CONDONO EDILIZIO: NO a interventi successivi in pendenza di domanda
[color=red][b]Tar Campania, sez. VII, sentenza 8 giugno 2018 n. 3881.[/b][/color]
Pubblicato il 08/06/2018
N. 03881/2018 REG.PROV.COLL.
N. 06288/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6288 del 2015, proposto da
..., rappresentata e difesa dall'avvocato Catello Ascione, con domicilio digitale come
da pec in atti;
contro
Comune di Castellammare di Stabia in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Catello De Simone, Donatangelo Cancelmo,
con domicilio digitale come da pec in atti;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. 37523 del 17.9.2015 del Comune di Castellammare di
Stabia recante diniego di condono edilizio;
del preavviso di diniego prot. n. 5731/2015, nonché di ogni atto connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Castellammare di Stabia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2018 la dott.ssa Cesira
Casalanguida e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Con il ricorso in epigrafe la sig.ra ..., in qualità di proprietaria del fabbricato sito
in Castellammare di Stabia, alla via …, censito al catasto dei fabbricati al fg. 1 p.lla
592, ha impugnato il provvedimento prot. 37523 di diniego dell’istanza di condono
e di ingiunzione a demolire, emesso il 21 settembre 2015 e notificato il successivo
25 settembre.
Espone di aver presentato, in data 1.4.1986, istanza di condono edilizio ai sensi
dell’art. 32 della L. 47/1985, volta a sanare le opere edilizie descritte nell’allegata
perizia giurata. Aggiunge che il Comune di Castellammare con due ordinanze,
rispettivamente n. 280 del 4.7.1996 e n. 396 del 5.9.1996 ha ingiunto la demolizione,
unitamente alla sospensione, dei lavori presuntivamente abusivi, successivamente
realizzati sulla medesima area. Riferisce ancora che il Comune, dopo aver
comunicato il preavviso di rigetto dell’istanza di condono con nota dell’11.2.2015,
riscontrata con richiesta di sospensione per l’intenzione della istante di attuare un
progetto di rispristino dello stato dei luoghi, ha adottato il provvedimento di diniego
impugnato.
2. - Deduce la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto vari profili, contestando,
in particolare, l’assunto posto a fondamento del rigetto, secondo cui, a seguito degli
accertamenti istruttori disposti dall’ente locale sul fabbricato, sarebbe stato
riscontrato uno stato di fatto diverso da quello riferito nell’originaria istanza di
condono, conseguente all’esecuzione di opere ulteriori, descritte nello stesso
provvedimento.
Sostiene a riguardo che la realizzazione di opere successivamente alla domanda di
condono, quand’anche abusive, giustificherebbe il diniego unicamente nell’ipotesi in
cui abbiano inciso significativamente sui beni oggetto dell’originaria domanda di
condono.
Ritiene che nel preavviso di rigetto, le cui motivazioni sono poste a fondamento del
provvedimento gravato, si faccia riferimento alle due ordinanze senza, però, fornire
elementi idonei a chiarire come gli interventi contestati abbiano inciso sui beni
oggetto dell’istanza di condono: nell’ordinanza n. 280 del 4.7.1996 l’abuso
contestato riguarderebbe l’ampliamento in cemento armato alle spalle di preesistente
fabbricato. Si tratterebbe, quindi di un intervento su manufatto diverso ed ulteriore
rispetto alle opere oggetto della domanda di sanatoria. Nella successiva ordinanza n.
396 del 5.9.1996 si contesta la tompagnatura delle opere mediante lamiere imbottite
complete di 8 infissi in alluminio, senza indicazione del manufatto su cui l’intervento
edilizio sarebbe stato realizzato (quello oggetto di condono o quello, distinto, in
cemento armato, rilevato alle spalle del fabbricato preesistente). Nega, in ogni caso,
che la tompagnatura comporti un aumento di volumetria.
3. - Il Comune di Castellammare di Stabia si è costituito in giudizio il 16 gennaio
2016 per resistere al ricorso siccome infondato, precisando che l’area di proprietà
della ricorrente su cui sono riscontrati gli abusi contestati è assoggettata a vincolo
paesaggistico ed ambientale e ribadendo la realizzazione di opere ulteriori dopo la
presentazione dell’istanza di condono che renderebbero l’immobile privo della
conformità urbanistica.
4. - In data 3 novembre 2016 parte ricorrente ha prodotto perizia giurata, al fine di
attestare la consistenza delle opere abusive eseguite dopo la presentazione
dell’istanza di condono.
5. - Con ordinanza collegiale n. 520 del 25 gennaio 2017, questa Sezione del T.A.R.
ha disposto una verificazione per “accertare la consistenza delle opere abusive effettuate dopo
la presentazione della domanda di condono di cui è causa, al fine di verificare se le stesse abbiano
inciso sull’autonomia e sull’esatta identificabilità delle opere oggetto dell’istanza di condono denegata
con il provvedimento oggetto di impugnativa”, successivamente reiterata con ordinanze n.
3338 del 16.6.2017 e n. 4762 del 10.10.2017.
