Data: 2018-02-16 08:21:14

INFUNGIBILITA': non è sufficiente l'esclusiva - PA deve dimostrare di non poter

INFUNGIBILITA': non è sufficiente l'esclusiva - PA deve dimostrare di non poter fare altrimenti

[color=red][b]Consiglio di Stato, Sez. III, 18 gennaio 2018, n. 310[/b][/color]

[color=red][b]Del resto, va anche precisato che l’esclusiva si riferisce a un prodotto o a un processo, l’esistenza di un diritto esclusivo non implica necessariamente che il bisogno del contraente non possa essere soddisfatto in modo adeguato anche ricorrendo ad altri prodotti o processi.[/b][/color]

DIRITTO

I – In considerazione della connessione soggettiva ed oggettiva, i ricorsi di appello indicati in epigrafe devono essere riuniti.

II – In via del tutto preliminare, deve ritenersi non condivisibile l’eccezione svolta dalla Regione e dalle Società controinteressate, con cui si ritiene venuto meno l’interesse a seguito dell’esclusione dell’appellante ad esito del test di cui alla gara impugnata con il terzo dei ricorsi in esame per due ordini di considerazioni:

- in primo luogo, in quanto la stessa 3M ha affermato di aver intenzione di impugnare l’esclusione (non essendo decorsi i termini);

- in secondo luogo, perché la pretesa impugnatoria e risarcitoria della 3 M nei diversi giudizi si fonda proprio sull’assunto della avvenuta alterazione della par condicio tra i partecipanti alla competizione.

Deve dunque procedersi al compiuto esame dei ricorsi in appello.

Per seguire il corretto e logico svolgersi della complessa vicenda deve essere esaminato per primo il ricorso in appello n. 2759 del 2016 con cui la 3M contesta la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto di reiezione del ricorso promosso avverso l’estensione della sperimentazione.

III – I primi tre motivi di appello devono essere esaminati insieme, infatti gli stessi sono strettamente connessi, vertendo sull’insufficiente motivazione ed erroneità della sentenza che ha ritenuto infondata la pretesa di parte ricorrente in ordine all’illegittimo uso dell’istituto di cui all’art. 57 cod. contratti pubblici n. 163/2006, all’epoca in vigore, ed alla ricorrenza dei presupposti.

Osserva il Collegio che lo stesso art. 57 del codice vigente al momento dell’affidamento, disponeva alla b) che l’affidamento diretto fosse legittimo qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato (norma che peraltro ha trovato la sua riproduzione anche nella vigente disciplina).

[color=red][b]Come precisato dall’ANAC, nelle Linee guida per il ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando, nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili, a proposito dell’attuale art. 63, ma richiamando anche tutta la giurisprudenza formatasi in passato, per i casi in cui una fornitura e un servizio siano effettivamente infungibili, il legislatore, comunitario e nazionale, ha previsto deroghe alla regola della selezione attraverso una selezione pubblica, considerato che l’esito di un’eventuale gara risulterebbe scontato, esistendo un unico operatore economico in grado di aggiudicarsela e, conseguentemente, l’indizione di una procedura ad evidenza pubblica determinerebbe uno spreco di tempo e di risorse.[/b][/color]

[b]Naturalmente, trattandosi di una deroga alla regola della gara pubblica, occorre che l’infungibilità sia debitamente accertata e motivata nella delibera o determina a contrarre dell’amministrazione, nel pieno rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, ovvero dei principi di concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità.[/b]

[b]Come affermato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea (cfr. Sentenza della C. Giust. UE 8 aprile 2008, causa C-337/05), confermata del resto dalla giurisprudenza della Sezione (sez. III, 8 gennaio 2013, n. 26) la procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara riveste carattere di eccezionalità rispetto all’obbligo delle amministrazioni aggiudicatrici di individuare il loro contraente attraverso il confronto concorrenziale, per cui la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’amministrazione committente dimostrarne l’effettiva esistenza.[/b]

[color=red][b]Del resto, va anche precisato che l’esclusiva si riferisce a un prodotto o a un processo, l’esistenza di un diritto esclusivo non implica necessariamente che il bisogno del contraente non possa essere soddisfatto in modo adeguato anche ricorrendo ad altri prodotti o processi.[/b][/color]

Nei casi di infungibilità dei prodotti e dei servizi, il Codice prevede la possibilità di derogare ai principi dell’evidenza pubblica.

