Pasto VEGANO a scuola - sentenza contraria dopo una prima sentenza a favore
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Riportiamo 2 provvedimenti dello stesso tribunale che nel 2017 hanno riconosciuto il DIRITTO al pasto vegano nella scuola pubblica mentre, con questa ultima sentenza, si è avuto un cambio di orientamento.
Qui un approfondimento sui diversi comportamenti dei Comuni italiani:
http://www.corriere.it/scuola/primaria/18_febbraio_01/pasti-vegani-asilo-tar-dice-no-67a10b64-0773-11e8-8886-af603f13b52a.shtml
http://www.vegfacile.info/download/opuscolo-mense-vegan.pdf
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[size=18pt][b]CONTRO IL DIRITTO AL PASTO VEGANO[/b][/size]
[color=red][b]T.R.G.A., SEZ. BOLZANO – sentenza 31 gennaio 2018 n. 35[/b][/color]
FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti agiscono in proprio e nella loro qualità di esercenti la responsabilità genitoriale sulla figlia minore -OMISSIS-.
2. Il gravame è diretto, in via principale a conseguire l’annullamento della delibera, a firma della Direttrice dell’Ufficio servizi alla famiglia dell’Azienda servizi sociali di Bolzano, di rigetto dell’istanza presentata dai ricorrenti agli uffici comunali competenti ed al Sindaco di Bolzano, di erogazione, a favore della figlia minore -OMISSIS-, iscritta all’asilo nido -OMISSIS- per l’anno scolastico 2016-2017, di pasti “vegetariani stretti (vegani), privi cioè di qualsiasi alimento di origine animale …, nutrizionalmente completi e dietologicamente equilibrati), adeguati alla scelta etica portata avanti dalla nostra famiglia”.
2. I ricorrenti impugnano altresì “in via incidentale” la deliberazione comunale -OMISSIS-dell’-OMISSIS-, di approvazione del regolamento comunale di presentazione/concessione delle richieste di diete personalizzate, di cui chiedono altresì, in via subordinata, la disapplicazione.
3. Il contestato diniego formulato dalla dirigente dell’Ufficio servizi dell’ASSB rimanda, infatti, al menzionato regolamento, nella parte in cui contempla l’offerta di diversi menu personalizzati tra i quali non rientra quello rispettoso della dieta vegana richiesto dagli odierni ricorrenti.
4. I proposti motivi di gravame fanno leva, in primo luogo, sulla dedotta violazione dei precetti costituzionali posti a tutela dei diritti fondamentali della persona (art. 2), del principio di uguaglianza sostanziale (art. 3), dei diritti di libera manifestazione del pensiero (art. 21) e di libera educazione dei figli (art. 30), nonché del diritto alla salute (art. 32).
5. Il diniego impugnato si porrebbe altresì in contraddizione con le “Linee di indirizzo per la ristorazione scolastica” (G.U. n. 134 del 11.06.2010) adottate dal Ministero della Salute, ove si stabilisce che “vanno assicurate adeguate sostituzioni di alimenti correlate a ragioni etico-religiose” precisando altresì che tali sostituzioni “non richiedono certificazione medica, ma la semplice richiesta dei genitori”.
6. Le richiamate “Linee di indirizzo” sarebbero state disattese dal Comune di Bolzano con l’adozione della citata delibera -OMISSIS-del -OMISSIS-, nella parte in cui omette di prevedere la possibilità di scelta della dieta vegana.
7. Tanto il diniego adottato da ASSB quanto la delibera consiliare -OMISSIS-del Comune violerebbero, altresì, la circolare del Ministero della Salute n. 0011703 del 25.03.2016 che giudica non conformi alle ridette “Linee di indirizzo” statali le iniziative assunte da alcune Regioni volte a scoraggiare diete vegetariane e vegane, ovvero a subordinarne l’erogazione alla presentazione di certificazioni mediche o all’assunzione di responsabilità supplementare da parte dei genitori.
8. Ulteriore motivo di ricorso viene desunto dal Decreto del Ministro dell’Ambiente del 25.07.2011 che, all’art. 4.3 dell’allegato 1, sottolinea l’”importanza di promuovere i consumi di alimenti vegetali in alternativa a quello di alimenti di origine animale”.
