Data: 2018-02-07 10:27:50

MEDIA STRUTTURA DI VENDITA: i vincoli urbanistici (non conformativi) possono ess

MEDIA STRUTTURA DI VENDITA: i vincoli urbanistici (non conformativi) possono essere illegittimi

[color=red][b]Cons. Giust. Amm. Sic., 16 gennaio 2018, n. 13[/b][/color]
Pubblicato il 16/01/2018
N. 00013/2018REG.PROV.COLL.

N. 00606/2017 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 606 del 2017, proposto da:
Maria Teresa Li Destri, Angela Li Destri, Giovanni Li Destri, Vincenzo Li Destri, Francesco La Via, Maria La Via e Giovanni La Via, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Andrea Scuderi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Daniela Macaluso in Palermo, via Ventura, 1;
contro

Comune di Catania, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Anna Liuzzo, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Giustizia Amministrativa in Palermo, via Filippo Cordova, 76;
nei confronti di

Repros S.r.l., Penny Market Gmbh, rappresentate e difese dall'avvocato Aldo Russo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fulvio Ingaglio La Vecchia in Palermo, piazza Don Luigi Sturzo, 4;
Billa Aktiengesellshaft con Marchio Penny Market non costituita in giudizio;
per la riforma

della sentenza del T.A.R. SICILIA - sez. staccata di CATANIA: sezione II n. 1060/2017, resa tra le parti, concernente il provvedimento emesso il 13 ottobre 2015 numero 337858 con il quale il Comune di Catania ha negato ai ricorrenti il rilascio della “…concessione edilizia per la realizzazione di “Mercati Generali – Media Struttura di Vendita Alimentare e non ubicato in Catania via Palazzotto”, e la condanna per il risarcimento dei danni subiti dai ricorrenti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Catania e, quali intervenienti, di Repros S.r.l. e Penny Market Gmbh;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2017 il Cons. Hadrian Simonetti, uditi per le parti presenti gli Avvocati Andrea Scuderi e Aldo Russo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Gli odierni appellanti, comproprietari di un lotto di terreno sito in Catania alla Via Palazzotto, hanno presentato, in data 28.5.2013, al Comune di Catania istanza per il rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di un edificio di nuova costruzione destinato ad ospitare una media struttura di vendita alimentare.

Il Comune, dopo avere comunicato il preavviso di rigetto, all’esito del procedimento con atto del 13.10.2015 ha negato il rilascio della concessione sul rilievo che la zona risulterebbe destinata dal vigente PRG in parte a scuola media, quale vincolo conformativo, e in altra parte a verde pubblico e in quanto tale sottoposta a vincolo assoluto. Quand’anche, si legge nel diniego, l’area fosse soggetta ad un vincolo espropriativo oramai decaduto, sarebbero pur sempre consentiti solamente interventi su singole unità immobiliari e non di nuova costruzione.

2. Proposto ricorso avverso tale diniego, contestando la destinazione dell’area a scuola media quando invece l’art. 21 delle NTA farebbe riferimento ai “servizi generali”, destinazione che sarebbe compatibile con la realizzazione di una struttura commerciale, il Tar lo ha respinto. Ciò sul rilievo che l’art. 21 delle NTA andrebbe letto congiuntamente alle singole indicazioni cartografiche, che ne costituiscono parte integrante, e dalle quali si ricava la destinazione a scuola media (così dovendosi leggere l’indicazione grafica SM).

Il Tar ha respinto anche il secondo motivo di ricorso, subordinato al primo, con cui i ricorrenti, sul presupposto della natura espropriativa del vincolo e della sua maturata decadenza, hanno dedotto la mancata riclassificazione dell’area da parte del Comune.

3. Con il presente appello è impugnata la sentenza, censurandone l’erroneità in primo luogo nella lettura dell’art. 21 delle norme di attuazione al PRG, che necessiterebbe di un adeguamento sistematico, tenuto conto del tempo trascorso dall’approvazione del PRG e comunque del carattere non vincolante dell’indicazione grafica “sm”, ove dovesse davvero significare (destinazione a) scuola media.

