Data: 2018-10-18 13:04:29

AGRITURISMO può ospitare migranti senza perdere i requisiti (CdS 5745/2018)

AGRITURISMO può ospitare migranti senza perdere i requisiti (CdS 5745/2018)

[color=red][b]Cons. Stato Sez. V, Sent., (ud. 28/06/2018) 06-10-2018, n. 5745[/b][/color]

Svolgimento del processo
1.Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, integrato dalla proposizione di motivi aggiunti, l'Azienda Agricola V.E. (di seguito "l'Azienda agricola" o "Azienda V."), sita nel territorio comunale di Vigodarzere- frazione di Tavo, impugnava i seguenti atti: a) il provvedimento con il quale la Provincia di Padova (di seguito "la Provincia") aveva revocato il riconoscimento dei requisiti per l'esercizio dell'attività agrituristica alla su indicata impresa agricola, ai sensi dell'art. 27, co. 1, L.R. Veneto 10 agosto 2012, n. 28, per aver alloggiato nei propri spazi anche dei profughi richiedenti asilo, come emerso all'esito di un sopralluogo svolto presso l'azienda in data 18 luglio 2016; b) l'ordinanza conseguentemente adottata con la quale l'Unione dei Comuni del Medio Brenta Cadoneghe- Vigodarzere- Curtarolo (di seguito "l'Unione dei Comuni") aveva ordinato la chiusura immediata dell'attività agrituristica; c) l'atto con il quale la Provincia di Padova aveva disposto l'inefficacia nonché l'improcedibilità della comunicazione di variazione del piano agrituristico n. 516804/01, sul presupposto dell'avvenuta revoca del riconoscimento dei requisiti per l'esercizio dell'attività agrituristica.
.....

[color=red][b]Motivi della decisione[/b][/color]
3. Con l'appello proposto Azienda Agricola V. ha censurato la sentenza di primo grado con la quale il T.a.r. per il Veneto ha respinto il ricorso per l'annullamento dei provvedimenti inerenti la revoca del riconoscimento all'impresa dei requisiti per l'esercizio dell'attività agrituristica e la chiusura immediata dell'attività per essere "l'azienda occupata da circa un anno e mezzo nell'ospitalità di profughi, per finalità diverse da quelle agrituristiche", condividendo così la tesi della Provincia resistente circa la conversione dell'attività imprenditoriale agrituristica in quella di accoglienza e assistenza a favore di profughi e migranti.

3.1. L'Azienda appellante ha dedotto l'erroneità di una siffatta prospettazione evidenziando, per un verso, come l'ospitalità offerta ai migranti debba collocarsi in un contesto avente carattere emergenziale e temporaneo, regolamentato da speciali discipline legislative, le quali non derogano alla legislazione in materia di agriturismo, costituendo piuttosto attuazione delle sue implicite potenzialità, e per altro verso come i provvedimenti sanzionatori impugnati, con i quali viene precluso all'azienda appellante di chiedere un nuovo titolo abilitativo per un anno, si appalesino sia sproporzionati e contrari ai canoni di adeguatezza, ragionevolezza e buona amministrazione, sia viziati per carenza di istruttoria e travisamento dei fatti.

[b]4. L'appello è fondato e merita accoglimento.[/b]

4.1. L'Azienda agricola appellante, iscritta sin dal 1999 nell'elenco provinciale degli operatori agrituristici ai sensi della L.R. Veneto n. 9 del 1997 e autorizzata all'esercizio dell'attività agrituristica (con autorizzazione n. 1/2009 del 18 gennaio 2009), ha dapprima acconsentito (negli anni 2012-2013) a mettere a disposizione del Comune di Vigodarzere i propri spazi per l'ospitalità agli immigrati (per i quali poi la stessa Amministrazione comunale otteneva la prestazione di servizi di pubblica utilità), e successivamente ha stipulato (nell'ottobre 2014) un accordo con la Cooperativa "Villagio Globale" di Marghera-Venezia, in collaborazione con la Prefettura di Padova, per il servizio di alloggio, presso i propri locali, di immigrati richiedenti asilo.

4.2. Tali vicende si inseriscono in un quadro più ampio nell'ambito del quale, a seguito dell'emergenza determinata dai flussi migratori e dalla conseguente necessità di organizzare un sistema di accoglienza temporanea, il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno ha diramato (con note n. 14906 del 17.12.2014, n. 3743 del 13.4.2015, n. 5607 del 23.06.2016, versate agli atti del giudizio) disposizioni attuative al fine di "assicurare la continuazione dell'accoglienza a coloro che sono già ospitati presso le strutture temporanee già individuate" e di provvedere "al reperimento di nuove strutture che possano rispondere alle ulteriori esigenze di accoglienza in relazione all'incessante fenomeno degli sbarchi"; mentre, a livello locale e per quanto qui di interesse, la Prefettura di Padova ha indetto una "Gara europea a procedura aperta per la conclusione di accordo quadro con più operatori economici sul quale basare l'aggiudicazione di appalti specifici per il servizio di "accoglienza di cittadini stranieri e la gestione dei servizi connessi", prevedendo espressamente nel relativo bando che alla procedura possano partecipare "concorrenti che esercitano attività alberghiere e/o recettivo turistiche che devono stipulare apposite convenzioni con enti/organizzazioni", senza che ciò, tuttavia, comporti la perdita e dei requisiti e delle autorizzazioni per l'attività imprenditoriale svolta, come invece avvenuto per l'appellante.