9. I provvedimenti impugnati sarebbero poi, oltre che discriminatori anche immotivati, non esplicitando le ragioni di interesse pubblico ostative della possibilità di offrire pasti privi di proteine animali.
10. Da ultimo si censura l’operato dell’AssB in quanto ritenuto non rispettoso del proprio statuto che vincola l’Azienda a fornire una “risposta adeguata e flessibile ai bisogni dei cittadini ed al loro mutarsi nel tempo” (art. 2, lett. b).
11. Si è costituita in giudizio l’Azienda servizi sociali di Bolzano resistendo al ricorso, del quale deduce l’inammissibilità per ritenuta acquiescenza conseguente alla perdurante frequenza dell’asilo nido -OMISSIS- da parte della figlia minore dei ricorrenti ed all’accettazione dei menu non vegani proposti dal servizio mensa successivamente all’adozione del contestato diniego.
12. Nel merito, l’Azienda convenuta fa valere l’infondatezza della pretesa la quale non poggerebbe su motivazioni di rilievo sanitario su cui, per contro, si baserebbe il parere contrario all’adozione di menu vegani formulato dal “Servizio di dietetica e nutrizione clinica“ del Comprensorio sanitario di Bolzano.
13. L’Azienda resistente fa valere altresì l’impossibilità, dati i vincoli di spesa cui è soggetta la prestazione del servizio in oggetto, di offrire menu diversi per sodisfare le esigenze nutritive più disparate e comunque meno “rappresentate”. Al riguardo si fa presente che su 500 bambini frequentanti gli asili nido bolzanini soltanto per uno – la piccola -OMISSIS- – è stata avanzata richiesta di seguire una dieta vegana.
14. Il contestato diniego sarebbe poi stato adottato in puntuale esecuzione del regolamento approvato con delibera del Consiglio comunale di Bolzano -OMISSIS-dell’-OMISSIS- di cui parte ricorrente chiede l’annullamento o, in subordine, la disapplicazione. Il regolamento individua quattro tipologie di diete di ispirazione vegetariana, ovvero riconducibili a convinzioni etico-religiose “maggiormente richieste” nel contesto multiculturale e multietnico in cui si trovano, ormai da tempo, ad operare le scuole dell’infanzia cittadine.
15. Sul piano processuale si eccepisce l’inammissibilità della richiesta disapplicazione, sul rilievo che trattasi di atto regolamentare che fa capo ad ente pubblico (il Comune di Bolzano) non evocato in giudizio dai ricorrenti.
16. All’udienza di discussione del 21.06.2017 il ricorso veniva trattenuto in decisione sulle conclusioni come sopra rassegnate.
17. Passando alla disanima delle domande proposte dai ricorrenti, vanno preventivamente disattese le censure di inammissibilità/irricevibilità formulate dall’Azienda resistente sotto il profilo della presunta acquiescenza prestata dai ricorrenti, ovvero della tardività dell’impugnativa del regolamento comunale approvato con delibera del Consiglio comunale di Bolzano -OMISSIS-d.d.-OMISSIS-.
18. Quanto al primo aspetto, si osserva che secondo una pacifica e condivisa giurisprudenza l’acquiescenza ad un provvedimento amministrativo sussiste solo nel caso in cui ci si trovi in presenza di atti, comportamenti o dichiarazioni univoci, posti liberamente in essere dal destinatario dell’atto, che dimostrino la chiara ed incondizionata volontà dello stesso di accettarne gli effetti e l’operatività (cfr., ex pluribus, Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 6082/2017; Sez. IV, sent. n. 4140/2013;, Sez. V, sent. n. 5966/2012; id., sent. n. 4805/2011).
19. Nella specie, tale univoca volontà, da ricostruire con particolare rigore siccome comportante una sostanziale rinuncia al diritto di agire in giudizio, non può dirsi sussistente, ove si consideri che i comportamenti ritenuti espressivi della tacita accettazione del provvedimento contestato (che reca la data del -OMISSIS- e risulta notificato il 22.07.2016), sono stati posti in essere prima dell’adozione di quest’ultimo (vedi la domanda di prosecuzione della frequenza dell’asio nido -OMISSIS- presentata il -OMISSIS-; doc. 7 dell’Azienda).
