E' legittima la motivazione per relationem dei provvedimenti amministrativi preceduti da atti istruttori o da pareri
E’ noto, infatti, che il provvedimento amministrativo preceduto da atti istruttori o da pareri può ritenersi adeguatamente motivato per relationem anche con il mero richiamo ad essi, giacché tale richiamo sottintende l'intenzione dell'autorità emanante di farli propri, assumendoli a causa giustificativa della determinazione adottata.Ciò, ovviamente, a condizione che dal complesso degli atti del procedimento siano evincibili le ragioni giuridiche che supportano la decisione onde consentire al destinatario di contrastarle con gli strumenti offerti dall'ordinamento e al giudice amministrativo, ove investito della relativa controversia, di sindacarne la fondatezza (cfr., explurimis, Consiglio Stato , sez. VI, 24 febbraio 2011 , n. 1156). (TAR Lazio, Sez. II, sentenza 26.3.2012, n. 2867)
N. 02867/2012 REG.PROV.COLL.
N. 06859/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6859 del 2010, proposto da:
Francesca Moroni, rappresentata e difesa dagli avv.ti Cristoforo De Caro, Mauro De Caro, con domicilio eletto presso Cristoforo De Caro in Roma, via Tuscolana, 404;
contro
- Ater, Azienda territoriale per l’Edilizia residenziale del Comune di Roma, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Gianluca Bravi, dell’Avvocatura dell’ente, con domicilio eletto presso il difensore in Roma, via F P De Calboli 20/E;
- Comune di Roma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'Antonio Ciavarella, dell’Avvocatura comunale, presso la quale domicilia in Roma, via Tempio di Giove, 21;
nei confronti di
Bianchini Maurizio, Viaggiano Gianluca;
per l'annullamento
- della determinazione dirigenziale del Comune di Roma, Direzione Ufficio per le politiche abitative, n. 236 del 21 maggio 2010, prot. n. 18323, di revoca di precedente determinazione dirigenziale n. 132 del 22 marzo 2010 “concernente l’assegnazione dell’alloggio di proprietà dell’Ater sito in Roma, Piazza dell’Alberone n. 15, sc. A., int. 8 alla sig.ra Moroni Francesca”, comunicata a mezzo raccomandata del 24 maggio 2010, n. 18462 ricevuta il 27 maggio 2010;
b) avverso il provvedimento di esclusione dell’istante dalla “graduatoria del bando pubblico generale” per l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica contenuto nella sopra menzionata raccomandata del 24 maggio 2010, n. 18462, ricevuta il 27 maggio 2010;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ater e del Comune di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 7 marzo 2012 il Cons. Silvia Martino;
Uditi gli avv.ti delle parti, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La motivazione dei provvedimenti impugnati si fonda sulla circostanza che “un componente del nucleo familiare della s.ra Moroni è risultato essere titolare di proprietà immobiliari (individuate e descritte anche con indicazioni di rendita catastale) non compatibili con quanto disposto dall’art. 11, lett. c) della l. r. n. 12/99, e dall’art. 21 del R.R. 2/2000”.
Ciò, in difformità da quanto il Comune medesimo aveva in precedenza rilevato circa la corrispondenza di detto nucleo familiare “agli standard” di cui all’art. 12 del Regolamento Regionale n. 2/2000.
Avverso siffatti provvedimenti è insorta la ricorrente, deducendo, in primo luogo, il carattere apodittico della motivazione, in cui si omette di indicare quale sarebbe il componente del nucleo familiare proprietario di immobiliare, come pure il limite economico di valore che sarebbe stato superato.
La ricorrente indica che, nella domanda di assegnazione del 29 luglio 2002, ella aveva inserito, nel proprio nucleo familiare, esclusivamente il figlio, a nulla rilevando l’ulteriore documentazione relativa alla madre che, la ricorrente medesima, ha successivamente consegnato agli uffici competenti.
La madre della ricorrente ha comunque dichiarato di non avere alcuna intenzione di abitare nell’appartamento assegnato alla figlia, privo di ascensore, in quanto anziana ed invalida al 100%.
Ad ogni buon conto, prosegue la ricorrente, anche a volere includere, nel nucleo assegnatario, la propria madre, fa osservare che la stessa è comproprietaria di un appartamento acquistato in regime di comunione legale con il proprio coniuge.
