Data: 2019-07-28 16:47:24

Sanzioni pecuniarie "fisse" ed accessorie - Possibilità per il Comune

Si discute, circa la possibilità, per un Comune, di poter applicare una sanzione amm.va accessoria (quale la sospensione di un'attività), in conseguenza della inosservanza di un regolamento o di una ordinanza comunale.
Altro oggetto di discussione, attiene alla possibilità, sempre per il Comune, di applicare una sanzione pecuniaria fissa, in luogo di quella in misura ridotta pari a 50,00 euro (doppio del minimo edittale, ex art. 7-bis TUEL).

A parere di chi scrive, il Comune può applicare la sanzione amministrativa pecuniaria di cui sopra, nonché la sanzione accessoria ritenuta utile ad interrompere l'attività illecita, purché ne sia dato atto, in modo palese, nel regolamento o nell'ordinanza.

E' ben chiara la riserva costituzionale di cui all'art. 23 della Carta, secondo la quale nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Allora, per dirimere la questione inerente l'applicabilità della sanzione accessoria, nei termini anzidetti, credo che dobbiamo partire proprio dalla legge di riferimento.

La legge 689/1981, come risaputo, ha previsto modifiche al codice penale, al solo fine di defatigare il lavoro del giudice e non certo di privare della "natura penale" i c.d. illeciti amministrativi: tant'è, che in dottrina, taluni definiscono i reati depenalizzati come "reati amministrativi".
In tal senso, la riserva di legge di cui all'art. 20, primo comma della legge citata è sicuramente da riferire ai reati depenalizzati dalla legge da ultimo richiamata. Ma se ci domandiamo che cos'è una sanzione accessoria, credo che sia pacifico definirla come la misura afflittiva che si applica di diritto, a quella principale.
La sanzione principale (che comprende quella accessoria o, se vogliamo, cui quest'ultima accede), nel caso di specie, viene stabilita dall'art. 7-bis TUEL cit. e quindi, a questa - per via derivata e secondo i principi generali dell'ordinamento costituzionale (che riconoscono autonomia ed autarchia aiComuni) - può accedere quella che il Comune decide di applicare, quale la sospensione dell'attività, a condizione che il Comune stesso ne manifesti la volontà, nell'ambito del regolamento comunale di riferimento o dell'ordinanza. Il tutto, secondo le procedure previste dalla legge 241/1990 che, con l'avvio del procedimento amministrativo, mettono il cittadino nella condizione di potersi difendere da eventuali atti illeciti della P.A. o adeguarsi ai relativi provvedimenti.
In buona sostanza, sebbene il legislatore non abbia stabilito, in modo palese, nell'ambito dell'art. 7-bis TUEL, è chiaro che a quella sanzione amministrativa pecuniaria, accede (implicitamente) la misura che il Comune, secondo il proprio libero e razionale apprezzamento, intende applicare, per interrompere un'attività illecita, che, altrimenti, non potrebbe essere interrotta (es.: per ragioni d'impresa, un'azienda soggetta a controllo amministrativo locale, potrebbe avere tutto l'interesse a pagare una sanzione giornaliera pari a 50 euro - una sorta di contributo, piuttosto che di sanzione - ma continuare a svolgere la propria attività in dipregio delle regole locali).

