Data: 2019-10-30 17:49:49

Parcheggio in area demaniale alla scadenza va a bando - no proroga automatica

Parcheggio in area demaniale alla scadenza va a bando - no proroga automatica

[color=red][b]TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. VII – sentenza 29 ottobre 2019 n. 5135[/b][/color]

DIRITTO

7. – Debbono essere esaminate, preliminarmente, le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla amministrazioni resistenti costituite in giudizio.

7.1. – L’eccezione di nullità della notifica del ricorso all’Autorità di Sistema Portuale, sollevata dal Ministero dei Trasporti si rivela priva di fondamento. Risulta in atti che la ricorrente ha provveduto comunque ad effettuare la notifica, oltre che presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato anche presso la sede dell’Autorità Portuale, con raccomandata del 15.4.2019.

7.2. – Ciò posto, si osserva che, poiché il gravame concerne l’impugnazione di atti non provenienti dalla Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, quest’ultimo, in accoglimento della richiesta della difesa erariale, deve essere estromesso dal giudizio, non risultando idonee a fondarne la legittimazione passiva le argomentazioni svolte dalla ricorrente circa l’attività di vigilanza svolta dal Ministero sulle Autorità di Sistema, attività che, comunque, non può dirsi preclusa dalla mancanza di partecipazione al presente giudizio.

7.3. – Infondata si rivela l’eccezione di tardività del ricorso per omessa impugnazione degli atti pregressi come la Delibera del Comitato di Gestione n. 56 del 3.7.2018. Il Collegio osserva in proposito che l’atto ritenuto lesivo della posizione giuridica soggettiva sostanziale dedotta in giudizio da parte ricorrente è rappresentato dalla pubblicazione dell’avviso pubblico, sia pure entro i limiti che saranno di seguito precisati.

8. – La ricorrente ha impugnato gli atti in epigrafe specificati per contestare l’Avviso Pubblico dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale avente ad oggetto “l’affidamento in concessione ex art. 36 cod. nav. di n. 4 lotti delle aree in ambito portuale ubicate tra il Molo Beverello e il Piazzale Pisacane da adibire ad attività di parcheggio a pagamento”.

8.1. – Con il primo motivo di ricorso ha censurato la procedura avviata dall’Autorità di Sistema Portuale per violazione della L. n. 145/2018 (Finanziaria 2019), art. 1, comma 246, laddove sancisce ope legis una proroga della concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricettivo.

Ha ritenuto applicabile la suddetta previsione alla concessione avente ad oggetto l’area di parcheggio in quanto area di sosta a pagamento posta a disposizione dell’utenza del porto turistico e, dunque, ritenuta strumentale all’esercizio della specifica attività turistica di imbarco e sbarco dei crocieristi.

Inoltre, ha affermato che il parcheggio oggetto della concessione costituisce elemento pertinenziale rispetto alla galleria commerciale, con vocazione prettamente turistica in quanto volta all’accoglienza dei vacanzieri ed ad assicurare loro lo svolgimento di attività ricreativa. Secondo la prospettazione di parte ricorrente tale finalità si trasmetterebbe alle aree esterne destinate al servizio della galleria (parcheggi).

Ha dedotto, altresì, la violazione del comma 682 dell’art. 1 della Legge Finanziaria 2019, ai sensi del quale “Le concessioni disciplinate dal comma 1 dell’articolo 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n.400, convertito con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge hanno una durata, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge, di anni quindici. Al termine del predetto periodo, le disposizioni adottate con il decreto di cui al comma 677, rappresentano lo strumento per individuare le migliori procedure da adottare per ogni singola gestione del bene demaniale.”

La ricorrente ritiene che la procedura bandita dall’Autorità di Sistema Portuale risulterebbe illegittima, non solo in quanto sino al 31 dicembre 2020 tutte le concessioni sono prorogate di diritto, con conseguente “blocco” di qualsiasi ulteriore provvedimento in tal senso, ma violerebbe, altresì, il comma 682 dell’art. 1 L.F., che riconosce durata quindicennale alle concessioni quale è quella di cui rivendica la proroga.