Orbene, con riguardo al caso che occupa, nelle delibere del 2014 impugnate nel ricorso definito con la sentenza del Tar Veneto n. 1337 del 2015 emerge con chiarezza che:

1 – l’ACG è un sistema che si discosta dagli altri poiché “consente una rappresentazione più accurata della costellazione globale di morbilità”, in quanto a differenza degli altri sistemi “ACG tiene contro della costellazione di malattie che una persona di che si alterna tra visite, luoghi di cura ed erogatori diversi”;

2 – la JHU detiene l’esclusiva sul predetto sistema.

Ne discende che devono ritenersi verificati i presupposti (esclusiva/infungibilità e dunque, unicità del prodotto, nonché finalità di sperimentazione e studio) richiesti dalla norma e versati nei provvedimenti impugnati in primo grado per l’avvenuto affidamento diretto nel periodo di sperimentazione, che - proprio al fine di consentire all’amministrazione di verificare l’utilità del prodotto - in via preliminare ed ai fini di una corretta progettazione e dell’utilizzo delle risorse pubbliche ha preceduto l’indizione della gara pubblica per l’acquisizione del sistema (oggetto del terzo dei gravami).

Né i dati appena riferiti possono essere smentiti, ma anzi sono confermati, dal fatto che l’amministrazione abbia – in corso di sperimentazione – effettuato un’indagine di mercato ed abbia, conseguentemente interloquito anche con la 3M per verificare l’effettiva unicità del prodotto. Tale istruttoria, lungi dal corroborare la tesi dell’appellante, non può che essere ulteriore riprova della serietà della condotta tenuta dall’amministrazione a tutela ella trasparenza e dei canoni di correttezza ed economicità.

Di tali aspetti dà correttamente conto la sentenza appellata, che, dunque, non vi è motivo di riformare.

IV – Da quanto appena rilevato, discende anche il rigetto degli altri motivi di ricorso come condivisibilmente ritenuto dal Tribunale di prime cure. Infatti, da un lato, la reiezione delle censure avverso la legittimità della procedura seguita comporta necessariamente il venir meno della prospettazione dell’odierna appellante in ordine ai rapporti tra Regione Veneto e Regione Friuli Venezia Giulia. Secondo l’appellante – ricorrente in primo grado, infatti, alla Regione Veneto sarebbe da attribuirsi, nella specie, un ruolo simile a quello di una centrale di committenza, che però altererebbe il corretto svolgersi della concorrenza, avendo indebitamente la Regione promosso il prodotto della JHU. L’assunto non è fondato.

Nella specie, ritenuta corretta la procedura di sperimentazione, discende evidentemente che si verte in una fase di sperimentazione (in tutto prodromica rispetto allo svolgimento di una gara pubblica) – come osservato dal Tribunale amministrativo per il Veneto - richiamando la sentenza di questo Consiglio di Stato n. 3997 del 2014.

La posizione della Regione Veneto non è dunque, paragonabile in tale fase a quella di una centrale di committenza, avendo lo schema di convenzione – i cui effetti sono chiaramente producibili solo ad esito dell’adesione delle altre regioni – teso a diffondere la sperimentazione al fine di valutare al meglio la modalità operativa ed economica anche per le altre regioni.

Una volta che sia determinata la liceità della procedura, e, dunque, in assenza di violazione delle norme pubblicistiche preposte peraltro proprio alla tutela della concorrenza deve affermarsi, conseguentemente, il principio in forza del quale non è configurabile un illegittimo vantaggio concorrenziale (tale assunto peraltro trova conferma anche nella giurisprudenza della Suprema Corte con rifermento all’illecito di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 co. 3 c.c. cfr. Cass. 27 aprile 2004, n. 8012).

Né risulta dal primo ricorso alcuno specifico motivo attinente alla quantificazione dei corrispettivi, se non nel raffronto con 3 M. Tale raffronto, come detto, non rileva trattandosi – come comprovato dall’istruttoria svolta dalla Regione – di prodotti differenti.

