[size=18pt]Bonifiche e ripristino ambientale - DM 46/2019 (GU n.132 del 7-6-2019)
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MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
DECRETO 1 marzo 2019, n. 46
[color=red][b]Regolamento relativo agli interventi di bonifica, di ripristino
ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e
permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e
all'allevamento, ai sensi dell'articolo 241 del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152. (19G00052) [/b][/color]
(GU n.132 del 7-6-2019)
Vigente al: 22-6-2019
IL MINISTRO DELL'AMBIENTE
E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
di concerto con
IL MINISTRO
DELLO SVILUPPO ECONOMICO
IL MINISTRO DELLA SALUTE
e
IL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE
ALIMENTARI, FORESTALI E DEL TURISMO
Visto l'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto l'articolo 241 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
ai sensi del quale «il regolamento relativo agli interventi di
bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza,
operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola
e all'allevamento e' adottato con decreto del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare di concerto con i Ministri
delle attivita' produttive, della salute e delle politiche agricole e
forestali»;
Visto la legge 11 novembre 2011, n. 180;
Visto il decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6, e in particolare
l'articolo 2, comma 4-ter;
Sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
nella riunione svoltasi il 4 febbraio 2016 presso il Dipartimento
della funzione pubblica, ai sensi dell'articolo 2, comma 4-ter, del
decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136;
Acquisito il concerto del Ministro dello sviluppo economico reso
con nota del 22 febbraio 2016;
Acquisito il concerto del Ministro della salute reso con nota del 4
febbraio 2016;
Acquisito il concerto del Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali reso con nota del 26 novembre 2015;
Acquisito il parere favorevole della Conferenza unificata di cui
all'articolo 8, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, reso
nella riunione del 17 dicembre 2015;
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla sezione
consultiva per gli atti normativi nelle adunanze del 24 marzo 2016 e
del 28 settembre 2016;
Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri,
effettuata con nota del 29 novembre 2016, ai sensi della legge 23
agosto 1988, n. 400;
Adotta
il seguente regolamento:
Art. 1
Oggetto, finalita' e campo di applicazione
1. Il presente regolamento disciplina, in conformita' alla parte
quarta, titolo V, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e al
principio comunitario «chi inquina paga», gli interventi di messa in
sicurezza, bonifica e di ripristino ambientale delle aree destinate
alla produzione agricola e all'allevamento oggetto di eventi che
possono averne cagionato, anche potenzialmente, la contaminazione.
2. Le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano comunicano
entro il 30 giugno di ogni anno al Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, al Ministero delle politiche
agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministero della
salute e al Ministero dello sviluppo economico le informazioni in
merito al numero e all'ubicazione delle aree utilizzate per le
produzioni agroalimentari alle quali sono state applicate le
procedure di cui al presente regolamento e gli interventi adottati.
3. Restano ferme le disposizioni vigenti sulla protezione delle
acque sotterranee e superficiali dall'inquinamento da fonti puntuali
e da fonti diffuse.
Art. 2
Definizioni
1. Ai fini dell'applicazione del presente regolamento si applicano
le definizioni di cui all'articolo 240 del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, nonche' le seguenti:
a) area agricola: la porzione di territorio destinata alle
produzioni agroalimentari;
b) produzioni agroalimentari: le attivita' di coltura agraria,
pascolo e allevamento per la produzione di alimenti destinati al
consumo umano o all'alimentazione di animali destinati al consumo
umano;
c) valutazione di rischio: valutazione complessiva degli elementi
di potenziale rischio ambientale e sanitario associato
all'esposizione indiretta per assunzione alimentare, condotta secondo
i criteri di cui all'allegato 3, che costituisce parte integrante del
presente regolamento;
d) valore di fondo geochimico: distribuzione di una sostanza nel
suolo derivante dai processi naturali, con eventuale componente
antropica non rilevabile o non apprezzabile.
Art. 3
Procedure operative per la caratterizzazione delle aree
1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di
contaminare un'area agricola, il responsabile dall'inquinamento pone
tempestivamente in essere le necessarie misure di prevenzione e ne
da' immediata comunicazione, ai sensi e con le modalita' di cui
all'articolo 304, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, alla regione, alla provincia, al comune, all'Agenzia regionale
per la protezione dell'ambiente (ARPA) e all'Azienda sanitaria locale
(ASL) territorialmente competenti nonche', per le aree ricadenti
all'interno del perimetro di Siti di interesse nazionale (SIN), anche
al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
La medesima procedura si applica all'atto di individuazione di
contaminazioni storiche.
2. Le attivita' di caratterizzazione di aree agricole sono attuate
dal responsabile dell'inquinamento in conformita' a quanto previsto
dall'allegato 1, che costituisce parte integrante del presente
regolamento, e sono preventivamente comunicate alle amministrazioni
di cui al comma 1 del presente articolo.
3. Nel caso in cui all'esito delle attivita' di caratterizzazione
risulti che i livelli di Concentrazioni soglie contaminazioni (CSC)
di cui all'allegato 2, che costituisce parte integrante del presente
regolamento, non sono stati superati, il soggetto responsabile
presenta alle amministrazioni competenti, entro novanta giorni dalla
data di notifica di cui al comma 1, un'autocertificazione ai sensi e
per gli effetti di cui all'articolo 47 del decreto del Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, corredata della necessaria
documentazione tecnica. Tale autocertificazione conclude il
procedimento.
4. Entro i successivi trenta giorni la regione, in collaborazione
con ARPA e ASL secondo le rispettive competenze, attiva gli opportuni
controlli, i cui esiti, con le eventuali prescrizioni integrative,
sono comunicati alle amministrazioni competenti.
Art. 4
Valutazione di rischio
1. In caso di accertamento del superamento delle CSC di cui
all'allegato 2, anche per una sola sostanza, all'esito delle
attivita' di caratterizzazione, il soggetto responsabile
dell'inquinamento ne da' immediata comunicazione alle amministrazioni
di cui all'articolo 3, comma 1, ed elabora la valutazione di rischio
di cui all'allegato 3, al fine di stabilire le eventuali necessita'
di intervento in relazione all'ordinamento colturale effettivo e
potenziale dell'area agricola o al tipo di allevamento su di essa
praticato.
2. In attesa della valutazione di rischio di cui al comma 1 e della
individuazione dei necessari interventi, la ASL competente stabilisce
le misure da adottare al fine di garantire la sicurezza alimentare ed
effettua gli opportuni controlli sui prodotti derivanti da produzioni
agroalimentari per i parametri che superano i valori delle CSC.
3. Se all'esito della valutazione di rischio le concentrazioni
riscontrate sono compatibili con l'ordinamento colturale effettivo e
potenziale o con il tipo di allevamento su di esso praticato, il
soggetto responsabile presenta alla regione territorialmente
competente e, nel caso di aree ricadenti nel perimetro dei SIN, al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
entro sessanta giorni dalla data di comunicazione di cui al comma 1,
un'istanza di conclusione del procedimento corredata dalla
documentazione tecnica inerente la valutazione di rischio. Entro i
trenta giorni successivi alla presentazione dell'istanza,
l'amministrazione competente puo' richiedere l'effettuazione di
ulteriori controlli, oppure dichiarare concluso il procedimento
relativamente all'area agricola.