8.2. – Con il secondo motivo di ricorso ha dedotto la violazione della legge regionale Campania del 9 gennaio 2014, n. 1, recante “Nuova disciplina in materia di distribuzione commerciale,” con particolare riferimento a quanto previsto agli artt. 22 e 49. Ha specificato che, per i centri commerciali, l’art. 22 prevede che gli esercizi commerciali debbono rispettare la dotazione di parcheggio prevista nell’Allegato A1.

In applicazione delle previsioni della suddetta legge, ha affermato che l’intera superficie di cui al Lotto A dovrebbe essere riservata alla Galleria Commerciale.

Ha escluso che le previsioni del bando (art. 2.a ed art. 11.b, comma 9) siano sufficienti, non individuando l’Autorità Portuale il numero di metri quadri da riservare alla Terminal Napoli, né i criteri di quantificazione di un prezzo calmierato per i fruitori del predetto parcheggio.

8.3. – Ha lamentato, con il terzo motivo, il difetto di istruttoria per avere l’amministrazione portuale omesso di tener conto della peculiare posizione qualificata della ricorrente e dei riflessi negativi derivanti in capo alla stessa e, più in generale, sulla stessa Autorità, legati alla gestione del parcheggio della Galleria commerciale da parte di soggetti diversi rispetto al titolare della medesima Galleria, a cui ritiene debba essere riservata l’intera superficie del Lotto A, pari a mq. 5.706. Ha invocato una gestione congiunta dell’area commerciale e di quella adibita a parcheggio.

Ha contestato, altresì, il criterio di selezione basato sul massimo rialzo per i presumibili rialzi dei prezzi dei parcheggi che ne deriverebbero.

8.4. – Con il quarto motivo parte ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 51, comma 3, d.lgs. 50/2016, per la mancanza, negli atti di gara, dell’indicazione delle modalità di aggiudicazione nel caso in cui – in considerazione della previsione di più lotti e della facoltà del concorrente di partecipare per tutti ma con possibilità di aggiudicarsene soltanto uno – un medesimo partecipante risulti primo classificato per più lotti.

[color=red][b]9. – Il ricorso è in parte inammissibile ed in parte infondato.[/b][/color]

10. – L’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione della ricorrente sollevata dall’Autorità di Sistema Portuale è fondata, sia pure entro i limiti di seguito precisati.

La ricorrente ha affermato di essere legittimata all’impugnazione delle determinazioni dell’amministrazione circa le concessioni demaniali in questione e di avere tuttora interesse alla definizione nel merito del ricorso in esame.

In particolare, quanto alla legittimazione a ricorrere avverso un provvedimento amministrativo, il Collegio osserva che essa deriva dalla titolarità di una situazione giuridica sostanziale nei riguardi della quale la determinazione amministrativa impugnata è destinata a produrre effetti sfavorevoli. Inoltre, come già evidenziato da questa Sezione in altre occasioni (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 6 aprile 2006, n. 3463; 31 marzo 2006, n. 3289), nel caso di impugnazione di una concessione demaniale è necessario che il ricorrente sia titolare di analogo rapporto concessorio già in atto in relazione alla stessa area oggetto del provvedimento gravato, ovvero che la sua pretesa al conseguimento dello stesso bene conferito al controinteressato risulti qualificata e formalizzata.

Nel caso in esame, tuttavia, oggetto di impugnazione sono gli atti relativi alla procedura volta all’affidamento in concessione, ex art. 36 cod. nav, a tutt’oggi risultante non definita.

In adesione a quanto stabilito dalla giurisprudenza in ordine all’impugnazione delle procedure concorsuali e ribadito anche da questa Sezione del T.A.R. (da ultimo Sez. VII, sent. 2264 del 26 aprile 2019), occorre chiarire che «anche con riferimento al vigente quadro legislativo, debba trovare persistente applicazione l’orientamento secondo il quale le clausole non escludenti del bando vadano impugnate unitamente al provvedimento che rende attuale la lesione (id est: aggiudicazione a terzi), considerato altresì che la postergazione della tutela avverso le clausole non escludenti del bando, al momento successivo ed eventuale della denegata aggiudicazione, secondo quanto già stabilito dalla decisione dell’Adunanza plenaria n. 1 del 2003, non si pone certamente in contrasto con il principio di concorrenza di matrice europea, perché non lo oblitera, ma lo adatta alla realtà dell’incedere del procedimento nella sua connessione con i tempi del processo» (Ad. Plen., sent. n. 4/2018; Cons. di Stato, IV, sent. n. 1125/2016).