V – Da ultimo, non può che respingersi anche il motivo di appello teso a censura la sentenza nella parte in cui ha rigettato la pretesa risarcitoria, evidentemente in assenza di uno dei presupposti essenziali ovvero di una condotta illegittima della pubblica amministrazione.

VI – Passando, ora all’esame del primo dei ricorsi in appello, proposto dalla Regione Veneto ed avverso la sentenza del Tribunale per il Friuli Venezia Giulia, con la quale è stata annullata la delibera della Regione Friuli Venezia Giulia di adesione alla sperimentazione - in disparte ogni considerazione sulla circostanza che la sperimentazione stessa risulta ormai terminata e si è avviata la fase di evidenza pubblica – possono essere superate le questioni preliminari proposte dall’appellante incidentale, con riferimento alla tempestività del ricorso di primo grado, perché l’appello della Regione Veneto è fondato nel merito.

Deve essere respinta l’eccezione preliminare di parte appellante in ordine alla sussistenza di un interesse della 3 M. Nella specie è evidente che l’interesse della Società si appalesa sempre il medesimo, ovvero quello strumentale alla edizione della gara. Nel caso che occupa si verte proprio in una di quelle ipotesi enucleate dalla giurisprudenza – la legittimazione dell’operatore economico “di settore” che intende contestare un “affidamento diretto” o senza gara – in cui non è contestabile a priori la qualificazione della posizione del ricorrente.

L’estensione della sperimentazione avrebbe – secondo la prospettazione della 3M - inevitabilmente posticipato lo svolgimento del procedimento di evidenza pubblica, circostanza che – come si è detto – trova, invece, la sua concreta motivazione e ragionevolezza nella necessità di individuare l’idoneità di una tipologia di sistema (prescelto per la fase di sperimentazione con riguardo al prodotto che aveva caratteri specifici e tesi ad assicurare un maggiore spettro possibile di studio) prima di avviare una procedura selettiva nel rispetto dei principi di economicità, efficienza, buon andamento dell’azione pubblica.

VII – E’ fondato il primo motivo dell’appello della Regione Veneto, laddove è evidenziata l’erroneità dell’iter ermeneutico seguito dal Tribunale di prime cure che ha accolto il ricorso della 3M in ordine al difetto istruttorio della scelta operata dalla Regione Friuli Venezia Giulia.

In estrema sintesi, con il ricorso di primo grado la 3 M censurava la delibera regionale per violazione del codice dei contratti pubblici con riferimento all’avvio della sperimentazione ina assenza di una preventiva procedura ad evidenza pubblica, violazione ei principi di parità di trattamento ed imparzialità, economicità ed efficacia, difetto di istruttoria, violazione altresì dei principi del Trattato europeo.

Lamenta la Regione appellante che la sentenza non ha preso in considerazione la particolarità della posizione del Friuli Venezia Giulia che – lungi dall’aver illegittimamente violato le disposizioni ed i principi nazionali e comunitari sopra menzionati – avrebbe esclusivamente aderito alla sperimentazione avviata dalla Regione Veneto per meglio consentire la verifica del modello e del prodotto in studio, per un arco temporale molto limitato e senza alcun impegno all’acquisizione del prodotto nei confronti della JHU.

Osserva il Collegio, a riguardo, che l’errore del giudice di prime cure si evince dalla mancata considerazione di quanto specificamente indicato nella delibera impugnata: “Verificato, grazie alla consultazione dei documenti progettuali e i contatti con i Referenti della Regione Veneto, che la sperimentazione da loro attivata ha avuto successo”. Ne discende che l’Amministrazione ha avuto a disposizione tutte le risultanze della sperimentazione, comprensive anche della indagine di mercato e delle comparazioni effettuate dalla Regione Veneto. Sul prodotto specificamente la Regione ha svolto una valutazione anche di compatibilità con le finalità programmate, in ambito tecnico-discrezionale che sfugge al sindacato di questo giudice.

Quanto alla compatibilità dell’utilizzo del meccanismo richiamato di cui all’art. 57 co. 2 del codice dei contratti pubblici, non può che richiamarsi quanto già sopra evidenziato. Tuttavia, le considerazioni non possono che riferirsi al rapporto sottostante tra Regione Veneto e Johns Hopkins University di Baltimora per l’utilizzo della licenza relativa al sistema ACG.