Per le medesime ragioni, il Comune potrebbe applicare una sanzione più grave di quella "aritmetica" che si ricava dalla lettura dell'art. 16 della l. 689/1981, con l'evidente scopo di aumentare l'effetto di deterrenza della sanzione stessa.
Infatti, l'art. 106 l.com.prov. (r.d. n. 383 del 1934) - che sanziona le contravvenzioni alle disposizioni dei regolamenti comunali che non trovino la loro sanzione in altre espresse disposizioni legislative - non può considerarsi abrogato in seguito all'entrata in vigore dell'art. 1 della l. n. 689 del 1981, sia perchè gli art. 16 e 17 di quest'ultima legge hanno fatto espresso riferimento alle modalità di pagamento previste nel successivo art. 107 ed hanno individuato nel sindaco il destinatario dei rapporti relativi alle infrazioni ai regolamenti comunali, sia perchè detto art. 106 è stato esplicitamente fatto salvo dall'art. 64, lett. c), della l. n. 142 del 1990. Ne consegue che il principio di legalità dell'illecito amministrativo, contenuto nell'art. 1 della l. n. 689 del 1981, non ha ragione di operare nel caso di violazione di regolamenti comunali e provinciali, i quali del resto trovano il loro fondamento costituzionale nel riconoscimento delle autonomie locali, affermato negli art. 5 e 128 cost., con cui deve coordinarsi il principio della riserva di legge, di carattere relativo, previsto dall'art. 23 Cost (Cass. civ. Sez. III, 18-02-2000, n. 1865).
A ciò si aggiunga, che a seguito delle modificazioni apportate all'art. 16 della l. 689/1981 dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, al secondo comma, è oggi previsto che per le violazioni ai regolamenti ed alle ordinanze comunali e provinciali, la Giunta comunale o provinciale, all’interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, può stabilire un diverso importo del pagamento in misura ridotta, in deroga alle disposizioni del primo comma.
Dunque, il Comune (per esso la G.M.), nel limite edittale compreso tra i 25 ed i 500 euro (i cui limiti minimi e massimi, rientrano nelle competenze esclusive dello Stato) di cui al citato art. 7-bis, può stabilire anche sanzioni diverse da quella "aritmetica" di cui sopra, purché adeguatamente motivate.

Cosa ne pensate?

Grazie.

riferimento id:50557

Data: 2019-07-29 04:43:29

Re:Sanzioni pecuniarie "fisse" ed accessorie - Possibilità per il Comune

Si discute, circa la possibilità, per un Comune, di poter applicare una sanzione amm.va accessoria (quale la sospensione di un'attività), in conseguenza della inosservanza di un regolamento o di una ordinanza comunale.
[color=red]A nostro avviso la discussione non può aver luogo stante il principio costituzionale di riserva di legge (art. 23).
Solo una legge (nazionale o regionale) può introdurre sanzioni, siano essere principali, siano esse accessorie.
Diversa è la misura cautelare o la diffida (promemoria a rispettare la legge).[/color]

Altro oggetto di discussione, attiene alla possibilità, sempre per il Comune, di applicare una sanzione pecuniaria fissa, in luogo di quella in misura ridotta pari a 50,00 euro (doppio del minimo edittale, ex art. 7-bis TUEL).
[color=red]Idem. il Comune può inserire esclusivamente una misura diversa per il pagamento in misura ridotta per specifici illeciti (superiore o inferiore al doppio del minimo). Ma non può assolutamente introdurre in via regolamentare sanzioni amministrative, siano essere in misura fissa o variabile[/color]

A parere di chi scrive, il Comune può applicare la sanzione amministrativa pecuniaria di cui sopra, nonché la sanzione accessoria ritenuta utile ad interrompere l'attività illecita, purché ne sia dato atto, in modo palese, nel regolamento o nell'ordinanza.
[color=red]Non concordiamo[/color]

E' ben chiara la riserva costituzionale di cui all'art. 23 della Carta, secondo la quale nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Allora, per dirimere la questione inerente l'applicabilità della sanzione accessoria, nei termini anzidetti, credo che dobbiamo partire proprio dalla legge di riferimento.

