adempimenti istruttori da compiersi, presumibilmente tentando di escludere in proposito la sussistenza di pur ben evidenti responsabilità dirigenziali, e che - comunque, e diversamente da quanto opinato dal giudice di primo grado - a tale comunicazione non potrebbe per certo attribuirsi la funzione "di annunciare una futura determinazione espressa, di conferma oppure di rimozione in autotutela dell'atto tacitamente formatosi e contestuale pronuncia di accoglimento dell'istanza", come testualmente affermato dallo stesso giudice di primo grado (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata), posto che se si trattava di conferma dell'atto tacitamente formatosi, non si sarebbe poi potuto contestualmente emanare una "pronuncia di accoglimento dell'istanza", con ben evidente comprova della perplessità della motivazione sul punto.
Infatti, la nota comunale anzidetta, pur a fronte del chiaro tenore della diffida a concludere il procedimento di sanatoria contenuta nella lettera raccomandata dd. 14 marzo 2011 inoltrata da Bellavista Costruzioni (cfr. doc. 19 di parte ricorrente nel procedimento di primo grado), non reca alcun riferimento in ordine all'avvenuta definizione del procedimento con provvedimento di diniego ancorché tacito né, tanto meno, all'esercizio del potere di riesame in via di
autotutela per il ripristino della legittimità eventualmente violata, come invece ben avrebbe potuto,ma indicherebbe chiaramente una "ragionevole brevità" dei tempi di "definizione" della "pratica" o "questione".
2.5. Con un quarto ordine di censure Bellavista Costruzioni deduce in via tuzioristica e del tutto subordinata l'avvenuta violazione dell'art. 97 Cost. e degli artt. 2 e 21-bis della L. 7 agosto 1990, n. 241, per l'ipotesi in cui si affermi che nella specie si sia formato tacitamente un provvedimento di diniego in esito all'istanza di sanatoria da essa prodotta.
In tale evenienza l'appellante reputa violata la disciplina di legge che ha segnatamente imposto il principio generale dell'obbligo di conclusione del procedimento amministrativo su istanza di parte con un provvedimento espresso e motivato.
In tal senso Bellavista Costruzioni afferma che, ove pur si volesse configurare l'art. 140 della L.R. n. 1 del 2005 nel testo vigente all'epoca dei fatti di causa quale ipotesi di silenzio-diniego e non come ipotesi di inerzia, ciò non significherebbe che tale diniego tacitamente formatosi sia di per sé legittimo in relazione al generale obbligo di provvedere sulle istanze sancito dall'art. 97 Cost. e del correlativo principio introdotto dai predetti artt. 2 e 2-bis della L. n. 241 del 1990, dovendo le disposizioni contemplanti il silenzio tacito di diniego essere interpretate in termini rigorosi ed essere coordinate con i principi generali di trasparenza dell'azione amministrativa.
2.6. Con un quinto e ultimo ordine di censure Bellavista Costruzioni deduce la fondatezza del proprio ricorso proposto avverso il silenzio-inadempimento tenuto dall'Amministrazione Comunale, affermando che l'inerzia nella specie serbata dall'Amministrazione Comunale a fronte della richiesta di rilascio del permesso di costruire in sanatoria presentata
in data 22 giugno 2010 sarebbe per certo qualificabile come inadempimento all'obbligo di provvedere all'emanazione del provvedimento espresso, per la cui definizione risulterebbe ampiamente scaduto il termine di cui al combinato disposto degli artt.83 e 140 della L.R. n. 1 del 2005 nel testo vigente all'epoca dei fatti di causa.
L'appellante espone inoltre che il perdurare dell'inerzia dell'Amministrazione Comunale a causa dell'ulteriore ritardo imposto dalla pronuncia del giudice di primo grado avrebbe già causato nei propri confronti gravissimi danni, non potendo essa completare le quattro unità abitative, di cui
una già promessa in vendita, entro i termini stabiliti e non potendo altrimenti ovviare alla propria esposizione debitoria con gli istituti di credito che hanno finanziato le opere.
Bellavista Costruzioni, in ragione di tutto ciò, si riserva di formulare domanda di risarcimento dei danni derivanti dal serbato "silenzio inadempimento", all'esito della presente causa d'appello.
3. Si è costituito in giudizio il Comune di Massa, replicando puntualmente alle censure avversarie e concludendo per la reiezione dell'appello in epigrafe.