Nella specie, la sperimentazione avrebbe avuto durata di un anno ed avrebbe comportato unicamente la corresponsione di un contributo annuale di partecipazione al progetto (euro 15.000,00) e per assistito (euro 0,051 per assistito) a favore della Regione e non della JHU.

VIII – Per motivi di sinteticità non è qui necessario ripetere quanto ampiamente evidenziato nei punti III e IV della presente motivazione. Devono valere le medesime considerazioni con riguardo a quanto dedotto nel merito dall’appellante incidentale. Mentre non può essere presa in considerazione la diversa prospettazione introdotta dalla parte resistente in appello.

Quanto sin qui ritenuto è sufficiente per l’accoglimento dell’appello proposto dalla Regione Veneto e, conseguentemente dell’appello incidentale, e, pertanto, per l’annullamento della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia n. 290 del 2015 e conseguente reiezione del ricorso presentato in prime cure per l’annullamento della delibera di G. Reg. Friuli Venezia Giulia n. 1702 del 19 agosto 2014 (e degli atti presupposti, connessi e conseguenti e la declaratoria dell’inefficacia dei contratti sottoscritti).

IX – Con il terzo dei ricorsi in appello in esame, la 3 M contesta la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto sopra richiamata, con la quale era respinto (in parte dichiarati inammissibili) il ricorso avverso l’ammissione della parte originaria controinteressata costituendo RTI tra la Johns HopkinsHealthcare LCC e la Effecpici Solutions S.r.l.s..

X - Ad un più attento esame, proprio della presente fase di merito, il Collegio ritiene di dover approfondire le questioni relative alla ammissibilità del cumulo delle azioni con riferimento alla specificità della controversia in esame, rispetto a quanto espresso in sede cautelare.

In primo luogo, infatti, deve essere vagliato il primo motivo di appello con cui 3M contesta la decisione sull’inammissibilità dei motivi di gravame attinenti alla nomina della commissione per essere stati proposti contestualmente alla impugnazione, con rito ‘superaccelerato’, dell’ammissione del RTI controinteressato.

Deve evidenziarsi, infatti, la diversità del caso che occupa, rispetto alla fattispecie, in vero molto diversa, in cui si verta della contestuale proposizione di un ricorso avverso l’ammissione di un concorrente ed avverso l’aggiudicazione della gara. La soluzione ermeneutica adottata dalla sentenza appellata, infatti, riguarda erroneamente quest’ultima ipotesi, rispetto alla quale non possono che condividersi le conclusioni raggiunte da questo Consiglio (cfr. Cons. Stato, V, n. 1059/2017- ord., nel solco di A.P., n. 32/2012), secondo le quali: ”un’interpretazione della vigente disciplina processuale nel senso di ammettere il cumulo e la trattazione congiunta delle domande con applicazione ad entrambe del rito “speciale” in luogo del rito “specialissimo” o “super speciale” apparirebbe in contrasto non solo con la ratio della disciplina dettata dai citati commi 2-bis e 6-bis, in quanto – introducendo surrettiziamente un terzo rito, misto tra i due - ostacolerebbe il conseguimento sistematico delle finalità che con il rito dell’art. 120, comma 2-bis la nuova norma intende realizzare; ma anche con le ricordate e distinte condizioni dell’azione e struttura del rito anticipato, che - a differenza di quanto avviene per altre azioni del processo amministrativo - non possono né essere confuse con le usuali, né esservi assorbite o assorbirle; del resto la novella all’art. 120 disegna per le gare pubbliche un nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara, dove la raggiunta certezza preventiva circa la res controversa della prima è immaginata come presupposto di sicurezza della seconda” e pertanto “nel quadro del procedimento cautelare – nel caso di proposizione con unico ricorso di domanda di annullamento avverso l’atto di ammissione di un concorrente e di domanda avverso” un altro atto (nel caso di specie si parlava dell’ “atto di aggiudicazione definitiva”) dovendosi esaminare “la sola domanda avverso l’atto di ammissione, secondo l’ordine di priorità logica e processuale dei due riti disciplinati dall’art. 120 Cod. proc. amm., mentre” – l’altra domanda (“la domanda (qui cautelare) proposta avverso l’aggiudicazione definitiva”) - “deve ritenersi non ritualmente introdotta e come tale inammissibile”.