La legge 689/1981, come risaputo, ha previsto modifiche al codice penale, al solo fine di defatigare il lavoro del giudice e non certo di privare della "natura penale" i c.d. illeciti amministrativi: tant'è, che in dottrina, taluni definiscono i reati depenalizzati come "reati amministrativi".
In tal senso, la riserva di legge di cui all'art. 20, primo comma della legge citata è sicuramente da riferire ai reati depenalizzati dalla legge da ultimo richiamata. Ma se ci domandiamo che cos'è una sanzione accessoria, credo che sia pacifico definirla come la misura afflittiva che si applica di diritto, a quella principale.
La sanzione principale (che comprende quella accessoria o, se vogliamo, cui quest'ultima accede), nel caso di specie, viene stabilita dall'art. 7-bis TUEL cit. e quindi, a questa - per via derivata e secondo i principi generali dell'ordinamento costituzionale (che riconoscono autonomia ed autarchia aiComuni) - può accedere quella che il Comune decide di applicare, quale la sospensione dell'attività, a condizione che il Comune stesso ne manifesti la volontà, nell'ambito del regolamento comunale di riferimento o dell'ordinanza. Il tutto, secondo le procedure previste dalla legge 241/1990 che, con l'avvio del procedimento amministrativo, mettono il cittadino nella condizione di potersi difendere da eventuali atti illeciti della P.A. o adeguarsi ai relativi provvedimenti.
[color=red]Il ragionamento, seppur pregevole, non regge ad una obiezione di fondo.
PARADOSSALMENTE si mantiene la riserva di legge sulla sanzione principale, meno afflittiva, e si ritiene "liberalizzata" (nel senso di disponibile in sede regolamentare) quella più afflittiva (che fra l'altro potrebbe essere anche di natura pecuniaria (es. si raddoppia la sanzione)[/color]

In buona sostanza, sebbene il legislatore non abbia stabilito, in modo palese, nell'ambito dell'art. 7-bis TUEL, è chiaro che a quella sanzione amministrativa pecuniaria, accede (implicitamente) la misura che il Comune, secondo il proprio libero e razionale apprezzamento, intende applicare, per interrompere un'attività illecita, che, altrimenti, non potrebbe essere interrotta (es.: per ragioni d'impresa, un'azienda soggetta a controllo amministrativo locale, potrebbe avere tutto l'interesse a pagare una sanzione giornaliera pari a 50 euro - una sorta di contributo, piuttosto che di sanzione - ma continuare a svolgere la propria attività in dipregio delle regole locali).
[color=red]Sono valutazioni sostanziali che non reggono. Il FINE non giustifica i MEZZI.
E' proprio il legislatore che ha voluto evitare che i Comuni applicassero sanzioni accessorie per vari motivi:
1) evitare conseguenze negative su attività economiche
2) garantire uniformità di trattamento a livello nazionale (considerato che i soggetti non operano a livello comunale)
3) ritenendo sufficiente la sanzione pecuniaria.

Semmai occorre stigmatizzare il comportamento di taluni Comuni che:
a) in sede di ordinanza ingiunzione invece che applicare il massimo o una cifra importante si limitano a "confermare" i 50 euro
b) in sede di vigilanza applicano solo 1 volta il verbale. Se tizio apre senza scia si fa verbale, se il giorno dopo rimane aperto se ne fa un altro ... e così via!
[/color]

Per le medesime ragioni, il Comune potrebbe applicare una sanzione più grave di quella "aritmetica" che si ricava dalla lettura dell'art. 16 della l. 689/1981, con l'evidente scopo di aumentare l'effetto di deterrenza della sanzione stessa.
[color=red]L'art. 16 non prevede una sanzione fissa. Il doppio del minimo è solo la misura per il PMR. In sede di ordinanza ingiunzione si applica l'art. 11 e non il 16[/color]