20. La pretesa, tacita accettazione del diniego appare poi inequivocabilmente contraddetta dalla proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio effettuata a 7 giorni dalla notifica della determinazione dirigenziale impugnata.
21. Parimenti infondata appare la censura di inammissibilità (rectius: irricevibilità) riferita all’impugnazione del regolamento comunale richiamato nella parte motiva della determinazione gravata. Al riguardo, si rimanda al pacifico insegnamento curiale sulla c.d. doppia impugnazione congiunta dell’atto normativo e del provvedimento applicativo che discende dal carattere soggettivo della giurisdizione amministrativa e dall’applicazione dei principi generali in materia di legittimazione e interesse a ricorrere, (v. ex pluribus Tar Palermo, Sez. II, sent. 1507/17; Cons. Stato, Sez. VI, sent. n. 921/2016; Sez. III, sent. n. 2413/2015; e id. sent. n. 491/2015).
22. Alla stregua del richiamato indirizzo giurisprudenziale occorre tenere distinti i regolamenti amministrativi insuscettibili di produrre una lesione attuale della sfera giuridica altrui (che non devono formare oggetto di impugnativa autonoma nel termine decadenziale), dai regolamenti invece contenenti disposizioni immediatamente lesive, che vanno subito impugnati ad evitare la stabilizzazione dei relativi effetti (Cons. di Stato, Sez. V, sent. n. 2917/2016).
23. Le norme regolamentari gravate dagli odierni ricorrenti non presentano attitudine immediatamente lesiva della loro sfera giuridica, trattandosi di previsioni generali ed astratte, la cui portata lesiva si è manifestata in modo concreto soltanto allorquando hanno ricevuto attuazione da parte dell’Azienda servizi sociali di Bolzano per mezzo della contestata determinazione negatoria della possibilità di somministrazione di pasti vegani.
24. Ne discende che l’impugnazione della norma regolamentare deve considerarsi rituale perché proposta entro il termine di impugnazione decorrente dalla piena conoscenza dell’atto di determinazione dirigenziale del -OMISSIS-, che ha manifestato e concretizzato la potenziale attitudine lesiva propria dell’atto presupposto.
25. La tempestività dell’impugnativa congiunta dell’atto generale e di quello applicativo non vale, tuttavia, a sottrarre il gravame in esame al distinto rilievo di inammissibilità dedotto con riferimento alla mancata notifica del ricorso al Comune di Bolzano, al quale risale la paternità del regolamento oggetto di contestazione. L’azione costitutiva di annullamento riferita alla delibera consiliare -OMISSIS-del -OMISSIS- risulta, pertanto, inammissibile per violazione dell’art. 41, comma 2 del c.p.a., il quale prescrive che il ricorso debba essere notificato all’amministrazione che ha emesso l’atto oggetto di impugnativa caducatoria.
26. Conseguirebbe al rigetto dell’impugnativa dell’atto presupposto l’inammissibilità del gravame avverso il provvedimento applicativo, trattandosi di un atto conseguenziale avente nel primo il suo unico, ed esclusivo, presupposto (sul concetto di atto conseguenziale, cfr., da ultimo, la sentenza della Sezione n. 1590 del 15.4.2017). La tassatività delle ipotesi in cui il regolamento comunale n. 11/206 consente l’offerta di menu personalizzati, predeterminando altresì la composizione degli stessi, non lascia invero margini di valutazione in capo all’ASSB ed agli istituti scolastici provinciali.
27. E’ viceversa ammissibile la subordinata domanda di disapplicazione della norma regolamentare presupposta in considerazione dei limiti soggettivi ed oggettivi dell’eventuale giudicato di accoglimento che non priverebbe l’atto generale della sua efficacia erga omnes (per recenti richiami al principio della disapplicazione dei regolamenti normativi v. TAR Bolzano, sentt. nn. 214/2017, 59 e 195/2017).
28. L’accoglimento della subordinata domanda di disapplicazione permette di recuperare l’ammissibilità dell’impugnazione dell’atto conseguenziale che non viene pregiudicata dal rigetto dell’impugnativa proposta avverso il regolamento -OMISSIS-.