Nella specie che occupa, invece, la proposizione di motivi di ricorso relativi all’illegittimità della nomina della commissione di gara – secondo la prospettazione della ricorrente in primo grado – è strettamente connessa all’impugnazione dell’ammissione della controinteressata, proprio perché parte di una medesima tesi difensiva finalizzata a contestare la situazione di ingiustificato vantaggio concorrenziale assegnato al raggruppamento, che sarebbe stato illegittimamente ammesso alla gara in carenza dei requisiti di partecipazione.

I vizi dedotti relativamente alla nomina della commissione – in disparte l’indirizzo giurisprudenziale, richiamato da parte istante, a mente del quale, in ragione dell’autonoma efficacia immediatamente lesiva, la nomina della commissione, ed implicitamente il mancato esame di una situazione di incompatibilità, dovevano essere immediatamente impugnati senza attendere o condizionarne l’impugnazione all’esito dell’aggiudicazione dell’appalto all’impresa controinteressata (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 maggio 2008 n. 2188; Id., sez. VI, 6 ottobre 2005 n. 5427) - così come del resto, l’impugnazione in via subordinata del bando e del disciplinare di gara, non potrebbero – ove ritenuti sussistenti - che riverberarsi nel primo atto ‘lesivo’ del principio di par condicio tra i concorrenti, per l’appunto l’ammissione del raggruppamento controinteressato.

XI – Ciò posto, deve essere riformata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sez. III, n. 476 del 2017, nella parte in cui ha ritenuto inammissibile il ricorso di primo grado con riguardo alle censure attinenti alla composizione ed alla nomina della commissione di gara.

Tuttavia, nel merito, i motivi di ricorso debbono essere respinti.

Da un lato, infatti deve essere escluso il presupposto logico del conflitto di interessi che la ricorrente in primo grado paventa. I commissari nei confronti dei quali sono rivolte le censure di incompatibilità non hanno svolto incarichi con riferimento al contratto per il quale si svolge la gara. Tale dato non è in contestazione e viene confermato dalla ricostruzione sopra svolta, nella quale si è evidenziato – differentemente da quanto vorrebbe 3 M - la diversità delle fasi di sperimentazione (la più ampia possibile attraverso l’utilizzo del sistema ACG) di un prodotto per valutarne l’efficienza e la corrispondenza alle esigenze dell’amministrazione ed allo svolgimento del servizio pubblico e di indizione della gara per l’acquisizione del sistema di classificazione ‘case mix’ per la durata di tre anni, rinnovabile.

La giurisprudenza formatasi sugli antefatti normativi dell’attuale disciplina (cfr. Cons. Stato n. 5441 del 2014) ha precisato che “L'art. 84 del D.Lgs. n. 163/2006, relativo alla composizione della commissione giudicatrice, pel caso di aggiudicazione di un appalto con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, al comma 4 prevede che i commissari diversi dal presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcuna altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. Come evidenziato da ricorrente giurisprudenza, l'incompatibilità mira a garantire l'imparzialità dei commissari di gara che abbiano svolto incarichi relativi al medesimo appalto, quali compiti di progettazione, di verifica della progettazione, di predisposizione della legge di gara e simili e non incarichi amministrativi o tecnici genericamente riferiti ad altri appalti (Consiglio di Stato, sez. VI, 29.12.2010, n. 9577; sez. V, 22.6.2012, n. 3682)”.

Il comma 4 dell’art. 77 d.lgs. n. 50 del 2016 ribadisce che la preclusione non può che valere che per i soggetti che abbiano avuto incarichi con riferimento al medesimo contratto.

Nella specie, la procedura ad evidenza pubblica in atto ha contenuto necessariamente differente rispetto a quanto fatto oggetto di sperimentazione.

Dall’altro lato, non è rinvenibile neppure il profilo soggettivo dell’incompatibilità.