4. Alla camera di consiglio del 6 marzo 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.
5.1. Tutto ciò premesso, l'appello va respinto per quanto qui appresso specificato, peraltro anche con considerazioni in parte difformi da quelle svolte dal giudice di primo grado.
5.2. Come è ben noto, l'art. 1 del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 afferma che tale testo normativo "contiene i principi fondamentali e generali", nonchè "le disposizioni per la disciplina dell'attività edilizia".
L'art. 2 dello stesso T.U. dispone, quindi, al comma 1 che "le Regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico", fermo restando che "le disposizioni, anche di dettaglio" del T.U. medesimo, "attuative dei principi di riordino in esso contenuti, operano direttamente nei riguardi delle Regioni a statuto ordinario, fino a quando esse non si adeguano ai principi medesimi".
Come a ragione ha evidenziato l'attuale appellante, non va obliterata la circostanza che con sentenza della Corte Costituzionale n. 196 dd. 28 giugno 2004 è stato - tra l'altro - dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 117 Cost., come modificato dall'art. 3 della L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, l'art. 32, comma 37, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 convertito con modificazioni in L. 24 novembre 2003, n. 326 nella parte in cui non prevede che con legge regionale si possa disciplinare diversamente gli effetti del silenzio serbato dal Comune, protratto oltre il termine ivi previsto, sulle domande presentate dagli interessati al fine di ottenere il rilascio della sanatoria contemplata dal medesimo art. 32.
Il giudice delle leggi ha pertanto in tal modo riconosciuto al legislatore regionale la competenza a normare in modo diverso dal legislatore statuale le ipotesi di silenzio significativo relative ai procedimenti edilizi.
Né poteva essere diversamente, anche in considerazione delle susseguenti evoluzioni della disciplina di principio di fonte statuale, posto che a' sensi dell'attuale testo dell'art. 20, comma 4, della L. 7 agosto 1990, n. 241 (ossia come da ultimo sostituito per effetto dell'art. 3, comma 6-ter, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni in L. 14 maggio 2005, n. 80) il legislatore, derogando alla valenza generale dell'istituto del silenzio-assenso, è sempre libero di qualificare espressamente il silenzio dell'Amministrazione come rigetto dell'istanza, e che tale discrezionalità va riconosciuta pure al legislatore regionale nell'ambito delle proprie competenze, anche di tipo concorrente.
Se così è, ai fini del decidere non necessita pronunciarsi sulla petizione di principio - enunciata dal giudice di primo grado ma smentita dalla Corte Costituzionale - secondo cui la qualificazione, da parte del legislatore nazionale, del silenzio come atto tacito di diniego esprimerebbe un principio fondamentale della materia urbanistica, come tale non derogabile da parte del legislatore regionale; né segnatamente necessita esprimersi sulla possibilità - o meno - per il legislatore regionale di derogare all'istituto del silenzio-assenso laddove autonomamente disciplini nel proprio "sistema" l'accertamento di conformità altrimenti normato dall'art. 36 del T.U. 380 del 2001: occorre - viceversa - verificare se nel caso di specie il legislatore regionale toscano abbia in effetti espunto dal proprio ordinamento, nell'arco temporale della vigenza dei testi degli artt. 83 e 140 della L.R. n. 1 del 2005 antecedenti alla novella introdotta con L.R. n. 40 del 2011, la disposizione contenuta nel medesimo art. 36 che espressamente qualifica l'inerzia dell'amministrazione comunale come silenzio-rigetto.
La risposta è negativa.
Se è vero che per effetto della formulazione all'epoca in vigore del combinato disposto degli artt. 83 e 140 della L.R. n. 1 del 2005 era previsto, dopo l'inutile decorso del termine per l'adozione del "provvedimento" comunque denominato "finale" (ossia conclusivo del procedimento), dapprima l'esperimento di una facoltà sollecitatoria da parte dell'interessato (si disponeva, infatti, che questi "può, con atto trasmesso in plico raccomandato con avviso di ricevimento, richiedere all'autorità competente di adempiere entro quindi giorni dal ricevimento della richiesta") e, poi, una sua richiesta di azione amministrativa sostitutiva ( "decorso inutilmente anche il termine di cui al comma 9, l'interessato può inoltrare istanza alla Regione la quale, ai sensi della L.R. 1 dicembre 1998, n. 88, nomina un commissario ad acta che nel termine di sessanta giorni adotta il provvedimento"), ciò tuttavia non significava che il legislatore avesse in tal modo diversamente qualificato il silenzio serbato dall'Amministrazione Comunale sulla domanda di accertamento di conformità, modificandolo da silenzio-rifiuto a silenzio-inadempimento.