29. Ad ogni buon conto, si rileva che le suddette, preliminari questioni di ammissibilità, derivanti dai rilevati collegamenti procedimentali, sono destinate a rimanere assorbite, o comunque, ad essere superate in considerazione dell’infondatezza nel merito del ricorso che in appresso si passa ad evidenziare.
28. Muovendo dall’esame del primo motivo di gravame, va negata la dedotta lesione dell’interesse legittimo azionato da parte ricorrente per presunta violazione di una serie di precetti costituzionali posti a presidio di diritti fondamentali della persona (artt. 2, 3, 21, 30 e 32).
[b]29. Anche volendo prescindere dalla genericità delle censure e, segnatamente, dal non esplicitato né dimostrato collegamento dell’interesse alla personalizzazione di una dieta con il diritto alla salute della minore (nessuna attestazione medica o scientifica è stata prodotta dai ricorrenti), viene del tutto pretermessa da parte ricorrente l’elaborazione giurisprudenziale della Corte costituzionale in tema di tutela dei c.d. diritti sociali (alla salute, all’assistenza, all’istruzione, ecc.) negli ambiti in cui lo Stato non ha determinato i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti con carattere di generalità a tutti gli aventi diritto su tutto il territorio nazionale (art. 117, secondo comma, lettera m), Cost).[/b]
30. La Consulta, nella ricerca di un punto di equilibrio nel bilanciamento dei suddetti diritti con gli altri interessi costituzionalmente protetti, ha sempre sottolineato la necessità di tenere conto degli ostacoli oggettivi che legislatore ed amministratore incontrano in relazione alle disponibili risorse organizzative e finanziarie. Al riguardo, è ricorrente il riferimento alla discrezionalità del legislatore nel dare attuazione ai principi ed ai diritti in questione, nonché alla soggezione di questi ultimi al noto limite della “riserva del ragionevole e del possibile”, tanto che, in proposito, si parla di diritti “finanziariamente condizionati” (cfr. con riferimento al diritto alla salute, C. Cost., sent. n. 248/2011; Cons. Stato, Sez. III, sent. n. 5251/2017 e id., sent. n. 4347/17).
[color=red][b]27. Compete quindi all’Amministrazione il compito di fissare le condizioni e i limiti e, più in generale, la cornice delle linee organizzative e delle modalità procedurali entro la quale si attua il servizio pubblico finalizzato alla soddisfazione del diritto primario interessato. Fuori dai vincoli specifici posti dalla legge e da oggettivi criteri di economicità e di appropriatezza, le scelte organizzative in questa materia rientrano nella sfera di massima discrezionalità politico-amministrativa, demandata all’amministrazione. Il giudice amministrativo deve cioè limitarsi a valutare se sussistano in questo apprezzamento profili di evidente illogicità, di contraddittorietà, di ingiustizia manifesta, di arbitrarietà o di irragionevolezza nella scelta amministrativa (v., sul punto, Cons. St., Sez. III, sent. n. 3297/2016; id. sent. n. 2501/2016 e id. sent. n. 604/2015).[/b][/color]
28. Tutto ciò premesso, ritiene il Collegio che i suddetti limiti di ragionevolezza e proporzionalità non siano stati superati nel caso di specie. Quest’ultimo si connota per essere relativo al servizio gestito da ASSB che cura l’erogazione di 500 pasti al giorno per le scuole dell’infanzia cittadine e che ha ritenuto di offrire, oltre al menu “generalista” quattro tipologie di pasti “dietetici”.
