Nell’ambito dell’esercizio della delega per la revisione del TUEL che il Governo si accinge a richiedere al Parlamento, è sicuramente necessario un intervento di adeguamento delle disposizioni del Titolo VII sulla revisione economico finanziaria, mai modificate dopo il superamento delle modalità di indicazione diretta da parte dei consigli comunali, e l’avvio delle estrazioni da parte delle Prefetture (in seguito all’entrata in vigore dell’art. 16 del D.L. 138/2011, che data ormai dunque oltre 7 anni).
L’art. 234 comma 2 lettera c), come mero esempio di scarsa attenzione del legislatore all’aggiornamento di norme comunque significative per la concreta operatività degli enti locali, riporta ancora l’indicazione della scelta di uno dei membri tra gli iscritti nell’Albo dei ragionieri, soppresso da circa 15 anni.
Tra gli argomenti oggetto delle disposizioni del Titolo VII ci sono anche i compensi dei revisori. L’attuale articolo 241 fornisce indicazioni parziali: la fissazione dei soli limiti massimi del compenso di base avviene con decreto del Ministro dell’Interno, il cui aggiornamento è (teoricamente) previsto ogni 3 anni.
I parametri di computo sono definiti in relazione alla fascia di popolazione residente e al livello quantitativo di spesa corrente e spesa per investimenti.
E’ altresì prevista la facoltà per l’Ente di incrementare fino al 20% il compenso base, in ragione delle ulteriori funzioni attribuite, rispetto a quelle previste dall’art. 239 del TUEL, fino al 10% quando sia attribuita la funzione di revisione delle istituzioni dell’Ente, per ognuna di esse, fino ad un massimo del 30%.
Se l’organo di revisione è collegiale (nei Comuni con oltre 15.000 abitanti, nelle Province e nelle città metropolitane), al Presidente è attribuita una maggiorazione del 50%, sia sul compenso base, sia sui compensi aggiuntivi.
Il comma 7 dell’art. 241 stabilisce che il compenso sia fissato nella stessa delibera consiliare di nomina.
A latere di questo quadro normativo, in cui il più evidente vulnus è l’assenza di un parametro di riferimento per la definizione di compensi minimi, si sono sovrapposti specifici elementi attuativi, normativi e giurisprudenziali, che non hanno però messo alcun punto fermo, ad oggi, rispetto a tale “vuoto”.
Sul lato attuativo, l’aggiornamento triennale dei compensi di cui all’art. 241 del TUEL non ha più avuto seguito dopo l’adozione del D.M. 20 maggio 2005, che quindi è il riferimento più recente, e vigente, per la fissazione dei compensi massimi.
In ambito normativo, il compenso dei componenti dell’organo di revisione è stato oggetto di un intervento “in diminutio” nell’ambito dei provvedimenti di spending review: in particolare il D.L. 78/2010, all’articolo 6 comma 3, ha stabilito l’obbligo per gli enti locali di ridurre del 10% i compensi, rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010.
La misura è stata reiterata fino al 31.12.2017, attraverso i cosiddetti decreti “milleproroghe”, ma non più per il 2018 (la L. 205/2017 non ne fa menzione)
Ogni eventuale riduzione prevista dal singolo Ente, rispetto ai compensi massimi di base ex D.M. 20 maggio 2005, resta dunque esclusivamente una facoltà, priva di alcun parametro normativo di quantificazione, e non più un obbligo.
Sul lato giurisprudenziale, la questione oggetto di attenzione da parte di Sezioni regionali e – successivamente – della Sezione autonomie della Corte dei conti, cui la questione è stata deferita, riguarda sempre l’esistenza o meno di limiti alla facoltà dei consigli di fissazione di compensi dei componenti dell’organo al di sotto dei livelli massimi stabiliti dal D.M. 20 maggio 2005.
La questione era stata dapprima affrontata dalle Sezioni regionali di Sicilia e Liguria, con i pareri, rispettivamente n. 272/2015/PAR e n. 95/2016/PAR. La sezione siciliana, dopo un’analisi riferita alle disposizioni civilistiche sul contratto d’opera, conclude che sia “possibile graduare il compenso al di sotto della misura massima fissata senza alcun limite inferiore di “congruità”. Nel secondo parere, l’assenza del limite minimo veniva però stigmatizzata come “lacuna normativa che, dopo il rinnovato sistema di designazione mediante sorteggio su base regionale, che ha privato i consigli comunali di tale potere, rischia di incidere sull’effettività del controllo professionale affidato ai revisori”.
