Data: 2018-10-04 06:35:51

SUBINGRESSO: non spetta al Comune la verifica dei contenuti contrattuali

SUBINGRESSO: non spetta al Comune la verifica dei contenuti contrattuali

[color=red][b]T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent. 21-09-2018, n. 9536[/b][/color]

Motivi della decisione
[b]1.Con il ricorso introduttivo la xxxxx, la I. yyy Srl e l'avv. L.F.I. hanno impugnato la D.D. di Roma Capitale, Municipio Roma I Centro, U.O.A. del 22 ottobre 2014, n. Rep. 4086 recante il rilascio di autorizzazione al trasferimento di sede negli ambiti di tutela di esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande dal locale sito in C. V. E. I., 35 al locale sito in Via B., 43-44 nonché con atto recante motivi aggiunti la D.D. di Roma Capitale, Municipio Roma I Centro, UOA -OSP del 25 giugno 2015, rep CA/1919/2015, avente ad oggetto Concessione demaniale permanente di complessivi mq. 24,93 in via B. n.43-44, a servizio del locale sito ai civici 43/44/45/46, in favore della F.F. srl, nonché la D.D. di Roma Capitale Municipio Roma I Centro, UOA del 20 maggio 2015, rep CA/1439/2015, avente ad oggetto rilascio di autorizzazione al trasferimento di sede negli ambiti di tutela di esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande dal locale sito in via della F. 14-15 al locale sito in Via B., 45-46 a nome della società F.F. Srl.[/b]

La controversa vicenda in esame vede contrapposti quali ricorrenti la XXXX, la I. YYYY Srl e l'avv. L.F.I., residenti nel P.B. sito in Roma, alla Via B., civico n.47 (rispettivamente per sede legale e per rapporto di condominio-residenza), quale resistente Roma Capitale che ha adottato gli atti autorizzatori impugnati riferiti all'esercizio commerciale condotto nei locali siti nel medesimo Palazzo in Via B., 43-44 e quale controinteressata la soc. F.F. srl, destinataria dei provvedimenti.

2.Preliminarment,e vanno esaminati gli eccepiti profili di rito con riferimento alla legittimazione e all'interesse al ricorso.

Con riguardo alla posizione dei ricorrenti, lo status di residenti nell'immobile che accoglie ai civici n.43-44 l'attività commerciale comprova senza dubbio un adeguato rapporto di "vicinitas", ciò che radica, per questo specifico aspetto, la loro legittimazione attiva.

Tuttavia, il semplice rapporto di vicinitas, se dimostra la sussistenza di una generica legitimatio ad causam, non è però sufficiente a fondare anche l'interesse a ricorrere occorrendo l'allegazione e la prova di uno specifico e concreto pregiudizio riveniente al bene in proprietà dell'istante per effetto dell'autorizzazione rilasciata dal Comune al controinteressato, atteso che l'immobile al civico n.47 di parte ricorrente non è inciso direttamente dall'atto.

Sotto questo profilo, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 25 gennaio 2013, n.489; idem, 12 maggio 2014, n. 2403; Tar Liguria, 25/02/2013, n. 363) che tale pregiudizio non può risolversi nel generico danno che deriverebbe all'ordinato assetto del territorio, alla salubrità dell'ambiente e ad altri valori la cui fruizione potrebbe essere rivendicata da qualsiasi soggetto residente, anche non stabilmente, nella zona interessata dalla pianificazione.

Analoghi principi valgono per l'autorizzazione commerciale, non potendosi applicare il puro criterio dello stabile collegamento con i luoghi, utilizzato dalla giurisprudenza in relazione ai titoli edilizi (cfr. cit sent. Cons. Stato n.489 del 2013).

