Data: 2018-06-25 07:41:31

ESERCIZIO DI VICINATO: illegittima chiusura per generica mancanza requisiti stru

ESERCIZIO DI VICINATO: illegittima chiusura per generica mancanza requisiti strutturali

[color=red][b]Tar Campania - Salerno - sentenza 936 del 13/6/2018[/b][/color]

FATTO

In data 18 maggio 2012, il ricorrente, in qualità di titolare dell’omonima impresa individuale, registrata in data 6.05.2004 presso l’Agenzia delle Entrate di Milano 2, Partita Iva 13272670152, regolarmente soggiornante in Italia, in virtù di permesso di soggiorno rilasciato dalla Prefettura di Salerno, in data 5.08.2014, premesso che

- aveva presentato S. C. I. A. al Comune di Amalfi, onde segnalare l’inizio dell’attività commerciale di vendita al pubblico di bigiotteria, in Vico Masaniello (già via Piscina) di Amalfi;

- in data 18.06.2012, al fine di esercitare la predetta attività, aveva preso in locazione il locale terraneo, di proprietà di Gargano Antonio, sito in Amalfi alla via Piscina, censito in Cat. U, al fol. 8, part. 386, Cat. C2 di mq. 5,00;

- in data 25.05.2012, Mangieri Francesco, titolare dell’attività, sita in Piazzale Cesareo Console n. 7, adiacente a quella esercitata dal ricorrente, gli aveva concesso di poter usufruire, per l’intera giornata lavorativa, dei propri servizi igienici, stante l’assenza degli stessi, all’interno del locale da lui locato, che presentava una superficie di soli 5,00 mq.;

- in data 9.09.2015, aveva ottenuto, dal Comune di Amalfi, l’autorizzazione ad apporre un pannello per l’esposizione dei propri prodotti sul muro pubblico del vicolo Masaniello, ove esercitava la propria attività;

- a partire dal 29.09.2015, il titolare dell’attività, denominata “Art Centre s. n. c.”, adiacente a quella del ricorrente, xxxx Antonio, aveva sollecitato l’intervento del Comune di Amalfi, rispetto a presunte irregolarità urbanistiche, in costanza delle quali sarebbe stata esercitata l’attività della ditta “Yasmina Bigiotteria”, presentando richiesta d’accesso agli atti amministrativi, e, in particolare, degli atti: “relativi ai richiamati titoli abilitativi e/o concessori, se esistenti”, chiedendo d’estrarre copia della licenza commerciale, dei titoli di possesso e/o detenzione e della destinazione urbanistica del locale, nonché dei titoli, abilitanti l’utilizzo dei muri pubblici e dello spazio a terra occupati dall’attività commerciale in oggetto; tanto, sulla base “di un presunto interesse qualificato, dovuto al fatto che la predetta Jasmina Bigiotteria esercita attività concorrenziale rispetto a quella svolta dalla Art Centre, stante la commercializzazione di analoghi oggetti merceologici (souvenir ed oggettistica varia)”, nonché lamentando: “un gravissimo nocumento, con conseguenti ingenti danni di natura patrimoniale e non patrimoniale, derivanti dalla sottrazione e/o distrazione di numerosi clienti”;

- in data 27.11.2015, poi, xxxx Antonio aveva presentato ricorso al T. A. R., allo scopo d’ottenere l’accesso alla documentazione, relativa alla pratica amministrativa riguardante l’esercizio commerciale del ricorrente; e in data 18.05.2016, a mezzo del suo legale, aveva richiesto un ulteriore intervento del Comune di Amalfi, nonché del Comando di Polizia Municipale, onde ottenere un intervento sanzionatorio, nei riguardi della ditta Yasmina Bigiotteria, ribadendo che la stessa esercitava la propria attività, “senza il benché minimo requisito di legge”;

