Vi appare corretto il seguente ragionamento:
1) L’art. 4 della Legge Regionale del Lazio 5/2013 dispone: “Non è ammessa l’apertura di sale da gioco che siano ubicate ad una distanza da aree sensibili, quali istituti scolatici di qualsiasi grado, centri giovanili, centri anziani, luoghi di culto o altri istituti frequentati principalmente dai giovani o strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale, inferiore a quella prevista dalla normativa statale in materia”;
2) Non ci risulta che esista una “normativa statale in materia”;
3) Il mio comune non ha nessun regolamento comunale che preveda “distanze minime” (… ed inoltre mi sembra che la giurisprudenza dominante non riconosca il potere regolamentare del comune in materia …);
4) Quindi, nel mio comune non si possono applicare prescrizioni e/o vincoli in merito alle “distanze da aree sensibili” ?
Direi che il ragionamento è sostanzialmente corretto. La regione Lazio ha fatto una scelta normativa in controtendenza rispetto alle altre regioni, forse perché certa che lo Stato avrebbe provveduto di lì a poco (vedi decreto Balduzzi).
Sapevo che la regione era corsa ai ripari ma ancora non ho visto uscire nulla di ufficiale, vedi qua:
http://www.tgcom24.mediaset.it/giochiescommesse/articoli/articolo1121125.shtml
Resta inteso che un buon regolamento comunale in materia potrebbe sopperire alla carenze normative regionali. Nel caso del Lazio occorrerebbe motivare il regolamento prendendo atto della inerzia statale e regionale in materia e assumendo la competenza propria dell'Ente in materia di polizia amministrativa e tutela sociale e urbana della propria comunità.
Sul punto puoi vedere la vicenda del regolamento del comune di Genova che ha partorito la sentenza che ti allego (è stato proposto appello ma ancora non ho visto pronunce)