[size=18pt]Non sussiste alcun diritto al rinnovo garantito sulle concessioni amministrative[/size]
[color=red][b]T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 11 gennaio 2018, n. 313[/b][/color]
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SENTENZA:
Pubblicato il 11/01/2018
N. 00313/2018 REG.PROV.COLL.
N. 09578/2013 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9578 del 2013, proposto da:
S. D. G., rappresentato e difeso dagli avvocati Aldo Sandulli e Benedetto Cimino,
con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Fulcieri Paulucci De
Calboli,9;
contro
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Agenzia del demanio, in persona dei
rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura
generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
- della nota prot. n. 31401 del 24.06.2013 emessa dal Direttore Generale del
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Direzione Personale e Affari
Generali, recante ad oggetto “Concessione locale bar all'interno del Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti. Istanza di rinnovo e statuizioni conseguenti”;
- di ogni altro atto presupposto, conseguente, connesso, o comunque ad esso
collegato, ancorché non conosciuto, in quanto illegittimo e lesivo;
nonché per l'accertamento
del diritto del ricorrente al rinnovo sessennale della concessione del locale adibito a
bar interno del Ministero resistente e del diritto alla rideterminazione dei canoni
concessori già versati, anche ai fini della compensazione con le somme richieste a
titolo di arretrati; nonché, in subordine e in caso di affidamento a terzi della
concessone, del diritto all'indennità di avviamento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti e dell’Agenzia del demanio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2017 la dott.ssa Lucia Maria
Brancatelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il ricorrente, premessa la sua qualità di concessionario nella gestione di un bar
interno sito presso i locali, di proprietà demaniale, in uso al Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, rappresenta che, in vista della scadenza del termine
di durata della concessione e a seguito dell’inerzia del Ministero a fronte di plurime
richieste di rinnovare il rapporto concessorio, ha presentato al predetto Ministero
una formale istanza di rinnovo della concessione.
Con la medesima istanza, ha chiesto anche la rideterminazione dell'ammontare dei
canoni concessori già versati in considerazione dei mutamenti degli equilibri
negoziali interventi dopo la stipula della convenzione, anche ai fini della
compensazione con le somme richieste a titolo di arretrati. Nell’ipotesi che il
Ministero intenda affidare a soggetti terzi la concessione, parte ricorrente chiede il
riconoscimento dell'indennità di avviamento, nella misura di 36 mensilità
dell'ultimo canone corrisposto (agosto 2011), eventualmente da porsi a carico del
concessionario subentrante.
2. Con la nota del 24 giugno 2013, il Ministero ha negato il rinnovo della
concessione, concedendo una proroga annuale e individuando la definitiva
scadenza del rapporto concessorio nel termine del 30 giugno 2014; ha, altresì,
manifestato la volontà, dopo tale data, di riaffidare a terzi la concessione, tramite
procedura di evidenza pubblica. Quanto alle ulteriori richieste formulate dal
ricorrente, l’Amministrazione ha affermato che non gli spetta né la
rideterminazione dei canoni pregressi né una indennità a titolo di avviamento.
3. Parte ricorrente ha impugnato la nota, chiedendone l’annullamento nonché
l’accertamento della spettanza dei canoni e della indennità richiesti. Sostiene, nei
motivi di impugnazione, che ricorrevano tutti i requisiti soggettivi e i presupposti
oggettivi di cui all’art. 2 del D.P.R. n. 296 del 2005 per accogliere l’istanza di
rinnovo. Afferma anche, alla luce della complessiva condotta tenuta dalla parte
pubblica, che è rimasta silente a fronte delle numerose richieste di rinnovo della
concessione formulate dal ricorrente, continuando tuttavia a pretendere e a
riscuotere i canoni previsti dal rapporto concessorio, che sussisterebbero i
presupposti previsti dalla giurisprudenza per integrare una fattispecie di
conclusione (rectius, rinnovo) del contratto per facta concludentia.
Quanto alla richiesta rideterminazione del canone concessorio, essa sarebbe
giustificata dal vistoso calo di fatturato subito dall'azienda in seguito
all'installazione, nei locali del Ministero, di macchine per il self service da parte di
terzi, che ha determinato il sorgere diritto alla revisione del canone contrattuale per
mutamento fondamentale delle circostanze di fatto. Infine, il ricorrente deduce che
qualora la concessione fosse affidata a terzi senza riconoscergli alcuna somma a
titolo di avviamento, l’Amministrazione beneficerebbe ingiustamente dell’aumento
di valore dell’azienda, che andrebbe ad incidere in quota parte sul canone
concessorio in carico al successivo gestore.