6. - In data 5 febbraio 2018, il verificatore incaricato ha depositato le risultanze
dell’accertamento in esecuzione dell’adempimento istruttorio disposto da questo
T.A.R. e in data 7 febbraio 2018 ha depositato domanda di liquidazione della
parcella.
7. - Alla pubblica udienza del 5 giugno 2018, sentite le parti, la causa è stata trattenuta
in decisione.
8. - La questione posta all’esame della Sezione attiene alla incidenza di interventi
realizzati su immobili successivamente alla presentazione della domanda di condono
edilizio. Si tratta di stabilire se tali interventi possano o meno giustificare il rigetto
della domanda.
8.1. - La normativa sul condono postula la permanenza dell’immobile da
regolarizzare, ammettendo, in pendenza del relativo procedimento, i soli interventi
edilizi diretti a garantirne l’integrità e la conservazione. L’art. 35 della legge 28
febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia,
sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), prevede infatti che: «decorsi
centoventi giorni dalla presentazione della domanda e, comunque, dopo il versamento della seconda
rata dell'oblazione, il presentatore dell'istanza di concessione o autorizzazione in sanatoria può
completare sotto la propria responsabilità» le opere oggetto della domanda. A tal fine, prosegue la
norma, «l’interessato notifica al Comune il proprio intendimento, allegando perizia giurata ovvero
documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi, ed inizia i lavori non prima
di trenta giorni dalla data della notificazione».
In definitiva, la pendenza dell’istanza di condono non preclude in assoluto la
possibilità di intervenire sugli immobili rispetto ai quali pende l’istanza stessa, ma
impone, a pena di assoggettamento alla medesima sanzione prevista per l’immobile
abusivo cui ineriscono, che ciò debba avvenire nei limiti e nel rispetto delle
procedure di legge.
La disposizione è riferita alle opere di completamento, nulla dispone in caso di
interventi nuovi e diversi rispetto a quelli oggetto di sanatoria.
8.2. - Per tali ipotesi, la giurisprudenza ha stabilito (Cons Stato, Sez. VI, sent. n. 665
dell’1.2.2018 e n. 3943 del 14.8.2015) che, in mancanza di un’espressa norma che
impedisca di modificare immobili sui quali pende una domanda di sanatoria edilizia,
la realizzazione di interventi successivi alla domanda giustifica il diniego se abbiano
inciso in maniera così radicale sull’immobile oggetto della domanda di condono da
rendere oggettivamente impossibile il relativo esame.
8.3. - Nel caso in esame, come confermato dall’esito della disposta verificazione,
non contestata dalla parti che, peraltro, successivamente al deposito della relazione
finale non hanno depositato memorie, è emerso che sono stati realizzati interventi
non definibili di rifinitura ma nuovi e diversi rispetto a quelli oggetto della richiesta
di sanatoria.
L’istanza di condono riguardava, infatti, l’ampliamento sia del piano terra che del
primo piano dell’edificio di proprietà della ricorrente, mentre successivamente è
stato realizzato un secondo ampliamento sia del piano terra che del primo piano,
oggetto dell’ordinanza di demolizione n. 280/1996. Una terza edificazione,
successiva anche all’ordinanza n. 280/96, ha ad oggetto un ulteriore volume,
realizzato senza titolo, “addossato ad una parete perimetrale del piano terra del corpo di
fabbrica prima descritto”.
Dalla relazione del verificatore si desume che per realizzare la seconda edificazione,
successiva all’istanza di condono, sono state “demolite, in un lato dell’edificio, le pareti
perimetrali onde consentire l’aumento delle volumetrie e delle superfici residenziali e non residenziali
(realizzazione di nuova balconata), modificando a tal fine la sagoma dell’originaria costruzione”.
Il verificatore ha concluso escludendo per il secondo ampliamento, che è quello che
ha inciso sull’immobile oggetto dell’istanza di condono, l’autonomia in quanto le
opere realizzate “costituiscono ampliamento e modifica del manufatto oggetto della domanda di
condono”. Se ne desume che esse alterano sostanzialmente la volumetria, la superficie
e la sagoma dell’edificio.
9. – Per tutto quanto esposto si ritiene che la realizzazione degli interventi oggetto
del secondo ampliamento, successivi alla domanda di sanatoria, hanno inciso in
modo radicale sui beni oggetto dell’istanza di condono impedendo
all’amministrazione di valutare, per la diversità dell’edificio (per volumetria,
superficie e sagoma), la sussistenza dei presupposti per la concessione della
sanatoria.
10. - Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il ricorso deve essere
respinto.
11. - Le spese seguono le regole della soccombenza e sono liquidate come in
dispositivo.
12. - Le spese della verificazione sono poste a carico della ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge
Pone a carico della ricorrente le spese della verificazione, liquidate con decreto
presidenziale n. 571/018.
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di giudizio in favore dell’ente
locale resistente, liquidate in € 2.500,00 (duemilacinquecento/00) oltre accessori di
legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2018 con
l'intervento dei magistrati:
Rosalia Maria Rita Messina, Presidente
Guglielmo Passarelli Di Napoli, Consigliere
Cesira Casalanguida, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Cesira Casalanguida Rosalia Maria Rita Messina
IL SEGRETARIO