In ogni caso, stante la non sufficienza del criterio della vicinitas come sopra rilevato, occorre fare riferimento alla concretezza delle lesioni lamentate, determinandosi la legittimazione ad causam sulla base del petitum e della causa petendi come affermati in ricorso: parte ricorrente descrive (memorie di replica del 30.9.2015 e del 5.2.2016) il grave pregiudizio alla propria sfera giuridica, "alla tranquillità degli abitanti, alla vivibilità e al decoro della Via B., nonché al decoro e valore delle proprietà individuali ubicate nel P.B." e riferisce della pendenza del giudizio civile presso il Tribunale di Roma (RG 80984/2014) riguardo la lesione di diritti soggettivi in materia condominiale e per contro sostiene che il giudizio in oggetto avrebbe "ad oggetto il controllo sul potere esercitato dal Comune, dal cui esercizio illegittimo sono derivati per i ricorrenti, stante la loro vicinitas, i medesimi pregiudizi fatti valere, sotto altro profilo .....in sede civile". Sostengono i ricorrenti che "Se, infatti, il Comune avesse esercitato in modo legittimo il potere amministrativo attribuitogli per la cura degli interessi pubblici di riferimento, certamente la F.F. non potrebbe continuare ad esercitare la propria attività di somministrazione nel P.B., con tutti i pregiudizi che ne derivano" e per questo censurano la violazione delle norme regionali e regolamentari in materia di disciplina dello svolgimento delle attività di somministrazione di alimenti e bevande e l'eccesso di potere con particolare rilievo alla mancata istruttoria/verifica dei presupposti per l'adozione dei provvedimenti autorizzativi al trasferimento di sede.

Il Collegio ritiene che, se pur vero che il descritto pregiudizio alla sfera giuridica dei ricorrenti (tranquillità, vivibilità e decoro) non si differenzia dal generico danno alla salubrità dell'ambiente ed alla vivibilità del territorio che chiunque potrebbe lamentare, le addotte criticità, in termini di pregiudizio reale ed effettivo, che l'attività economica (somministrazione al pubblico di alimenti e bevande all'interno di un edificio) arrecherebbe in concreto ai valori inerenti il contesto urbano di riferimento non appaiono adeguatamente evidenziate; e ciò in considerazione anche delle censure articolate, volte invece a denunciare vizi sull'esercizio del potere pubblico del Comune in relazione alla (mancata) verifica sulla effettività del trasferimento di sede dell'esercizio di somministrazione e dei provvedimenti autorizzativi, difettando, in altri termini di quei caratteri specifici e peculiari che consentono di qualificare la posizione processuale e definire come ammissibile l'azione sotto il profilo dell'interesse a ricorrere.

3.Il Collegio, in disparte i sopraindicati profili di inammissibilità del gravame, ritiene utile e opportuno esaminare comunque la legittimità degli atti impugnati in relazione alla regolazione del rapporto alla luce delle censure avanzate le quali s'appalesano infondate per le seguenti considerazioni.

La questione centrale sottoposta all'esame impinge la verifica dell'operato amministrativo in relazione alla articolata vicenda e alla sua evoluzione procedimentale che ha coinvolto le parti in causa anche in separate azioni contenziose, già definite.

Al riguardo è opportuna una breve ricostruzione dei fatti di causa, anche in funzione di un loro riordino, per l'inquadramento e l'esame delle domande di annullamento avanzate:

[b]- con precedente ricorso RG n. 281 del 2014 i ricorrenti avevano impugnato il "silenzio" serbato da Roma Capitale a fronte dell'esposto-diffida proposto dai medesimi ricorrenti in data 14. 10. 2013 al fine di ottenere l'annullamento del subingresso della F.F. Srl nell'esercizio di somministrazione sito in Via B. 43-44, già nella titolarità del signor D.S.F. e della correlata concessione Osp;[/b]

- nelle more del predetto giudizio, con D.D.n. 2334 del 15.7.2014 il Municipio I aveva dichiarato la decadenza del titolo abilitativo all'esercizio dell'attività di somministrazione del signor D.S.F. e la conseguente inefficacia della Scia di subingresso presentata dalla società F.F. S.r.l. per i locali in Via B. 43-44;

- con istanza in data 8.8.2014, prot. n. (...), la società F.F. S.r.l. aveva chiesto il trasferimento di sede nei predetti locali di Via B. 43-44 dell'attività di somministrazione precedentemente esercitata in C. V. E. II n.35, e dalla medesima acquisita con subingresso in data 2.5.2014, prot. n. (...);

- con D.D. n.3826 del 2.10.2014, il Municipio I aveva ordinato la cessazione dell'attività di somministrazione nei predetti locali in relazione alla decadenza del titolo abilitativo acquisito dal legale rappresentante della società: detti provvedimenti erano stati impugnati dalla società F.F. S.r.l. nel giudizio R.G. n.10074/2014, pendente.