3.1. Ove poi il vincolo fosse qualificabile invece come espropriativo, ne discenderebbe di conseguenza l’obbligo per il Comune di procedere alla riclassificazione dell’area, anche a prescindere da un’istanza in tal senso dei proprietari del bene, nonché l’obbligo di risarcire gli stessi proprietari del danno sofferto.

Ai fini risarcitori è dedotta altresì la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento dei danni da ritardo avanzata in primo grado e che con l’appello è quindi riproposta.

3.2. Si è costituito il Comune di Catania, replicando nel senso della ribadita natura conformativa del vincolo, compatibile con l’iniziativa di parte privata, purché volta alla realizzazione di un’opera coerente con la destinazione urbanistica dell’area, ovvero alla costruzione di un edificio destinato alla formazione e non alla vendita nelle forme di un centro commerciale.

Ha replicato anche sulla domanda risarcitoria.

3.3. Si sono costituite anche le società Repros s.r.l. e Penny Market Gmbh, appartenenti allo stesso gruppo societario, che, allegando di avere già raggiunto un accordo di acquisto con i proprietari dell’area, sono intervenuti ad adiuvandum del loro ricorso, insistendo per il suo accoglimento. Hanno sottolineato, tra l’altro, come nel contrasto tra la parte normativa e quella grafica del piano debba prevalere la prima; e come in ogni caso la destinazione a scuola media sarebbe in concreto irrealizzabile.

3.4. All’udienza del 14.12.2017 la causa è passata in decisione.

4. L’appello è fondato, nei seguenti termini e limiti.

4.1. Come si è già ricordato nelle premesse, l’istanza degli odierni ricorrenti, volta al rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di una struttura commerciale di medie dimensioni, alla Via Palazzotto, è stata respinta dal Comune di Catania sul rilievo che, come da PRG, l’area interessata, ricadente nella zona L, sia destinata in parte preponderante a scuola media e in altra parte a verde pubblico, come tale oggetto di vincolo assoluto.

Il Comune, nel provvedimento impugnato e nelle difese svolte in giudizio, qualifica la destinazione a scuola media, che ricava dalle indicazioni cartografiche a corredo delle NTA, quale un vincolo conformativo, assumendo quindi che la proprietà potrebbe sfruttare in senso economico il proprio bene, ma solo a condizione di realizzare una struttura scolastica privata.

Il ragionamento dell’Amministrazione è confutato dai ricorrenti su due piani.

Per un verso contestano sul piano testuale la lettura del PRG, dubitando che le lettere “sm” indicate nella planimetria significhino davvero scuola media, potendo essere suscettibili di una interpretazione evolutiva, aggiornata all’attualità, ovvero significare non di meno “strutture mercantili” o “sale musicali”.

Per altro verso, riqualificano in subordine il vincolo come di tipo espropriativo, sul rilievo che la destinazione di un’area ad attrezzatura scolastica sarebbe in funzione della prestazione di un servizio pubblico, in tal senso richiamando una serie di precedenti di questo Consiglio, e sottolineando come il solo sfruttamento possibile in via autonoma da parte dei proprietari sarebbe ad uso commerciale.

4.2. Così ricostruita la dinamica procedimentale e le contrapposte tesi, osserva il Collegio come la vicenda in esame sia complicata da un dato di fondo, sul quale le parti sembrano in linea di massima concordare, ovvero il carattere risalente nel tempo del PRG della città di Catania, il cui progetto è datato 1964 e precede l’entrata in vigore della l. 765/1967 come anche l’emanazione del D.M. 1444/1968.

Al dato temporale si lega un profilo di non sufficiente dettaglio, ricavabile dall’art. 21 delle Norme Tecniche di attuazione del PRG, che racchiude un lungo elenco di servizi generali di vario genere, oltre tutto declinati in un lessico che inevitabilmente risente della terminologia dell’epoca e che probabilmente spiega, almeno in una certa misura, le incertezze che accompagnano la decifrazione, ai giorni d’oggi, delle lettere “sm” che si rinvengono nella parte cartografica dello strumento urbanistico.