Art. 5
Procedure operative e modalita'
per l'attuazione degli interventi
1. Se all'esito della valutazione di rischio le concentrazioni
riscontrate sono incompatibili con l'ordinamento colturale effettivo
e potenziale o con il tipo di allevamento su di esso praticato, il
soggetto responsabile dell'inquinamento deve presentare alle
amministrazioni di cui all'articolo 3, comma 1, del presente
regolamento nonche' nel caso di aree ricadenti nel perimetro dei SIN,
anche al Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e
del turismo e al Ministero della salute, le risultanze della
valutazione di rischio e il progetto operativo degli interventi di
bonifica o di messa in sicurezza e, ove necessario, le ulteriori
misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di
minimizzare e ricondurre ad accettabilita' il rischio derivante dallo
stato di contaminazione presente nel sito, in conformita' a quanto
stabilito dall'allegato 4, che costituisce parte integrante del
presente regolamento. Le suddette risultanze e il progetto operativo
sono presentati entro novanta giorni dalla data della comunicazione
di cui all'articolo 3, comma 1.
2. Il progetto degli interventi di cui al comma 1 deve contenere i
seguenti elementi:
a) una planimetria recante le particelle catastali oggetto di
intervento;
b) la descrizione delle tecnologie e dei processi da applicare;
c) la descrizione degli obiettivi dell'intervento di riduzione
del rischio e modalita' di verifica degli stessi;
d) l'indicazione delle limitazioni sulle tipologie di
coltivazioni da adottare.
3. Entro trenta giorni dal ricevimento del progetto degli
interventi di cui al comma 1 la regione o, nel caso di aree ricadenti
nel perimetro dei SIN, il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, convoca una conferenza di servizi per
l'approvazione degli interventi, con eventuali prescrizioni ed
integrazioni. Con il provvedimento di approvazione del progetto sono
stabiliti anche i tempi di esecuzione degli interventi da parte del
soggetto responsabile.
4. Gli eventuali vincoli e restrizioni all'utilizzo dell'area
individuati all'esito della valutazione di rischio devono essere
riportati nel certificato di destinazione urbanistica.
5. La conformita' degli interventi attuati rispetto al progetto
approvato e' certificata ai sensi dell'articolo 248, comma 2, del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, con il supporto tecnico di
ARPA e di ASL per i rispettivi profili di competenza.
Art. 6
Obblighi dei soggetti
non responsabili dell'inquinamento
1. Fatti salvi gli obblighi del responsabile dell'inquinamento, il
proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il
pericolo concreto e attuale del superamento delle CSC di cui
all'allegato 2 deve darne comunicazione alle amministrazioni di cui
all'articolo 3, comma 1, e attuare le necessarie misure di
prevenzione.
2. E' riconosciuta al proprietario o ad altro operatore interessato
la facolta' di intervenire in qualunque momento per la realizzazione
degli interventi necessari nell'ambito del sito in proprieta' o nella
disponibilita' ai sensi dell'articolo 245 del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152.
Art. 7
Norme finali e transitorie
1. I procedimenti di bonifica e messa in sicurezza di aree agricole
gia' avviati ai sensi della disciplina di cui alla parte quarta,
titolo V, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e non
conclusi alla data di entrata in vigore del presente regolamento
restano disciplinati dalle relative disposizioni. Si intendono
conclusi i procedimenti per i quali e' stato emanato dall'autorita'
competente un decreto di approvazione degli interventi. Per i
procedimenti non conclusi il proponente puo' avviare le procedure di
cui al presente regolamento, entro centottanta giorni dalla data di
entrata in vigore del medesimo.
2. Con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare d'intesa con il Ministero delle politiche
agricole alimentari, forestali e del turismo, con il Ministero della
salute e con il Ministero dello sviluppo economico, da adottarsi
entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente regolamento
sono definiti, i criteri tecnici per l'individuazione dei valori di
fondo geochimico di cui all'allegato 2.
3. Ai fini di cui all'articolo 7, comma 1, della legge 11 novembre
2011, n. 180, sono elencati all'allegato 5, che costituisce parte
integrante del presente regolamento, gli oneri informativi introdotti
ed eliminati per cittadini e imprese.
4. Le integrazioni e le modifiche degli allegati al presente
regolamento sono adottate con decreto del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro
della salute e con il Ministro delle politiche agricole alimentari,
forestali e del turismo, sentita la Conferenza unificata di cui
all'articolo 8, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Il presente regolamento, munito del sigillo dello Stato, sara'
inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della
Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo
e di farlo osservare.
Roma, 1° marzo 2019
Il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare
Costa
Il Ministro
dello sviluppo economico
Di Maio
Il Ministro della salute
Grillo
Il Ministro delle politiche agricole
alimentari, forestali e del turismo
Centinaio
Visto, il Guardasigilli: Bonafede
Registrato alla Corte dei conti il 27 maggio 2019
Ufficio controllo atti Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, registro n. 1, foglio n. 1477
Allegato 1
Art. 3.
Criteri generali per la caratterizzazione
delle aree agricole
1. Premessa.
La caratterizzazione, finalizzata alla conoscenza dei livelli
degli inquinanti presenti nelle aree agricole da indagare e' eseguita
secondo i criteri riportati nel presente allegato ed e' indirizzata
all'acquisizione di una conoscenza dettagliata della distribuzione
spaziale degli inquinanti e della distribuzione spaziale
tridimensionale dei suoli e dei loro volumi.
Il campionamento e' effettuato secondo due diverse modalita':
(a) campionamento di aree non omogenee o di cui non si conosce
l'omogeneita';
(b) campionamento di aree omogenee.
Si intende per area omogenea la porzione di superficie che mostra
le seguenti caratteristiche:
omogeneita' di caratteri pedologici;
medesimo tipo di avvicendamento colturale, indipendentemente
dalla coltura in atto o prevista;
uniformita' delle pratiche agronomiche (di rilevanza
particolare) adottate o pregresse.
Nel caso del campionamento di tipo (a) i protocolli prevedono
l'effettuazione di un campionamento «ragionato» sulla base di
indagini indirette, effettuate con metodologie geofisiche e
pedologiche. Le indagini indirette consentono di individuare aree
omogenee all'interno delle quali sono effettuati prelievi di terreno
alle distanze ed alla profondita' definite in base alle stesse misure
indirette.
2. Campionamento di suolo di aree non omogenee o di cui non si
conosca l'omogeneita' (secondo metodi ufficiali di analisi fisica del
suolo, SISS 1997).
Si applica nel caso in cui l'area oggetto di indagine - a priori
- non possa essere considerata omogenea - o non si conosca
l'omogeneita' - del contenuto degli inquinanti o della loro tipologia
o ancora della tipologia di suolo.
In questi casi, il campionamento della matrice suolo e'
effettuato, in coerenza con i metodi ufficiali di analisi fisica del
suolo (SISS 1997 - Ministero delle politiche agricole e forestali) ed
utilizzando le nuove e diverse procedure di analisi speditive di
campo oggi disponibili quali indagini geofisiche (es.: induzione
elettromagnetica, resistivita' elettrica, magnetometria). Tali
tecniche devono mirare ad una conoscenza spaziale dettagliata dei
suoli e degli inquinanti seguendo un criterio di sostenibilita' dei
costi.