- con D.D. n. 4086 del 22.10.2014, il Municipio I aveva rilasciato alla società F.F. S.r.l. l'autorizzazione al trasferimento in Via B. 43-44 dell'attività già sita in C. V. E. II n. 35;

- con sentenza n. 11212 del 2 novembre 2014, è stato parzialmente accolto il ricorso R.G. n.281 del 2014, dichiarata l'illegittimità del silenzio serbato da Roma Capitale sull'istanza del 14/10/2013, acclarato l'obbligo per l'Amministrazione di provvedere sulla stessa tenendo conto delle prescrizioni conformative contenute nella sentenza riguardo l'accertamento della fondatezza della pretesa dedotta dai ricorrenti, annullata la D.D. n. 891 del 2013 relativa alla concessione Osp;

- con ricorso RG n. 316/2015, gli stessi ricorrenti avevano proposto ricorso per l'ottemperanza della sentenza n. 11212 del 2014; questa Sezione, con sentenza n. 11335/2015 (non impugnata), aveva dichiarato improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso, tenuto conto della evoluzione della situazione di fatto contrassegnata dalla sopravvenuta nota del 17 marzo 2015, prot.n. (...), in riscontro all' istanza esposto del 14.10.2013 (non impugnata); dalla dichiarata illegittimità dell'autorizzazione di subingresso (e all'occupazione del suolo pubblico, con applicazione delle sanzioni per le occupazioni effettuate dalla società e accertate come abusive dell'Amministrazione); dalla "rilevante circostanza che l'attività imprenditoriale è esercitata nel predetto locale attualmente sulla base di nuovo e diverso titolo".

3.1. Ciò chiarito in fatto, e passando all'esame delle domande avanzate dai ricorrenti, il Collegio rileva che il ricorso introduttivo verte sulla impugnazione della D.D. 22 ottobre 2014, n. rep. 4086 recante il rilascio di autorizzazione al trasferimento di sede, negli ambiti di tutela, dell'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande svolta nel locale sito in C. V. E. I., 35 al locale sito in Via B., 43-44; in particolare, concerne l'asserita carenza di verifica dei presupposti da parte dell'Amministrazione con riferimento alla effettività del trasferimento e al profilo della tardività della comunicazione del subingresso.

Secondo i ricorrenti, l'impugnata D.D. n. 4086/2014 relativa al trasferimento dell'attività sarebbe viziata per illegittimità derivata per il mancato riscontro del vizio di tardività della nota 2.5.2014, prot. n. (...) (non impugnata) di comunicazione del subingresso nella titolarità dell'attività di somministrazione precedentemente esercitata in C. V. E. I., 35 , presentata oltre il termine ritenuto perentorio di 60 giorni previsto dall'art. 14 della L.R. Lazio n. 21 del 2006 e 22 comma 1 della D.C.C. n. 35 del 2010, essendo intervenuta la cessione dell'attività con atto notarile del 24.1.2014, precedente al suddetto termine.

Dalla ricostruzione dei fatti e degli atti emerge che:

- la dante causa della società F.F. Srl -Società C.L. srl - aveva risolto contrattualmente il proprio esercizio in C. V. E. II e aveva sospeso l'attività-titolo già a partire dal 23.1.2014 (a seguito di presentazione della Scia di subingresso con sospensione prot. n. (...), per reintestazione dell'attività di somministrazione per risoluzione contrattuale - vedi doc. 4, nota Roma Capitale n.96917-2014); conseguentemente i termini di cui all'art. 14 L.R. n. 14 del 2006 e 22 comma 1 della DCC n.35 risultavano sospesi dalla data del 23.1.2014, per il periodo di un anno;

- la cessione del ramo di azienda (e del titolo) con atto notarile in data 24 gennaio 2014 (in atti) è stata sottoposta a condizione risolutiva (clausole 2.3, 2.4) con la precisazione che "il presente contratto viene perfezionato ai sensi e per gli effetti dell'art. 1523 c.c., pertanto la parte cessionaria acquisterà la piena titolarità dell'azienda in oggetto contestualmente al pagamento dell'ultima rata del prezzo come sopra dilazionato": il trasferimento dell'azienda e del titolo è concretamente avvenuto con il pagamento dell'ultima rata in data 10.6.2014 (doc. 7) con decorso dei termini di cui sopra da tale data;

- rileva, altresì, che dalla data di sospensione del titolo (23.1.2014) la F.F. non ha proseguito l'esercizio di C. V. E. II e, considerata la sospensione annuale, ha richiesto il trasferimento del titolo abilitativo con Scia datata 8.8.2014, prot. n. (...) - n.b.: contratto di cessione di ramo d'azienda perfezionato in data 10.6.2014, richiesta autorizzazione al trasferimento di sede negli ambiti avvenuta in data 8.8.2014, ossia nei sessanta giorni decorrenti dalla data del 10.6.2014; ciò che priva di ogni rilevanza concreta la censura relativa alla perentorietà del termine di cui all'art.14 della L.R. n. 21 del 2006: termine che, tra l'altro, deve ritenersi di natura ordinatoria in assenza di una diversa qualificazione normativa dello stesso.