[b]29. La scelta è stata motivata per relationem mediante richiamo del regolamento comunale -OMISSIS-dd. -OMISSIS-, che riconosce la possibilità di offrire diete personalizzate per motivi di salute (“patologici”), ovvero per “motivi diversi”. Nel primo caso l’accoglimento della richiesta di menu individuali è subordinata alla produzione di specifiche prescrizioni mediche, mentre nel secondo è prevista la facoltà di scelta tra quattro menu specifici riferiti alle diete “maggiormente richieste”: senza carne di tutti i tipi; senza carne suina; senza carne bovina/vitello; senza tutti i tipi di carne e pesce (art. 1, lett. d) del regolamento citato).[/b]
[b]30. Il Collegio rileva – alla luce degli elementi di valutazione offerti dalle parti e senza poter entrare nel merito delle scelte operate dall’Ufficio Servizi alla famiglia dell’Azienda convenuta – che le possibilità di personalizzazione dei menu in concreto offerta agli utenti delle scuole dell’infanzia bolzanine appare appropriata e sufficientemente variegata ove si considerino i limiti strutturali e finanziari cui fa riferimento l’ASSB nelle proprie difese.[/b]
31. La disponibilità di quattro diete alternative a quella “ordinaria”, basate su menu elaborati dal Servizio di dietetica e di nutrizione clinica del Comprensorio sanitario di Bolzano e scelte sulla base di un criterio di “maggiore richiesta” delle stesse (v. 5° preambolo del reg. -OMISSIS-), risulta coerente con l’evidenziata necessità di contemperare il “pluralismo” dell’offerta nutrizionale con le esigenze organizzative e di efficiente prestazione del servizio da parte dell’Azienda convenuta.
32. Il suddetto criterio (che la difesa di ASSB definisce di “sostenibilità del sistema”) non viene specificamente contestato da parte ricorrente, la quale non smentisce il dato fattuale, allegato dall’amministrazione resistente, della presentazione di una sola richiesta di dieta vegana (per l’appunto quella oggetto di contesa) a fronte di 500 pasti erogati nelle scuole per l’infanzia gestite da ASSB.
33. In un contesto quale quello dei servizi scolastici per l’infanzia, organizzato secondo principi di universalità e appropriatezza, il diritto del singolo assistito va raccordato all’eguale riconoscimento delle medesime prestazioni, a parità di sostanziali condizioni, a favore degli altri aventi diritto, in una situazione in cui alla configurazione varabile, per quantità e per qualità, della domanda corrisponde la limitatezza delle strutture pubbliche e il sempre più rigoroso contenimento delle risorse finanziarie, sottoposte a vincoli di bilancio assai stringenti (v. con riferimento alle omologhe prestazioni sanitarie, Cons. St., Sez. III, sent. n. 5538/2015).
34. Nell’accennata prospettiva sono proprio i principi costituzionali su cui poggiano le richieste di parte ricorrente, e segnatamente i principi di uguaglianza sostanziale e di proporzionalità, a frapporsi alla possibilità di assecondare ciascuna, singola richiesta di dieta personalizzata, quando la stessa non sia motivata da ragioni di salute ovvero non si iscriva nel novero delle quattro tipologie di menù alternativi maggiormente richiesti.
35. Il Collegio non entra nel merito delle convinzioni etico-filosofiche in nome delle quali i ricorrenti dichiarano di agire; rileva soltanto che le stesse meritano la stessa considerazione che va riconosciuta anche a ciascuno degli altri utenti del servizio in questione.
36. Non essendo la struttura in grado di soddisfare le esigenze di personalizzazione potenzialmente riferibili a ciascun utente del servizio, deve ritenersi – se non obbligata – sicuramente opportuna e ragionevole la scelta di adeguare l’offerta alle tipologie di menù più richieste.
37. Gli atti del presente giudizio evidenziano questa implicita motivazione di carattere oggettivo dei provvedimenti impugnati (sulla possibilità di rilevare l’esistenza di motivi obiettivi idonei a sostenere la decisione, rilevabili anche all’interno del procedimento, v. Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 4557/2011) e smentiscono l’impostazione “ideologica” che entrambe le parti hanno inteso, nei rispettivi scritti defensionali, attribuire alla presente controversia.
38. Non appare poi meritevole di accoglimento neanche il secondo motivo di gravame, incentrato sulla denunciata violazione della circolare del Ministero della Sanità del 05.05.2016 (doc.5 di parte ricorrente) in cui si richiamano le Regioni e Province autonome al rispetto delle “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica” del 25.03.2010. Nella nota suddetta si stigmatizza l’operato di alcune Regioni per avere “sconsigliato” o ostacolato la scelta di diete vegetariane e/o vegane.