Infatti, l'art. 106 l.com.prov. (r.d. n. 383 del 1934) - che sanziona le contravvenzioni alle disposizioni dei regolamenti comunali che non trovino la loro sanzione in altre espresse disposizioni legislative - non può considerarsi abrogato in seguito all'entrata in vigore dell'art. 1 della l. n. 689 del 1981, sia perchè gli art. 16 e 17 di quest'ultima legge hanno fatto espresso riferimento alle modalità di pagamento previste nel successivo art. 107 ed hanno individuato nel sindaco il destinatario dei rapporti relativi alle infrazioni ai regolamenti comunali, sia perchè detto art. 106 è stato esplicitamente fatto salvo dall'art. 64, lett. c), della l. n. 142 del 1990. Ne consegue che il principio di legalità dell'illecito amministrativo, contenuto nell'art. 1 della l. n. 689 del 1981, non ha ragione di operare nel caso di violazione di regolamenti comunali e provinciali, i quali del resto trovano il loro fondamento costituzionale nel riconoscimento delle autonomie locali, affermato negli art. 5 e 128 cost., con cui deve coordinarsi il principio della riserva di legge, di carattere relativo, previsto dall'art. 23 Cost (Cass. civ. Sez. III, 18-02-2000, n. 1865).
[color=red]Non condivisibile
CONSIGLIO DI STATO, SEZ. I – Parere 17 ottobre 2001 n. 885 "A seguito dell’intervenuta abrogazione - disposta dall’art. 274 del T.U. 18 agosto 2000 n. 267
- dell’art. 106 del vecchio T.U. 3 marzo 1934 n. 383 (il quale si poneva quale norma primaria
autorizzatrice del potere degli Enti locali di irrogare sanzioni amministrative per la violazione di
regolamenti, stabilendo che “quando la legge non disponga altrimenti, le contravvenzioni alle
disposizioni dei regolamenti comunali sono punite con la sanzione amministrativa fino a lire
1.000.000”), deve ritenersi che sia venuto meno il potere sanzionatorio in capo alle
Amministrazioni locali, in un contesto ordinamentale in cui da un lato l’art. 23 della Costituzione
riserva alla legge ogni imposizione di prestazioni personali e patrimoniali e dall’altro l’art. 1 della
legge quadro 24 novembre 1981 n. 689 (modifiche al sistema penale) ribadisce, in coerenza con il
dettato costituzionale, il principio di legalità e di riserva legislativa alla stregua del quale “nessuno
può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in
vigore prima della commissione della violazione”


R.D. 03/03/1934, n. 383
Approvazione del testo unico della legge comunale e provinciale.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 17 marzo 1934, n. 65, S.O.
Capo VI

Delle contravvenzioni

106. [Quando la legge non disponga altrimenti, le contravvenzioni alle disposizioni dei regolamenti comunali sono punite con la sanzione amministrativa fino a lire 1.000.000 (133).

Con la stessa pena sono punite le contravvenzioni alle ordinanze emesse dal sindaco in conformità alle leggi ed ai regolamenti (134).

Il verbale di accertamento deve espressamente indicare se la contravvenzione sia stata o meno personalmente contestata al contravventore] (135).

(133) Comma così sostituito dall'art. 9, L. 9 giugno 1947, n. 530. L'importo della sanzione è stato così elevato dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603, nonché dall'art. 114, primo comma, L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, primo comma, della stessa legge n 689/1981.

La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 32 della citata L. 24 novembre 1981, n. 689.

(134) Comma così sostituito dall'art. 9, L. 9 giugno 1947, n. 530.

(135) Il presente provvedimento è stato abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L'art. 275 dello stesso ha, inoltre, disposto che i riferimenti a disposizioni del presente decreto, contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, si intendano effettuati ai corrispondenti articoli del suddetto D.Lgs. n. 267/2000.

Precedentemente:

- l'art. 13, R.D.L. 4 aprile 1944, n. 111 aveva abrogato le norme del presente testo unico contrarie o incompatibili con esso;

- l'art. 9, L. 21 dicembre 1978, n. 843 aveva disposto la cessazione dell'efficacia delle disposizioni del presente testo unico a decorrere dall'anno 1979;

- l'art. 64, comma 1, lettera c), L. 8 giugno 1990, n. 142 aveva abrogato il presente provvedimento, salvo gli articoli 6; 18, primo comma; 19; 20; 23, primo comma; 24; 84; 87, primo comma; 89; 96; da 106 a 110; 140, primo comma; 142, primo comma; 147; 155; 279; e, limitatamente alle funzioni della commissione centrale per la finanza locale previste da leggi speciali, gli articoli da 328 a 331.
[/color]

A ciò si aggiunga, che a seguito delle modificazioni apportate all'art. 16 della l. 689/1981 dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, al secondo comma, è oggi previsto che per le violazioni ai regolamenti ed alle ordinanze comunali e provinciali, la Giunta comunale o provinciale, all’interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, può stabilire un diverso importo del pagamento in misura ridotta, in deroga alle disposizioni del primo comma.
[color=red]Certo. Ed è quindi CONFERMA che il legislatore:
1) ha chiara la questione
2) non ha introdotto un potere regolamentare per i Comuni
3) ha solo previsto la possibilità di stabilire una cifra per il PMR entro i limiti edittali (peraltro teoricamente anche inferiore al doppio del minimo)[/color]

