IMPOSTA DI SOGGIORNO legittima solo nei Comuni inseriti in ELENCO
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[color=red][b]TAR LOMBARDIA – MILANO, SEZ. III – sentenza 27 marzo 2018 n. 838[/b][/color]
FATTO e DIRITTO
1. I) I ricorrenti sono tutti proprietari delle strutture ricettive alberghiere site nel territorio del Comune di Vergiate.
Con il ricorso indicato in epigrafe hanno impugnato la deliberazione del Consiglio Comunale di Vergiate n. 47 del 15.11.2017 (pubblicata all’Albo Pretorio dal 12.12.2017 al 27.12.2017) con la quale è stata istituita l’imposta di soggiorno di cui all’art. 4, D.lgs. n. 23/2011 a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive presenti sul territorio comunale, ed è stato approvato il relativo Regolamento nonché il modello di dichiarazione trimestrale (entrambi allegati alla stessa delibera).
Tale delibera (insieme ai suoi allegati) è stata, poi, notificata via PEC ad ogni singola struttura ricettiva in data 27.12.2017, unitamente ad una lettera di accompagnamento, con cui si ricordano schematicamente i contenuti del Regolamento.
Con l’atto introduttivo del giudizio i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento della predetta deliberazione, previa tutela cautelare.
Si è costituito in giudizio il Comune di Vergiate, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto.
Alla camera di consiglio del 20 marzo 2018 la causa, chiamata per l’esame della domanda cautelare, è stata trattenuta in decisione per essere risolta nel merito con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a., previe le ammonizioni di rito alle parti presenti in camera di consiglio.
II) Il punto di diritto fondamentale ed assorbente ai fini della soluzione della controversia è declinato nel primo motivo di gravame con cui si è dedotto che la delibera impugnata sarebbe illegittima in quanto non sussisterebbero i presupposti di legge in relazione a quanto disposto dall’art. 4 comma 1 del D.lgs. 23/2011.
Tale dirimente motivo di ricorso è fondato.
La norma sopra richiamata dispone che “I comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno”.
Nella deliberazione comunale impugnata si dà atto, nelle relative premesse, che “la Regione Lombardia non ha ad oggi individuato le località turistiche e le città d’arte di cui all’art. 4, comma 1, del D.Lgs. 23/2011 ai fini dell’applicazione dell’imposta di soggiorno, lasciando liberi i Comuni di autodeterminarsi in merito”.
La disposizione di cui all’art. 4 comma 1 del D.lgs. n. 23/2011 deve essere letta secondo il cono prospettico dei principi di cui all’art. 23 Cost. che pone la riserva di legge in materia di imposizione di prestazioni patrimoniali.
[b]La riserva di legge costituisce uno dei principi cardine dell’obbligazione tributaria, ponendosi quale guarentigia del cittadino sulle scelte di rilevanza tributaria di una manifestazione di ricchezza; il principio di legalità di cui all’art. 23 Cost. opera quindi sul piano formale, per cui è la legge istitutiva del prelievo tributario che deve disciplinarne gli aspetti fondamentali, individuandone i soggetti passivi (o i criteri per identificarli), il presupposto e la misura del tributo, attraverso l’indicazione dell’aliquota massima o la fissazione dei criteri idonei a delimitare la discrezionalità dell’Autorità chiamata ad applicare l’imposta.[/b]
[color=red][b]Ciò posto, in relazione alla disposizione di cui all’art. 4 comma 1 del D.lgs. n. 23/2011 è stato condivisibilmente osservato (T.A.R. Firenze sez. I 5 maggio 2017 n. 647; T.A.R. Campobasso 25 luglio 2014, n. 477) che il fatto suscettibile di valutazione economica ai fini dell’applicazione dell’imposta di soggiorno è connesso a una spesa, quella turistica, non avente carattere d’indispensabilità e che costituisce espressione di una manifestazione non meramente fittizia di ricchezza, che trova la propria giustificazione, secondo la giurisprudenza costituzionale, nell’esigenza che i soggetti non residenti nel territorio comunale partecipino ai costi pubblici determinati dalla fruizione del patrimonio culturale e ambientale, anche in funzione di una migliore sostenibilità dei flussi di visitatori e, quindi, in virtù di una vocazione turistica del Comune interessato dall’applicazione dell’imposta, non generica, ma specificamente accertata dalla Regione attraverso l’inserimento dell’ente locale nell’elenco previsto dal ripetuto art. 4 del D.lgs. n. 23/2011 (cfr. Corte Cost. 15 aprile 2008, n. 102, sull’imposta di soggiorno sarda).[/b][/color]