[b]35. Il comportamento tenuto dall’amministrazione nella fattispecie che ne occupa non implica violazione delle suddette linee di indirizzo, non avendo l’ASSB negli atti oggetto di impugnativa espresso valutazioni di merito sui contenuti nutrizionali o, in genere, formulato giudizi qualitativi sulla dieta richiesta dai ricorrenti. Dagli atti acquisiti al presente giudizio risulta che la scelta dei menù tipo si è basata sull’applicazione di un criterio meramente quantitativo che ha privilegiato le richieste “maggiormente ricorrenti”, dovendosi assumere che, ove fosse stato corrisposto al suddetto criterio, la tipologia di dieta richiesta dai ricorrenti avrebbe potuto essere presa in considerazione dall’amministrazione.[/b]
36. Quanto al D.M. Ambiente del 25.07.2011 ed ai c.d. General Public Procurement, di cui pure i ricorrenti lamentano la omessa applicazione, si tratta di fonte dalla dubbia valenza precettiva cui può attribuirsi valore di mera raccomandazione, per di più, espressa in termini del tutto generici. La sottolineatura dell’importanza di promuovere il consumo di alimenti vegetali in alternativa a quelli di origine animale risulta, comunque, rispettata dal Comune di Bolzano e dall’ASSB convenuta che hanno proposto quattro menù alternativi di carattere vegetariano implicanti l’eliminazione di diverse tipologie di proteine di origine animale.
37. Sulla base delle esposte considerazioni ritiene il Collegio che sia conforme ai principi di economicità dell’azione amministrativa e di buon andamento della P.A. il sacrificio – non implicante lesione del diritto alla salute del richiedente – della pretesa azionata dagli odierni ricorrenti.
38. Per completezza, si rileva che la valutazione operata nel presente giudizio non contraddice i precedenti specifici di questo Tribunale, citati da parte ricorrente (sentt. nn. 245/2015 e 107/2017), di accoglimento di ricorsi proposti contro pregresse determinazioni di rifiuto di erogazione di menù vegani, in quanto relativi al distinto quadro normativo vigente in epoca anteriore all’adozione del regolamento consiliare -OMISSIS-.
39. In conclusione, il Collegio ritiene che il riconoscimento del diritto di consumare pasti conformi alle proprie convinzioni etico-filosofiche all’interno di una struttura educativa pubblica non è assoluto e incontra limiti sia esterni, posti dall’esistenza di diritti costituzionali di pari rango, che interni, connaturati all’assetto organizzativo dell’amministrazione e dal sistema di erogazione del servizio in questione.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa – Sezione autonoma di Bolzano definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta siccome infondato.
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[size=18pt][b]A FAVORE DEL DIRITTO AL PASTO VEGANO[/b][/size]
[color=red][b]TRGA, SEZ. BOLZANO – sentenza 22 marzo 2017 n. 107[/b][/color]
DIRITTO
La pronuncia sul merito della controversia fa venire meno le esigenze cautelari prospettate dalla ricorrente nella relativa istanza, la cui trattazione era stata rinviata alla discussione di merito.
In via preliminare, vanno esaminate le eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso, sollevate dalla difesa del Comune di Merano.
Sotto un primo profilo, viene eccepito il difetto di interesse a ricorrere, in quanto la signora -OMISSIS- -OMISSIS-, dopo aver preso atto della impugnata comunicazione del Comune di rigetto della domanda volta ad ottenere la somministrazione di un menù di tipo vegano per il figlio -OMISSIS-, ha presentato una nuova domanda di iscrizione, optando per il menù senza carne e pesce. Quest’ultima nuova domanda, accolta dal Comune, avrebbe sostituito integralmente la precedente, sulla quale si sarebbe formata acquiescenza.
L’eccezione non è fondata.
Secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, “l’intenzione di prestare acquiescenza ad un atto amministrativo deve risultare in modo chiaro ed irrefutabile dal compimento di atti ovvero da comportamenti assolutamente inconciliabili con una volontà del tutto diversa” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 30 maggio 2016, n. 2278; nello stesso senso, Sez. V, 22 marzo 2016, n. 1184 e Sez. IV, 21 marzo 2016, n. 1131).