[b]Sul punto, il Collegio non ravvede motivi per cui discostarsi dal consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, teso ad affermare il principio secondo il quale il mancato rispetto del termine, entro il quale la pubblica amministrazione deve avviare e/o concludere il procedimento, non assurge a requisito inficiante la validità del provvedimento adottato tardivamente.[/b]

Il giudice amministrativo ha sempre ritenuto, come ritiene tutt'ora, che il termine del procedimento (indicato in via generale nell'articolo 2 della L. n. 241 del 1990 e di riflesso, dunque, quello individuato dall'Amministrazione per i singoli procedimenti) abbia natura acceleratoria perché richiamando, tra l'altro l'articolo 152 c.p.c., la decadenza si può determinare solo quando un'espressa disposizione di legge la prevede.

La tesi poggia sulla assenza di specifiche previsioni normative e sulla considerazione che l'aspetto temporale, seppur rilevante ad altri fini (id est, risarcitori) non impinge comunque la struttura dell'atto ovvero uno dei suoi elemento essenziali, per cui la sua violazione non dà luogo ad un vizio di legittimità del provvedimento tardivamente adottato bensì ad una mera irregolarità non viziante che può avere rilievo semmai ai fini dell'insorgenza dell'interesse ad agire.

[color=red][b]3.2.In ordine alla censurata omissione da parte dell'Amministrazione della verifica sulla effettività del titolo (secondo motivo di gravame) per la richiesta di trasferimento, il Collegio osserva che la disciplina in materia (art. 64, comma 4 D.Lgs. n. 59 del 2010) subordina il trasferimento della titolarità di esercizi di somministrazione all' "effettivo trasferimento" dell'attività (e al possesso dei requisiti per il subentrante), ma non richiede la verifica e il controllo circa il contenuto e la validità del trasferimento né prova di ciò (nel senso di chiederne o verificarne in concreto l'effettività), fermo restando nella specie che l'atto notarile costituisce piena prova e titolo idoneo del trasferimento effettuato; né l'Amministrazione risulta tenuta ad effettuare indagini ulteriori sulle clausole contrattuali decise dalle parti nell'esercizio della loro autonomia negoziale,.[/b][/color]

[b]Del resto, anche le norme richiamate da parte ricorrente (art. 64.4 D.Lgs. n. 59 del 2010; art.14.1.L.R. n. 21 del 2006 e art.22.1 Reg. 35/2010) non stabiliscono adempimenti specifici per l'Amministrazione circa la verifica dell' "effettivo trasferimento", richiedendo soltanto che alla comunicazione del trasferimento della titolarità dell'esercizio debba essere allegata, tra gli altri documenti, la copia dell'atto di cessione di azienda, redatto nelle forme stabilite dalla legge, ai fini della verifica dell'effettività dell'operazione intervenuta tra le parti.[/b]

[color=red][b]E di tanto si ha ulteriore conferma anche alla luce dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui "non può il Comune, cui compete la vigilanza sugli esercizi che svolgono attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, effettuare il controllo sull'esistenza o validità della licenza necessaria per lo svolgimento della relativa attività (ove sussista il titolo che legittima tale esercizio al titolare e, successivamente, al suo subentrante nell'ipotesi di effettivo e provato trasferimento ad altro soggetto della gestione o della titolarità dell'azienda ) ed estendere tale verifica all'interpretazione di clausole contrattuali aventi valore, ai sensi dell'art. 1372 c.c., tra le parti" (cfr. Tar Lazio, Roma, sez. II 14 ottobre 2005, n. 8610); e ancora "il trasferimento della gestione o della titolarità di un esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande per atto tra vivi comporta la cessione all'avente causa dell'autorizzazione ..... purché sia provato l'effettivo trasferimento dell'attività. Pertanto, laddove la società avente causa si trovi nella posizione di affittuaria dell'azienda è necessario provare l'effettivo trasferimento dell'attività mediante la produzione di un contratto di affitto di azienda stipulato mediante scrittura autenticata" (cfr. Tar Lazio, Roma, sez. II, 6 luglio 2005, n. 5499; Tar Campania, Napoli, sez. III, 9 gennaio 2014, n. 138).[/b][/color]