Secondo principi consolidati, come uniche eccezioni al principio generale – che limita la legittimazione all’impugnazione degli atti di gara a coloro che hanno preso parte alla procedura, presentando la relativa domanda di partecipazione e solo in presenza di un provvedimento (aggiudicazione e/o affidamento) che renda attuale la lesione -, sono state enucleate tre tassative ipotesi e, cioè, quando: a) si contesti in radice l’indizione della gara; b) all’inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto; c) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti; (in tal senso A.P. n. 4 del 2018; n. 1 del 2003 ed A.P. n. 4 del 2011).

Nell’ipotesi in cui si contesti in radice l’indizione della gara, la legittimazione del soggetto che impugna la decisione di indire una gara è ammessa nei soli casi in cui questi dimostri, comunque, una adeguata posizione differenziata, costituita, per esempio, dalla titolarità di un rapporto (in questo caso, peraltro, venuta meno per effetto della scadenza del termine previsto nell’atto di concessione) incompatibile con il nuovo affidamento contestato (Cons. Stato, sez. III, sent. 2535 del 18.4.2019).

Tali principi dettati in materia di controversie aventi ad oggetto gare di appalto trovano applicazione, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 361 del 22.1.201; Cons Stato sez. VI, sent. 7547 del 3.12.2009), anche per concessioni di beni pubblici che, essendo assimilate ad atti negoziali, non sfuggono, come più volte enunciato, ai principi che impongono l’espletamento di un confronto concorrenziale tra i soggetti potenzialmente interessati.

[color=red][b]Ne deriva che all’Amministrazione non può essere preclusa la possibilità di bandire di propria iniziativa una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento in concessione di un’area portuale, trattandosi di scelta che risulta meglio armonizzarsi con i principi di concorrenzialità di derivazione comunitaria.[/b][/color]

10.1. – Alla luce di quanto sopra, il Collegio ritiene di dover scrutinare le sole censure, attinenti alla procedura oggetto del presente ricorso, con le quali si contesta in radice l’indizione della gara (primo motivo di ricorso motivo di ricorso), dovendo ogni altra doglianza essere oggetto d’impugnazione unitamente all’eventuale aggiudicazione (rectius: affidamento) in favore di altro concorrente.

Segnatamente, il Collegio ritiene di dover escludere l’immediata impugnabilità della procedura con riferimento: al secondo motivo di ricorso con cui la ricorrente ha dedotto la violazione degli artt. 22 e 49 della L.R. 1/2014 per l’omessa riserva di area parcheggio al servizio dell’area commerciale; al terzo motivo di ricorso con cui la ricorrente ha rivendicato la stretta interdipendenza tra la gestione della galleria commerciale e quella del parcheggio di cui al Lotto A ed ha contestato il criterio, scelto per l’assegnazione, ossia quello del massimo rialzo sul canone posto a base di gara; al quarto motivo di ricorso relativo alla asserita omessa indicazione delle modalità di aggiudicazione nel caso in cui un medesimo concorrente risulti primo classificato per più lotti.

10.2. – Sull’inammissibilità delle censure riferite al rapporto tra la gestione della galleria commerciale e quella del parcheggio, si ritiene di rimarcare ulteriormente che la procedura oggetto dell’avviso pubblico avversato è volta all’affidamento dell’area portuale, individuata nei quattro Lotti, destinata a parcheggi.