Tale alloggio non può considerarsi adeguato alle esigenze del nucleo familiare, in quanto è attualmente abitato dal padre e dal fratello della s.ra. Moroni.
Evidenzia ancora che l’art. 21 del Regolamento regionale n. 2/2000, nel determinare – ai fini di cui all’art. 11, comma 1, lett. c) della l. r. n. 12/99, il valore complessivo dei beni patrimoniali – specifica che detto valore è dato “dall’imponibile definito ai fini dell’imposta comunale immobiliare (ICI), per l’anno precedente a quello della domanda di assegnazione o di aggiornamento”.
Parte ricorrente deduce al riguardo che il valore dell’immobile, nella quota parte imputabile alla madre della s.ra Moroni, è di soli euro 63.524,00, inferiore, quindi, alla soglia di euro 100.000,00 indicata nell’ultimo comma del cit. art. 21.
Si sono costituiti, per resistere, l’Ater e il Comune di Roma, producendo documenti e memorie.
Con ordinanza n. 2280 del 23.6.2011, è stata accolta l’istanza cautelare.
Parte ricorrente ha prodotto ulteriore documentazione ed, in particolare, una relazione notarile e quella di un commercialista.
Il ricorso è stato assunto per la decisione alla pubblica udienza del 7 marzo 2012.
2. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
2.1. Al riguardo, occorre precisare in punto di fatto che, secondo quanto chiarito e documentato dalle amministrazioni resistenti, è stata la stessa ricorrente a presentare all’amministrazione procedente, ai fini della partecipazione al bando di cui si controverte, uno stato di famiglia “aggiornato”, comprensivo anche della propria madre (cfr. doc. n. 2, allegato alla produzione del Comune di Roma in data 15.4.2011).
Ciò premesso, va in primo luogo respinta l’argomentazione secondo cui la motivazione del provvedimento impugnato sarebbe del tutto apodittica.
E’ noto, infatti, che il provvedimento amministrativo preceduto da atti istruttori o da pareri può ritenersi adeguatamente motivato per relationem anche con il mero richiamo ad essi, giacché tale richiamo sottintende l'intenzione dell'autorità emanante di farli propri, assumendoli a causa giustificativa della determinazione adottata.
Ciò, ovviamente, a condizione che dal complesso degli atti del procedimento siano evincibili le ragioni giuridiche che supportano la decisione onde consentire al destinatario di contrastarle con gli strumenti offerti dall'ordinamento e al giudice amministrativo, ove investito della relativa controversia, di sindacarne la fondatezza (cfr., explurimis, Consiglio Stato , sez. VI, 24 febbraio 2011 , n. 1156).
Nel caso di specie, la determinazione dirigenziale di revoca dell’assegnazione, richiama esplicitamente la nota ATER prot. n. 15127 del 30.4.2010, nella quale viene chiaramente spiegato che:
- il nucleo familiare dell’assegnataria risulta composta da lei stessa, dal figlio e dalla madre, s.ra Fabriani Antonietta;
- la s.ra Fabriani Antonietta risulta coniugata – in regime di comunione dei beni – con Moroni Sirio, ed è comproprietaria con lo stesso di un immobile sito in Roma, alla via Castelmonte n. 1, int. 10, fg. 852, part. 359, sub 314, cat. A/3 cl.4, vani 5,5, rendita € 1.164,61, e fg. 852, part. 359, sub 315 cat. C/2, cl. 3 cons. 5 mq, rendita € 19,11;
- il sig. Moroni risulta residente nella proprietà insieme ad un figlio.
E’ dunque evidente che l’amministrazione ha agito sulla base di quadro fattuale che la ricorrente non contesta, eccezion fatta per la composizione del proprio nucleo familiare all’atto della domanda di assegnazione dell’alloggio.
Al riguardo, è però agevole rilevare che, come già evidenziato, risulta in atti l’istanza con cui la stessa s.ra Moroni ha integrato l’originaria domanda di assegnazione depositando presso l’Ufficio Politiche abitative, in relazione al “bando generale 2000”, un certificato di stato di famiglia nel quale risulta incontestabilmente inclusa anche alla madre.