In particolare possono essere previsti rilievi geofisici di campo
(es.: misure di induzione elettromagnetica o di resistivita'
elettrica associati a misure GPS) e conseguente mappatura di aree
omogenee. Tali rilievi - calibrati per indagare circa 1,5 m di
profondita' - consentono di evidenziare il grado di
omogeneita'/eterogeneita' del sito in base all'entita' ed alla
variabilita' spaziale delle anomalie geofisiche. Tali anomalie sono
ascrivibili sia a cause naturali (es.: variazione dei suoli) che a
cause antropiche (es.: presenza di materiali alloctoni).
Apertura, descrizione ed analisi standard di un profilo di suolo
all'interno di ogni area omogenea:
I campionamenti dei profili sono effettuati sulla base degli
orizzonti pedologici naturali ed antropici e sono di 2 tipi: (i)
sciolti per le analisi chimiche ed (ii) indisturbati per le analisi
fisiche.
Sui campioni cosi' prelevati sono effettuate alcune analisi di
laboratorio. Tali analisi non sono orientate alla sola individuazione
dei contaminanti ma anche al loro destino in considerazione delle
proprieta' chimiche e fisiche dei suoli. Esse rappresentano, quindi,
la base conoscitiva per pianificare una corretta gestione del sito.
Analisi per determinare le principali proprieta' chimiche: (i)
capacita' di scambio cationico (ii) basi di scambio (iii) Carbonio
Organico (iv) conduttanza elettrica,(v) pH, (vi) KCl, (vii) Na. In
aggiunta, nelle aree con suoli vulcanici: Al e Fe estratti in
ossalato d'ammonio acido ed in pirofosfato di sodio.
Analisi per determinare le principali proprieta' fisiche: (i)
curva granulometrica, (ii) densita' apparente ed idrologiche: (i)
curva di ritenzione idrica e (ii) curva di conducibilita' idraulica
dei suoli e tecnosuoli. In aggiunta - ove necessario - analisi
micromorfologiche (e/o mineralogiche) su una selezione di campioni
altamente rappresentativi al fine di individuare l'entita' e la
tipologia del materiale alloctono e del suo grado di interazione con
il suolo.
3. Campionamento di suolo di aree da considerarsi omogenee (secondo
decreto ministeriale 13 settembre 1999).
Tale campionamento si applica nel caso in cui l'area oggetto di
indagine risulti omogenea dal punto di vista del contenuto e della
tipologia degli inquinanti nonche' della tipologia di suolo sulla
base delle indagini indirette. Questo campionamento consiste in una
serie di prelevamenti elementari in una zona presunta omogenea, ad
una profondita' predeterminata.
In questi casi, il campionamento della matrice suolo e'
effettuato, come definito nel decreto del Ministro delle politiche
agricole e forestali del 13 settembre 1999, riguardante
l'approvazione dei metodi ufficiali di analisi chimica del suolo.
Tale decreto prevede che vengano costituiti campioni compositi
prelevando punti incrementali calcolati rispetto alla grandezza
dell'area da investigare. Per cui, in presenza di terreni agricoli
pedologicamente omogenei, la rappresentativita' della matrice suolo
e' garantita, all'interno dell'appezzamento di terreno da
investigare, dal prelievo di campioni elementari (profondita' 0-30 o
0-50 cm p.c. per le colture erbacee e 0-80 cm per le colture arboree)
che sono miscelati fino ad ottenere un campione omogeneo formante il
campione globale.
Secondo quanto riportato nel Regolamento. (CE) n. 333/2007 della
Commissione del 28 marzo 2007 relativo ai metodi di campionamento e
di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di piombo, cadmio,
mercurio, stagno inorganico, 3-MCPD e benzo(a)pirene nei prodotti
alimentari, si definisce «campione elementare» un quantitativo di
materiale prelevato in un unico punto. I campioni elementari sono
prelevati, per quanto possibile, in vari punti distribuiti
nell'insieme dell'area e sono, preferibilmente, georeferenziati.
Con il termine «campione globale», si intende un campione
ottenuto riunendo, in maniera omogenea, tutti i campioni elementari
prelevati. I campioni globali si considerano rappresentativi
dell'area.
4. Indicazioni per il campionamento e individuazione della Sigla
Campione.
Considerando di effettuare campionamenti all'interno di un'area,
tracciando su di essa ipotetiche forme a X o W o griglie definite
sulla base delle indagini indirette, sono prelevati, a seconda della
grandezza del terreno e lungo i percorsi designati, da 5 a 15
campioni elementari per ettaro. Per superfici inferiori ad un ettaro
sono, comunque, prelevati 5 campioni elementari.
L'area di campionamento e' contrassegnata da un codice (A, B...X)
e, qualora essa risulti molto estesa, e', eventualmente, suddivisa in
subaree. Per qualsiasi tipologia di matrice in studio, il codice
assegnato all'area e' ripetuto e seguito da un numero sequenziale
(A1, A2...An) che indica il punto di campionamento; cio' premesso, si
procede come segue:
nell'area individuata per il campionamento di suolo relativo ai
prodotti vegetali, a meno dei frutteti, in base all'estensione della
zona da investigare, si prelevano, lungo i percorsi definiti, da 5 a
15 punti fino a profondita' di 30-50 cm (profondita' di
rimescolamento o rivoltamento), mediante uso della vanga; il suolo
campionato deve essere setacciato in campo mediante vaglio a maglia
di 2 cm;
la quantita' di suolo campionato per ciascun punto deve essere,
indicativamente, pari a 3-5 kg, una parte della quale e' utilizzata
per formare il campione globale, mentre la restante e' conservata e
sara' eventualmente utilizzata in seguito per effettuare analisi di
controllo sul campione elementare; tale campione elementare potrebbe
essere codificato mediante la Sigla Campione costituita come segue:
lettera A(maiuscola), numero sequenziale, suolo (cioe' il nome della
matrice stessa) =
A1_suolo, A2_suolo..., An-suolo
dai singoli punti di campionamento verra' costituito, previa
miscelazione e quartatura delle singole aliquote, il campione globale
individuato dalla sigla:
Atot_suolo.
Nel campo NOTE della relativa scheda di campionamento dovranno
essere specificate tutte le SIGLE CAMPIONE dei campioni elementari,
per esempio:
Atot_suolo
A1_suolo (con eventuale georeferenziazione)
A2_suolo
... ...
An_suolo
N.B. All'interno di terreni con presenza di colture varie (alberi
da frutta, foraggio, ortaggi, ecc.) si individuano i punti di
campionamento nelle vicinanze delle colture stesse.
5. Procedura di campionamento di soil-gas.
Per il campionamento del soil-gas si puo' fare riferimento alle
procedure stabilite dagli enti di controllo. In assenza di procedure
specifiche e' possibile fare riferimento ai protocolli approvati per
aree SIN.
Allegato 2
Art. 3.
Concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) per i suoli delle aree
agricole
=====================================================================
| | | CSC (mg kg-1 |
| | | espressi come |
| | | ss) |
+=======+==========================================+================+
| | Composti inorganici | |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|1 |Antimonio | 10* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|2 |Arsenico | 30* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|3 |Berillio | 7* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|4 |Cadmio | 5* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|5 |Cobalto | 30* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|6 |Cromo totale | 150* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|7 |Cromo VI | 2* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|8 |Mercurio | 1* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|9 |Nichel | 120* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|10 |Piombo | 100* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|11 |Rame | 200* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|12 |Selenio | 3* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|13 |Tallio | 1* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|14 |Vanadio | 90* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|15 |Zinco | 300* |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|16 |Cianuri (liberi) | 1 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
| | Aromatici policiclici | |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|17 |Benzo(a)antracene | 1 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|18 |Benzo(a)pirene | 0,1 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|19 |Benzo(b)fluorantene | 1 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|20 |Benzo(k)fluorantene | 1 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|21 |Benzo(g,h,i)perilene | 5 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|22 |Crisene | 1 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|23 |Dibenzo(a,h)antracene | 0,1 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|24 |Indenopirene | 1 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
| | Fitofarmaci | |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|25 |Alaclor | 0,01 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|26 |Aldrin | 0,01 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|27 |Atrazina | 0,01 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|28 |alfa-esacloroesano | 0,01 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|29 |beta-esacloroesano | 0,01 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|30 |gamma-esacloroesano (lindano) | 0,01 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|31 |Clordano | 0,01 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|32 |DDD | 0,01 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|33 |DDT | 0,01 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|34 |DDE | 0,01 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|35 |Dieldrin | 0,01 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|36 |Endrin | 0,01 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
| | Diossine e furani | |
+-------+------------------------------------------+----------------+
| |Sommatoria PCDD, PCDF + PCB Dioxin-Like | 6 ng/kg SS |
|37 |(PCB-DL) **(conversione T.E,) | WHO-TEQ |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|38 |PCB non DL *** | 0,02 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
| | Idrocarburi | |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|39 |Idrocarburi C10-C40 (1) | 50 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
| | Altre sostanze | |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|40 |Amianto (2) | 100 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
|41 |Di-2-Etilesilftalato | 10 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
| |Sommatoria Composti Organostannici (TBT, | |
|42 |DBT, TPT e DOT) | 1 |
+-------+------------------------------------------+----------------+
+---------------------------------------+
|* Valore da utilizzare solo in assenza |
|di Valori di Fondo Geochimico (VFG) |
|validati da ARPA/APPA |
+---------------------------------------+
|** sommatoria PCDD/PCDF e dei congeneri|
|PCB Dioxin-Like numeri 77, 81, 105, |
|114, 118, 123, 126, 156, 157, 167, 169,|
|189. Per il WHO-TEQ, si fa riferimento |
|alla scala di tossicita' WHO del 2005, |
|utilizzata per calcolare i livelli di |
|PCDD/PCDF e PCB Dioxin-Like negli |
|alimenti e nei mangimi. |
+---------------------------------------+
|*** congeneri non Dioxin-Like: 28, 52, |
|95, 99, 101, 110, 128, 146, 149, 151, |
|153, 170, 177, 180, 183, 187. |
+---------------------------------------+
|(1) Da determinare con metodica |
|ISPRA-ISS-CNR-ARPA. Gli idrocarburi |
|C<10 andranno ricercati direttamente |
|con tecnica «Soil gas survey», |
|unicamente per valutare la loro |
|presenza/assenza ai fini di acquisire |
|elementi conoscitivi utili agli |
|interventi di messa in sicurezza e |
|bonifica. |
+---------------------------------------+
|(2) Corrispondente al limite di |
|rilevabilita' della tecnica analitica |
|diffrattometrica a raggi X oppure |
|I.R. - trasformata di Fourier. In ogni |
|caso dovra' utilizzarsi la metodologia |
|ufficialmente riconosciuta per tutto il|
|territorio nazionale che consenta di |
|rilevare valori di concentrazione |
|inferiori. |
+---------------------------------------+
Allegato 3
Art. 2.
Criteri generali per la valutazione di rischio
Premessa.
Il presente allegato definisce le procedure di Valutazione del
rischio (VdR) sanitario, connesse alla potenziale contaminazione di
aree destinate alla produzione di colture agrarie, al pascolo e
all'allevamento, secondo quanto definito dall'art. 1, comma 2, punto
c) al presente regolamento.
Al superamento delle Concentrazioni soglia di contaminazione
(CSC), deve essere condotta un Analisi di rischio (AdR) in modalita'
diretta considerando, come bersaglio, il fruitore del sito secondo le
modalita' previste dalla procedura di cui all'allegato 1 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, secondo le indicazioni tecniche
riportate nei manuali ISPRA-ARPA-ISS-INAIL e nei successivi
aggiornamenti.
Contestualmente vengono eseguite ulteriori indagini analitiche al
fine di approfondire la caratterizzazione dell'area (es. test di
bioaccessibilita' e/o biodisponibilita'), e/o pianificando
monitoraggi su matrici diverse (es. prodotti ortofrutticoli e
zootecnici).
Qualora da queste ultime risultanze analitiche emerga una
potenziale contaminazione, viene effettuata una Valutazione del
rischio sanitario (VdR) per verificare che le concentrazioni delle
sostanze riscontrate nel suolo siano compatibili con l'ordinamento
colturale effettivo e potenziale o con il tipo di allevamento su di
esso praticato, secondo quanto di seguito indicato; qualora si
accerti una situazione di rischio, si procede con i criteri e le
modalita' di intervento per la messa in sicurezza e bonifica delle
aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento (allegato
4).
Successivamente all'esecuzione di tali interventi, si procede
all'effettuazione di una nuova VdR a fine di verificarne l'efficacia.
Qualora l'area a destinazione agricola sia utilizzata per
finalita' diverse dalla produzione agroalimentare e dall'allevamento,
consentite dagli strumenti urbanistici vigenti, l'analisi di rischio
dovra' tenere conto del diverso scenario di esposizione (ad es:
residenziale, ricreativo, industriale, ecc). In tale evenienza, per
l'identificazione dei necessari interventi di prevenzione, messa in
sicurezza e bonifica dovra' essere utilizzata la procedura di Analisi
di rischio (AdR) di cui all'Allegato 1 alla parte IV, titolo V, del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 secondo le indicazioni
tecniche riportate nei manuali ISPRA-ARPA-ISS-INAIL e nei successivi
aggiornamenti. Per la elaborazione di detta analisi di rischio dovra'
essere valutata, di concerto con ARPA, la necessita' di acquisire
ulteriori parametri chimico-fisici, geologici e idrogeologici che
consentano di definire il modello concettuale di riferimento e il
rischio sanitario-ambientale.
1. Approfondimento della caratterizzazione dell'area.
Qualora, nella fase di caratterizzazione dell'area, non si
riscontrino, nel terreno, superamenti delle Concentrazioni soglia di
contaminazione (CSC), non si rende necessario alcun tipo di
intervento, ne' alcun approfondimento di caratterizzazione delle
matrici ambientali.