Con specifico riferimento alla galleria commerciale, come evidenziato anche da parte ricorrente, l’art. 2.a dell’Avviso prevede, nella parte della tabella descrittiva dei quattro lotti messi a gara, relativa al Lotto A che “L’assegnatario dovrà garantire la fruibilità di stalli ai fruitori della sezione commerciale della Stazione Marittima nei limiti previsti dalla L.R.C. n. 01/2014”; l’art. 11.b prescrive, inoltre, al comma 9 che “Per gli aggiudicatari del Lotto A, deve essere prevista una tariffa scontata per i fruitori della Galleria Commerciale del Terminal Crocieristico”

Emerge in tutta evidenza come in nessun modo l’Avviso contestato incide sulla dotazione dei parcheggi esistenti e men che meno su quella riferita all’area commerciale, contenuta nel Lotto A, essendo la procedura avviata volta unicamente all’affidamento della gestione dei parcheggi esistenti. Ogni doglianza legata ai criteri di scelta e ai rapporti con la Galleria commerciale esula, dunque, dalle questioni relative all’indizione della gara, alla quale non risulta in alcun modo preclusa la più ampia partecipazione proprio per effetto della tipologia di procedura avviata, ivi compresa quella della ricorrente.

Circa il bene della vita anelato dalla ricorrente giova fin d’ora anticipare (si rinvia a quanto di seguito ulteriormente argomentato nel corso della trattazione del primo motivo di ricorso: v. punto 11 e ss.) che, secondo principi consolidati condivisi dal Collegio, a fronte dell’intervenuta cessazione del rapporto concessorio, il titolare del relativo titolo in questione può vantare un mero interesse di fatto a che l’Amministrazione proceda ad una nuova concessione in suo favore, e non già una situazione qualificata in qualità di concessionario uscente (Cons. di Stato, sez. VI, sent. 3377 del 10.7.2017).

10.3. – In applicazione dei principi sinora richiamati, in definitiva, le censure dedotte dalla ricorrente diverse da quelle con cui si contesti in radice l’indizione della gara è rimessa all’eventuale impugnazione contro l’altrui aggiudicazione, perché è solo in tale momento che si concretizza la lesione – e quindi l’interesse al ricorso – per gli altri partecipanti alla procedura (T.A.R, Campania Napoli, sez. VII, sent. 2264/2019, cit.).

10.4. – Nei termini appena precisati il ricorso è, pertanto, inammissibile con riferimento ai motivi secondo, terzo e quarto di ricorso.

[b]11. – Il primo motivo di ricorso è, invece, infondato.[/b]

[color=red][b]11.1. – La ricorrente, circa la natura della concessione demaniale, afferma che, in quanto attinente lo svolgimento di una attività di parcheggio, essa sarebbe riconducibile nell’alveo delle attività “turistico – ricreative”, con conseguente applicabilità del regime della proroga tacita previsto dalla vigente normativa di settore.[/b][/color]

Richiama, in particolare, l’art. 1, commi 675 – 683 della Legge 30.12.2018, n. 145 che – nel porre le basi per una riforma della disciplina delle concessioni demaniali marittime la cui regolamentazione di dettaglio è affidata ad un DPCM che avrebbe dovuto essere emanato entro il 01.05.2019 -, ha stabilito, per le concessioni demaniali esistenti, la scadenza dopo 15 anni decorrenti dalla data di entrata in vigore della medesima legge.

Conclude, pertanto, assumendo che l’area di parcheggio in questione sarebbe da considerare come area di sosta al servizio delle attività turistico ricettive del Porto di Napoli, in quanto strumentale all’attività di imbarco e sbarco dei turisti.

Richiama, ancora, il Master Plan del Porto di Napoli – Piano Operativo 2017 – 2019 evidenziando che l’area in questione è collocata tra quella “dedicata a parcheggi auto asserviti all’attività monumentale del porto”, con “funzione passeggeri merci”.

Aggiunge che il parcheggio di cui al Lotto A costituisce elemento “pertinenziale” rispetto alla galleria commerciale, in quanto funzionale alla fruizione della Galleria stessa.

[color=red][b]11.2. – L’assunto di parte ricorrente non risulta convincente.[/b][/color]

La nozione di «concessione di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative» è stata oggetto di una specifica definizione legislativa, che non consente di estendere il suo significato ad altre tipologie di concessioni di beni demaniali.