2.2. Giova altresì richiamare il contenuto letterale delle norme che regolano la fattispecie.
Ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. c) della l.r. 6 agosto 1999, n. 12 “1. I requisiti soggettivi per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica destinata all'assistenza abitativa sono i seguenti: [...] c) mancanza di titolarità di diritti di proprietà, usufrutto, uso ed abitazione su alloggio adeguato alle esigenze del nucleo familiare nell'ambito territoriale del bando di concorso e nel comune di residenza, qualora diverso da quello in cui si svolge l'attività lavorativa e, comunque, nell'ambito del territorio nazionale, su beni patrimoniali di valore complessivo superiore al limite definito nel regolamento di cui all'articolo 17, comma 1 [... ]”.
Il comma 2 della medesima disposizione soggiunge che “I requisiti previsti dal comma 1 devono essere posseduti da parte del richiedente e, limitatamente a quelli di cui alle lettere c), d) ed f), anche da parte degli altri componenti il nucleo familiare, alla data di pubblicazione del bando di concorso e permanere fino al momento dell'assegnazione ed in costanza di rapporto”.
Infine, il comma 5 precisa che “Ai fini del presente articolo si intende per nucleo familiare la famiglia costituita da una persona sola ovvero dai coniugi, dai figli legittimi, naturali, riconosciuti, adottivi, dagli affiliati nonché dagli affidati per il periodo effettivo dell'affidamento, con loro conviventi. Fanno, altresì, parte del nucleo familiare il convivente more uxorio, gli ascendenti, i discendenti, i collaterali fino al terzo grado, purché la stabile convivenza con il richiedente duri ininterrottamente da almeno due anni alla data di pubblicazione del bando di concorso e sia dimostrata nelle forme di legge. Sono considerati componenti del nucleo familiare anche persone non legate da vincoli di parentela, purché la convivenza abbia carattere di stabilità, sia finalizzata alla reciproca assistenza morale e materiale, sia stata instaurata da almeno quattro anni alla data di pubblicazione del bando di concorso e dimostrata nelle forme di legge.”.
Nella fattispecie, rileva pure l’art. 1, comma 4, del d.P.C.M. 4.4.2001, n. 242, recante “Regolamento concernente modifiche al D.P.C.M. 7 maggio 1999, n. 221, in materia di criteri unificati di valutazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate e di individuazione del nucleo familiare per casi particolari, a norma degli articoli 1, comma 3, e 2, comma 3, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109, come modificato dal D.Lgs. 3 maggio 2000, n. 130”, secondo cui “4. I coniugi che hanno diversa residenza anagrafica, anche se risultano a carico ai fini IRPEF di altre persone, fanno parte dello stesso nucleo familiare, identificato sulla base della famiglia anagrafica di uno dei coniugi che è considerata di comune accordo corrispondente alla residenza familiare. Detti criteri di attrazione non operano nei seguenti casi:
a) quando è stata pronunciata separazione giudiziale o è intervenuta l'omologazione della separazione consensuale ai sensi dell'articolo 711 del codice di procedura civile, ovvero quando è stata ordinata la separazione ai sensi dell'articolo 126 del codice civile;
b) quando la diversa residenza è consentita a seguito dei provvedimenti temporanei ed urgenti di cui all'articolo 708 c.p.c.;
c) quando uno dei coniugi è stato escluso dalla potestà sui figli o è stato adottato, ai sensi dell'articolo 333 del codice civile, il provvedimento di allontanamento dalla residenza familiare;
d) quando si è verificato uno dei casi di cui all'articolo 3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, ed è stata proposta domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;
e) quando sussiste abbandono del coniuge, accertato in sede giurisdizionale o dalla pubblica autorità competente in materia di servizi sociali.”.
E’ bene precisare che siffatte disposizioni, sebbene dettate con regolamento statale, sono state emanate in attuazione della potestà conferita dall’art. 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, al fine di individuare “criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate nei confronti di amministrazioni pubbliche”, e quindi nell’ambito di materie rientranti nella potestà legislativa esclusiva dello Stato (cfr. l’art. 117, comma 1, lett. m), relativa alla “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, nonché le lett. i) ed) l, in materia di “stato civile” e “ordinamento civile”) ovvero concorrente (cfr. il secondo comma della medesima disposizione, nella parte concernente l’ “armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica”).
