Privacy: è illecito installare videocamere al lavoro con il solo consenso dei lavoratori
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[color=red][b]Cassazione penale, Sez. III, sentenza 24 agosto 2018, n. 38882 [/b][/color]
[b]COMMENTO[/b]: http://www.quotidianogiuridico.it/documents/2018/10/03/privacy-e-illecito-installare-videocamere-al-lavoro-con-il-solo-consenso-dei-lavoratori
[b]SENTENZA[/b]: http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20180824/snpen@s30@a2018@n38882@tS.clean.pdf
[b]PASSAGGI ESSENZIALI:[/b]
secondo quanto prescritto dall'art. 4 L. n. 300 del 1970, l'installazione di
apparecchiature (da impiegare esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la
sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale ma dalle quali derivi anche la
possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori) deve essere sempre preceduta da
una forma di codeterminazione (accordo) tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali dei
lavoratori, con la conseguenza che se l'accordo (collettivo) non è raggiunto, il datore di lavoro
deve far precedere l'installazione dalla richiesta di un provvedimento autorizzativo da parte
dell'autorità amministrativa (Direzione territoriale del lavoro) che faccia luogo del mancato
accordo con le rappresentanze sindacali dei lavoratori, cosicché, in mancanza di accordo o del
provvedimento alternativo di autorizzazione, l'installazione dell'apparecchiatura è illegittima e
penalmente sanzionata.
In conclusione, il consenso del lavoratore all'installazione di un'apparecchiatura di
videosorveglianza, in qualsiasi forma (scritta od orale) prestato, non vale a scriminare la
condotta del datore di lavoro che abbia installato i predetti impianti in violazione delle prescrizioni
dettate dalla fattispecie incriminatrice, e dunque la doglianza della ricorrente sul punto si ritiene
infondata, non assumendo alcun valore esimente la mancata opposizione dei lavoratori (ritenuta
peraltro dalla ricorrente, in via di interpretazione ipotetica, consenso implicito) all'istallazione
delle videocamere di cui all'imputazione.
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[b]L. 20/05/1970, n. 300[/b]
Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento
Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 maggio 1970, n. 131.
[color=red][b]Art. 4 (Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo) (3)[/b][/color]
1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi. (4) (5)
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
(3) Articolo così sostituito dall'art. 23, comma 1, D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151, a decorrere dal 24 settembre 2015, ai sensi di quanto disposto dall'art. 43, comma 1 del medesimo D.Lgs. n. 151/2015.
(4) Comma così modificato dall'art. 5, comma 2, D.Lgs. 24 settembre 2016, n. 185, a decorrere dall'8 ottobre 2016, ai sensi di quanto disposto dall'art. 6, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 185/2016.
(5) Vedi, anche, l'art. 171, comma 1, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come sostituito, da ultimo, dall'art. 15, comma 1, lett. f), D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101.
[b]Art. 38 (Disposizioni penali)
[/b]
Le violazioni degli articoli 2, 5,6, e 15, primo comma, lettera a), sono punite, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con l'ammenda da lire 300.000 (90) a lire 3.000.000 (90) o con l'arresto da 15 giorni ad un anno. (91)
Nei casi più gravi le pene dell'arresto e dell'ammenda sono applicate congiuntamente.
Quando, per le condizioni economiche del reo, l'ammenda stabilita nel primo comma può presumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo.
Nei casi previsti dal secondo comma, l'autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall'articolo 36 del Codice penale.
(90) La misura dell'ammenda è stata così elevata ai sensi di quanto disposto dall'art. 113, terzo comma, L. 24 novembre 1981, n. 689. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della stessa legge.
(91) Comma così modificato dall'art. 179, comma 2, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a decorrere dal 1° gennaio 2004. Peraltro, il citato art. 179, D.Lgs. n. 196/2003 è stato abrogato dall'art. 27, comma 1, lett. c), n. 3), D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101.