Rilevano al riguardo l’articolo 1 del decreto legge n. 400 del 1993, convertito nella legge n. 494 del 1993, e l’articolo 13 della legge n. 172 del 2003:

– l’articolo 1 del decreto legge n. 400 del 1993, convertito nella legge n. 494 del 1993, prevede, al comma 1, che «La concessione dei beni demaniali marittimi può essere rilasciata, oltre che per servizi pubblici e per servizi e attività portuali e produttive, per l’esercizio delle seguenti attività: a) gestione di stabilimenti balneari; b) esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio; c) noleggio di imbarcazioni e natanti in genere; d) gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive; e) esercizi commerciali; f) servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie di utilizzazione»;

– l’articolo 13 della legge n. 172 del 2003 («Disposizioni concernenti le concessioni di beni demaniali marittimi per finalità turistico-ricreative nonché l’esercizio di attività portuali») al comma 1 contiene una norma di interpretazione autentica, per la quale «Le parole “le concessioni di cui al comma 1”, di cui al comma 2 dell’articolo 1 del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494,….si interpretano nel senso che esse sono riferite alle sole concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative, quali indicate nelle lettere da a) ad f) del comma 1 del medesimo articolo 1».

[color=red][b]Da tali disposizioni emerge, dunque, che le concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative sono unicamente quelle indicate nelle richiamate lettere da a) ad f) dell’art. 1, comma 1, della legge n. 400 del 1993.[/b][/color]

L’articolo 13 della citata legge n. 172 del 2003 si è riferito alle «sole concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative», in tal modo disponendo che tale qualificazione va riferita unicamente alle concessioni indicate nelle citate lettere da a) ad f).

Poiché solo le fattispecie di cui alle lettere da a) ad f) costituiscono le ipotesi riconducibili alla nozione di «concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative», non possono ritenersi comprese anche le concessioni riguardanti attività di parcheggio nell’ambito del porto di Napoli.

[b]É riconosciuto in giurisprudenza che la gestione di un autoparcheggio su area pubblica, riguardando l’utilizzazione di un bene pubblico, anche quando non comporta il trasferimento di poteri autoritativi, costituisce attività di pubblico servizio assunto dalla pubblica amministrazione e svolta o direttamente dalla stessa o da altro soggetto ad essa collegato ed in favore della collettività indistinta (cfr. Cass., S.U., 4 luglio 2006, n. 15217 e Cons. Stato, V, 31 maggio 2011, n. 3250, cit.) Si tratta di beni pubblici soggetti al regime del demanio pubblico.[/b]

Dal Master Plan del Porto di Napoli (pag. 34), richiamato anche da parte ricorrente, si evince che il Porto di Napoli costituisce una “rilevante realtà industriale e logistica della Regione Campania” e gli obiettivi sono quelli di: “incrementare i traffici (passeggeri, merci, container Ro-Ro); rimodulare gli spazi a ridosso del centro storico con il conseguente miglioramento del waterfront; decongestionare la pressione urbana eccessiva a detrimento dell’efficacia delle attività produttive e di servizi posti in essere al suo interno”.

Nella successiva pagina (pag. 35) si dice espressamente che “il corretto funzionamento dell’assetto concessorio e la verifica di attuazione sui piani di impresa rappresenta un elemento essenziale per garantire la funzionalità delle attività marittime ed economiche in porto”. Segue la suddivisione della attività portuali in base alle funzioni portuali: commerciale-contenitori, merci varie e rinfuse liquide; cantieristica navale; industriale; mista; passeggeri; servizi portuali generali. In seno alla funzione passeggeri/merci si specifica che è “consentito lo svolgimento delle attività terziarie e dei servizi connessi come di seguito elencati: attività commerciali (…); servizi (…); attività ricettive dedicate al traffico passeggeri.

Nelle Linee di indirizzo per una gestione, in ambito portuale, delle aree demaniali coerente con le ipotesi programmatiche, con riferimento alla funzione passeggeri, al punto A3, si fa espresso riferimento alla “sub funzione parcheggi” intesa come “area dedicata a parcheggi auto asserviti all’area monumentale del porto”.

