Sottopongo una "stravagante" questione posta all'attenzione del mio ufficio. Un imprenditore agricolo in attesa di ristrutturare un immobile aziendale avrebbe intenzione di avviare l'attività agrituristica di sola somministrazione istallando su di un proprio terreno un forno a legna per produrre quella che lui chiama "agri-pizza" il cui impasto verrebbe preparato nella cucina dell'imprenditore agricolo a km di distanza.
La somministrazione avverrebbe pertanto all'aperto.
Sono molto scettico sulla proposta per vari motivi. A parte tutte le problematiche igienico sanitarie nonchè a mio avviso di antincendio visto che il luogo è circondato da alberi e arbusti e a pochi passi da una strada regionale, mi chiedo anche se l'art. 17 della L.R. 30/2003, fatto salvo il successivo art. 20, non limiti lo svolgimento dell'attività agrituristica in "IMMOBILI", non prevedendo pertanto la possibilità di avviare l'agriturismo in assenza di un immobile principale. In conseguenza di ciò dovrebbe essere esclusa anche la possibilità di svolgere l'attività di somministrazione anche tramite "attrezzature mobili" (altra idea venuta all'imprenditore in questione), possibilità semmai data dal D.Lgs. 228/2001 ma solo per prodotti già pronti per il consumo.
Un vostro parere in merito?
La cosa è sicuramente inusuale.
Dal punto di vista della “vendita diretta/somministrazione non assistita” ex d.lgs. n. 228/01 la vedo più fattibile, fatte salve eventuali osservazioni che la ASL potrebbe fare a seguito della notifica sanitaria. Si tratterebbe di vendita esercitata su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola. Gli unici limiti sarebbero rappresentati dalle effettive condizioni igienico sanitarie (vedi di seguito); dall’uso di prodotti provenienti in misura prevalente dall’azienda; dall’impossibilità di effettuare somministrazione vera e propria, dovendosi limitare ad effettuare quella non assistita. Il fatto dei “prodotti già pronti al consumo” a parere mio non è un limite. Già pronti al consumo vuol dire adatti alla somm.ne non assistita, quindi da consumare sul posto. La norma non afferma che la manipolazione e la trasformazione debbano essere effettuate altrove rispetto al luogo di vendita. Sul punto c’è una nota ANCI che, a parere mio, è fuorviante e in contrasto proprio con i principi del DL 201/2011 (vedi anche DL n. 138/2011 e DL n. 1/2012)
Se l’attività fosse svolta nell’ambito dell’attività agricola è chiaro che per l’imprenditore agricolo sarebbe più vantaggiosa. In questo caso potrebbe esercitare la vera e propria somministrazione.
Il fatto che l’art. 17 della LR indichi solo edifici non vuol dire che l’attività debba essere svolta solo all’interno degli stessi. Il fine dell’art. 17, piuttosto, sembra quello di indicare quali edifici “possono” essere dedicati all’attività. E’ chiaro che l’attività agrituristica si può svolgere anche sui terreni a cielo aperto: aree di sosta (come hai detto tu) ma anche attività didattiche, escursionistiche, sportive, divulgative ecc.
D’altra parte lo stesso art. 17 indica la possibilità dello svolgimento dell’attività in fondi privi di fabbricati.
In via teorica, a parere mio, non può escludere a priori una fattispecie del genere (tieni sempre presente i principi del DL 201/2011, il DL 1/2012 e il DL 138/2011).
Tuttavia, al fine di valutare positivamente tale attività, l’imprenditore agricolo deve garantire:
- l’uso di prodotti alimentari come da normativa – vedi Decreto Dirigenziale 6112/2017;
- la messa disposizione dei servizi igienici e di tutte le altre attrezzature/locali mobili che possano garantire l’igienicità e l’assenza di rischio alimentare (vedi, ad esempio, il problema della superficie a terra non lavabile – la copertura per chi mangia – sistema di isolamento per gli insetti, ecc.). Sul punto vedi art. 17 del regolamento
- il rispetto del limite dei 12 posti tavola
Rifletti su quanto ho scritto magari ci confrontiamo ancora