- in data 25.05.2016, il Responsabile della Polizia Municipale, dott.ssa Agnese Martingano, aveva adottato il provvedimento di chiusura, oggetto di gravame, dando atto, nel provvedimento adottato, della segnalazione, effettuata dal suo legale, per conto di xxxx Antonio, alla stregua della quale: “l’attività denominata Yasmina Bigiotteria ha riavviato la propria attività commerciale pur in mancanza del benché minimo requisito/presupposto di legge”;

articolava, avverso il provvedimento in questione, le seguenti censure in diritto:

- ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI, CARENZA D’ISTRUTTORIA, ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI E DELLA MOTIVAZIONE; VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 19 e 20 L. 241/1990:

- 1) il provvedimento di chiusura era fondato su un presupposto erroneo, vale a dire che per l’attività, svolta dal ricorrente, non sarebbe stata “presentata alcuna istanza e/o comunicazione, per cui al momento l’attività non risulta autorizzata da alcun atto formale”; ma, in primo luogo, l’esercizio di vicinato non era più soggetto ad autorizzazione, bensì a comunicazione d’inizio attività, regolarmente effettuata in data 18 maggio 2012, data a partire dalla quale, e per oltre quattro anni, il ricorrente aveva svolto tranquillamente la sua attività; su tale errore di fondo, se ne innestava, poi, un altro, vale a dire l’affermazione che: “l’attività risultava sospesa dall’ottobre del 2015”, circostanza non vera, “non avendo il ricorrente mai sospeso la propria attività”; da ciò derivava un altro vizio, vale a dire “che non poteva disporsi la chiusura, senza aver previamente rimosso gli effetti scaturenti, secondo il meccanismo del silenzio – assenso della P. A., dalla predetta comunicazione d’inizio attività;

- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 7 D. LGS. 114/98; ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE, CARENZA D’ISTRUTTORIA, TRAVISAMENTO DEI FATTI E DISPARITÀ DI TRATTAMENTO: l’affermazione, riportata nel provvedimento impugnato, secondo la quale: [color=red][b]“l’attività svolta non rispetta i regolamenti locali di polizia urbana, igienico – sanitaria, i regolamenti edilizi e le norme urbanistiche, nonché quelle relative alle destinazioni d’uso, in quanto lo stesso, oltre ad essere privo di servizio igienico, manca delle altezze regolamentari e di ogni altro requisito per l’agibilità dei locali” era, ad avviso del ricorrente, “del tutto generica”[/b][/color]; al riguardo, rilevava che la mancanza di un servizio igienico era già stata segnalata al Comune, e per farvi fronte, sin dall’inizio dell’attività, il ricorrente aveva ottenuto il consenso di Mangieri Francesco all’uso del wc, di pertinenza del vicino negozio (circostanza regolarmente comunicata al Comune, che nulla aveva eccepito in proposito); quanto, poi, alle contestazioni, relative all’altezza del locale locato, osservava che essa era “simile a quella presentata dal resto dei locali commerciali circostanti”, per cui non si giustificava la chiusura, solo di quello del ricorrente; infine, non si comprendeva a cosa si riferisse il provvedimento di chiusura, nella parte in cui riferiva che l’attività esercitata difettava di “ogni altro requisito per l’agibilità dei locali”; insomma, il ricorrente denunziava la “carenza assoluta di motivazione” che, a suo avviso, inficiava il provvedimento impugnato.

Il Comune di Amalfi non si costituiva in giudizio.