La Delibera n. 85/2019 evidenzia che la “sub funzione parcheggi” non si presenta come unico elemento uniforme, tanto da ipotizzare una “razionalizzazione degli spazi”. Richiama il Masterplan che per la sub funzione parcheggi evidenzia la “necessità di regolamentare in maniera uniforme le aree di sosta ed i servizi resi all’utenza”. Dà ancora conto del processo di riorganizzazione delle concessioni in ambito portuale al fine di “renderle omogenee per attività commerciale svolta e per ubicazione spaziale”.

[b]11.3. – In alcun modo può ritenersi tale attività compresa nelle richiamate lettere da a) ad f) dell’art. 1, comma 1, della legge n. 400 del 1993. Si tratta, in tutta evidenza, di gestione di aree demaniali in ambito portuale, peraltro, all’interno di un porto come quello di Napoli che comprende un vasto complesso di attività a ridosso del centro della città all’interno del quale si pone l’attività di parcheggio connessa alla circolazione dei veicoli in zona.[/b]

[color=red][b]Deve, in conclusione, escludersi la natura di concessione di bene demaniale per finalità turistico-ricreative.[/b][/color]

11.4. – A quanto sino ad ora (ed in senso dirimente) rilevato, il Collegio, per completezza, ritiene di aggiungere che la pretesa della ricorrente non potrebbe trovare comunque favorevole apprezzamento, neanche nell’ipotesi in cui si dia seguito alla tesi circa la riconducibilità dell’attività di parcheggio in questione in quella turistico ricreativa. Anche per le concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative, infatti, la disciplina nazionale deve essere conforme al diritto europeo, ostativo alla proroga ex lege dei relativi titoli concessori.

Prima ancora della nota sentenza della Corte di Giustizia del 14 luglio 2016 (in cause riunite C-458/14, Promoimpresa srl, e C-67/15, Mario Melis e altri), la giurisprudenza aveva già largamente aderito all’interpretazione dell’art. 37 cod. nav. che privilegia l’esperimento della gara, derivante dall’esigenza di applicare le norme conformemente ai principi comunitari in materia di libera circolazione dei servizi, di par condicio, d’imparzialità e di trasparenza, essendo pacifico che tali principi, si applicano anche a materie diverse dagli appalti, in quanto riconducibili ad attività, suscettibile – come nella specie – di apprezzamento in termini economici.

[b]In tal senso si è del resto espresso, già da tempo risalente, il Consiglio di Stato che ha ritenuto applicabili i detti principi “anche alle concessioni di beni pubblici, fungendo da parametro di interpretazione e limitazione del diritto di insistenza di cui all’ art. 37 del codice della navigazione”, sottolineandosi che “la sottoposizione ai principi di evidenza trova il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la concessione di area demaniale marittima si fornisce un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, tale da imporre una procedura competitiva ispirata ai ricordati principi di trasparenza e non discriminazione”(cfr. Cons. St., Sez. VI, 25 gennaio 2005, n. 168, decisione che focalizza l’esigenza di un’effettiva ed adeguata pubblicità per aprire il confronto concorrenziale su un ampio ventaglio di offerte (cfr., altresì prima ed in via generale, Cons. St., Sez. VI, 15 febbraio 2002, n. 934).[/b]

[b]In tal senso, del resto, la Commissione Europea secondo la quale “la circostanza che le direttive comunitarie in materia di appalti siano attuative dell’ art. 81 del Trattato porta in sostanza a ritenere che queste norme siano puramente applicative, con riferimento a determinati appalti di principi generali che essendo sanciti in modo universale dal Trattato, sono ovviamente valevoli anche per contratti e fattispecie diverse da quelle concretamente contemplate” (Comunicazione 29 aprile 2000; cfr., altresì, per l’estensione dei principi comunitari: Corte di Giustizia, sentenza 7 dicembre 2000, in causa C-324/98).[/b]

[b]Da ultimo, imprescindibili sono i principi affermati dalla Corte di Giustizia (con la menzionata sentenza, Sez. V, 14 luglio 2016, in C-458/14 e C-67/15) per la quale «L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati».[/b]