Ad avviso del Collegio, nel caso specifico, non sussiste un comportamento chiaro e inequivocabile, dal quale possa evincersi la volontà certa della signora -OMISSIS- -OMISSIS- di accettare gli effetti dell’impugnata determinazione a lei sfavorevole.
E’ pur vero che la ricorrente, preso atto della comunicata impossibilità di optare per un menù vegano per il figlio, ha presentato una nuova domanda di iscrizione, barrando la casella “menù senza carne e pesce”, tuttavia va sottolineato da un lato che il modulo prestampato non prevedeva l’opzione del menù vegano e, dall’altro lato, che la ricorrente ha allegato alla nuova domanda di iscrizione una nota del pediatra dott. Mario Berveglieri di Ferrara, in cui quest’ultimo chiedeva “di escludere dalla dieta di -OMISSIS- uova, latte e derivati, anche come ingredienti della pietanza”, in quanto “segue una dieta di tipo vegano” (cfr. doc. 6 della ricorrente).
La nuova domanda di iscrizione non può pertanto considerarsi inequivocabilmente sostitutiva della volontà precedentemente manifestata dalla ricorrente di ottenere per il figlio un menù di tipo vegano.
Sotto altro profilo, la difesa comunale ha eccepito che il provvedimento impugnato sarebbe privo di natura provvedimentale, limitandosi a comunicare alla ricorrente che il menù desiderato non è previsto tra quelli offerti nelle scuole materne del Comune di Merano.
Anche questa eccezione va disattesa.
Contrariamente a quanto affermato dal Comune, la Direttrice dell’Ufficio competente del Comune di Merano, dopo aver premesso che tra le varie offerte di menù previste per gli alunni delle scuole dell’infanzia di Merano non è compreso il menù di tipo vegano, conclude la nota affermando che la domanda della ricorrente non può essere accolta (“…teile ich Ihnen mit, dass Ihr Ansuchen nicht angenommen werden kann” – cfr. doc. 1 della ricorrente), così manifestando in modo chiaro la volontà definitiva dell’Amministrazione di rigettare la domanda.
[color=red][b]Nel merito il ricorso è fondato.[/b][/color]
[b]Con il quinto motivo la ricorrente lamenta la carenza di motivazione del provvedimento impugnato, in quanto non pone a fondamento del diniego alcuna previsione normativa o regolamentare. Inoltre, il provvedimento impugnato si porrebbe non solo in contrasto con gli articoli 2, 3, 21, 30 e 32 della Costituzione, ma anche con le “Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica”, elaborate dal Dipartimento per la sanità pubblica, Direzione generale della sicurezza degli alimenti e della nutrizione presso il Ministero della Salute, ed approvate in sede di Conferenza Unificata il 29 aprile 2010 da Governo, Regioni e Province autonome ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 134 dell’11 giugno 2010), le quali prevedono che “Vanno assicurate anche adeguate sostituzioni di alimenti correlate a ragioni etico-religiose o culturali. Tali sostituzioni non richiedono certificazione medica, ma la semplice richiesta dei genitori”, nonché con le relative circolari ministeriali.[/b]
La ricorrente si duole altresì che l’atto impugnato sia stato scritto “in lingua tedesca”.
La censura di difetto di motivazione è fondata.
L’art. 5 della legge regionale 31 luglio 1993, n. 13 (che si applica ai comuni, ai sensi dell’art. 1, comma 1, della stessa legge), così recita: “1. Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato.
2. La motivazione indica i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.
[b]3. Quando il provvedimento è discrezionale, la motivazione indica, oltre ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche, le valutazioni di carattere amministrativo o tecnico che hanno condotto alla decisione espressa nel provvedimento.[/b]
4. Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme con la comunicazione di quest’ultima, deve essere indicato e reso disponibile anche l’atto a cui essa si richiama.
5. La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale.
6. Ogni provvedimento deve indicare l’autorità amministrativa ed il termine entro cui è possibile ricorrere”.
Osserva il Collegio che, ai sensi della citata disposizione, l’Amministrazione comunale ha l’obbligo di indicare non solo i presupposti di fatto, ma anche “le ragioni giuridiche” delle proprie decisioni, così da consentire all’interessato di verificare la precisa corrispondenza tra situazione astratta prevista dalla norma e situazione concreta accertata dall’Amministrazione procedente.