4. Si sono costituite in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e
l’Agenzia del demanio; quest’ultima ha chiesto la propria estromissione dal giudizio
per carenza di legittimazione passiva. Il Ministero, oltre a insistere nella reiezione
del ricorso siccome infondato, ha eccepito altresì il difetto di giurisdizione in
relazione alle domande di rideterminazione del canone concessorio e di
riconoscimento dell’indennità di avviamento.
5. Alla udienza pubblica del 20 dicembre 2017, uditi per le parti i difensori presenti
come da verbale e su loro conforme richiesta, la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
1. Osserva il Collegio che, come rilevato dalla Avvocatura dello Stato negli scritti
difensivi, la domanda formulata nel gravame con il secondo motivo di
impugnazione, con la quale il ricorrente chiede che venga accertata la spettanza di
somme a titolo di rideterminazione dei canoni concessori, è sottratta alla
cognizione di questo giudice.
2. In proposito, occorre rammentare che l’art. 113, comma 1, lett. b), del codice del
processo amministrativo attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo ogni controversia relativa ai rapporti di concessione di beni e
servizi pubblici, fatte salve però quelle aventi ad oggetto indennità, canoni o altri
corrispettivi. Queste ultime controversie restano, quindi, soggette al regime
generale di riparto della giurisdizione: ricadono in quella ordinaria ogni qualvolta
abbiano ad oggetto diritti soggettivi ed in quella del giudice amministrativo
quando, viceversa, si faccia questione dell'esercizio legittimo di un potere spettante
alla pubblica amministrazione. La giurisprudenza ha ulteriormente chiarito che, in
materia di concessioni amministrative, le controversie concernenti indennità,
canoni o altri corrispettivi che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, ai
sensi della normativa sopra richiamata, sono unicamente quelle con un contenuto
meramente patrimoniale, che derivano dall'attuazione del rapporto instauratosi tra
il privato e la pubblica amministrazione e nelle quali non entra in gioco alcun
potere autoritativo di quest'ultima a tutela di interessi generali.
Qualora, viceversa, la controversia coinvolga l'esercizio di poteri discrezionali
inerenti alla determinazione del canone, dell'indennità o di altro corrispettivo,
come accade ad esempio nel caso di ricorsi proposti contro l'atto col quale si
istituiscono o si modificano le tariffe relative alle concessioni amministrative di
beni pubblici, la questione appartiene alla sfera di competenza giurisdizionale del
giudice amministrativo (Cass. Civ. SS.UU., 12 ottobre 2011, n. 20939).
3. Nel caso in esame, sono sottoposte al Tribunale questioni che, afferendo ad
asserite mutazioni del sinallagma contrattuale derivanti da mutate condizioni di
fatto che avrebbero determinato una contrazione dei ricavi del concessionario,
riguardano esclusivamente la fase esecutiva del rapporto nascente dall’atto
concessorio e non implicano l’esercizio di nuovi poteri autoritativi da parte
dell’Amministrazione; esse, pertanto, sono soggette alla giurisdizione dell’Autorità
giudiziaria ordinaria.
4. Per i medesimi motivi va dichiarato il difetto di giurisdizione di questo Giudice
quanto alla richiesta del riconoscimento dell’indennità di avviamento, di cui al
terzo mezzo di ricorso, trattandosi di questione meramente patrimoniale, come tale
sottoposta alla cognizione del g.o.
5. E’ ora possibile passare allo scrutinio della domanda, formulata con il primo
motivo di impugnazione, di annullamento della nota impugnata, con la quale è
stata respinta dal Ministero resistente la richiesta di rinnovo della concessione per
la gestione di un servizio commerciale sito nei locali, di proprietà del demanio, in
uso al Ministero.
6. Preliminarmente, va accolta la richiesta di estromissione dal giudizio
dell’Agenzia del Demanio, che non ha competenze in materia di esercizio del
potere di rinnovo della concessione in parola.
7. Nel merito, si rileva che la domanda di annullamento e la conseguente richiesta
di accertamento del diritto al rinnovo della concessione sono infondate.
8. Il ricorrente sostiene che, dalla lettura delle norme del D.P.R. 13 settembre
2005, n. 296, recante il regolamento sui criteri e le modalità di concessione in uso e
in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato, si evincerebbe la sussistenza
dell’obbligo di rinnovare la convenzione sottoscritta.