Si costituiva in giudizio il controinteressato xxxx Antonio, depositando memoria, in cui preliminarmente eccepiva l’inammissibilità del gravame, atteso che il ricorrente non avrebbe contestato integralmente le motivazioni alla base del provvedimento impugnato, segnatamente riguardo alla carenza, ivi segnalata, dei requisiti urbanistico – edilizi e igienico – sanitari, relativamente alla quale s’era limitato ad affermare la genericità dei rilievi, svolti dalla responsabile comunale, senza svolgere censure specifiche; sicché, trattandosi di atti plurimotivato, basato cioè su una pluralità di motivazioni, ciascuna delle quali sufficiente a reggere l’atto, l’omessa censura di tali profili determinava l’inammissibilità del ricorso, per difetto d’interesse a ricorrere, rimanendo l’atto sorretto dall’ulteriore ragione giustificativa, non oggetto di censura; né giovava a controparte sostenere che, ai fini dell’esercizio dell’attività commerciale, utilizzava i servizi igienici di Mangieri Francesco, circostanza fatta anche presente all’Amministrazione, che nulla avrebbe eccepito al riguardo; non poteva, infatti, farsi discendere l’idoneità del locale, sotto tale profilo, dall’assenza di previe contestazioni al riguardo, da parte del Comune di Amalfi; del resto, Mangieri Francesco era deceduto, essendo così venuta meno la possibilità di utilizzare il vicino wc; del pari “erronee, fuorvianti e inconferenti” erano, poi, “le argomentazioni tese a superare la mancanza della prescritta altezza del locale, limitandosi il ricorrente a riferire che detta altezza sarebbe stata “simile” a quella dei locali commerciali circostanti” (si trattava di una mera asserzione, inidonea a scalfire il substrato motivazionale del provvedimento impugnato); in ogni caso, il controinteressato osservava come, viceversa, il locale in cui si svolgeva l’attività della “Jasmina Bigiotteria” non possedesse i requisiti urbanistico – edilizi e commerciali, componendosi tale unità immobiliare “di un unico piccolo ambiente, di anguste dimensioni, la cui superficie catastale si attesta su mq. 5,00, mentre l’altezza che si può rilevare dall’esterno è pari a circa mt 1.80”; “dall’esame effettuato sui luoghi (...) si ritiene che detto immobile non possa essere giudicato idoneo all’utilizzo a fini commerciali”, e ciò per i seguenti motivi: categoria catastale non idonea, né suscettibile di cambio di destinazione d’uso; carenze strutturali e dimensionali, in ordine al disposto del D. M. 5 luglio 1975 del Ministero Sanità, quali: 1) dimensioni inferiori al minimo previsto, pari a 8 mq.; 2) altezza inferiore a mt 2.70, prevista per vani abitabili di tipo residenziale; 3) assenza di finestre; 4) carenze strutturali, in ordine al Regolamento Edilizio, allegato al vigente Programma di Fabbricazione del Comune di Amalfi, approvato con delibera di G. R. C. n. 12647 del 14.09.1978, che riprendeva le dimensioni minime, previste dal citato D. M. Sanità del 5.07.1975; 5) carenze di carattere generale, in ordine ai requisiti minimi, richiesti per attività commerciali aperte al pubblico che, anche se non specificatamente riportate nel citato Regolamento Edilizio, prevedevano, per i locali adibiti ad attività commerciali: a) la presenza di un servizio igienico per l’esercente; b) un’altezza minima di mt. 3,00; c) una superficie minima di mq. 8,00” (stralci della relazione tecnica asseverata del 12.07.2016, a firma del geom. Domenico Cavaliere, prodotta in giudizio nell’interesse dal xxxx ); altre carenze concernevano, poi, la violazione delle disposizioni di cui al d. l.vo 81/2008, in ordine alla sicurezza sui luoghi di lavoro e di cui alla l. 13/1989, sul superamento delle barriere architettoniche.

Con ordinanza, resa all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 14.09.2016, la Sezione accoglieva la domanda cautelare, articolata dal ricorrente, con la seguente motivazione:

[color=red][b]“Considerato che il provvedimento impugnato è genericamente motivato in ordine alla violazione dei regolamenti locali, edilizi e alla normativa urbanistica;[/b][/color]

Ritenuto, pertanto, doversi accogliere la domanda cautelare;

Ritenuto doversi compensare le spese di lite della presente fase cautelare in considerazione delle ragioni che hanno condotto alla presente decisione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

Accoglie la domanda cautelare e per l'effetto:

a) sospende il provvedimento impugnato;

b) fissa per la trattazione di merito del ricorso l'udienza pubblica del 18 gennaio 2017.