4.3. Ricostruita in tal modo la vicenda oggetto di giudizio, la Sezione ritiene dunque che[b] non sia meritevole di condivisione, alla luce della specifica disciplina nazionale e regionale in materia di agriturismo applicabile alla fattispecie (di cui alla L. 20 febbraio 2006, n. 96 recante "Disciplina dell' agriturismo" e alla L.R. Veneto 10 agosto 2012, n. 28) la tesi prospettata dalla Provincia e fatta propria dal giudice di prime cure circa l'asserita conversione dell'obiettivo imprenditoriale agrituristico in attività di accoglienza e assistenza di profughi e migranti e sulla non assimilabilità di quest'ultima, "pur altamente apprezzabile sotto il profilo umano e sociale", all'attività di agriturismo.[/b]

4.4. Impregiudicato, infatti, l'esercizio del potere/dovere di controllo riservato alla Provincia sul "possesso dei requisiti per l'esercizio dell'attività agrituristica, individuando le attività che possono essere svolte, nonché i relativi limiti" (art. 23, comma 1, L.R. Veneto n. 28 del 2012) nonché "sulle modalità e condizioni di esercizio delle attività turistiche connesse al settore primario"- attività di controllo il cui esito negativo dà luogo alla revoca del riconoscimento e all'immediata chiusura dell'attività- [color=red][b]non può tuttavia convenirsi con l'assunto del primo giudice in ordine all'assoluta incompatibilità tra le due attività in parola al punto che lo svolgimento dell'una determinerebbe la perdita dei requisiti per l'esercizio dell'altra e per il mantenimento nel relativo elenco, trattandosi di prospettazione non fondata su elementi positivi ricavabili dalla disciplina normativa applicabile.[/b][/color]

4.5. Ed invero, il primo giudice osserva come l'agriturismo sia "un'attività turistica che, ancorché si caratterizza per la necessaria posizione di connessione e complementarietà rispetto all'attività agricola tradizionale, si colloca a pieno titolo tra quelle dirette a salvaguardare "le risorse ambientali, le usanze locali anche ai fini di uno sviluppo turistico sostenibile" e connotata dalla peculiarità di "permettere al visitatore un contatto personalizzato, un inserimento nell'ambiente rurale fisico e d umano nonché... una partecipazione alle attività, agli usi e ai modi di vita della popolazione locale"; e però, ferme le peculiarità caratterizzanti l'attività agrituristica da considerarsi integrativa dell'impresa agricola principale e quindi non assimilabile alle strutture ricettive/alberghiere e di ristorazione, non si intravedono nella disciplina citata argomenti normativi per ritenere che l'attività di accoglienza e assistenza a favore di immigrati, resa in un contesto emergenziale e meramente temporaneo, possa contraddire o impedire la realizzazione delle finalità e della vocazione proprie dell'agriturismo e del turismo rurale (rientrando in quest'ultima nozione, ai sensi dell'art. 2, comma 2, lett. a), della L.R. Veneto 24.12.2013, n. 35 "l'insieme delle attività e iniziative turistiche, sportive, culturali, ricreative, di valorizzazione del patrimonio ambientale, nonché ogni altra attività di utilizzazione dello spazio e dell'ambiente rurale, ivi compresi gli ecosistemi acquatici e vallivi, svolta da imprenditori agricoli, imprenditori ittici o da imprese turistiche.").

4.6. Ai sensi dell'art. 2, comma 1, della citata L. 2 febbraio 2006, n. 96 per attività agrituristiche s'intendono, infatti, "le attività di ricezione e ospitalità e ristoro esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati tra loro, attraverso l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali": il dare ospitalità in alloggi e le connesse attività commerciali, riconducibili all'attività agrituristica, vanno dunque svolte dagli imprenditori agricoli, attraverso l'utilizzazione della propria azienda, in rapporto di connessione e complementarietà rispetto alle attività agricole che devono, comunque, rimanere principali e prevalenti (requisiti questi da provare mediante la verifica che il tempo di lavoro impiegato nell'attività agricola nel corso dell'anno sia superiore rispetto a quello dell'attività agrituristica, come previsto anche dalla legislazione regionale di riferimento e, in particolare, dall'art. 3, comma 7, l.r. Veneto n. 28 del 2012).