La lettura del dato offerta dal Comune, nel senso che “sm” starebbe per scuola media, presenta un margine di obiettiva opinabilità e approssimazione e comunque, anche ammettendo che corrisponda davvero alle reali intenzioni dei pianificatori dell’epoca, troverebbe la sua spiegazione sul piano storico nella espansione demografica del Comune di Catania quale si (pre)annunciava al principio degli anni ’60 del secolo scorso, correlata alla epocale riforma avviata in quegli stessi anni per la scuola media (unica o unificata), con la l. 1859 del 1962, che rese finalmente effettivo l’innalzamento dell’età dell’obbligo scolastico a 14 anni.

Senonché, a distanza di oltre 50 anni si può (più che) dubitare che l’espansione demografica abbia mantenuto tali più rosee previsioni e che quindi si giustifichi, oggi come allora, il ruolo e lo spazio pensati per le strutture scolastiche in generale e per quelle della scuola media in particolare, nel centro di Catania.

Il che vale a ribadire, una volta di più, la necessità di aggiornare finalmente il PRG degli anni ’60, non già attraverso singoli interventi parziali in variante, come si è fatto sinora, ma attraverso una revisione d’insieme che restituisca una pianificazione al passo con i tempi nuovi.

4.3. L’insufficiente grado di dettaglio della prescrizione urbanistica di cui si discorre, e il tempo trascorso dalla sua apposizione senza il benché minimo aggiornamento, debbono guidare l’interprete nell’individuare la natura di detto vincolo, se di tipo conformativo oppure sostanzialmente espropriativo.

Richiamata, sulla scorta della nota giurisprudenza costituzionale degli anni ’60 (Corte cost., n. 6/1966 e n. 55/1968), tradottasi nell’art. 2 della l. 1187/1968, l’alternativa tra prescrizione conformativa e prescrizione sostanzialmente espropriativa, il Consiglio più di una volta, nei propri precedenti, ha approfondito la tematica dei vincoli preordinati (sostanzialmente) all’espropriazione.

Sottoponendo a revisione critica il ragionamento che fa leva, in casi come quello in esame, sulla sola astratta e teorica possibilità che la destinazione del bene sia realizzata anche ad iniziativa del privato proprietario (v. ad esempio, in termini generali, Cons. St., IV, n. 4748/2017, sub. 16 della motivazione; nonché Cons. St., IV, n. 2855/2014, con riferimento specifico ad una zona destinata ad istruzione dell’obbligo, e Cass. civ., n. 15616/2007, in un’ipotesi di area destinata ad edilizia scolastica), e che in questo modo amplia a dismisura il perimetro delle prescrizioni di tipo conformativo.

Il Consiglio ha rinvenuto che, sul piano sostanziale, il vincolo sia invece ad effetto espropriativo tutte “le volte in cui la destinazione della area permetta la realizzazione di opere destinate esclusivamente alla fruizione soggettivamente pubblica, nel senso di riferita esclusivamente all’ente esponenziale della collettività territoriale. E pertanto nel caso (…) di parcheggi pubblici, strade e spazi pubblici, spazi pubblici attrezzati, parco urbano, attrezzature pubbliche per l’istruzione. In tali casi, evidentemente, l’utilizzatore finale dell’opera non può che essere l’ente pubblico di riferimento ed essa, in nessun caso, può essere posta sul mercato per soddisfare una domanda differenziata che, semplicemente, non esiste” (v. C.G.A., n. 344/2015).

Lungo una linea di riflessione inaugurata dalla pronuncia n. 1113/2008, tesa a valorizzare le novità della giurisprudenza EDU, saldandola alla ricordata storica giurisprudenza costituzionale sul contenuto minimo del diritto di proprietà (e su una più attenta lettura di Corte cost. 179/1999, cui invece si richiamano gli indirizzi di diverso segno), si debbono richiamare i precedenti offerti dalle sentenze di questo C.G.A. nn. 964/2010, 95/2011 (in entrambi i casi la destinazione era ad attrezzature per la scuola dell’obbligo), 212/2012 e, più di recente, 610/2015 e 228/2016.