Dunque, il Comune (per esso la G.M.), nel limite edittale compreso tra i 25 ed i 500 euro (i cui limiti minimi e massimi, rientrano nelle competenze esclusive dello Stato) di cui al citato art. 7-bis, può stabilire anche sanzioni diverse da quella "aritmetica" di cui sopra, purché adeguatamente motivate.
[color=red]NON SONO SANZIONI!!!!
Sono misure del pagamento in misura ridotta (per fare una analogia, sono l'entità per accedere al "patteggiamento"). Non è la pena ... è l'accordo estintivo del procedimento
[/color]

Cosa ne pensate?
[color=red]
Pensiamo:
1) hai una buona preparazione e capacità di analisi critica delle questioni
2) sei coraggioso nell'esporle e di questo ti ringraziamo, solo dialogando si approfondisce
3) nel merito pensiamo che qui ti sbagli. Ci sono molti elementi che vanno in senso contrario alla esigenza che manifesti ma che non può risolversi in via interpretativa.

[/color]

riferimento id:50557

Data: 2019-07-29 04:46:58

Re:Sanzioni pecuniarie "fisse" ed accessorie - Possibilità per il Comune

[color=red][b]Cass. civ. Sez. II Sent., 26/03/2009, n. 7371 (rv. 607220)[/b][/color]

[i]COMUNE - Funzioni del comune - Polizia (potere regolamentare) - Contravvenzioni - In genere - Contravvenzioni alle disposizioni dei regolamenti comunali - Potestà sanzionatoria - Art. 106 r.d. n. 383 del 1934 - Abrogazione per effetto dell'art. 274 del d.lgs. n. 267 del 2000 - Sussistenza - Nuova istituzione ad opera della legge n. 3 del 2003 - Conseguenze - Periodo intermedio - Applicabilità della sanzione - Esclusione.[/i]

La potestà sanzionatoria dei Comuni per la violazione delle norme contenute nei regolamenti comunali era prevista dall'art. 106 del testo unico approvato con r.d. n. 383 del 1934. A seguito dell'abrogazione di quest'ultimo compiuta dall'art. 274 del d.lgs. n. 267 del 2000, tale potestà è venuta meno - non potendosi ritenere mantenuta sulla base del mero rinvio alle norme dell'abrogato testo unico contenuto nell'art. 275 del d.lgs. n. 267 del 2000 - ed è stata nuovamente istituita con l'inserimento, compiuto dalla legge 16 gennaio 2003, n. 3, dell'art. 7-bis nel d.lgs. n. 267 del 2000; ne consegue che - in considerazione della riserva di legge valevole anche nella materia delle sanzioni amministrative - sono esenti da sanzione le violazioni commesse nel periodo successivo all'abrogazione del r.d. n. 383 del 1934 e precedente l'entrata in vigore del citato art. 7-bis. (Cassa e decide nel merito, Giud. pace Reggio Calabria, 22/10/2004)

***************
[b]Cass. civ. Sez. I, 08/08/2003, n. 11968 (rv. 565793)[/b]

L'art. 1 della legge n. 689 del 1981, avendo recepito anche per le sanzioni amministrative il principio di legalità, ha posto una riserva di legge analoga a quella di cui all'art. 25 Cost., la quale impedisce che sanzioni siffatte possano essere direttamente comminate da disposizioni contenute in fonti normative subordinate, quale un'ordinanza del Sindaco, la cui violazione può tuttavia essere sanzionata ai sensi dell'art. 106, primo comma, del R.D. n. 383 del 1934 (nella specie, applicabile "ratione temporis") nei casi previsti dal secondo comma di detta norma.

