ALBERGHI possono localizzarsi anche in zone artigianali (SENTENZA)
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[color=red][b]CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV – sentenza 28 giugno 2018 n. 3987[/b][/color]
DIRITTO
1. L’appello è fondato e va accolto, con conseguente riforma dell’impugnata sentenza accoglimento del ricorso di primo grado ed annullamento degli atti impugnati.
2. A seguito della memoria di costituzione depositata dall’amministrazione appellata si rende necessario esplorare argomenti ulteriori, rispetto a quelli esaminati dal T.a.r., in quanto la problematica devoluta all’esame del Collegio è (divenuta) duplice, occorrendo accertare, non soltanto se la destinazione di zona ostasse all’assentimento della variante (unico argomento, questo, esplorato dal T.a.r.) ma, anche, se, positivamente accertato detto elemento, residuassero margini discrezionali valutativi tali da ritenere (legittimamente) “inopportuno” l’assentimento della struttura alberghiera (in luogo del centro congressi originariamente previsto) nella detta area avente destinazione D4.
2.1. Quanto al primo profilo, il Collegio è persuaso che la statuizione del T.a.r. (e, conseguentemente, la più rilevante parte della motivazione contenuta nel provvedimento reiettivo) non sia condivisibile.
2.1.1.Invero ai sensi del d.P.R. 7 settembre 2010 , n. 160, art. 1 lett. i, si intende per “attivita’ produttive»: le attivita’ di produzione di beni e servizi, incluse le attivita’ agricole, commerciali e artigianali, le attivita’ turistiche e alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari e i servizi di telecomunicazioni, di cui alla lettera b), comma 3, dell’articolo 38 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.
[color=red][b]2.1.2.La giurisprudenza amministrativa – condivisa sul punto dal Collegio – ha in passato sostenuto che gli alberghi vanno compresi ai sensi dell’art.1 comma 1 bis del dPR 20/10/1988 n.447 come aggiunto dall’art.1 del DPR 7/12/2000 n.440 negli impianti produttivi e precisamente quelli di produzione di beni e servizi, ivi inclusi quelli relativi ad attività artigianali e commerciali, turistiche ed alberghiere ( Cons. Stato Sez. IV 7/8/2003 n.4658): quindi esiste una formale consacrazione a livello normativo, confermata , quanto al profilo esegetico, da un preciso orientamento giurisprudenziale, che equipara tout court una struttura alberghiera ad un impianto produttivo- artigianale, sicché sotto un profilo per così dire strutturale l’esistenza di un albergo in zona artigianale non può dirsi estranea al detto contesto urbanistico.[/b][/color]
2.2. Il primo e fondamentale caposaldo reiettivo va quindi disatteso e la motivazione della sentenza va pertanto riformata.
2.3. Sostiene l’amministrazione che il diniego si fondava (anche) su valutazioni discrezionali e relative al carico urbanistico (l’albergo implica una più lunga permanenza delle persone ospitate, rispetto ad un centro congressi, e rileverebbero in senso ostativo anche le considerazioni non ottimali del sito sotto il profilo della salubrità dell’ambiente circostante, sconsigliabile in ipotesi di protratta permanenza).
2.3.1. Osserva anzitutto il Collegio che – contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante società- non ci si trova al cospetto di una postuma integrazione motivazionale, in quanto tale profilo valutativo era esternato, seppure assai sommariamente nel provvedimento impugnato (terza pagina: “tale limitazione trae origine…”).