Di contro, qualora venga accertato il superamento delle CSC,
anche per un solo parametro, devono essere attuate delle misure di
prevenzione e di salvaguardia dell'area interessata, secondo quanto
segue:
deve essere evitato l'incremento del livello di contaminazione
del suolo, verificato mediante opportuni controlli analitici;
si effettuano ulteriori accertamenti analitici sul suolo (es.
test di bioaccessibilita' e/o biodisponibilita', test di estrazione
con chelanti ecc);
si effettua il monitoraggio dell'acqua irrigua;
si effettua il monitoraggio di prodotti vegetali e di altri
prodotti agro-alimentari, quali carni, latte e formaggi, al fine,
anche, di seguire l'andamento temporale delle concentrazioni in essi
rilevate.
Sulla base delle risultanze analitiche relative ai prodotti
ortofrutticoli, si esegue una specifica valutazione di rischio
connesso al consumo degli stessi.
2. Stima del rischio sanitario per le aree agricole.
L'elaborazione di una valutazione di rischio connessa alla
contaminazione di un sito viene effettuata previa ricostruzione del
modello concettuale; esso consiste in una rappresentazione degli
elementi (sorgente, trasporto, bersaglio) che identificano il sistema
di interesse, nonche' delle relazioni che intercorrono tra gli
elementi stessi. Prioritariamente devono essere acquisite, ai fini
della caratterizzazione del sito, tutte le informazioni relative
all'eventuale presenza, sia attuale che pregressa, di impianti
industriali o di gestione di rifiuti, ed effettuate tutte le indagini
necessarie a inquadrare il sito dal punto di vista geologico e
idrogeologico verificando l'eventuale presenza di contaminazione nei
diversi comparti ambientali. Per le finalita' del presente
regolamento, il bersaglio e' rappresentato da recettori umani, ed il
trasporto e' identificabile principalmente con l'esposizione
indiretta per assunzione alimentare, tramite il consumo di prodotti
agroalimentari provenienti dalle aree oggetto di indagine.
Nella fase di definizione del modello concettuale ambientale,
vengono individuati gli «inquinanti indice», cioe' le sostanze che, a
causa delle entita' delle concentrazioni riscontrate nell'area,
risultano maggiormente rappresentativi della contaminazione dell'area
stessa. Ulteriore rilevanza agli inquinanti indice e' attribuita
dalle loro caratteristiche chimico-fisiche, nonche' tossicologiche.
Nella procedura di valutazione e' di prioritaria importanza la
disponibilita' di dati analitici affidabili ed in numero
statisticamente significativo, derivanti da idonei piani di
monitoraggio sulle colture dell'area. E' evidente che quanto piu'
ampio e' il numero di campioni disponibili e quanto piu' varia e' la
tipologia di colture campionate, tanto piu' i risultati che ne
derivano sono accurati e significativi per descrivere la situazione
di inquinamento dell'area in esame.
E' necessaria una preventiva disamina critica dei dati per
valutarne affidabilita' e comparabilita'; inoltre essi devono essere
armonizzati ai fini dell'espressione del risultato finale.
La valutazione di rischio sanitario che deriva dalla
caratterizzazione alimentare prevede un approccio diversificato a tre
fasi da eseguire, in via sequenziale benche' alternativa, in funzione
dei parametri tossicologici disponibili.
2a. Fase1: Confronto con i limiti di riferimento vigenti.
Qualora siano previsti limiti normativi, per gli analiti
riscontrati, nelle derrate alimentari (es. Cd e Pb), la valutazione
di rischio viene effettuata mediante confronto con i valori limite di
concentrazione previsti dalla medesima normativa. In caso di
accertamento di superamenti rispetto ai limiti previsti, si applicano
le disposizioni previste dalle medesime norme.
Nel caso in cui non siano previste disposizioni normative per gli
analiti rilevati, la Valutazione di rischio sanitario prevede la
stima dell'esposizione mediante la dieta (Fase 2 o Fase 3).
2b. Fase2: Valutazione di rischio mediante ADI, TDI, TWI ecc. -
Approccio UE.
L'applicazione della Fase 2 (nonche' della Fase 3) della VdR
sanitario prevede la stima dell'esposizione mediante il consumo di
prodotti alimentari provenienti dall'area oggetto di studio. Si
rendono necessari, quindi, informazioni inerenti ai dati di consumo
alimentare. A livello nazionale sono disponibili studi periodici
effettuati dall'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la
nutrizione (ex INRAN), che presentano i risultati anche suddivisi per
sesso, per provenienza geografica o per fasce d'eta', permettendo
l'effettuazione di una distinta valutazione di rischioper i bambini.
Qualora siano disponibili dati di consumo forniti con diversi
raggruppamenti degli alimenti in «voci alimentari», si puo' optare
per l'uso del dato di matrici aggregate o disaggregate (es. frutta
fresca oppure mele/pere). La scelta dell'uno o l'altro raggruppamento
dipende dalle esigenze valutative sito specifiche.
E' d'uopo sottolineare che i dati dell'ex INRAN afferiscono anche
al database europeo dei consumi alimentari della European Food Safety
Authority (EFSA).
Dal punto di vista tossicologico, le informazioni e gli studi
esistenti a livello internazionale hanno condotto, per diversi
contaminanti, alla definizione, da parte di organismi internazionali
(es. OMS, EFSA, SCF ecc.) di parametri di riferimento tossicologici,
espressi come dosi tollerabili su base giornaliera o settimanale (es.
Acceptable Daily Intake ADI, Tolerable Daily Intake TDI, Tolerable
Weekly Intake TWI); talora, alla luce delle conoscenze al momento
disponibili, la definizione di tali parametri puo' essere considerata
provvisoria (es. Provisional Tolerable Weekly Intake PTWI).
La Fase 2 di valutazione di rischio prevede il confronto
dell'intake di contaminante previsto, mediante il consumo alimentare,
con il pertinente parametro tossicologico, secondo le seguenti
formule di calcolo relative, rispettivamente, ad una dose tollerabile
definita su base giornaliera (I) e ad una dose definita su base
settimanale (II):
(I) [Σi (C x IR)i x 100]/(TDI x BW)=HQ
(II) [Σi (C x IR)i x 7giorni x 100]/(TWI x BW)=HQ
dove C e' il valore rappresentativo di concentrazione di un
contaminante, ottenuto mediante opportuna elaborazione statistica
(media, mediana, upper confidence limit, ecc.), in ciascuna «voce
alimentare»; e' espresso in μg/g;
IR e' l'Intake Rate (tasso di consumo alimentare pro capite) di
ciascuna «voce alimentare» considerata opportunamente in forma
aggregata o disaggregata. Il valore ad esso attribuibile e'
reperibile dai dati di consumo ed e' differenziato per fasce d'eta';
e' espresso in g/giorno;
TDI e' il Tolerable Daily Intake espresso in μg/Kg peso corporeo
per giorno;
TWI e' il Tolerable Weekly Intake espresso in μg/Kg peso
corporeo;
BW e' il Body Weight (peso corporeo), espresso in Kg; nelle
valutazioni internazionali viene ad esso attribuito, generalmente, un
valore pari a 60;
HQ e' l'Hazard Quotient, adimensionale, espresso come valore
percentuale
Affinche' il rischio sia accettabile, deve essere verificata la
relazione:
(III) HQ ≤ A
dove A e' la percentuale di intake del contaminante considerata
accettabile rispetto al TDI (o al TWI); esso rappresenta, a sua
volta, il valore massimo accettabile (100% dell'accettabilita').