**************
[b]Cass. pen. Sez. I, 28/05/2003, n. 30137 (rv. 225868)[/b]

L'art. 274, comma 1, lett. a), del D.Lgs n. 267 del 2000, abrogando l'art. 106 del R.D. n. 383 del 1934 (T.U. comunale e provinciale), non ha reso penalmente sanzionabile ai sensi dell'art. 650 c.p. le inosservanze di provvedimenti dell'autorità comunale che, in precedenza, sarebbero state sanzionate in via amministrativa. Tale modifica legislativa ha lasciato prive di sanzioni le violazioni dei suddetti provvedimenti, sussistendo tra le due fattispecie un rapporto di alternatività e non di specialità. Tale conclusione trova conferma nella reintroduzione, ai sensi dell'art. 16 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, dell'assoggettamento di dette violazioni a sanzione amministrativa, anche se tale previsione opera solo per l'avvenire, in ossequio al principio di legalità affermato pure in materia amministrativa dall'art. 1 della l. n. 689 del 1981.

riferimento id:50557

Data: 2019-07-29 09:00:14

Re:Sanzioni pecuniarie "fisse" ed accessorie - Possibilità per il Comune

Ho letto con fervida attenzione le Vostre importanti conclusioni e comprendo bene il significato di quello che viene affermato al punto 3) di quello che pensate Voi.
Quanto al punto 2)... credo che il coraggio sia altra cosa. A meno che non si tratti del c.d. "coraggio della ragione", da non confondere con il voler aver ragione. Sono un appassionato della fisica quantistica, da quando ho lasciato il vecchio concetto newtoniano che faceva della fisica, un dogma scientifico. Mi sono appassionato perché nella scienza, tutto è in divenire.
Se guardiamo al diritto, come al bieco sovrascriversi di disposizioni, credo che sia perfettamente inutile soffermarvisi.
Solo se consideriamo, anche il diritto, una scienza, beh, allora le cose cambiano e dobbiamo avere l'umiltà dello scienziato, che gioca il certo per l'incerto... e il diritto è tra le cose maggiormente incerte che ci governano, sebbene grazie ai cultori del diritto, è possibile avvicinarsi alla certezza del diritto invocata dal Beccaria.
Scusandomi per questa (forse inutile) chiosa e grazie a voi, consapevole del limite del mio ragionamento, voglio però stigmatizzare alcune questioni che rischiano di avere avuto una lettura fuorviante e con stesso spirito critico, mi accingo ad esporvele.

Si discute, circa la possibilità, per un Comune, di poter applicare una sanzione amm.va accessoria (quale la sospensione di un'attività), in conseguenza della inosservanza di un regolamento o di una ordinanza comunale.
[color=red]A nostro avviso la discussione non può aver luogo stante il principio costituzionale di riserva di legge (art. 23).
Solo una legge (nazionale o regionale) può introdurre sanzioni, siano essere principali, siano esse accessorie.
Diversa è la misura cautelare o la diffida (promemoria a rispettare la legge).
[/color]
[color=teal]Secondo il mio ragionamento iniziale, la legge dello Stato cui fate riferimento, era il TUEL e, grazie a questa fonte, veniva autorizzato il potere sanzionatorio del Comune.[/color]

[color=red]Semmai occorre stigmatizzare il comportamento di taluni Comuni che:
a) in sede di ordinanza ingiunzione invece che applicare il massimo o una cifra importante si limitano a "confermare" i 50 euro
b) in sede di vigilanza applicano solo 1 volta il verbale. Se tizio apre senza scia si fa verbale, se il giorno dopo rimane aperto se ne fa un altro ... e così via!
[/color]
Sono perfettamente d'accordo sul punto a) e lascio stare considerazioni inerenti la buona organizzazione della P.A. che avrebbe bisogno di procedimentalizzare meglio, anziché burocratizzare la propria attività.
Sul punto b), invece, non sono del tutto d'accordo, posto che l'atto di accertamento attiene ad un fatto, cui corrisponde una fattispecie giuridica, che l'autorità deve valutare e confermare/respingere, in sede di ordinanza ingiunzione. Se ogni giorno si facesse un verbale (poi, cosa dobbiamo intendere per ogni giorno?... ogni 24 ore, ogni giorno del calendario e quindi, anche uno alle 23 e uno alle una del giorno dopo?), potremmo anche essere tacciati di avere determinato un danno ingiusto (esistenziale), per avere tartassato il malcapitato (qualora vengano poi annullati i verbali).
Piuttosto, sono dell'avviso che non può essere l'utente ad essere il male di se stesso, ma è la P.A. che si deve organizzare per agire in fretta: fare il verbale, trasmettendolo al più presto al dirigente, affinché si pronunci il prima possibile.
[color=teal]Diciamo che anche quello del reiterato accertamento della violazione, è un argomento che andrebbe sviscerato nelle sue ragioni di diritto.[/color]