Ne consegue che, anche per ragioni di ordine costituzionale, riveste carattere fondamentale l’accertamento dell’effettiva vocazione turistica del Comune nel quale si intenda istituire l’imposta di soggiorno; accertamento che l’art. 4 del D.lgs. n. 23/2011 ha rimesso all’esclusivo scrutinio della Regione (con l’eccezione delle Unioni di Comuni e dei capoluoghi di Provincia per i quali vige una sorta di presunzione di legge), con una disposizione da ritenersi ragionevole e volta a conservare la corrispondenza tra carattere prevalentemente turistico del soggiorno dei non residenti e imposizione tributaria.
Peraltro, l’attribuzione alla Regione del compito di predisporre gli elenchi dei Comuni abilitati ad imporre l’imposta di soggiorno, si inquadra nel riparto di competenze tra Stato e Regioni disegnato dall’art. 117 Costituzione che, nell’ambito della legislazione concorrente, assegna alla Regione il coordinamento del sistema tributario; coordinamento che, nel caso di specie, si realizza attraverso la predisposizione degli elenchi previsti dall’art. 4 citato attraverso i quali la Regione decide quali siano i Comuni che, per vocazione turistica, possono istituire l’imposta di soggiorno.
[b]Ne consegue che la predisposizione degli elenchi regionali non può essere surrogata, come pretenderebbe l’Amministrazione resistente, da qualificazioni del tutto diverse per presupposti e fini quale quelle di cui alla DGR 30 gennaio 2008 n. 6532, assunta in base alla (allora vigente) L.r. 16 luglio 2007, n. 15 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo), dunque ben prima dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 23/2011.[/b]
A prescindere dalla contraddittorietà tra tale tesi difensiva e l’affermazione contenuta nella deliberazione impugnata (che, come rilevato, dà pianamente atto dell’inesistenza dell’elenco di cui all’art. 4 del D.lgs. 23/2011 e su questa circostanza fonda la propria autonoma determinazione), va osservato che la predetta deliberazione disciplina l’individuazione degli “ambiti” a vocazione e potenzialità turistica sul territorio lombardo quale strumento di attuazione della programmazione volta alla valorizzazione turistica. La finalità è pertanto del tutto diversa, oltre che risalente nel tempo (dieci anni fa), nel senso che mira a che la Regione abbia uno strumento per attuare le proprie politiche di intervento nei diversi ambiti turistici individuati.
Neppure è condivisibile la tesi della difesa dell’Amministrazione resistente, laddove invoca la disposizione di cui all’art. 14, comma 6 D.lgs. 23/2011 che conferma “la potestà regolamentare in materia di entrate degli enti locali di cui all’articolo 52 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997 anche per í nuovi tributi previsti dal presente provvedimento”.
La disposizione deve essere infatti interpretata tenuto conto della necessaria conformità ai principi di cui all’art. 23 Cost.: la potestà regolamentare del Comune infatti ben potrà essere esercitata laddove siano individuati i necessari presupposti. Come già rilevato nel caso concreto manca il presupposto oggettivo dell’individuazione dei Comuni da parte della Regione Lombardia.
La fondatezza del primo motivo di censura concernente la sussistenza del presupposto legittimante l’introduzione dell’imposta esime il Collegio dallo scrutinio degli altri motivi di ricorso che restano evidentemente assorbiti.
Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere accolto e per l’effetto va disposto l’annullamento degli atti impugnati.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.