Il ‘conflitto di interessi’ implica, infatti, secondo la stessa disposizione di cui all’art. 42 d.lgs. n. 50 del 2016, come richiamato dalla parte ricorrente in primo grado, un conflitto tra la missione pubblica e gli interessi privati di un funzionario pubblico, in cui quest’ultimo possiede a titolo privato interessi che potrebbero influire indebitamente sull’assolvimento dei suoi obblighi e delle sue responsabilità pubblici.

Ne discende che non possono richiamarsi a confortare la tesi dell’originaria ricorrente elementi e circostanze – come la partecipazione a studi – che lungi dall’evidenziare un interesse privato dei componenti, pongono in luce, in vero, una loro specifica esperienza e competenza, secondo i canoni di professionalità che sono affermati dallo stesso codice dei contratti pubblici vigente.

XII - Passando, pertanto, ad esaminare gli ulteriori motivi prospettati con riferimento alla mancanza dei requisiti di qualificazione in capo alla mandante del costituendo R.T.I. appellato, emerge dagli atti che la lex specialis ha previsto come unico requisito l’elenco dei servizi analoghi rispetto a quello richiesto prestati negli ultimi tre anni (2014-2016) a favore deli enti sanitari pubblici o privati con indicazione della durata del contratto e l’importo contrattuale, dell’oggetto dell’appalto, del destinatario del servizio per un importo complessivo di 1.650.00 euro.

Il RTI JHH LCC (mandataria) - Effepici (mandante) era ammesso alla gara a seguito di richiesta di chiarimento sulla necessità che – in caso di raggruppamento verticale – le capacità tecniche dovessero essere possedute da ciascun partecipante e del relativo chiarimento n. 10 con il quale la stazione precisava che non era previsto alcun requisito minimo di partecipazione. Peraltro, le stesse società specificavano chiaramente le parti del servizio complesso che ciascun partecipante avrebbe svolto: la JHHC la fornitura di software e la Effepici l’attività di supporto.

Vale ricordare che a riguardo l’appellante lamenta che la Effepici in quanto costituita solo il 15 febbraio 2017 non poteva possedere i requisiti richiesti dal bando e che, poiché il bando nulla prevedeva a riguardo, il raggruppamento doveva intendersi necessariamente orizzontale.

Va premesso che la pronuncia dell’Adunanza Plenaria, n. 27/2014 ha enunciato il seguente principio che continua a trovare applicazione anche a seguito dell’entrata n vigore del nuovo codice dei contratti: “per gli appalti di servizi e forniture continua a trovare applicazione unicamente la norma sancita dal comma 4 dell'art. 37, che impone alle imprese raggruppate il più modesto obbligo d'indicare le parti del servizio o della fornitura facenti capo a ciascuna di esse, senza pretendere anche l'obbligo della corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di esecuzione, fermo restando, però, che ciascuna impresa va qualificata per la parte di prestazioni che s'impegna ad eseguire, nel rispetto delle speciali prescrizioni e modalità contenute nella normativa di gara”.

Del resto questo Consiglio ha evidenziato – sotto la vigenza del vecchio codice – che l’obbligo generale di specificazione delle parti del servizio da eseguire da ciascuna impresa, riunita in R.T.I. con altre imprese, si applica, in termini letterali, indistintamente ai raggruppamenti di tipo verticale o di tipo orizzontale, trattandosi, per la Stazione Appaltante, di un dato conoscitivo essenziale al fine di verificare il possesso, in capo a tutti i concorrenti, dei richiesti requisiti di idoneità (Cons. Stato, Sez. IV, 2 novembre 2009, n. 6787).

Come è noto, a differenza dei raggruppamenti orizzontali, i raggruppamenti di tipo verticale sono quelli nei quali le imprese che lo costituiscono sono in possesso di specializzazioni diversificate e, quindi, distribuiscono l’esecuzione della prestazione secondo le proprie specifiche competenze, ovvero l’impresa mandataria esegue le prestazioni di servizi indicate come principali, anche in termini economici, mentre le imprese mandanti quelle indicate come secondarie. Con la conseguenza che nei raggruppamenti cd. verticali solo l’impresa mandataria deve possedere requisiti di idoneità poziori rispetto ai mandanti, essendo responsabile dell’intera prestazione nei confronti della Stazione Appaltante, mentre le altre imprese mandanti, che hanno assunto le parti scorporate, lo sono esclusivamente con riguardo alla parte che ciascuna ha eseguito (cfr. documento n. 25 allegato al ricorso di primo grado, documentazione amministrativa recante la dichiarazione di impegno del R.T.I.).