[b]L’Amministrazione, infatti, non è mai libera di agire secondo arbitrio, dovendo sempre e comunque operare secondo legge. La norma, in altri termini, delinea un’ipotesi astratta e collega al suo concreto verificarsi l’insorgere del potere di provvedere. Al di fuori di tale ipotesi quello specifico potere non può essere esercitato, pena l’illegittimità dell’atto.[/b]
Orbene, nel caso di specie il provvedimento impugnato si limita ad elencare una serie di menù che sarebbero tassativamente previsti per le mense scolastiche comunali, omettendo però di indicare la fonte normativa o regolamentare di tale elenco: “Die vorgesehenen Kostarten für die kleinen Besucher der Meraner Kindergärten sind:
– Menü ohne jede Art von Fleisch;
– Menü ohne Schweinefleisch;
– Menü ohne Rindfleisch;
– Menü ohne Fleisch und Fisch.
Da Sie eine Spezialkost angegeben haben, die nicht im Moment vorgesehen ist, teile ich Ihnen mit, dass Ihr Ansuchen nicht angenommen werden kann” (cfr. doc. 1 della ricorrente).
La mancata indicazione delle “ragioni giuridiche” su cui l’Amministrazione ha fondato il rigetto della domanda della ricorrente determina l’illegittimità del provvedimento per difetto di motivazione.
Rileva il Collegio che la difesa comunale non è stata in grado neppure in sede giurisdizionale di indicare le ragioni giuridiche sulle quali l’Amministrazione comunale ha fondato il diniego impugnato.
Invero, la difesa dell’Amministrazione si è limitata ad appellarsi alla deliberazione della Giunta comunale n. 320 del 30 agosto 2016, che ha stabilito le quattro varianti al menù standard offerte nelle scuole dell’infanzia, deliberazione che, però, è stata adottata dalla Giunta comunale successivamente sia alla presentazione della domanda da parte della ricorrente (21 gennaio 2016), sia all’adozione del provvedimento impugnato (7 luglio 2016). Il richiamo a detta deliberazione è, pertanto, da considerarsi non pertinente.
Il Comune di Merano si difende affermando, inoltre, di non avere “alcun obbligo di fornire un menù vegano ai bambini iscritti nei suoi asili (recte: scuole dell’infanzia)”.
Vero è che l’Amministrazione comunale si è limitata a elencare un elenco tassativo di quattro menù, diversi da quello standard, che afferma essere previsti, senza indicare in base a quale norma o atto, e tanto basta a rendere illegittimo il provvedimento di diniego impugnato.
La censura riferita all’uso della lingua tedesca nella redazione del provvedimento impugnato va disattesa.
Osserva al riguardo il Collegio che, ai sensi dell’art. 7, comma 1, del D.P.R. 15 luglio 1988, n. 574, “Gli organi, gli uffici e i concessionari indicati nell’art. 1 i quali ricevono istanze, domande, denunce o dichiarazioni sono tenuti a formulare gli atti e i provvedimenti e ad eseguire le prescritte comunicazioni o notificazioni nella lingua usata dal richiedente, denunciante o dichiarante ove questo ne sia il destinatario”.
Nel caso di specie la signora -OMISSIS- -OMISSIS- ha presentato al Comune di Merano, in data 22 gennaio 2016, la domanda di iscrizione del figlio -OMISSIS- in lingua tedesca e, pertanto, l’Amministrazione comunale ha adottato il provvedimento in lingua tedesca, adeguandosi alla lingua usata dalla richiedente, come previsto dalla disposizione sopra richiamata.
Per le ragioni espresse, assorbita ogni altra censura, il ricorso va accolto e, per l’effetto, va annullato il provvedimento impugnato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate dal seguente dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto annulla la determinazione della Direttrice dell’Ufficio Istruzione, cultura e servizi sociali del Comune di Merano del 7 luglio 2016, prot. n. 35507.
Condanna il Comune di Merano a rifondere alla ricorrente le spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre IVA, CAP, contributo unificato e altri oneri di legge.