Considerando vari gradi di cautela, possono essere proposti valori
diversi di A.
2c. Fase3: Valutazione di rischio mediante uso della Reference Dose e
dello Slope Factor- approccio USEPA
Qualora per un contaminante non siano reperibili parametri
tossicologici di confronto quali ADI, TDI, TWI ecc., ovvero in caso
di sostanze cancerogene, la valutazione di rischio sanitario in aree
agricole viene effettuata applicando la Fase 3. Quest'ultima, in
analogia alla procedura standardizzata di Analisi di rischio prevista
dalla normativa vigente (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152),
si avvale dell'approccio statunitense dell'Environmental Protection
Agency (EPA) ed utilizza, come parametri tossicologici di confronto,
la Reference Dose (RfD) per la valutazione degli effetti tossici e lo
Slope Factor (SF) per gli effetti cancerogeni.
Si ricorda che la RfD cronica indica la dose di sostanza alla
quale si considera possa essere esposta la popolazione, per via
orale, senza rischi apprezzabili, lungo l'arco dell'intera vita,
mentre lo SF rappresenta il potenziale cancerogeno di una sostanza.
La sanitario mediante l'applicazione della fase 3 si rende
necessaria in assenza di limiti normativi per i contaminanti nelle
matrici campionate, nonche' in assenza di parametri di riferimento
tossicologici quali ADI, TDI, TWI ecc.
In tali casi, per i contaminanti caratterizzati da effetti
tossici con soglia, si effettua esclusivamente la valutazione di
rischio mediante uso della RfD; di contro, per contaminanti
caratterizzati da effetti cancerogeni con meccanismo genotossico,
deve essere effettuata sia la valutazione mediante RfD, che mediante
l'uso dello SF.
L'esposizione viene stimata mediante il calcolo delle dosi medie
giornaliere assunte, rappresentate dalla Average Daily Dose (ADD) per
sostanze caratterizzate da effetti tossici con soglia, e dalla
Lifetime Average Daily Dose (LADD) per sostanze cancerogene con
meccanismo genotossico.
Le seguenti formule di calcolo permettono di stimare il valore di
ADD (IV) e LADD (V):
(IV) ADD = [Σi (C x IR)i x EF x ED]/(BW x ATADD )
(V) LADD = [Σi (C x IR)i x EF x ED]/(BW x ATLADD )
dove ADD e' l'Average Daily Dose, espressa in [mg/Kg giorno];
LADD e' la Lifetime Average Daily Dose, espressa in [mg/Kg
giorno]
C e' il valore rappresentativo di concentrazione di un
contaminante, ottenuto mediante opportuna elaborazione statistica
(media, mediana, upper confidence limit, ecc.), in ciascuna «voce
alimentare»; e' espresso in mg/g;
IR e' l'Intake Rate (tasso di consumo alimentare pro capite) di
ciascuna «voce alimentare» considerata opportunamente in forma
aggregata o disaggregata. Il valore ad esso attribuibile e'
reperibile dai dati di consumo ed e' differenziato per fasce d'eta';
e' espresso in g/giorno;
EF e' la Exposure Frequency (frequenza d'esposizione), indica il
numero di giorni in un anno in cui una persona viene a contatto con
il contaminante; a tale parametro possono essere, quindi, attribuiti
valori differenti in funzione, per esempio, della stagionalita' degli
alimenti considerati. E' espressa in giorni/anno; considerando il
piu' alto grado di conservativita', EF puo' assumere un valore pari a
365, cio' nondimeno un valore pari a 350, che considera 15 giorni di
ferie e, quindi, di soggiorno lontano dall'area contaminata, appare
sufficientemente cautelativo;
ED e' la Exposure Duration (durata d'esposizione), espressa in
anni; indica il numero effettivo di anni in cui la popolazione e'
esposta all'ingestione di alimenti contaminati. Nell'effettuazione
della valutazione di rischio per i bambini, si attribuisce a tale
parametro, in via conservativa, il valore massimo dell'arco di eta'
considerato (es. per la fascia d'eta' 0-3 anni, ED e' pari a 3);
BW e' il Body Weight (peso corporeo), espresso in Kg; nelle
valutazioni statunitensi viene ad esso attribuito, per la popolazione
adulta, un valore pari a 70; per un piu' elevato grado di cautela, si
puo' optare per una valore pari a 60. Al fine di effettuare una
distinta valutazione di rischio per i bambini, dai gia' citati studi
dell'INRAN sono reperibili valori medi di peso corporeo per diverse
fasce d'eta';
AT e' l'Averaging Time (tempo sul quale l'esposizione viene
mediata); e' espresso in giorni. Il valore attribuibile a tale
parametro differenzia il calcolo dell'ADD e della LADD:
ATADD e' pari alla durata effettiva dell'esposizione; essendo
espresso in giorni, si ha ATADD = ED x 365
ATLADD e' pari all'arco dell'intera vita (AT = 70 x 365), in
quanto gli effetti cancerogeni possono manifestarsi anche al cessare
dell'esposizione stessa.
Successivamente si esegue la stima quantitativa del rischio. Per
le sostanze caratterizzate da effetti tossici con soglia, la stima
quantitativa viene effettuata mediante calcolo dell'Hazard Index
(HI), che costituisce il confronto tra la dose media giornaliera
assunta e la RfD, secondo la seguente formula di calcolo (VI):
(VI) HI = ADD/RfD
dove HI e' l'Hazard Index, adimensionale;
ADD e' l'Average Daily Dose, espressa in [mg/Kg giorno];
RfD e' la Reference Dose, specifica per via di esposizione orale,
espressa in mg/Kg giorno;
Affinche' il rischio sia accettabile, deve essere verificata la
relazione:
(VII) HI ≤ A
dove A indica l'Accettabilita' del rischio;
Per le sostanze caratterizzate da effetti cancerogeni con
meccanismo genotossico, la stima quantitativa viene effettuata
integrando il valore stimato per la dose media giornaliera assunta
con lo SF, secondo la seguente formula di calcolo (VIII):
(VIII) R = LADD x SF
dove R e' il Rischio cancerogeno, definito come la probabilita'
incrementale dell'insorgenza di casi di tumore in una popolazione
esposta rispetto ad una popolazione non esposta, adimensionale;
LADD e' la Lifetime Average Daily Dose, espressa in mg/Kg giorno;
SF e' lo Slope Factor espresso in (mg/Kg giorno)-1 ;
Affinche' il rischio sia accettabile, deve essere verificata la
relazione:
(IX) R ≤ A
dove A indica l'Accettabilita' del rischio.
3. Ripetizione della procedura di valutazione di rischio dopo
eventuale bonifica.