La tesi non può essere condivisa.
L’art. 2 del D.P.R. testualmente stabilisce che le concessioni “possono essere
rinnovate per lo stesso termine di durata originariamente stabilito, in favore del
soggetto concessionario”, previa rideterminazione del canone e verifica della
sussistenza di taluni requisiti (il corretto comportamento tenuto dall’utilizzatore del
bene, l’inesistenza di domande di altri soggetti interessati alla concessione, la
possibilità concreta di una più proficua valorizzazione dell’immobile).
Premesso che sussiste un consolidato orientamento giurisprudenziale che evoca la
necessaria applicazione dei principi comunitari in materia di affidamento di appalti
di lavori, servizi e forniture anche alle concessioni di beni di rilevanza economica
(cfr. da ultimo Tar Lombardia, 28 gennaio 2016, n. 187), osserva il Collegio che la
disposizione in questione, a prescindere da ogni valutazione circa la sua attuale
compatibilità con i principi eurocomunitari in materia di affidamento tramite gara
delle concessione di beni pubblici, non impone alcun obbligo di rinnovo in capo
all’Amministrazione bensì prevede una mera facoltà, che può essere attivata solo al
ricorrere di tutte le condizioni ivi previste. Non sussiste, quindi, alcun obbligo per
l’Amministrazione, una volta assunta la decisione di individuare il concessionario
attraverso una procedura ad evidenza pubblica, di giustificare la ragione del
mancato rinnovo della concessione all’attuale utilizzatore del bene.
9. La conferma della assoluta prevalenza dello strumento della gara per la selezione
del concessionario è, del resto, contenuta nell’articolo 2, comma 1, del DPR n.
296/2005, che prevede in via generale l’esperimento di procedure ad evidenza
pubblica, consentendo il ricorso alla trattativa privata solo per concessioni di
importo inferiore a 50.000 euro.
In proposito, la circostanza che la concessione oggetto di controversia preveda un
canone complessivo inferiore al summenzionato limite non ha alcun rilievo
rispetto alla richiesta del ricorrente di ottenerne il rinnovo, in quanto detto
importo incide esclusivamente sulla possibilità per l’amministrazione concedente di
affidare il contratto ad un operatore prescelto attraverso una procedura
comparativa di tipo semplificato. Anche in tal caso, si tratta di una norma di favore
per l’Amministrazione, che può comunque decidere di ricorrere ugualmente, anche
per le concessioni di importo minore alla soglia indicata, a procedure ad evidenza
pubblica in luogo della trattativa privata.
10. Dunque, la decisione di affidare la concessione a un operatore da selezione
attraverso lo strumento della gara è pienamente legittima, non sussistendo alcun
diritto al rinnovo normativamente o contrattualmente garantito al ricorrente.
11. Non è poi sostenibile la tesi di parte ricorrente che il contratto si sarebbe
comunque rinnovato automaticamente, per facta concludentia, in ragione della
accettazione da parte dell’Amministrazione dei canoni oltre il termine di scadenza
della concessione.
E’ sufficiente sul punto richiamare la granitica giurisprudenza secondo la quale nei
confronti della P.A. non è configurabile alcun rinnovo tacito del contratto, in
quanto i contratti della pubblica amministrazione esigono la forma scritta quale
diretta modalità di esternazione della volontà di contrarre, non essendo sufficiente
che da atti scritti risultino comportamenti attuativi di un accordo solo verbale,
essendo impossibile una contrattazione per facta concludentia (Cass. Civ., sez. I, 9
aprile 2015, n. 7135; 19 settembre 2013, n. 21477).
12. Conclusivamente, il ricorso va dichiarato in parte inammissibile per difetto di
giurisdizione, quanto alle domande di rideterminazione dei canoni concessori e di
riconoscimento dell’indennità di avviamento; tali domande potranno essere
riproposte, ai sensi e nei limiti di cui all’art. 11, comma 2, c.p.a., al competente
giudice ordinario. Per la restante parte, relativa alla domanda di annullamento del
diniego impugnato, il Collegio, previa estromissione dal giudizio dell’Agenzia del
demanio, deve respingere il gravame in quanto infondato.
13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in favore del Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti nella misura quantificata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo
dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione ed in parte lo respinge.
Dispone l’estromissione dal giudizio dell’Agenzia del demanio.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, per un importo pari a € 2.000,00, oltre accessori di
legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.