Compensa le spese della presente fase cautelare”.

Seguiva il deposito di perizia tecnica di parte, nell’interesse del ricorrente, a firma del geom. Portosalvo, le cui conclusioni erano nel senso della possibilità di derogare, nel centro storico di Amalfi, a taluni dei parametri vigenti in materia urbanistico – edilizia, e quindi circa la possibilità di variare la destinazione d’uso del locale, ov’era esercitata l’attività commerciale, da deposito (C2) a negozio (C1).

Seguiva, nell’imminenza della discussione, lo scambio di memorie conclusionali e di replica tra le parti, facendosi presente, da parte del ricorrente, che xxxx Antonio sarebbe stato privo d’interesse ad opporsi all’accoglimento del gravame, in quanto – per la diversità dei settori merceologici dei due negozi, il proprio e quello del ricorrente – non si sarebbe trattato di un vero e proprio controinteressato; e, inoltre, che anche il figlio di Mangieri Francesco gli aveva concesso l’autorizzazione all’uso del wc, di pertinenza del proprio negozio (già rilasciata, all’epoca, dal padre).

All’udienza pubblica del 23 maggio 2018, il ricorso passava in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, ed anche al fine d’esaminare l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, svolta dalla difesa di xxxx Antonio, occorre riportare il contenuto testuale del provvedimento gravato, a firma del Responsabile del Settore Polizia Municipale del Comune di Amalfi:

“Vista la nota acquisita al protocollo generale di questo Ente in data 19.05.2016 al n. 5934, a firma dell'Avv. Emilio Forrisi, con la quale veniva segnalato che l’attività denominata Yasmina Bigiotteria ha riavviato la propria attività commerciale <pur in mancanza del benché minimo requisito e/o presupposto di legge>;

Rilevato che l’attività risultava sospesa dall’ottobre del 2015 e che per l’attività attualmente in corso di svolgimento non risulta presentata alcuna istanza e/o comunicazione, per cui al momento l’attività non risulta autorizzata da alcun atto formale;

Visto l’art. 7, comma 2, lett. b) del decreto legislativo 31/3/1998 n. 114, che prevede che i locali in cui l’attività di esercizio di vicinato (si svolge) dev(ono) rispettare “i regolamenti locali di polizia urbana, annonaria e igienico – sanitaria, i regolamenti edilizi e le norme urbanistiche, nonché quelle relative alle destinazioni d’uso";

Preso atto della circostanza che il locale sito, in Amalfi, alla Via Vico Masaniello, in cui l’attività risulta essere svolta, non rispetta i regolamenti locali di polizia urbana, igienico – sanitaria, i regolamenti edilizi e le norme urbanistiche, nonché quelle relative alle destinazioni d’uso, in quanto lo stesso, oltre ad essere privo di servizi igienici, manca delle altezze regolamentari e di ogni altro requisito per l’agibilità dei locali;

Ritenuto di non dover procedere a comunicazione d’avvio del procedimento, in quanto il presente provvedimento si sostanzia in un atto dovuto, da parte di questa Pubblica Amministrazione, e non rientra(nte) nell’attività discrezionale dell’Ente (…);

Ritenuto, pertanto, cogente ed indispensabile adottare opportuni provvedimenti finalizzati all’eliminazione della situazione di illegittimità, come innanzi descritta;

Visto il T. U. per il Commercio (Decreto legislativo 31/3/1998 n. 114 e ss. mm. e ii.);

Visto il T. U. E. L., approvato con D. Lgs. n. 267 del 2000 e ss. mm. e ii.;

ordina, per le motivazioni sopra esposte, la chiusura ad horas dell’attività denominata Yasmina Bigiotteria, ubicata in Amalfi alla Via Vico Masaniello”.