2.3.2. Nel merito, osserva il Collegio quanto segue.
a) per costante elaborazione della dottrina e della giurisprudenza (tra le tante Cons. St., sez. IV, 8 giugno 2011 n. 3497) le scelte effettuate dall’Amministrazione titolare del potere di zonizzazione sono caratterizzate da ampia discrezionalità e sono sufficientemente motivate con riferimento al richiamo ai criteri tecnico-urbanistici seguiti nell’impostazione del piano e rinvenibili nella relazione di accompagnamento;
b) la c.d. “zonizzazione” non postula e non presuppone solo l’individuazione di un territorio – ossia una operazione puramente ricognitiva – bensì la qualificazione di esso, e pertanto una valutazione, alla stregua delle categorie offerte dal legislatore; trattasi, pertanto, di una scelta che, se pur discrezionale, non può certamente operarsi sulla base di schemi casuali e indefiniti dovendo ricollegarsi ad una logica motivatoria predeterminata e conoscibile;
c) le categorie corrispondono alle zone territoriali omogenee che, appunto, sono le zone in cui viene diviso un territorio comunale, nell’ambito della cosiddetta zonizzazione. Ogni zona presenta dei limiti diversi i quali vincolano ogni tipo di intervento in tale area. Esse vennero introdotte per la prima volta dall’art. 2 del decreto interministeriale 2 aprile 1968 n. 1444 ed in via generale dette zone sono vincolate dal Piano regolatore generale, dagli standard urbanistici e dai vincoli di tipo “ricognitivo”, “conformativo” ed “urbanistico”;
[b]d) una volta attribuita ad una area quella certa destinazione sulla scorta del procedimento discrezionale di zonizzazione, tuttavia, esorbita dai limiti del potere dell’amministrazione escludere talune delle destinazioni concrete nella stessa rientranti, poiché, con il pretesto di porre una disciplina urbanistica di zona, valida cioè per un’intera zona territoriale omogenea, in realtà si introduce un nuovo tipo di vincolo (preclusivo) alberghiero al di fuori di ogni previsione legale e finisce per incidere direttamente sulla stessa attività di impresa alberghiera, in guisa da renderla funzionale agli scopi perseguiti dall’autorità preposta alla pianificazione urbanistica, in violazione dei principi di libertà di impresa e del diritto di proprietà riconosciuti dagli art. 41 e 42 cost. (si veda Consiglio di Stato, sez. V, 14/10/1992, n. 1005).[/b]
2.4. Ritiene quindi il Collegio che, una volta che la zonizzazione ammetteva la destinazione in oggetto, non potesse l’amministrazione appellata invocare ulteriori profili preclusivi (e che di conseguenza non siano rilevanti gli argomenti ribaditi nelle note di udienza in ultimo depositate, e men che meno rilevi la “genesi” della richiesta dell’appellante, nonché la questione relativa alla qualificazione della richiesta quale “nuovo” progetto ovvero di “variante” ).
Ne consegue che l’appello deve essere accolto e, in riforma dell’impugnata decisione, va accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
2.5. A quanto sopra rilevato, si salda una ulteriore considerazione: questo profilo della motivazione del diniego impugnato appare (anche) intrinsecamente contraddittorio, rispetto alle pregresse valutazioni del Consorzio appellato.
Si è già detto che, a parere del Collegio, è irrilevante soffermarsi sulla natura di “nuovo” progetto, o di “variante” della istanza proposta dall’appellante società.
Il fatto è che:
venne assentita, senza alcuna perplessità, la realizzazione del “Centro Congressi”, pur pacificamente ammettendosi che, tra i servizi da questo offerti, rientrasse la possibilità di dare ospitalità ai partecipanti degli eventi, che ivi avrebbero potuto pernottare, e “risiedere” stabilmente, per il tempo di durata degli eventi;
venne negata invece, la realizzabilità di una struttura alberghiera “pura”, sulla scorta di una asserita “inopportunità” della “residenza” stabile degli ospiti, in quell’area: sembra al Collegio che non necessitino ulteriori argomenti per affermare la non legittimità del diniego sotto il profilo della contraddittorietà, in quanto anche il centro congresso comportava una stabile presenza delle persone interessate;
c) se anche si dovesse concordare con la tesi secondo cui la “variante” fosse ex ante il primo obiettivo della società appellante e che il primo progetto (Centro Congressi) fosse strumentale, ciò non elide sul piano oggettivo la contraddittorietà delle valutazioni del Consorzio.
3. Consegue da quanto sinora affermato l’accoglimento dell’appello e, in riforma dell’impugnata decisione, l’accoglimento del ricorso di primo grado, con conseguente annullamento degli atti impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.
4. Le spese processuali del doppio grado seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma dell’impugnata decisione, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla i provvedimenti impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.