La Sezione regionale Lombardia, interrogata dal Commissario prefettizio del Comune di Voghera, a fronte dell’eccezione sollevata dai componenti dell’Organo di revisione sulla quantificazione dei compensi deliberata dal Consiglio dell’Ente, sulla valenza giuridica “de facto” di parametro minimo di quantificazione dei compensi del limite massimo della fascia demografica immediatamente inferiore, con la pronuncia 103/2017/QMIG del 28/02/2017, nonché sui parametri di determinazione del rimborso delle spese di viaggio, ha giudicato fondata la prospettazione dell’Ente, evidenziando come necessaria, e coerente con la posizione di autonomia e con la professionalità, nell’esercizio della funzione di controllo, dell’organo anche l’esistenza di un criterio di fissazione del compenso minimo, che limiti la discrezionalità dei consigli degli Enti, soprattutto in considerazione del sistema di nomina per sorteggio su base regionale introdotto dal D.L. 138/2011 (mentre l’attuale testo dell’art. 241 del TUEL risale alla fase di indicazione diretta dei nominativi dei componenti in sede consiliare), ma ha sospeso la pronuncia sul primo quesito, e proposto il deferimento della questione alla Sezione autonomie o alle Sezioni riunite.
La Sezione autonomie si è pronunciata con la deliberazione 16/SEZAUT/2017/QMIG del 13 giugno 2017, riconoscendo il rilievo ai fini del contenimento della spesa pubblica dei parametri di fissazione dei compensi massimi individuati dall’art. 241 del TUEL, ma escludendo l’ipotesi di una fissazione, in via intepretativa, di compensi minimi, poiché in tal modo l’interprete giurisprudenziale si sarebbe sostituito al legislatore. Le garanzie dell’interesse dei componenti degli organi di revisione ad un adeguato compenso si realizzano mediante lo strumento contrattuale o in sede giudiziaria, nell’ambito del sistema in vigore. La delibera consiliare di nomina dovrà comunque fornire adeguata motivazione della determinazione dei compensi.
Sulla questione rimasta aperta si è inserito l’atto di orientamento, ex art. 154 c. 2 TUEL, dell’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli Enti Locali del Ministero dell’interno del 13 luglio 2017, che, pur non rivestendo ovviamente alcun rilievo normativo, si è addentrato nel dettaglio nel proporre criteri stringenti per l’individuazione dei limiti minimi nella determinazione del compenso dei revisori degli enti locali.
Intanto la teorica possibilità di scostamento dal limite massimo viene qualificata come “eccezionale”, e il suo utilizzo sarebbe fondato su “rigorosi ed oggettivi criteri di ragionevolezza che assumono il valore di una sostanziale condizione di legittimità del provvedimento sotto il profilo dell’adeguata motivazione dell’atto”. Per la quantificazione, appena un mese dopo la pronuncia della Sezione autonomie, l’Osservatorio ripropone esattamente la linea da essa fermamente esclusa, ovvero la delimitazione per via interpretativa, considerando come limite minimo il limite massimo della fascia demografica inferiore, e, per i revisori dei comuni con meno di 500 abitanti, e delle province e città metropolitane sino a 400.000 abitanti, l’80% del compenso base annuo lordo stabilito per tali fasce.
La questione è stata così riproposta dal Sindaco del Comune di Cantù, a fronte di una conseguente istanza di rideterminazione da parte dei revisori dell’Ente, alla Sezione di controllo per la Lombardia, che, con deliberazione n. 81, depositata in segreteria il 12 marzo 2018, non ha potuto che, in forza dell’avvenuto pronunciamento della Sezione autonomie, dichiarare inammissibile la richiesta di parere.
La questione resta dunque del tutto aperta, fino a che non sarà il legislatore a intervenire ed a porre un punto fermo.
Quanto, infine, al rimborso delle spese di viaggio, vitto ed alloggio, che spettano al revisore in forza del comma 6-bis dell’art. 241 del TUEL, e che non possono, secondo tale norma, cumulare ogni anno per oltre il 50% del compenso annuo attribuito, al netto degli oneri fiscali e contributivi, esso è intanto dovuto, in base all’art. 3 del D.M. 20 maggio 2005, ove la residenza del revisore si trovi in un Comune diverso da quello di esercizio delle funzioni. Il rimborso deve riguardare altresì spese “effettivamente sostenute”, previsione che esclude forme di rimborso forfettizzate. La quantificazione è disciplinata primariamente dal regolamento di contabilità dell’Ente. Nel caso in cui il regolamento non fornisca indicazioni, le modalità di quantificazione sono fissate nella delibera di nomina, o in un’apposita convenzione che regola lo svolgimento delle attività dell’organo. Il rimborso delle spese effettivamente sostenute per vitto e alloggio che si rendano necessarie in ragione dell’incarico svolto è determinato nella misura utilizzata per i componenti dell’organo esecutivo dell’Ente.
Nient’altro è affermato da alcuna ulteriore fonte normativa, per cui la quantificazione è rimessa all’autonoma negoziazione tra le parti, considerando come meri riferimenti analogici criteri quali il rimborso basato sulle tabelle chilometriche ACI (di cui al D.M. Giustizia 2 settembre 2010, n. 169, che disciplina onorari, indennità e criteri di rimborso delle spese per le prestazioni professionali dei dottori commercialisti e degli esperti contabili”), o l’art. 77-bis comma 13 del D.L. 112/2008 (che si applica per il rimborso per le trasferte dei Consiglieri comunali e provinciali, riconoscendo, per ogni km percorso, un valore pari a 1/5 del costo di un litro di benzina).