Orbene, si rileva, anzitutto, che l’eccezione d’inammissibilità del gravame, secondo cui, pur trattandosi d’atto plurimotivato, non sarebbero state censurate tutte le ragioni, poste dall’Amministrazione a suo fondamento, non ha pregio, atteso che l’atto in questione, nella parte in cui stigmatizza il mancato rispetto, da parte del ricorrente, nonché del locale, in cui il medesimo esercita la propria attività, di vendita di articoli di bigiotteria, “dei regolamenti locali di polizia urbana, igienico – sanitaria, dei regolamenti edilizi e delle norme urbanistiche, nonché di quelle relative alle destinazioni d’uso”, non precisa – come avrebbe invece dovuto – quali specifiche disposizioni di tali regolamenti, ovvero quali norme urbanistiche, siano state, in concreto, violate, onde non si vede come il ricorrente avrebbe potuto, correlativamente, sollevare pertinenti doglianze al riguardo, essendosi limitato a contestare – sia nel ricorso, sia nella perizia tecnica di parte – le uniche proposizioni di tale provvedimento, integranti specifiche contestazioni, vale a dire la mancanza di servizi igienici e l’altezza non regolamentare, non potendo certo controdedurre alla generica affermazione, ivi contenuta, cica l’assunta carenza di “ogni altro requisito per l’agibilità dei locali”.

Correlativamente, va respinta, perché evidentemente infondata, l’eccezione – adombrata nell’ultima memoria difensiva del ricorrente – di difetto di legittimazione a contraddire di xxxx Antonio, e ciò perché lo stesso è viceversa titolare dell’interesse a contestare, in astratto, le rilevate carenze regolamentari, concernenti il locale de quo, in quanto esercente un’attività commerciale, posta nelle immediate vicinanze; del resto, è lo stesso ricorrente che gli ha notificato il ricorso, onde non si vede davvero come possa, poi, sostenere che il xxxx non sia controinteressato, rispetto all’accoglimento del gravame.

Ciò posto, osserva il Tribunale come sostanzialmente le stesse considerazioni, che hanno fondato il rigetto della preliminare eccezione d’inammissibilità, sollevata dalla difesa del controinteressato, giustifichino anche l’accoglimento del ricorso, sotto tale dirimente ed assorbente profilo.

Con il che s’intende dire che un provvedimento, del genere di quello sopra riferito, comportante una così grave conseguenza per il ricorrente, qual è la chiusura della piccola attività commerciale – esercizio di vicinato – che verosimilmente costituisce la fonte del suo sostentamento, avrebbe richiesto – come già rilevato in sede cautelare – una ben più attenta e pregnante motivazione, circa i presupposti della sua emanazione, non essendo certamente sufficiente, a tal fine, né l’espressione, tanto ampia quanto anodina, “(il ricorrente) ha riavviato la propria attività commerciale pur in mancanza del benché minimo requisito e/o presupposto di legge”; né, tampoco, l’uso delle ulteriori proposizioni, generiche e sbrigative, adoperate dal dirigente del Comune di Amalfi, quali sopra riportate.

Del resto, quanto alle uniche, limitate, specificazioni dell’assunto contrasto del locale, locato dal ricorrente, per allocarvi la propria attività commerciale (peraltro – e con la mancata opposizione del Comune – svolgentesi, prevalentemente (cfr. anche la foto n. 5, allegata alla perizia del geom. Portosalvo), mediante l’esposizione della merce offerta in vendita, di ridotte dimensioni – articoli di bigiotteria – su pannelli, collocati sul muro esterno del locale, quest’ultimo adibito, più che altro, stante le sue ridotte dimensioni, a deposito della merce, oltre che a sede della cassa), rispetto ai “regolamenti locali di polizia urbana, igienico – sanitaria, ai regolamenti edilizi e alle norme urbanistiche, nonché a quelle relative alle destinazioni d’uso”, vale a dire l’assenza di servizi igienici e delle altezze regolamentari (senza, del resto, neppure precisare neppure quali esse fossero), il ricorrente ha fornito, in giudizio, elementi, anche con il supporto di perizia tecnica di parte, tali da privarle di valenza decisiva, ai fini della giustificazione del provvedimento adottato.

