[size=18pt]REVOCA per "intestazione fittizia" di licenza commerciale - SENTENZA[/size]
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[b]TAR CALABRIA – CATANZARO, SEZ. I – sentenza 27 agosto 2019 n. 1535[/b]
Ed invero, [color=red][b]a mente dell’art. 19 D.P.R. n. 616/1977 la revoca della licenza di somministrazione di alimenti e bevande può essere disposta anche nei confronti di intestatari che di fatto non gestiscano il locale[/b][/color], ma che ne risultino formalmente titolari; infatti, con l’espediente ormai tipico dell’intestazione fittizia della licenza a persone incensurate con loro imparentate o comunque affiliate, soggetti noti all’autorità di pubblica sicurezza, in virtù di precedenti di polizia o penali, denotano la volontà di eludere il regime di sorveglianza al quale sono assoggettati, al fine di proseguire l’attività aggirando precedenti provvedimenti amministrativi di revoca e, in tal modo, di riaffermare la capacità economica dell’organizzazione criminale cui appartengono mediante il reimpiego dei proventi delle attività delittuose. La revoca, pertanto, ben può fondarsi su elementi anche di natura indiziaria, diretti ad evidenziare l’inerenza del “pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini” rispetto all’attività economica oggetto di autorizzazione e la valutazione prognostica di pericolo è legittimamente evincibile anche quando vi è il ragionevole sospetto che l’intestazione delle licenze commerciali abbia natura solo “fittizia” (cfr. Cons. St., Sez. V, 18 maggio 2015 n. 2511).
Il sospetto di intestazione fittizia risulta plausibilmente argomentato, nel caso in esame, sulla scorta dei rilievi concernenti l’attività di lavoro dipendente svolta, in precedenza, dal ricorrente presso l’impresa individuale “-OMISSIS-”, locatrice dell’immobile ove viene esercitata l’attività di ristorazione oggetto del provvedimento di chiusura ex art. 19 comma 4 DPR 616/1977 nonché, ancora, sul presupposto dell’esiguità del lasso di tempo intercorso tra la similare ordinanza di chiusura emessa a carico della suddetta impresa locatrice (settembre 2017) e l’avvio dell’attività imprenditoriale da parte dell’odierno ricorrente (dicembre 2017).
Né assume la rilevanza che il ricorrente mostra di annetterle la circostanza, dedotta in ricorso, secondo la quale a decorrere da dicembre 2017, data di inizio dell’attività da parte sua, non si sono verificati all’interno dei locali di esercizio disordini o tumulti. La disposizione in questione attribuisce infatti all’autorità di polizia il potere di sospendere e quindi revocare la licenza commerciale relativa ad esercizi non solo teatro di «tumulti o gravi disordini», ma anche «che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini», di guisa che assume rilevanza dirimente, ai fini dell’adozione di un provvedimento di revoca della licenza commerciale, che nel locale dove l’attività è svolta non si siano verificati episodi di turbativa dell’ordine e sicurezza pubblici, laddove questi ultimi siano intesi nel senso di tutela dell’incolumità delle persone (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2511/2015 cit.; Id., Sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5082).