Va dato atto che le dedotte censure avverso la D.D. n.4086/2014 impugnata con il ricorso introduttivo e le situazioni storiche documentate riguardanti contestazioni formalizzate senza idoneo contraddittorio (tenuto conto dello specifico richiamo di altri soggetti e di atti ad essi riferiti), alla luce dei fatti e degli atti intervenuti, non assumono rilevanza con riferimento ai caratteri specifici per i profili dell'interesse a ricorrere, attesa la circostanza che la società controinteressata attualmente esercita l'attività nei locali di via B. n.43-44 sulla base di un nuovo e diverso titolo (giusta Scia prot. (...) del 3.4.2015 e D.D. n. 1439 del 2005, impugnata con i motivi aggiunti), come già ha avuto modo di chiarire la sentenza resa inter partes n.11335/2015, non appellata.

3.3. Quanto al terzo motivo - violazione dell'art.20 del D.Lgs. n. 42 del 2004 e della normativa comunale per la mancata richiesta di autorizzazione da parte della Soc. F.F. srl o da altri alla SS.BB.AA. di Roma per adibire i locali ai civici 43-44 ad esercizio di somministrazione tenuto conto del vincolo storico architettonico di P.B. - il Collegio ritiene decisiva l'allegata documentazione , in particolare, la nota datata 7.3.2012 uff. Prot.0003540 emessa dalla Soprintendenza, recante il rilascio dell'autorizzazione di competenza per come richiesta: circostanza fattuale che smentisce l'assunto di parte ricorrente.

3.4. Parimenti non condivisibili sono le censure sulla violazione del vincolo di tutela ex art.6, comma 1, lett.o), 2 e 3 della D.C.C. n.36 del 2006 e della D.C.C. n. 86 del 2009: ed invero, nel locale in uso alla società controinteressata vi era esercitata attività commerciale di Atelier soggetto a vincolo di tutela, alla luce della nota del Municipio I del 20.10.2014 e alla interpretazione applicabile: secondo l'art.6, comma 1, lett.o) della D.C.C. n.36/2006 il vincolo (per il quale nei 5 anni dalla cessazione dell'attività tutelata, il locale non poteva essere riutilizzato, nella specie, da soggetto operante nel settore alimentare) riguardava gli esercizi di vendita di prodotti a proprio marchio di alta moda con connessa attività sartoriale regolarmente attivata prima della data di entrata in vigore della deliberazione (vedi anche nota Municipio Roma I prot. n. (...)).

Ebbene, non risulta dimostrato l'esercizio dell'attività sartoriale connessa a quella di Atelier (ciò fino all'entrata in vigore della D.C.C. n.86/2009, approvata il 7/8 ottobre 2009 modificativa della precedente D.C.C. n.36/2006 che non ha più indicato il richiamo alla connessa attività sartoriale, ai fini del vincolo).

Ad ogni modo, la diversa formulazione della previsione regolamentare introdotta dalla D.C.C. n. 86 del 2009 non assume rilevanza nella specie in quanto risulta in atti che l'Atelier di alta moda aveva, in data 18.6.2009, formalizzato disdetta del contratto di locazione, con rilascio dei locali nel mese di ottobre 2009; pertanto, non si era creato alcun vincolo alla luce della nuova D.C.C. n.86/2009 per non essere decorsi a tale data due anni consecutivi richiesti dalla stessa Delibera e tanto in ragione della comunicazione di trasferimento dell'Atelier in data 14.1.2010 (da via B. n.43-44 a via M. de F. 26, vedi comunicazione in atti e nota Municipio I prot. n. (...)).

Va rilevato, altresì, che non è apprezzabile la censura di violazione delle norme regolamentari relative al vincolo di tutela anche riguardo l'intervenuto contratto di locazione in data 30.6.2015 tra la società proprietaria dei locali e la controinteressata, ciò in quanto l'Atelier nei locali ai civici n.43-44 aveva cessato l'attività nel mese di ottobre 2009, con ampio decorso del termine di tutela, nel senso che il vincolo non sussisteva più al momento del nuovo contratto di affitto relativo ai locali ampliati (civici 43-44-45-46).