Correlativamente, le diffuse argomentazioni fornite – anche qui, con l’ausilio di perizia di parte – dal controinteressato (nell’assenza di ogni controdeduzione da parte del Comune di Amalfi, rimasto estraneo al giudizio), non possono certo servire ad apprestare, al provvedimento in questione, un idoneo corredo motivazionale, del quale lo stesso è, e rimane, irrimediabilmente privo, trattandosi, all’evidenza, di giustificazioni postume (per di più promananti dal controinteressato, piuttosto che dall’organo d’amministrazione attiva).

Insomma, ritiene il Collegio che l’ordinanza impugnata si presenta come insufficientemente motivata, relativamente ai presupposti centrali che ne hanno fondato l’emissione, e tale carenza della motivazione, che si traduce, del resto, anche in una violazione del diritto di difesa del ricorrente, costretto ad articolare le proprie difese, sostanzialmente, “al buio”, finisce per determinarne l’illegittimità, come la giurisprudenza non ha mancato di rilevare, in situazioni analoghe: “È illegittima l’ordinanza del sindaco che disponga la sospensione cautelare dell’esercizio commerciale e la conseguente chiusura dei locali senza indicare le norme alla cui stregua il provvedimento sia stato adottato (nella specie, la motivazione fa generico richiamo a due sopralluoghi dei carabinieri e dei vigili del fuoco attestanti il mancato svolgimento dell’attività commerciale)” (T. A. R. Campania – Napoli, Sez. II, 4/11/1991, n. 261); “Anche dopo l’introduzione dell’art. 21 octies, l. 7 agosto 1990 n. 241, una motivazione incompleta può essere integrata e ricostruita attraverso gli atti del procedimento amministrativo, ma l’integrazione della motivazione deve pur sempre avvenire da parte della p. a. competente, mediante gli atti del procedimento medesimo o mediante un successivo provvedimento di convalida, mentre gli argomenti difensivi dedotti nel processo avverso il provvedimento, proprio in quanto non inseriti in un procedimento amministrativo, non sono idonei ad integrare in via postuma la motivazione” (T. A. R. Sicilia – Catania, Sez. II, 19/12/2011, n. 3055).

Del resto, a fronte della s. c. i. a. del 18.05.2012, allegata al ricorso, con cui era stata segnalata l’apertura dell’esercizio di vicinato, il Comune, non costituito in giudizio, non ha provato l’assunto, su cui pure il provvedimento s’è basato, della sospensione dell’attività commerciale de qua, asseritamente a partire dall’ottobre del 2015 (sospensione dell’attività, cui verosimilmente il firmatario dell’atto ha inteso annettere la perdita d’efficacia della s. c. i. a., previamente depositata presso il Comune); mentre il ricorrente ha negato, dal canto suo, che tale sospensione dell’attività si sia effettivamente verificata.

Le spese di lite – da distrarsi in favore del procuratore antistatario – seguono la soccombenza del Comune di Amalfi e sono liquidate come in dispositivo, laddove sussistono valide ragioni per compensarle, rispetto al controinteressato xxxx Antonio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, l’accoglie, nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Comune di Amalfi al pagamento, in favore del ricorrente, di spese e compensi di lite, che liquida complessivamente in € 1.000,00 (mille/00), oltre accessori come per legge, e lo condanna altresì alla rifusione, sempre in favore del ricorrente, del contributo unificato versato; con attribuzione in favore dell’Avv. Antonella Tramontano, antistataria, ex art. 93 c. p. c.

Spese compensate, quanto al controinteressato xxxx Antonio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso, in Salerno, nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2018, con l’intervento dei magistrati:

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