In uno di questi precedenti si legge molto chiaramente che “Essendo … rimesso all’interprete il delicato compito di distinguere, volta per volta, tra i vincoli conformativi e i vincoli espropriativi, tale attività va certamente svolta assumendo a costante parametro di riferimento il contenuto minimo essenziale del diritto dominicale”.

“D’altra parte, tale contenuto minimo non può più parametrarsi a concezioni diffuse a metà del secolo scorso, essendo invece necessario tenere nel debito conto le ricordate sollecitazioni anche di matrice sovranazionale; che – senza il ricorso a una legittima espropriazione, con conseguente indennizzo ormai a valori di mercato (Corte cost. 24 ottobre 2007, nn. 348 e 349) – non ne consentono la compressione fino a far destinare un fondo privato ad un uso soggettivamente pubblico (nella specie, generale)”.

“Ne deriva, dunque, che se l’ente pubblico vuol destinare un’area a uso pubblico (generale) deve procurarne l’espropriazione, non potendo altrimenti costringere il proprietario a comprimere il suo godimento al di là del contenuto minimo essenziale della proprietà”.

“Ciò implica natura ineluttabilmente espropriativa, essendo esso preordinato all’esproprio, del vincolo consistente nella destinazione di un’area privata a "verde pubblico" (nella specie "attrezzato", ciò che ovviamente avverrà a cura e spese del soggetto pubblico espropriante, o di soggetti concessionari)”.

“Tale natura ne comporta, naturalmente, la temporaneità; con l’effetto che detto vincolo, con l’inutile decorso di un quinquennio e in difetto di una sua legittima reiterazione, viene meno”.

“In tal caso, l’area già vincolata non riacquista automaticamente la propria antecedente destinazione urbanistica, ma si configura come area non urbanisticamente disciplinata, ossia come c.d. zona bianca”.

“Rispetto a tali zone, allorché cessino gli effetti dei preesistenti vincoli, l’amministrazione comunale deve esercitare la discrezionale propria potestà urbanistica, attribuendo loro una congrua destinazione” (n. 212/2012).

4.5. La citazione testuale si imponeva poiché il precedente appena ricordato si attaglia bene alla fattispecie qui in esame, sebbene nel nostro caso la destinazione sia composita e più articolata, ma ad ogni modo del pari producente un effetto espropriativo; se solo si consideri, nel concreto delle cose, l’estrema difficoltà di realizzare una simile destinazione, a scuola media, in regime di libero mercato, in un contesto, quello del centro storico di Catania, caratterizzato, al pari di altri centri storici di città d’arte, da importanti e (all’apparenza) irreversibili cambiamenti legati, tra l’altro, al progressivo invecchiamento della popolazione residente, al calo demografico, alla centralità acquisita dal turismo e dal commercio a scapito di altre attività.

In questo contesto, l’affermazione, che si legge nel provvedimento impugnato nei considerata, secondo cui la destinazione generica di scuola media non esclude lo sfruttamento dell’area da parte del privato proprietario, mediante la realizzazione di una struttura scolastica privata, pecca di notevole astrattezza.

4.6. La verità è piuttosto un’altra, di un vincolo espropriativo da tempo scaduto, il cui termine di legge è inutilmente decorso perché lo stesso Comune si era reso verosimilmente conto della inattualità della originaria destinazione urbanistica, in ragione della già veduta vetustà del piano regolatore, non più al passo con i tempi.

4.7. Se così è, neppure persuade l’obiezione – che affiora tra le pieghe della memoria di parte appellata - secondo la quale il Comune sarebbe esente da ogni incombente nella misura in cui la riclassificazione dell’area presupporrebbe di necessità una previa istanza dei proprietari, che nel caso di specie non sarebbe stata mai formalizzata.

Se è ben vero che la decadenza del vincolo restituisce l’area alla inedificabilità, impedendo di realizzare nuove costruzioni – sicché è corretto il diniego, allo stato, della concessione domandata - è vero anche tuttavia che il Comune ha il dovere di colmare il vuoto di pianificazione venutosi a creare, tornando a deliberare in ordine alla destinazione dell’area, senza attendere una formale istanza in tal senso.

