Un'azienda agricola intende effettuare la vendita dei propri prodotti (miele, ecc.) presso una civile abitazione che non è sede dell'azienda agricola nè sede di produzione (in pratica vuole affittare come azienda questa abitazione ma non ci sono fondi annessi dove vengono fatte delle lavorazioni).
Può farlo presentando al SUAP solo la notifica sanitaria relativa e senza ulteriore comunicazione ?
Mi sembra che il D.Lgs. n. 228/2001 lo consenta, oppure mi sfugge qualche limitazione o divieto?
Grazie!
Un'azienda agricola intende effettuare la vendita dei propri prodotti (miele, ecc.) presso una civile abitazione che non è sede dell'azienda agricola nè sede di produzione (in pratica vuole affittare come azienda questa abitazione ma non ci sono fondi annessi dove vengono fatte delle lavorazioni).
Può farlo presentando al SUAP solo la notifica sanitaria relativa e senza ulteriore comunicazione ?
Mi sembra che il D.Lgs. n. 228/2001 lo consenta, oppure mi sfugge qualche limitazione o divieto?
Grazie!
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Il problema non è "amministrativo" (dlgs 228) in quanto la norma FAVORISCE la vendita da parte del produttore agricolo .... il problema è EDILIZIO.
Se l'uso è temporaneo, sporadico o presso la PROPRIA ABITAZIONE (dove tizio abita ed ogni tanto viene qualcuno a comprare) allora non vedo problemi.
Ma prendere una abitazione e destinarla a "negozio", anche se di prodotti agricoli, POTREBBE (dico potrebbe) non essere compatibile.
Va fatta verifica con ufficio tecnico.
Abbiamo un ulteriore dubbio sulla questione, perché il tecnico incaricato dall’azienda agricola ci ha fatto presente che l’art. 4 del D.Lgs. n. 228/2001, al comma 8-ter, prevede che “l’attività di vendita diretta dei prodotti agricoli ai sensi del presente articolo [u]non comporta cambio di destinazione d'uso dei locali ove si svolge la vendita e può esercitarsi su tutto il territorio comunale a prescindere dalla destinazione urbanistica della zona in cui sono ubicati i locali a ciò destinati[/u]”.
Inoltre, una risoluzione del Ministero Politiche agricole e Alimentari (n. 380940) ha riconosciuto “all’imprenditore agricolo la facoltà di effettuare la vendita diretta ed il relativo consumo sul posto dei prodotti agricoli, in prevalenza di produzione propria, [u]anche in punti vendita aperti al pubblico ubicati al di fuori dei fondi rustici di pertinenza aziendale[/u]. In tal caso, lo svolgimento delle predette attività non è soggetto a SCIA, bensì alla comunicazione al Sindaco del Comune”.
Sembrerebbe possibile sulla base di questo, fare vendita diretta anche in civile abitazione ed anche se collocata al di fuori dei fondi rustici aziendali (peraltro l’azienda inserirebbe formalmente i locali nelle dotazioni strumentali aziendali e la destinazione d’uso urbanistica della zona in cui si trova questa civile abitazione è agricola ).
Può essere corretto interpretare così la norma ?
Il dubbio è anche che d’altra parte la normativa regionale di governo del territorio (L.R. 65/2014) all’ art.75 comma 1, prevede che “L'imprenditore agricolo può utilizzare immobili a destinazione industriale o commerciale, anche all’interno del territorio urbanizzato, per adibirli ad usi connessi all'attività agricola, compresa la vendita dei prodotti agricoli in applicazione delle disposizioni vigenti, nel rispetto delle normative igienico sanitarie, di altre normative di settore, nonché dei regolamenti edilizi vigenti. Laddove non si renda necessaria la realizzazione di opere edilizie, l’imprenditore agricolo trasmette, preventivamente all’utilizzo, apposita comunicazione allo sportello unico del comune attestante il rispetto delle normative igienico sanitarie, di settore e dei regolamenti edilizi vigenti, secondo le modalità stabilite nel regolamento di attuazione di cui all’articolo 84”
Si può ritenere prevalente il D.Lgs. n. 228/2001 rispetto alla legge regionale 65/14?
Grazie mille per il vs. aiuto, saluti
Abbiamo un ulteriore dubbio sulla questione, perché il tecnico incaricato dall’azienda agricola ci ha fatto presente che l’art. 4 del D.Lgs. n. 228/2001, al comma 8-ter, prevede che “l’attività di vendita diretta dei prodotti agricoli ai sensi del presente articolo [u]non comporta cambio di destinazione d'uso dei locali ove si svolge la vendita e può esercitarsi su tutto il territorio comunale a prescindere dalla destinazione urbanistica della zona in cui sono ubicati i locali a ciò destinati[/u]”.
Inoltre, una risoluzione del Ministero Politiche agricole e Alimentari (n. 380940) ha riconosciuto “all’imprenditore agricolo la facoltà di effettuare la vendita diretta ed il relativo consumo sul posto dei prodotti agricoli, in prevalenza di produzione propria, [u]anche in punti vendita aperti al pubblico ubicati al di fuori dei fondi rustici di pertinenza aziendale[/u]. In tal caso, lo svolgimento delle predette attività non è soggetto a SCIA, bensì alla comunicazione al Sindaco del Comune”.
Sembrerebbe possibile sulla base di questo, fare vendita diretta anche in civile abitazione ed anche se collocata al di fuori dei fondi rustici aziendali (peraltro l’azienda inserirebbe formalmente i locali nelle dotazioni strumentali aziendali e la destinazione d’uso urbanistica della zona in cui si trova questa civile abitazione è agricola ).
Può essere corretto interpretare così la norma ?
Il dubbio è anche che d’altra parte la normativa regionale di governo del territorio (L.R. 65/2014) all’ art.75 comma 1, prevede che “L'imprenditore agricolo può utilizzare immobili a destinazione industriale o commerciale, anche all’interno del territorio urbanizzato, per adibirli ad usi connessi all'attività agricola, compresa la vendita dei prodotti agricoli in applicazione delle disposizioni vigenti, nel rispetto delle normative igienico sanitarie, di altre normative di settore, nonché dei regolamenti edilizi vigenti. Laddove non si renda necessaria la realizzazione di opere edilizie, l’imprenditore agricolo trasmette, preventivamente all’utilizzo, apposita comunicazione allo sportello unico del comune attestante il rispetto delle normative igienico sanitarie, di settore e dei regolamenti edilizi vigenti, secondo le modalità stabilite nel regolamento di attuazione di cui all’articolo 84”
Si può ritenere prevalente il D.Lgs. n. 228/2001 rispetto alla legge regionale 65/14?
Grazie mille per il vs. aiuto, saluti
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Confermiamo quanto detto nella precedente risposta. La norma se è vero che prevede la compatibilità URBANISTICA a stretto rigore non prevede una completa compatibilità EDILIZIA ed appare più vicina all'interpretazione corretta la norma regionale che consente l'uso di immobili a destinazione commerciale o industriale (ma direi anche artigianale e direzionale).
La civile abitazione ha una funzione diversa, essa non soddisfa esigenze commerciali e sono in LIMITATI CASI può essere adibita ad attività professionali (professionisti privati), in particolare se l'uso è temporaneo o occasionale.
QUINDI a mio avviso non è possibile far diventare NEGOZIO (anche se di produttore agricolo) una civile abitazione ed il dlgs 228/2001 non può essere letto fino a tal punto.
Vedi anche:
http://www.omniavis.it/web/forum/index.php?topic=27676.0