APPROFONDIMENTI
[img width=300 height=98]http://www.tribunale.reggiocalabria.giustizia.it/docs/80006750808/icone/approfondimenti.JPG[/img]
[b]Cass. civ. Sez. lavoro, 21/08/2018, n. 20879[/b]
Nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato i controlli dei lavoratori finalizzati non già a verificare l'esatto adempimento delle obbligazioni direttamente scaturenti dal rapporto di lavoro, ma a tutelare beni del patrimonio aziendale ovvero ad impedire la perpetrazione di comportamenti illeciti, sono fuori dallo schema normativo dell'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori. Pertanto sono tendenzialmente ammissibili i controlli difensivi "occulti", in quanto diretti all'accertamento di comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, ferma restando la necessaria esplicazione delle attività di accertamento mediante modalità non eccessivamente invasive e rispettose delle garanzie di libertà e dignità dei dipendenti, con le quali l'interesse del datore di lavoro al controllo ed alla difesa della organizzazione produttiva aziendale deve contemperarsi, e, in ogni caso, sempre secondo i canoni generali della correttezza e buona fede contrattuale. La rilevazione dei dati di entrata ed uscita dall'azienda mediante apparecchiatura predisposta dal datore di lavoro come il badge elettronico, ove non concordata con le rappresentanze sindacali, né autorizzata dall'Ispettorato del lavoro, è illegittima, ai sensi dell' art. 4, comma 2 della legge n. 300 del 1970 se si risolve in un accertamento sul "quantum" dell'inadempimento dovendosi escludere che l'esigenza di evitare condotte illecite da parte dei dipendenti, in contrasto con i doveri di diligenza, possa assumere portata tale da giustificare un sostanziale annullamento di ogni forma di garanzia della dignità e riservatezza del lavoratore.
[b]Cass. civ. Sez. lavoro Ord., 11/06/2018, n. 15094[/b]
In tema di libertà e dignità del lavoratore, il divieto di controllo occulto sull'attività lavorativa del lavoratore da parte di investigatori privati incaricati dal datore di lavoro vige anche nel caso di prestazioni lavorative svolte al di fuori dei locali aziendali, ferma restando l'eccezione rappresentata dai casi in cui il ricorso ad investigatori privati sia finalizzato a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti, come l'esercizio durante l'orario lavorativo di attività retribuita in favore di terzi. Simmetricamente, ove il controllo demandato all'agenzia investigativa non abbia ad oggetto l'adempimento della prestazione lavorativa e sia espletato al di fuori dell'orario di lavoro, esso è legittimo, come nel caso di verifica sull'attività extra lavorativa svolta dal lavoratore in violazione del divieto di concorrenza, fonte di danni per il datore di lavoro, ovvero nel caso di controllo finalizzato all'accertamento dell'utilizzo improprio, da parte di un dipendente, dei permessi ex art. 33 della L. 5 febbraio 1992, n. 104.
[b]Cass. civ. Sez. lavoro Ord., 28/05/2018, n. 13266 (rv. 649009-01)[/b]
In tema di controlli a distanza, esulano dall'ambito di applicazione dell'art. 4, comma 2, st.lav. (nel testo anteriore alle modifiche di cui all'art. 23, comma 1, del d.lgs. n. 151 del 2015) e non richiedono l'osservanza delle garanzie ivi previste, i controlli difensivi da parte del datore se diretti ad accertare comportamenti illeciti e lesivi del patrimonio e dell'immagine aziendale, tanto più se disposti "ex post", ossia dopo l'attuazione del comportamento in addebito, così da prescindere dalla mera sorveglianza sull'esecuzione della prestazione lavorativa. (Nella specie, è stata ritenuta legittima la verifica successivamente disposta sui dati relativi alla navigazione in internet di un dipendente sorpreso ad utilizzare il computer di ufficio per finalità extralavorative). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 26/05/2016)
[b]Cass. pen. Sez. III, 10/10/2017, n. 4564[/b]
Qualsiasi finalità di controllo – di tutela dei beni aziendali, di accertamento e prevenzione dei comportamenti illeciti – non può assumere portata tale da giustificare un sostanziale annullamento di ogni forma di garanzia della dignità e riservatezza del lavoratore, costituendo la tutela di tali beni un limite oggettivo invalicabile all'esercizio incondizionato del diritto del datore di lavoro a tutelare il patrimonio aziendale che, se attuato senza le cautele procedimentali imposte dall' art. 4, L. n. 300/1970, nella versione di testo antecedente la formulazione disposta dall' art. 23, D.Lgs. n. 151/2015, rende penalmente illecita la condotta.
Fonte e approfondimenti su: http://www.entilocali.leggiditalia.it/