[b]4.7. L'attività agrituristica, in sostanza, comprende due distinte imprese, facenti capo allo stesso imprenditore: quella agricola, di coltivazione e vendita ordinaria dei prodotti dell'azienda agricola, nei locali adibiti all'attività agrituristica, e quella commerciale, di concessione di ospitalità retribuita e di somministrazione di alimenti agli ospiti dell'alloggio.[/b]

4.8. Alla luce di siffatte coordinate ermeneutiche, deve rilevarsi come [color=red][b]i provvedimenti impugnati non hanno tenuto conto del fatto che l'azienda appellante possedesse ancora i requisiti richiesti dalla normativa di settore ai sensi dell' art. 2 della L. n. 96 del 2006, in quanto l'attività agrituristica è qualificata non già con riguardo alla tipologia di fruitore della stessa, bensì in relazione al soggetto che la esercita (l'imprenditore agricolo ex 2135 c.c.), all'oggetto (tra quelli consentiti, l'alloggio), alla connessione, che deve rimanere prevalente, con l'attività agricola (al fine di assicurare l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di complementarietà con le attività di coltivazione del fondo):[/b][/color] ebbene, tutti questi requisiti continuano ad essere soddisfatti nel caso di specie, rilevando lo svolgimento, con carattere di prevalenza dell'attività agricola, e non potendo, per converso, attribuirsi rilievo dirimente alla circostanza, valorizzata dal primo giudice, per cui il reddito riveniente dall'attività di ospitalità dei profughi avrebbe costituito "praticamente l'intero reddito derivante dall'ospitalità" (peraltro per il solo anno 2015, come rilevato anche dalla sentenza impugnata), non potendo, altresì, neppure escludersi, sulla base della documentazione in atti, il reimpiego di tale reddito nell'attività di coltivazione del fondo esercitata dall'Azienda V.. La disciplina di settore non contiene, poi, alcuna definizione normativa di destinatario dell'ospitalità agrituristica né correla espressamente a specifici motivi soggettivi o determinate a finalità individuali tale ospitalità che, pertanto, se pure offerta a profughi e immigrati, ivi solo temporaneamente collocati, non può per ciò solo comportare la perdita delle autorizzazioni per l'esercizio dell'attività agrituristica e la sua cessazione immediata: al contrario, siffatta ospitalità ed accoglienza, avente carattere meramente temporaneo e consentita in un momento emergenziale e transitorio, favorendo l'integrazione e l'inclusione sociale, non è incompatibile con le finalità proprie dell'agriturismo e/o del turismo rurale e non comporta alcuna perdita di qualificazione dell'attività agrituristica né la sua automatica conversione in un'altra attività imprenditoriale.

[b]4.8. Del resto, l'ospitalità di migranti presso alberghi non priva affatto tali strutture della loro qualificazione ricettivo-turistica e alberghiera: né può invocarsi un differente regime in punto di conseguenze sulla perdita dei requisiti dell'attività imprenditoriale alla stregua delle peculiarità che connotano l'attività agrituristica, in quanto una siffatta prospettazione sarebbe contraria al principio di ragionevolezza e ostativa alla realizzazione delle finalità proprie della disciplina legislativa in materia di agriturismo, orientata a salvaguardare il settore primario (l'agricoltura) e chi in esso è impegnato.[/b]

4.9. Per altro verso, costituisce mera affermazione sfornita di alcuna concreta ed effettiva dimostrazione l'assunto della Provincia in base al quale la titolare dell'Azienda agricola appellante sarebbe interamente dedita all'attività di accoglienza e assistenza a favore dei migranti, non potendo ciò inferirsi soltanto da un unico sopralluogo (all'esito di quello precedentemente svolto in data 31 luglio 2015 la Provincia, pur rilevando le medesime condizioni che hanno dato luogo ai provvedimenti sanzionatori impugnati, non aveva infatti mosso rilievi), inidoneo di per sé a costituire valido presupposto di fatto per l'adozione del provvedimento di revoca in quanto ha consentito di accertare soltanto la presenza di immigrati ivi temporaneamente alloggiati, ma non la perdita dei requisiti di azienda agrituristica stabiliti dal legislatore: nella fattispecie in esame, infatti, non può inferirsi dall'attività istruttoria effettuata dall'Amministrazione il mancato svolgimento, con carattere di prevalenza, dell'attività agricola da parte dell'azienda appellante (nella quale sono a tal fine impiegati anche due dipendenti) né il rifiuto di dare ospitalità in alloggio anche a turisti (ove richiesto), sicché le peculiari caratteristiche di taluni fruitori dell'ospitalità nell'agriturismo in parola e le motivazioni che vi hanno dato luogo, nello specifico caso oggetto di giudizio, non legittimavano in alcun modo la determinazione della Provincia di revocare all'azienda agricola appellante il riconoscimento dei requisiti (nella totale assenza della prova circa la loro perdita) per l'esercizio delle attività turistiche connesse al settore primario né la cessazione dell'attività conseguentemente disposta dall'Unione dei Comuni.

5. Alla fondatezza dei motivi di censura articolati consegue l'accoglimento dell'appello e l'annullamento, in riforma della sentenza gravata, dei provvedimenti impugnati in primo grado.

6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza appellata, annulla gli atti impugnati in primo grado dalla ricorrente.

riferimento id:47183
vuoi interagire con la community? vai al NUOVO FORUM - community.omniavis.it