Tale definizione è ora contenuta per i servizi e le forniture nel comma 2 dell’art. 48.

Stante la mancanza di una definizione nel bando di gara, non può che valere la relazione principale/secondaria che può assegnarsi al rapporto dichiarato fornitura software /attività di supporto. Si tratta dunque, di un raggruppamento di tipo verticale, come del resto emerge dalla volontà delle parti dichiarata in sede di richiesta di chiarimenti nel febbraio 2017.

Nella specie, conformemente alla lex specialis (e di questa al disposto del vigente art. 49 comma 4 – richiamato dalla stessa appellante), le Società partecipanti al raggruppamento hanno specificato esattamente la parte del servizio/fornitura che avrebbero svolto: la mandataria alla fornitura del software e la mandante la attività di supporto.

Da un lato, non coglie dunque nel segno la censura di parte appellante che è rivolta alla mancanza del requisito di professionalità della mandante (che è stata costituita solo nell’imminenza della procedura di gara), poiché il requisito tecnico professionale è – dato non contestato – posseduto dal raggruppamento proprio a mezzo della mandataria. Né vi è spazio per ritenere che nella specie sia configurabile un raggruppamento orizzontale e del resto le conclusioni dell’Adunanza Plenaria sopra richiamate sono proprio nel senso della forza etero integrativa delle norme sui raggruppamenti (al fine precipuo voluto dalla norma di evitare l’elusione delle garanzie di serietà voluti dalla legge).

Sul punto, pertanto, le conclusioni raggiunte dal primo giudice devono essere confermate.

Vale comunque precisare che ad un’attenta lettura, deve dubitarsi della necessità di immediata impugnazione della risposta al quesito n. 10, che in verità è stata resa in data 15 febbraio 2017 ed, dunque, tempestivamente impugnata nel ricorso come atto presupposto.

Né può ritenersi che tale risposta dovesse essere impugnata autonomamente con autonomo impugnazione per i canoni di sinteticità e concentrazione.

XIII - Infine, quanto all’insussistenza di un indebito vantaggio concorrenziale a favore del R.T.I. appellato, deve essere confermato il principio, già sopra richiamato, in forza del quale non è configurabile il dedotto illegittimo vantaggio concorrenziale proprio per la mancanza della asserita delle norme sull’evidenza pubblica.

Ne discende che nessun vantaggio competitivo è stato in via scorretta acquisito dalla odierna mandataria in ragione del collegamento con la Johns Hopkins University titolare della sperimentazione.

Anche sotto tale profilo, dunque, la sentenza appellata si appalesa idoneamente motivata.

Ne discende che l’appello avverso la sentenza n. 476 del 2017 deve essere accolto solo con riferimento alla riforma della dichiarazione di parziale inammissibilità del ricorso originario; mentre deve essere respinto per il resto, e, per l’effetto, deve essere respinto per intero il ricorso proposto in primo grado.

XIV – La complessità della fattispecie esaminata giustifica la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa riunione degli stessi, così dispone:

accoglie il ricorso in appello e l’appello incidentale proposti avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sez. I n. 290 del 2015 e, per l’effetto, respinge il ricorso proposto in primo grado n. 429 del 2014;

respinge il ricorso in appello n. 2759 del 2016 avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sez. III, n. 1337 del 2015 ;

accoglie in parte il ricorso in appello n. 4629 del 2017, con riguardo unicamente alla parziale dichiarazione di inammissibilità di cui alla sentenza n. 476 del 2017, resa dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sez. III, e lo respinge per il resto, e per l’effetto, respingendo anche i motivi dichiarati inammissibili, conferma la reiezione del ricorso proposto in primo grado n. 373 del 2017 cit..

COMMENTO E APPROFONDIMENTI: http://www.italiappalti.it/leggiarticolo.php?id=3673

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