3.5. Le argomentazioni fattuali e giuridiche che precedono inducono il Collegio a ritenere infondato il ricorso introduttivo che va, pertanto, respinto..

4. Passando all'esame dell'atto recante motivi aggiunti, il Collegio rileva che le osservazioni svolte con riferimento al ricorso introduttivo assumono rilievo riguardo le censure avanzate con il successivo gravame per la illegittimità derivata dei provvedimenti impugnati - D.D.1919/2015 di concessione Osp e D.D. n.1439/2015 recante il rilascio di autorizzazione al trasferimento di sede dell'esercizio di somministrazione dal locale sito in via F. n.14-15 a quello sito in Via B. n.45-46 - in conseguenza del vizio originario degli atti presupposti al trasferimento di cui alla Scia.

Valgono quindi le predette considerazioni, cui si rinvia, riguardo la verifica sull'effettività del trasferimento e sul controllo operato dall'Amministrazione e si ribadisce che né la normativa in materia né la prassi pone obblighi sull'Amministrazione con margini di apprezzamento sulla interpretazione delle clausole contrattuali inter partes, necessitando invece la verifica della sussistenza dei requisiti all'uopo fissati dalla legge nonché il controllo dell'effettivo trasferimento (controllo dell'allegazione di un contratto stipulato tra le parti) e la vigilanza sulla circostanza del concreto avvio della nuova attività (anche in altro luogo) da parte del cessionario e del non prosieguo della stessa da parte del cedente.

Altro e diverso profilo di illegittimità è stato dedotto con l'atto recante motivi aggiunti in relazione alla successione nella titolarità delle attività di somministrazione tra le parti: parte ricorrente sostiene che i soggetti succedutesi nel tempo nella titolarità delle attività di somministrazione già esercitate in C. V. E. II , n. 35, così come quelli riferiti all'attività di via F., n.14-15, avrebbero ceduto di volta in volta[color=red][b] non l'azienda nel suo complesso bensì soltanto la licenza alla somministrazione e non la prosecuzione dell'attività in altra sede (nella specie, il prezzo di trasferimento risulterebbe determinato da un notevole valore di avviamento rispetto all'esiguo valore del mobilio).[/b][/color]

[b]Tale argomentazione non può essere condivisa.[/b]

Formalmente esistono i trasferimenti, comprovati da scritture private/atti notarili; e le domande di subingresso sottendono le cessioni, senza che il Comune, come già rilevato, fosse tenuto ad indagare se la cessione consentisse sulla base del controllo delle clausole contrattuali inter partes la prosecuzione dello stesso esercizio in altri locali (sindacandone le scelte) o fosse idonea a consentire la continuazione di quella determinata attività. Del resto, la stessa giurisprudenza richiamata da parte ricorrente (Cons. Stato n.6318/2001) ribadisce che per la sussistenza dell'azienda non è affatto necessario il requisito dell'attualità dello svolgimento dell'impresa (quindi anche cessione di azienda comprendente un titolo abilitativo legittimamente sospeso) e che il trasferimento del compendio aziendale va ritenuto effettivo, anche se limitato all'avviamento, purchè accompagnato dalla cessazione dell'attività da parte del titolare originario (e quindi appare ragionevole, nella specie, che al momento dell'acquisto, sussistendo la sospensione dell'esercizio attività della soc. C.L., sia rilevante il valore di avviamento rispetto a quello del mobilio, difficilmente riutilizzabile).

4.1. Deve escludersi, pertanto, la censurata violazione di legge per invalidità della Scia del 2.5.2014 con effetti negativi sugli atti amministrativi presupposti (domanda di trasferimento di sede in data 8.8.2014 (non impugnata) e D.D. n.1919/2015 di concessione Osp (impugnata con atto recante motivi aggiunti).

4.2. Riguardo, poi, la riproposta censura sulla illegittimità del provvedimento gravato relativo al trasferimento della titolarità degli esercizi di somministrazione per la intervenuta decadenza, valgono le considerazioni già espresse sub 3, 3.1, 3.2 e la condivisa interpretazione fornita dall'Amministrazione anche con la circolare interna n.32432 nonché la rilevata assenza nelle norme di riferimento di una specifica qualificazione del termine come perentorio.