Peraltro, è evidente che il ricorso proposto in questa sede, nella parte concernente la domanda avanzata in via subordinata con il secondo motivo, era ed è volto a sollecitare un’iniziativa in tale direzione e, a tali fini, merita accoglimento.

[color=red][b]4.8. Nel senso, quindi, che, qualificato il vincolo come di natura sostanzialmente espropriativa anziché conformativa, e quindi accertata la sua scadenza (il che impedisce per altra via il rilascio della concessione edilizia richiesta) resta l’obbligo per il Comune di rideterminarsi con ogni possibile sollecitudine in ordine alla destinazione dell’area di proprietà dei ricorrenti. Con la precisazione che l’eventuale reiterazione del vincolo, rimessa al prudente apprezzamento dell’Amministrazione, dovrà essere motivata e comporterà gli effetti derivanti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 179/1999, recepiti dal legislatore con l’art. 39 del t.u. espropriazione, ovvero il pagamento di un’indennità commisurata all’entità del danno effettivamente prodotto.[/b][/color]

5. Resta da esaminare la domanda risarcitoria da fatto illecito, riproposta in appello, anche in relazione all’ipotesi in cui il vincolo fosse qualificato come di tipo espropriativo.

5.1. I ricorrenti deducono al riguardo che il danno deriverebbe dalla prolungata inutilizzabilità del bene, da circa mezzo secolo, e che, sempre nell’ipotesi che il vincolo fosse espropriativo, la quantificazione del danno andrebbe parametrata al valore del bene al momento di apposizione del vincolo, nel 1964, e su tale valore andrebbero calcolati gli interessi legali sino ai giorni nostri.

5.2. Così ricostruita la domanda di parte ricorrente, avversata dalla difesa del Comune, il Collegio osserva come non sia stato dimostrato alcun interesse allo sfruttamento del bene in epoca antecedente la presentazione della domanda di concessione nel 2013. Se è indubbio che la compressione del bene si è protratta per decenni, in assenza di indici di segno contrario si deve ritenere che tale lesione abbia cominciato a cagionare un danno economico solamente in epoca recente, quando per la prima volta i proprietari hanno manifestato verso la pubblica amministrazione le loro intenzioni di sfruttare l’area, ponendo fine alla loro inerzia che, sino a quel punto, era stata del tutto speculare a quella della parte pubblica.

Assumendo tale data quale dies a quo, il Collegio deve poi valutare se ricorra o meno l’elemento della colpa nella condotta del Comune, elemento necessario ai fini del risarcimento da illecito.

[b]Ebbene, considerati i differenti indirizzi giurisprudenziali che si registrano in ordine alla distinzione tra prescrizioni conformative e prescrizioni espropriative e dei quali si è già dato atto, considerato il margine di apprezzamento che in ogni caso il Comune avrebbe potuto spendere nel rinnovare la destinazione urbanistica, valutato anche come i ricorrenti non abbiano mai formalizzato un’istanza di riclassificazione della loro area contribuendo così all’impasse, si ravvisano nell’insieme indici sufficienti dai quali è ragionevole desumere la scusabilità dell’errore, ovvero del comportamento inerte, in cui è incorso il Comune.[/b]

6. In conclusione, per tutte le ragioni sin qui evidenziate, l’appello merita di essere accolto limitatamente alla riqualificazione del vincolo di destinazione, nei termini di un vincolo sostanzialmente espropriativo da tempo scaduto, e al conseguente obbligo di riclassificazione dell’area, nelle forme e con le garanzie di legge, respingendo il ricorso per tutto il resto.

7. La complessità della vicenda e l’esito complessivo della lite giustificano la compensazione delle spese processuali tra tutte le parti costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, lo accoglie nei limiti, nei termini e con gli effetti di cui in motivazione, respingendolo per il resto.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Carlo Deodato, Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere, Estensore

Giuseppe Barone, Consigliere

Giuseppe Verde, Consigliere



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Hadrian Simonetti Carlo Deodato





IL SEGRETARIO


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