Inoltre, ai sensi dell’art. 20 del Regolamento regionale 20.9.2002, n. 2, “Per i fini di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c) della L.R. n. 12/1999, si definisce alloggio adeguato l'alloggio la cui superficie utile, misurata al netto dei muri perimetrali e di quelli interni, è non inferiore a quarantacinque metri quadrati ed il cui numero di vani, calcolato dividendo la superficie utile per quattordici metri quadrati è pari o superiore al numero dei componenti il nucleo familiare”.
Il successivo art. 21 stabilisce altresì le modalità di calcolo del “limite del valore complessivo dei beni patrimoniali”, di cui al medesimo art. 11, comma 1, lett. c).
2.2.1. Il ricorso, e la documentazione notarile allegata, ruotano sulla circostanza che l’alloggio posseduto in regime di comunione legale dai genitori della ricorrente (che non risultano legalmente separati) ha un valore inferiore (ove riferito alla sola s.ra Fabriani, componente del nucleo familiare dell’istante) al limite indicato nell’ultima parte dell’art. 11, comma 1, lett. c) della più volte citata legge regionale n. 12/99.
Tuttavia, la ricorrente omette di considerare che siffatto valore - soglia opera non già in regime di cumulo con quello della “disponibilità” di un alloggio “adeguato”, nell’ambito territoriale di riferimento del bando, bensì di concorrenza alternativa.
E’ infatti evidente che la norma tende a coprire ogni possibile ipotesi in cui debba escludersi la sussistenza di una situazione di “bisogno” tale da giustificare l’intervento pubblico a sostegno delle esigenze abitative degli istanti. Di talché, è ben possibile, ad esempio, che non si disponga di un “alloggio adeguato” ai sensi degli standard stabiliti dalla normativa regionale ma che comunque, in virtù dei redditi derivanti da beni patrimoniali di altra natura (ad esempio, terreni, ovvero alloggi situati in diverso ambito territoriale) si abbia comunque la concreta possibilità di procurarselo.
Che tale sia la corretta interpretazione della norma regionale, è suggerito non solo dalla logica, ma anche dall’esame della ben più chiara norma statale, in precedenza vigente, nella quale, ad esempio, veniva chiaramente indicato che i benefici in esame erano riservati a chi non fosse “titolare del diritto di proprietà, di usufrutto, di uso o di abitazione - nello stesso comune o, per gli alloggi compresi in un programma comprensoriale, in uno dei comuni del comprensorio - su di un alloggio adeguato alle esigenze del proprio nucleo familiare, ovvero [enfasi aggiunta]- in qualsiasi località - di uno o più alloggi che, dedotte le spese nella misura del 25%, consentano un reddito annuo superiore a L. 400.000” (art. 2, comma 1, lett. c d.P.R. 30.12.1972, n. 1035).
Orbene, come già detto, risulta in atti che la madre della ricorrente ha la giuridica disponibilità di un alloggio di 5,5 vani catastali, di superficie pari a 90 mq (secondo quando dichiarato dal padre – cfr. relazione Ater del 31 marzo 2010, allegata alla produzione del 15 aprile 2011).
Pertanto, come dedotto dall’amministrazione, risulta che un componente del nucleo familiare della s.ra Moroni è titolare di proprietà immobiliari” non compatibili con quanto disposto dall’art. 11, lett. c) della l.r. n. 12 del 1999.
Peraltro, per quanto in precedenza argomentato, non rileva che il valore catastale di detto immobile sia inferiore al valore – soglia calcolato ai sensi dell’art. 21 del Regolamento regionale n. 2/2000, trattandosi di alloggio che, per caratteristiche e superficie, corrisponde agli standard stabiliti dal precedente art. 20.
Il ricorso, in definitiva, deve essere respinto.
Ragioni di equità inducono, peraltro, a compensare le spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. II^, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in premessa, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Salvatore Mezzacapo, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
http://www.gazzettaamministrativa.it/opencms/opencms/_gazzetta_amministrativa/gazzetta_informa/area_amministrativa/2012/aprile/News_04-04-2012/index.html#-408157974