Il legislatore regionale - infatti - altro non aveva fatto che introdurre, con l'intento di ampliare le facoltà di tutela del soggetto richiedente l'accertamento di conformità, due ulteriori possibilità affinchè l'Amministrazione, nonostante avesse già determinato mediante il proprio comportamento inerte la valida formazione del silenzio-rifiuto, potesse essere messa in grado di evitare l'avvio del contenzioso giudiziale nei propri confronti: ossia il responso alla diffida dell'interessato ad emettere il provvedimento omesso e la richiesta di intervento sostitutivo regionale.
Risulta peraltro con ogni evidenza che l'esperimento di tali facoltà da parte dell'interessato rimaneva del tutto eventuale, e che in alternativa questi ben poteva da subito impugnare in sede giurisdizionale o straordinaria il diniego implicito formatosi per effetto del decorso del tempo sulla propria istanza di accertamento di conformità, come previsto dalla relativa disposizione contenuta nell'art. 36, comma 3, del T.U. 380 del 2001, non abrogata dal legislatore regionale né in via esplicita, né - soprattutto - in via implicita mediante l'introduzione di norme non già contrarie, ma complementari al suo contenuto.
In tal modo, quindi, solo il silenzio serbato dall'Amministrazione Comunale sulla diffida a provvedere veniva a configurarsi quale silenzio-inadempimento che, in quanto tale, consentiva pertanto all'interessato medesimo di idoneamente chiedere l'intervento del commissario ad acta nominato dall'Amministrazione Regionale.
Se si pone mente a ciò, ben si coglie allora la complessiva irragionevolezza del costrutto ermeneutico dell'appellante, secondo il quale invece dall'inerzia serbata dall'Amministrazione Comunale sulla domanda di accertamento di conformità discendeva da subito la possibilità di chiedere al giudice la nomina di un proprio commissario ad acta, ovvero -in alternativa - la possibilità di ulteriormente diffidare la medesima Amministrazione Comunale e, in caso di reiterata inerzia di quest'ultima, di chiedere all'Amministrazione Regionale la nomina di un proprio commissario ad acta.
Il risultato cui si perviene aderendo all'interpretazione dell'appellante non è - per l'appunto - lineare in quanto il soggetto leso dall'inerzia dell'Amministrazione Comunale sulla domanda di accertamento di conformità sarebbe stato legittimato a chiedere immediatamente al giudice la nomina di un commissario ad acta, salvo poi pervenire ad un risultato identico dopo poco tempo, e ove il silenzio fosse perdurato, adendo in via amministrativa l'Amministrazione Regionale.
In tal modo il rimedio amministrativo nulla dunque avrebbe dato in più all'interessato rispetto all'immediata proposizione dell'azione giudiziale, nel mentre lo scopo dell'innovazione legislativa regionale era pienamente assicurato nel "sistema" dando all'interessato la scelta, a fronte del silenzio serbato dall'Amministrazione Comunale sulla domanda di accertamento di conformità, di immediatamente impugnare il silenzio-rigetto con ciò formatosi, ovvero di ottenere mediante la diffida, se non riscontrata dall'Amministrazione medesima, la formazione di un silenzio-rifiuto idoneamente rimuovibile mediante l'intervento del commissario ad acta di nomina regionale.
Va ancora soggiunto che il responso, meramente interlocutorio, dato nella specie dall'Amministrazione Comunale a seguito della diffida formulata da Bellavista Costruzioni non sposta i termini del problema; tale atto esplicito dell'Amministrazione medesima va infatti riguardato come meramente soprassessorio rispetto al silenzio-rigetto precedentemente formatosi e di per sé dunque abilitava l'attuale appellante a proporre motivi aggiunti di ricorso ove avesse già impugnato nei dovuti termini decadenziali la reiezione implicita alla propria richiesta, ovvero ad adire comunque l'Amministrazione Regionale al fine di ottenere la nomina del commissario ad acta stante il sostanziale inadempimento del Comune alla diffida medesima.
6. Le considerazioni sin qui esposte risultano assorbenti al fine di respingere l'appello in epigrafe.
La particolarità della fattispecie sottoposta al Collegio consente di compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
Va peraltro dichiarato irripetibile il contributo unificato di cui all'art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado del giudizio.
Dichiara irripetibile il contributo unificato di cui all'art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.