4.3. Né può condividersi la denunciata illegittimità della D.D. n.1919/2015 di rilascio Osp per la violazione dell'art. 4-ter Reg. n. 35/2010 per mancata indicazione del titolo abilitativo della società controinteressata, atteso che tale Determinazione dispone la revoca della precedente D.D. n.1441/2015 rilasciata solo per i locali ai civici n.43-44 (sulla base del parere favorevole dei rappresentanti degli uffici capitolini, del rappresentante della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Roma Capitale in sede di Conferenza dei servizi ai fini Osp il 13.5.2015) e autorizza la nuova concessione Osp per i locali ai civici n.43-44-45-46, indicando nelle premesse il titolo autorizzatorio al trasferimento di sede dell'esercizio di somministrazione (D.D. n.1439/2015), la comunicazione di ampliamento della superficie di somministrazione (nota in data 26.5.2015 prot. n. (...), nonché la richiesta Osp del 26.5.2015 n.CA/81931 relativa ai locali ampliati n.43-44-45-46, tenuto conto altresì che l'area richiesta in concessione coincide con quella precedentemente assentita con la D.D. n. 1441/2015.

Neppure appare apprezzabile la censurata violazione del predetto art. 4 ter sotto distinto profilo, atteso che tale norma rubricata "Limiti soggettivi al rilascio della concessione" non prevede gli elementi da indicare specificamente nella Determinazione di concessione (e in modo particolare il titolo) bensì, prescrive soltanto che l'occupazione di suolo pubblico sia concessa ai "titolari" di esercizi di somministrazione. E nella specie, la D.D. n. 1919/2015 ha indicato il titolo autorizzatorio della società F.F. al trasferimento di sede dell'esercizio di somministrazione D.D. n. 1439/2015, con licenza sottostante (conseguita con il trasferimento di ramo di azienda tra A.V. e F.F., per la cui contestata effettività del trasferimento si rinvia ai paragrafi 3, 3.1., 3.2.).

4.4. Quanto, infine, alla dedotta illegittimità della D.D.n.1439/2015, argomentata sulla riproposta questione della sussistenza del vincolo quinquennale per gli esercizi tradizionali, il Collegio, nel richiamare quanto sopra riportato in relazione al trasferimento di sede dell'esercizio di somministrazione, ne rileva la sua infondatezza in quanto:

- l'Atelier aveva rilasciato i locali ai civici n.43-44 con disdetta del mese di giugno 2009;

- risultava decorso il termine quinquennale (giugno 2014);

- il contratto di affitto della società F.F. decorreva dal 30.6.2015 per i locali ai civici n.43-44-45-46;

- i civici n.45-46 non risultavano soggetti al predetto vincolo di tutela, come risulta dalla comunicazione di avvio di esercizio commerciale della società Del.com, con dichiarato svolgimento dell'attività prevalente costituita da vendita di calzature e accessori vari, nonché dal verbale di P.L. del 28 ottobre 2010 in cui risulta la dichiarazione di "non vendita" di capi di moda esclusiva. Pertanto, alla luce della tipologia di vendita come risultante in via amministrativa e documentale, non risulta sussistere violazione della D.C.C. n.36/2006.

Non sono persuasive, ai fini della dimostrazione della sussistenza del vincolo, le giustificazioni prodotte da ultimo da parte ricorrente, risultando generica la indicazione del vincolo dei locali in questione nella relazione tecnica asseverata (doc. 32) e comunque contraddetta dalla stessa dichiarazione della Tod's spa riguardo l'oggetto della vendita nei locali ai civici n.45-46 di "prodotto di alta qualità in pelletteria, contraddistinti da marchi di nostra proprietà ", con la evidente assenza pertanto di alcun riferimento ai prodotti di " alta moda" , come indicato nella Delibera in materia ai fini della qualificazione dell'attività tutelata.

[b]5. In conclusione, alla luce di tutto quanto sin qui esposto e argomentato, anche il ricorso per motivi aggiunti è infondato e va, pertanto, respinto.[/b]

In considerazione della complessità delle questioni esaminate e della particolarità della vicenda, sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sull'atto recante motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.

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Data: 2018-10-04 06:38:21

Re:SUBINGRESSO: non spetta al Comune la verifica dei contenuti contrattuali

[b][size=14pt]SUAP: le 10 principali criticità nella gestione delle procedure
15 novembre 2018 ore 9.00-12.30[/size][/b]

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