Qualora venga accertata la presenza di un rischio sanitario
connesso al consumo di prodotti alimentari, secondo la procedura
esposta nel paragrafo 2, si rendono necessari opportuni interventi. A
seguito di tali interventi, eseguiti secondo quanto definito
nell'allegato 4 al presente regolamento, qualora l'area sia destinata
ancora a produzioni agroalimentari, si procede ad una nuova
esecuzione della VdR sanitario, a fronte delle nuove risultanze
analitiche sui prodotti alimentari. Qualora all'esito di suddetta
analisi vengano confermati rischi sanitari derivanti dal consumo di
prodotti agroalimentari, il progetto degli interventi dovra' essere
aggiornato in modo da tenere conto delle nuove valutazioni.
Allegato 4
Art. 5.
Tipologie di intervento applicabili per le aree agricole
Premessa.
L'obiettivo di qualsiasi azione di messa in sicurezza e bonifica
di aree agricole e' quello di preservare la risorsa suolo in tutta la
sua interezza, pertanto sara' fondamentale restringere gli interventi
di rimozione, trasporto, scavo e lavaggio unicamente ai casi in cui
altre strategie in situ ed a minore impatto risultino insufficienti.
E' essenziale, infatti, mantenere gli equilibri ecosistemici che
hanno portato alla formazione del suolo, per poter restituire in
tempi piu' o meno brevi il suolo stesso al tradizionale uso agricolo.
Gli interventi dovranno essere calibrati in modo sito-specifico
in considerazione della tipologia di inquinamento intervenuto, delle
caratteristiche pedo-climatiche, delle attivita' agricole e
zootecniche coinvolte. Tali indicazioni, pertanto, saranno fornite e
circostanziate solo successivamente alle indagini di
caratterizzazione di dettaglio e alla valutazione di rischio.
Il mantenimento di livelli di sicurezza adeguati per gli
operatori agricoli ed i consumatori di prodotti ortofrutticoli non e'
necessariamente legato alla quantita' totale di una specie inquinante
presente nel suolo. Nel caso dei metalli, la frazione biodisponibile
ha un ruolo chiave essendo soggetta ai meccanismi di assorbimento
delle colture e di mobilizzazione nelle parti profonde nel suolo e
sottosuolo.
Obiettivo di questi interventi di bonifica sara' la riduzione del
rischio per la salute e la verifica che le concentrazioni delle
sostanze presenti nel suolo siano compatibili con l'ordinamento
colturale effettivo e potenziale o con il tipo di allevamento su di
esso praticato.
1. Tipologia di interventi di messa in sicurezza e bonifica
applicabili per le aree agricole.
Sono preferibili tecniche che consentano di mettere in sicurezza
le aree potenzialmente inquinate evitando che le stesse siano
utilizzate, impropriamente, per attivita' agricole o pastorali, che
abbiano sbocchi sul mercato agroalimentare. A tale scopo sono da
preferire specie arboree poliennali, se necessario in consociazione
con specie erbacee iperaccumulatrici, in quanto la salvaguardia del
paesaggio e della vocazione agricola di una zona restano uno degli
obiettivi strategici nell'ambito della gestione e pianificazione del
territorio, cosi' come la protezione della salute dei cittadini,
evitando la produzione abusiva di prodotti alimentari su suoli
inquinati.
Ove possibile, pertanto, sara' data la preferenza ad interventi
di bio-, fito-risanamento con piante poliennali, che presentano
numerosi vantaggi rispetto ai trattamenti fisico-chimici:
messa in sicurezza effettiva (impedimento fisico all'uso
improprio dei suoli inquinati);
economicita';
miglioramento del paesaggio;
miglioramento della fertilita' dei suoli;
impedimento all'uso non agricolo dei suoli (nuove
edificazioni).
2.1 Fitorisanamento.
Il fitorisanamento comprende i seguenti processi:
1) fitodegradazione: azione delle piante e dei microorganismi
rizosferici sulla degradazione/detossificazione degli inquinati
organici presenti nel suolo;
2) rizofiltrazione: decontaminazione di una fase acquosa
attraverso processi di adsorbimento ed assorbimento da parte delle
radici delle piante;
3) fitostabilizzazione: diminuzione della pericolosita' di
alcune sostanze riducendone la biodisponibilita';
4) fitoestrazione: rimozione degli inquinanti dal suolo
attraverso l'accumulo nella biomassa delle piante.
Pertanto, in caso di inquinamento non localizzato e basso livello
di rischio, una strategia di riduzione (rimozione e/o
immobilizzazione) della frazione biodisponibile dei metalli
sicuramente adeguata agli obiettivi della messa in sicurezza e'
perseguibile, in tempi utili, per tornare alle ordinarie produzioni
agricole.
La possibilita' di combinare le tecniche di fitostabilizzazione e
fitoestrazione e' di sicuro interesse per aree rurali a livello medio
basso di contaminazione da metalli potenzialmente tossici.
A tale scopo, e' particolarmente indicato l'utilizzo di piante a
rapido accrescimento quali pioppo ed eucalipto, per le quali la
letteratura scientifica ha evidenziato, da tempo, una particolare
affinita' con Cadmio e Piombo. Il loro portamento e la rapida
colonizzazione dello spazio e' anche funzionale ad impedire
fisicamente ogni altro tipo di attivita', agricola e non,
nell'appezzamento da mettere in sicurezza.
Nel caso in cui i livelli di contaminazione riguardino elementi
come il Cromo, la cui affinita' con le colture arboree summenzionate
non e' risultata soddisfacente, sono altamente consigliate le
brassicacee iperaccumulatrici che, per le loro caratteristiche
fisiologiche, assorbono questo elemento utilizzando lo stesso
meccanismo attivo di trasporto dei solfati.
L'effetto di questa tecnica puo' essere incrementato utilizzando
degli ammendanti organici, il cui contenuto di chelanti naturali
migliora l'assimilazione dei metalli da parte delle colture. Altro
fattore che e' possibile modulare e' l'efficienza radicale, tramite
l'inoculo con funghi micorrizici (es. Trichoderma spp) che ne
accrescano la superficie assorbente.
In caso di contaminazione da inquinanti organici, la tecnica di
fitodegradazione descritta al punto 1 puo' rappresentare la chiave di
volta perche' consente di associare il mantenimento di un paesaggio
rurale alla naturale degradazione dei composti organici. In questo
caso, l'utilizzo di specie arboree dotate di un apparato radicale
adeguatamente fitto e profondo puo' essere coadiuvato da un prato di
lolium, il cui effetto dell'apparato radicale su IPA ed Idrocarburi
e' stato comprovato da tempo.
La fertilizzazione con compost puo' produrre risultati positivi,
visto che le biomasse compostate possono fungere da inoculo di
microbi e possono fornire un ulteriore input di nutrienti alla
microflora gia' presente nel suolo.
La strategia di fitorisanamento ideale include, dunque, una
arborea con sesto di impianto 2 x 1 associato ad un prato (di
brassicacee, nel caso si voglia potenziare l'effetto fitoestrattivo e
di lolium, nel caso di un effetto rizodegradativo), su suoli
fertilizzati con ammendante ed inoculati con funghi micorrizzici.
