Data: 2018-02-18 13:18:22

STABILIMENTI BALNEARI: ampia discrezionalità nell'obbligo di stagionalità

STABILIMENTI BALNEARI: ampia discrezionalità nell'obbligo di stagionalità

[color=red][b]CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – sentenza 13 febbraio 2018 n. 899 [/b][/color]

DIRITTO

1.‒ L’appello è fondato.

2.‒ Va premesso che, nel procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, con l’entrata in vigore (dal 1° gennaio 2010) dell’art. 146 del codice approvato con il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, la Soprintendenza esercita, non più un sindacato di legittimità ex post (come previsto dall’art. 159 del citato codice nel regime transitorio vigente fino al 31 dicembre 2009) sulla autorizzazione già rilasciata dalla Regione o dall’ente delegato, con il correlativo potere di annullamento, ma un potere che consente di effettuare ex ante valutazioni di merito amministrativo, con poteri di cogestione del vincolo paesaggistico (cfr. ex plurimis Consiglio di Stato, Sez. VI 15 maggio 2017, n. 2262; Sez. VI, 28 dicembre 2015, n. 5844; Sez. VI, 4 giugno 2015, n. 2751).

[color=red][b]2.1.‒ In linea di diritto, il giudizio affidato all’organo ministeriale è connotato da un’ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l’applicazione di cognizioni tecniche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari della storia, dell’arte e dell’architettura, caratterizzati da ampi margini di opinabilità. L’apprezzamento compiuto dall’Amministrazione preposta alla tutela è quindi sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell’Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile.[/b][/color]

3.‒ Ciò posto in premessa, non è corretta la statuizione del giudice di prime cure, secondo cui il parere negativo della Soprintendenza avrebbe violato l’art. 11, comma 4, della legge della Regione Puglia n. 17 del 2006. Sono necessari alcuni spunti ricostruttivi.

3.1.‒ L’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 prevede che i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini del precedente art. 142 (tra i quali rientrano i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia) non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione ed hanno l’obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendono intraprendere al fine di ottenere il rilascio della autorizzazione paesaggistica; quest’ultima costituisce atto autonomo da valere come presupposto rispetto al permesso di costruire e agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio.

3.2.‒ L’art. 11, comma 4-bis, della legge della Regione Puglia 23 giugno 2006, n. 17 (Disciplina della tutela e dell’uso della costa) aveva previsto che: «il mantenimento per l’intero anno delle strutture precarie e amovibili di facile rimozione, funzionali all’attività turistico-ricreativa e già autorizzate per il mantenimento stagionale, è consentito anche in deroga ai vincoli previsti dalle normative in materia di tutela territoriale, paesaggistica, ambientale e idrogeologica».

Sennonché, la Corte costituzionale, con sentenza n. 232 del 2008, ha affermato che tale norma – consentendo il mantenimento delle opere precarie in questione oltre la durata della stagione balneare, in mancanza della necessaria positiva valutazione di compatibilità paesaggistica – violava le competenze esclusive statali in materia di tutela ambientale e paesaggistica. La disposizione regionale è stata, pertanto, dichiarata costituzionalmente illegittima per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione al citato art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004.

3.3.‒ A seguito della predetta sentenza, la legge della Regione Puglia 2 ottobre 2008, n. 24 ha introdotto nel testo dell’art. 11 della legge n. 17 del 2006 i seguenti commi: «a parziale modifica dell’articolo 3.07.4, punto 4.1, lettera b), del piano urbanistico territoriale tematico (PUTT) paesaggio, approvato con Delib.G.R. 15 dicembre 2000, n. 1748 tutte le strutture funzionali all’attività balneare, purché di facile amovibilità, possono essere mantenute per l’intero anno» (comma 4-ter); «la rimozione delle strutture di cui al comma 4-ter avviene alla scadenza dell’atto concessorio, se non rinnovato, ovvero anche anticipatamente per sopravvenute esigenza di tutela ambientale» (comma 4-quater); «i soggetti interessati devono munirsi preventivamente del nulla-osta dell’autorità competente in materia» (comma 4-quinquies).

[b]3.4.‒ L’attuale formulazione della normativa consente che venga rilasciata una concessione che non impone, al termine della stagione estiva, la rimozione delle strutture funzionali all’attività. Tuttavia, l’ottenimento del titolo abilitativo, per evitare la riproduzione di una norma già dichiarata incostituzionale, deve intendersi come espressamente condizionata all’ottenimento del nulla osta delle autorità preposte alla tutela dell’ambiente e del paesaggio. Non può infatti ammettersi che una legge regionale introduca innovazioni al regime della compatibilità paesaggistica, come regolata dal più volte citato art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 e da effettuare caso per caso, costituendo l’autorizzazione di cui trattasi atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 18 settembre 2013, n. 4642; Sez. VI, sentenza n. 5293 del 2013).[/b]

4.‒ Sotto altro profilo, il diniego della Soprintendenza appare anche adeguatamente motivato.

[b]La condizione della temporaneità della concessione si fonda infatti sulla ragionevole necessità di limitare allo stretto necessario il danno che l’ambito paesaggistico ‒ di un litorale di dichiarata bellezza paesaggistica, di cui si intende preservare l’aspetto naturale e inedificato, pur senza comprometterne la fruizione nel periodo estivo ‒ subirebbe per effetto di tali strutture, in una zona contraddistinta dalle ridotte dimensioni della fascia costiera sabbiosa e rocciosa, nonché dalla presenza di dune e vegetazione autoctona.[/b]

Questa Sezione ha già avuto modo di affermare, in relazione a fattispecie analoghe, che i «contesti, estivo e invernale, in cui gli stabilimenti si inseriscono sono diversi», il che implica che differente può essere l’impatto che un manufatto può avere a seconda del periodo che viene in rilievo. La concessione per il solo periodo estivo «si giustifica anche alla luce di un complessivo bilanciamento degli interessi rilevanti e in considerazione che l’incidenza sull’ambiente è comunque temporalmente limitata» (Cons. Stato, sez. VI, n. 4759 del 2012).

4.1.‒ In definitiva ‒ pur consentendo, in astratto, l’art. 1 della legge regionale n. 24 del 2008 il mantenimento per l’intero anno di strutture, funzionali alla balneazione ‒ l’autorizzazione paesaggistica può comunque imporre che strutture precarie, collocate in uno stabilimento balneare, siano rimosse al termine della stagione estiva, per una più ampia visuale del litorale marino e per il pieno godimento delle zone interessate dal vincolo paesaggistico. Deve ritenersi quindi che la valutazione tecnica espressa dall’Amministrazione, non violando il principio di ragionevolezza, rientra in ambito ad essa riservato, con la conseguenza che l’atto impugnato si sottrae alle censure formulate con il ricorso di primo grado.

5.‒ Per le ragioni che precedono, l’appello risulta fondato.

5.1.‒ Le spese giudiziali, da porre a carico della parte soccombente per i due gradi di giudizio, secondo la regola della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado.

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