[color=red][b]Da tale sentenza, si desume che la proroga ex lege delle concessioni demaniali aventi natura turistico-ricreativa, invocata dalla ricorrente non può essere generalizzata, dovendo la normativa nazionale ispirarsi alle regole della Unione Europea sulla indizione delle gare: l’articolo 1, comma 18, del decreto legge n. 194 del 2009 non può indurre a ritenere in sede amministrativa o giurisdizionale che si siano rinnovati ex lege in maniera generalizzata i rapporti in essere per attività turistico ricreative.[/b][/color]

La Corte di Giustizia, più specificamente, chiamata a pronunciarsi sulla portata dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (cd. Bolkestein) del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (direttiva servizi), ha affermato in primo luogo che le concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo rientrano in linea di principio nel campo di applicazione della direttiva, restando rimessa al giudice nazionale la valutazione circa la natura “scarsa” o meno della risorsa naturale attribuita in concessione, con conseguente illegittimità di un regime di proroga ex lege delle concessioni aventi ad oggetto risorse naturali scarse, regime ritenuto equivalente al rinnovo automatico delle concessioni in essere, espressamente vietato dall’art. 12 della direttiva. In secondo luogo, la Corte di giustizia ha affermato che, per le concessioni alle quali la direttiva non può trovare applicazione, l’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) osta a una normativa nazionale, come quella italiana oggetto dei rinvii pregiudiziali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentino un interesse transfrontaliero certo.

Come chiarito anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. VI, sent. 3377/2017, cit.):

– in seguito alla soppressione, con l’art. 1, comma 18, d.l. n. 194/2009, dell’istituto del ‘diritto di insistenza’, ossia del diritto di preferenza dei concessionari uscenti, l’Amministrazione, la quale intenda procedere a una nuova concessione del bene demaniale marittimo con finalità turistico-ricreativa, in aderenza ai principi euro-unitari della libera di circolazione dei servizi, della par condicio, dell’imparzialità e della trasparenza, ai sensi del novellato art. 37 Cod. nav. è tenuta a indire una procedura selettiva e a dare prevalenza alla proposta di gestione privata del bene che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e risponda a un più rilevante interesse pubblico, anche sotto il profilo economico (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 aprile 2017, n. 1763, § 8.2.3.; Sez. V, 7 novembre 2014, n. 5480);

– a fronte dell’intervenuta cessazione del rapporto concessorio, come sopra già evidenziato, il titolare del titolo concessorio in questione può vantare un mero interesse di fatto a che l’Amministrazione proceda ad una nuova concessione in suo favore, e non già una situazione qualificata in qualità di concessionario uscente, con conseguente inconfigurabilità di alcun obbligo di proroga ex lege o motivazionale dell’Amministrazione.

[b]11.5. – Quanto già chiarito circa la natura dell’attività di parcheggio su area demaniale collocata in ambito portuale e l’evoluzione del diritto e della giurisprudenza interna e nazionale sulle concessioni demaniali marittime, esclude in radice anche la possibilità di applicazione delle previsioni di cui alla L. 145/2018, pure invocata dalla ricorrente.[/b]

11.6.- In conclusione, non residuano spazi per un favorevole apprezzamento delle pretese della ricorrente, attese le peculiarità dell’attività oggetto della procedura di affidamento contestata che, come visto, in quanto inserita in ambito portuale e in quanto avente ad oggetto il parcheggio per conto terzi, non presenta alcuna caratteristica idonea a farla ricondurre tra quelle turistico ricreative, rispetto alle quali, in ogni caso, si applicano i principi europei recepiti dalla giurisprudenza interna, nei termini sopra evidenziati.

12. – Per tutto quanto esposto il ricorso deve essere dichiarato in parte inammissibile e deve essere respinto per la restante parte.

13. – Le spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono le regole della soccombenza nei confronti dell’Autorità di Sistema Portuale resistente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– dichiara il difetto di legittimazione passiva del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, che estromette, quindi, dal giudizio;

– lo dichiara in parte inammissibile e lo respinge per la restante parte;

– condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Autorità di Sistema Portuale Mar Tirreno, liquidate in complessivi € 5.000,00 (euro cinquemila/00), oltre IVA, CPA e rimborso come per legge.

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