2.2 Biorisanamento.
Il biorisanamento e' una tecnologia che prevede l'utilizzo di
microrganismi naturali o ricombinanti per abbattere le sostanze
tossiche presenti nel suolo, in particolare composti organici,
attraverso processi che possono essere aerobici o anaerobici. Le due
principali tecniche di biorisanamento sono:
1) Biostimulation: potenziamento del metabolismo della
microflora autoctona attraverso l'input di nutrienti derivanti
dall'essudazione radicale di specie vegetali opportunamente
selezionate oppure da fertilizzazioni organiche. Di facile
applicazione e' anche l'innesco di processi aerobici attraverso
lavorazioni frequenti capaci di arieggiare il suolo e fornire
maggiori quantita' di ossigeno alla microflora.
2) Bioaugmentation: incremento delle cellule batteriche e
fungine presenti nel suolo e selezionate per le loro capacita' di
degradare composti organici, riprodotte in dosi massive in
bioreattori ed inoculate nel suolo da decontaminare in uno o piu'
interventi. Il principale problema da affrontare, per questa tecnica,
e' il mantenimento di un adeguato numero di cellule microbiche
degradatrici nel suolo legato alla competizione con la microflora
gia' presente. Per superare con successo questo ostacolo, si puo'
optare per la selezione di una microflora autoctona gia' adattata
alle condizioni edafiche e chimico-fisiche del suolo, estratta
direttamente dai suoli che si intende decontaminare. Questo approccio
e' sicuramente uno dei piu' completi, se si considera che l'utilizzo
di microflora autoctona ha il vantaggio di creare un formulato
biodegradatore che include sia batteri che funghi in grado di
metabolizzare inquinanti a differente livello di recalcitranza in un
ampio spettro di condizioni ambientali, tipiche del suolo che si
intende risanare. La capacita' di mantenere un attivita' costante e
non condizionata dai fattori ambientali e' legata, anche, alla
possibilita' da parte dei microbi di aggregarsi in consorzi che
includono microbi, funghi, lieviti all'interno di una matrice
polimerica da loro prodotta in cui le condizioni di pH, potenziale
redox sono mantenute a livelli ottimali. Tali consorzi, chiamati
biofilm, rappresentano un ulteriore elemento da tenere in
considerazione qualora si voglia effettuare una bioaugmentation con
specie autoctone.
2.3 Altre tecniche.
Le tecniche menzionate in precedenza hanno il vantaggio di
presentare un impatto molto basso dal punto di vista ambientale e
paesaggistico, associato a convenienti costi di applicazione.
Tuttavia ci sono casi in cui i livelli di inquinanti presenti nel
suolo, siano essi organici o inorganici, sono tali da richiedere
approcci piu' incisivi.
In tali situazioni sono proponibili unicamente trattamenti
chimico-fisici che garantiscano alte rese di rimozione, ma sono
generalmente molto costosi e provocano inoltre la modifica
irreversibile delle proprieta' del suolo trattato. Pertanto la loro
applicazione deve essere limitata agli effettivi volumi di suolo che
necessitano di questi trattamenti.
I trattamenti chimici consistono in una detossificazione degli
inquinanti attraverso reazioni di trasformazione in sostanze dotate
di una minore tossicita' e/o mobilita', come:
a) ossidazione: attraverso l'iniezione nella matrice
contaminata di un forte agente ossidante (perossido di idrogeno,
permanganato di potassio), che ne consentano una completa
mineralizzazione;
b) riduzione: impiegata nel caso in cui le specie ridotta
presenti una minore tossicita';
c) soil-flushing: estrazione delle specie chimiche inquinanti
con liscivianti (solventi organici, tensioattivi etc.) e successiva
separazione di percolato da avviare ad un ulteriore iter di
smaltimento o bonifica;
d) fissazione: utilizzo di agenti chimici chelanti che
consentono di concentrare i metalli in porzioni di suolo piu'
contenute in vista di un trattamento ex situ.
I trattamenti fisici sono basati, essenzialmente, sul passaggio
degli inquinanti nelle differenti fasi del suolo. Si tratta in
particolare di:
a) solidificazione: riduzione della permeabilita' della massa
contaminata;
b) trattamenti termici: si basano sull'incenerimento, la
gassificazione o la pirolisi che comportano, in ogni caso, a
differenti condizioni di temperatura, la volatilizzazione degli
inquinati e la loro rapida ossidazione con formazione di composti
inorganici (CO2, ossidi di azoto e zolfo, ecc).
A seguito dei trattamenti sopra elencati, si procede ad un
aggiornamento della caratterizzazione dell'area e alla ripetizione,
ove necessario, della procedura di Valutazione di rischio (VdR) di
cui all'allegato 3 al presente regolamento.
Le aree che, a seguito della nuova VdR, risultino non compatibili
con l'ordinamento colturale effettivo e potenziale o con il tipo di
allevamento su di esso praticato, possono essere destinate ad
alberature con specie arboree caratterizzate da buona adattabilita'
alle condizioni pedoclimatiche dell'area, profondita' degli apparati
radicali, alta capacita' di suzione radicale, come pioppo bianco,
pioppo nero ed eucaliptus.
Allegato 5
Art. 7.
Adempimenti per cittadini ed imprese
Agli esclusivi fini di cui all'art. 7, comma 1 della legge 11
novembre 2011, n. 180, gli oneri informativi di nuova introduzione
sono i seguenti:
a) ai sensi dell'art. 3, comma, 3, la presentazione
dell'autocertificazione che i livelli di CSC non sono stati superati
anche per una sola sostanza, resa ai sensi e per gli effetti degli
articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445, corredata della necessaria documentazione
tecnica e comunicata agli enti di cui al comma 1, che conclude il
procedimento;
b) ai sensi dell'art. 4, comma 3 la presentazione all'Autorita'
competente della relazione di valutazione del rischio e dell'istanza
conclusione procedimento in caso in cui le concentrazioni riscontrate
risultino compatibili con l'ordinamento colturale effettivo e
potenziale o con il tipo di allevamento su di esso praticato;
c) ai sensi dell'art. 5, comma 1, la presentazione, della
relazione di valutazione di rischio e del progetto degli interventi
da attuare se all'esito della valutazione del rischio le
concentrazioni riscontrate nel suolo sono incompatibili con
l'ordinamento colturale effettivo e potenziale o con il tipo di
allevamento su di esso praticato.
Con riferimento alla disciplina generale di cui all'art. 242 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, gli oneri informativi
eliminati sono i seguenti:
a) ai sensi dell'art. 242, comma 3, del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, la presentazione del piano di caratterizzazione
all'autorita' competente;
b) ai sensi dell'art. 242, comma 4, del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, la presentazione dei risultati del piano di
caratterizzazione all'autorita' competente;
c) ai sensi dell'art. 242, comma 4, del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, la presentazione dei risultati della procedura
di analisi di rischio sito specifica per la determinazione delle
concentrazioni soglia di rischio;
d) ai sensi dell'art. 242, comma 5, del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, la presentazione del piano di monitoraggio per
la verifica della stabilizzazione della situazione riscontrata in
ordine alle concentrazioni soglia di rischio;
e) ai sensi dell'art. 242, comma 6, del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, la comunicazione all'autorita' competente della
relazione tecnica riassuntiva degli esiti del monitoraggio per la
verifica della stabilizzazione della situazione riscontrata in ordine
alla concentrazione soglia di rischio.