Per le medesime ragioni, il Comune potrebbe applicare una sanzione più grave di quella "aritmetica" che si ricava dalla lettura dell'art. 16 della l. 689/1981, con l'evidente scopo di aumentare l'effetto di deterrenza della sanzione stessa.
[color=red]L'art. 16 non prevede una sanzione fissa. Il doppio del minimo è solo la misura per il PMR. In sede di ordinanza ingiunzione si applica l'art. 11 e non il 16[/color]
[color=teal]...sanzione fissa...è certamente un termine obbriobrioso!
Quello che però volevo dire - colgo l'occasione per sottolinearlo, perché fin qui non l'ho ancora capito bene - è se il Comune, il luogo del pagamento in misura ridotta generalmente inteso (doppio del minimo o se più favorevole terzo del massimo), può stabilire una sanzione diversa, che io ho chiamato, per praticità "sanzione fissa".
In concreto, il Comune (per esso la G.M.) può stabilire che in luogo del pmr pari a 50 euro, debba essere pagato 300 euro? oppure può solo agire entro i limiti edittali di legge (come alcuni sostengono) eppoi, applicare, di conseguenza il pmr?[/color]
[color=teal]Circostanza, quest'ultima, che mi pare già confermata da quanto avete affermato al punto 3) del post che segue.[/color]

A ciò si aggiunga, che a seguito delle modificazioni apportate all'art. 16 della l. 689/1981 dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, al secondo comma, è oggi previsto che per le violazioni ai regolamenti ed alle ordinanze comunali e provinciali, la Giunta comunale o provinciale, all’interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, può stabilire un diverso importo del pagamento in misura ridotta, in deroga alle disposizioni del primo comma.
[color=red]Certo. Ed è quindi CONFERMA che il legislatore:
1) ha chiara la questione
2) non ha introdotto un potere regolamentare per i Comuni
3) ha solo previsto la possibilità di stabilire una cifra per il PMR entro i limiti edittali (peraltro teoricamente anche inferiore al doppio del minimo)[/color]

[color=teal]E' importante averlo sottolineato, ma anche in questo caso, con termine improprio ho definito sanzione il pmr...ma la domanda di cui sopra, si ripropone qui[/color]

Dunque, il Comune (per esso la G.M.), nel limite edittale compreso tra i 25 ed i 500 euro (i cui limiti minimi e massimi, rientrano nelle competenze esclusive dello Stato) di cui al citato art. 7-bis, può stabilire anche sanzioni diverse da quella "aritmetica" di cui sopra, purché adeguatamente motivate.
[color=red]NON SONO SANZIONI!!!!
Sono misure del pagamento in misura ridotta (per fare una analogia, sono l'entità per accedere al "patteggiamento"). Non è la pena ... è l'accordo estintivo del procedimento[/color]

[color=teal]D'accordo anche sulla natura della sanzione accessoria e sulla impossibilità di applicarla, da parte del Comune.
Peraltro, qualora il Comune voglia punire i comportamenti illeciti reiterati (ex art. 8-bis l. 689/1981), con la sospensione dell'attività, in questo caso, a mio modo di vedere, non si tratta di applicare una sanzione accessoria a sanzione amministrativa pecuniaria, ma di applicare una mera misura interruttiva, disposta dal dirigente con le procedure inibitorie di cui alla legge 241/1990. Siete d'accordo?[/color]

Ancora grazie e buon lavoro.

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