Data: 2019-05-31 10:54:52

Vendita da parte di vivai

Buongiorno, la questione che si pone è quella della vendita di prodotti complementari e connessi a quelli delle aziende florovivaistiche non specificatamente provenienti dal settore agricolo.
La sentenza n.131/2016 ha previsto la vendita, da parte delle aziende agricole, di beni connessi non direttamente dervianti dall'agricoltura, come vasi, strumenti di irrigazione, concimi, insetticidi o strumenti per l'immediato utilizzo della terra come rastrelli o vanghe. La stessa sentenza ha previsto che non possono essere venduti barbecue, vasi in ceramica, padelle, etc.
La risoluzione del Mise n. 284489 del 10.07.2017, rifacendosi alla suddetta sentenza, prevede che nei vivai non possono essere venduti vaisi in ceramica. Si chiede se è consentia nei vivai la vendita di piante contenute in vasi di ceramica in un'unica confezione. 
Il regolamento di esecuzione della vecchia Legge del commercio, approvato con D.M. 04.08.1988, n. 375 prevedeva la possibilità di vendita di prodotti appartenenti a categorie merceolgiche diverse  nell'esercizio che aveva nella propria tabella merceologica il prodotto che rispetto agli altri contenuti nella confezione risultava di valore ragguagliabile ad almeno i tre quarti del prezzo della confezione stessa, tenendo conto dei valori di  mercato dei rispettivi prodotti.
E' possibile adottare il suddetto criterio anche per la vendita nei vasi di ceramica nei vivai?

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Data: 2019-05-31 16:06:25

Re:Vendita da parte di vivai

La risoluzione del MiSE, come tutte le risoluzioni d MiSE, sono dei meri pareri personali del dirigente ministeriale. Non hanno valore normativo e, a volte, sono molto discutibili. Ne caso di specie la risoluzione si appoggia alla sentenza del CdS citata e a quella devi fare riferimento. La sentenza riguarda un Tizio che aveva predisposto oltre 200 mq di superficie dio vendita accessoria occupata da oggettistica varia.

Agganciarsi al DM 375/88 è un fatto del tutto arbitrario. Dovresti prevedere un criterio ben sviluppato in un regolamento comunale ma ritengo che lo stesso sarebbe annullabile dato che definirebbe un quid “normativo” senza una copertura legale. E poi dovresti sviluppare il concetto: quanti vasi può vendere ad un singolo cliente se questo non compra piante?

Io mi limiterei a considerare lecita la vendita connessa: compro una pianta e mi occorre anche il vaso per metterla a casa, quindi acquisto un insieme di cose che afferiscono al godimento, da parte del cliente, dell’ attività florovivaistica. Rammenta che il CC, all’art. 2135 ci dice che [i]si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e [b]valorizzazione [/b]che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali[/i]. Se con il vaso valorizzo la mia pianta per me è ok. Se metto su uno spazio “brico” dove Tizio va a comprare oggetti vari astrattamente afferenti al giardino, allora sono nel torto.

Ad uso di tutti riporto un passaggio della sentenza del CdS n. 131/2016

Il CdS conferma la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto legittimi i provvedimenti comunali emessi contro l’esercente [i]rilevando che nella superficie totale di mq. 218,57 erano esposti articoli come barbecue, tavoli e sedie in vimini, vasi in ceramica ed altri accessori, direttamente estranei all’attività agricola di coltivazione di piante in vaso e in terra, estranei qualitativamente e quantitativamente dall’attività di impresa agricola e quindi non ammessi ove non autorizzati; una diversa interpretazione avrebbe portato alla totale contraddizione con la destinazione agricola dell’area e ad un liberalizzazione dell’attività commerciale di un’impresa agricola non ammessa.[/i]

Il Cds aggiunge (riporto un passaggio):

[i]Ritiene la Sezione che la lettura complessiva che se ne ricava (NDR dalla normativa di settore) è sicuramente quella di un’ampia liberalizzazione del commercio dei propri prodotti da parte delle aziende agricole, sia nella forma più semplice del fiore, del frutto o della pianta, ma anche in quella più complessa della loro manipolazione oppure di beni a questa connessi, fatto che può inevitabilmente comprendere cose non direttamente derivanti dall’agricoltura, ma ad essa strettamente connesse come vasi, strumenti di irrigazione, concimi, insetticidi o strumenti per l’immediato utilizzo della terra come rastrelli o vanghe.
Ritenuto ciò in generale, appare però evidente che la commercializzazione dei prodotti agricoli o florovivaistici oppure la fornitura di beni connessi a queste attività deve rispettare le stesse regole che la ammettono, così come quelle attinenti altre attività come quella prettamente commerciale.
Infatti, se ad un’azienda florovivaistica deve essere permessa la vendita dei propri prodotti e dei beni strettamente riconducibili alla sua attività, ciò non può comportare che la medesima si renda attiva nella vendita di prodotti che solamente in senso estremamente lato possono avvicinarsi al giardinaggio; dai barbecue carrellati ai vasi in ceramica, dalle padelle alle graticole, dai tavoli e sedie in vimini o in plastica alle case in legno prefabbricate ad uso deposito da giardino.
Né gli spazi di vendita, ove indicati in una superficie pari a mq. 20, possono essere ampliati ad oltre 200 senza segnalazione certificata di inizio attività nel rispetto del D. Lgs. 31 marzo 1998, n.114, e successive modificazioni, e sempre nel rispetto dei relativi presupposti e delle relative leggi regionali di attuazione.
[/i]

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