[b]All’Adunanza plenaria l’impugnazione immediata della clausola del bando che prevede l’aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso[/b]
[color=red][b]Cons. St., sez. III, ordinanza 7 novembre 2017, n. 5138 – Pres. Lipari, Est. Veltri[/b][/color]
Giustizia amministrativa – Appalti pubblici – Clausola del bando che prevede l’aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso – Onere di immediata impugnazione – Legittimazione al ricorso – Anche in assenza della partecipazione alla gara – Deferimento all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
Vanno rimesse all’Adunanza plenaria le seguenti questioni:
1. Se, avuto anche riguardo al mutato quadro ordinamentale, i principi espressi dall’Adunanza Plenaria n.1/2003 possano essere ulteriormente precisati nel senso che l’onere di impugnazione immediata del bando sussiste anche per il caso di erronea adozione del criterio del prezzo più basso, il luogo del miglior rapporto tra qualità e prezzo.
2. Se l’onere di immediata impugnazione del bando possa affermarsi più in generale per tutte le clausole attinenti le regole formali e sostanziali di svolgimento della procedura di gara, nonché con riferimento agli altri atti concernenti le fasi della procedura precedenti l’aggiudicazione, con la sola eccezione delle prescrizioni generiche e incerte, il cui tenore eventualmente lesivo è destinato a disvelarsi solo con i provvedimenti attuativi.
3. Se, nel caso in cui l’Adunanza Plenaria affermi innovativamente il principio della immediata impugnazione delle clausole del bando di gara riguardanti la definizione del criterio di aggiudicazione, e, individui, eventualmente, ulteriori ipotesi in cui sussiste l’onere di immediata impugnazione di atti della procedura precedenti l’aggiudicazione, la nuova regola interpretativa si applichi, alternativamente:
a) con immediatezza, anche ai giudizi in corso, indipendentemente dall’epoca di indizione della gara;
b) alle sole gare soggette alla disciplina del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50/2016;
c) ai soli giudizi proposti dopo la pubblicazione della sentenza dell’Adunanza Plenaria, in conformità alle regole generali dell’errore scusabile e della irretroattività dei mutamenti di giurisprudenza incidenti sul diritto viventi (secondo i principi dell’overruling);
4. Se, nel caso di contestazione del criterio di aggiudicazione o, in generale, della impugnazione di atti della procedura immediatamente lesivi, sia necessario, ai fini della legittimazione a ricorrere, che l’operatore economico abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura, ovvero sia sufficiente la dimostrazione della qualità di operatore economico del settore, in possesso dei requisiti generali necessari per partecipare alla selezione. (1).
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(1) I.- La controversia.
Con l’ordinanza in epigrafe, la terza sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 99 c.p.a. la questione concernente l’onere di impugnazione immediata della clausola del bando che prevede l’aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso e di quelle disciplinanti le regole di svolgimento della procedura di gara nonché l’ulteriore questione della legittimazione alla impugnazione immediata del bando e degli altri atti precedenti l’aggiudicazione.
Le questioni sono sorte nell’ambito di un giudizio di appello proposto dalla aggiudicataria avverso la sentenza di primo grado che ha ritenuto fondata la censura con cui la quarta classificata ha contestato la scelta del criterio di aggiudicazione al “prezzo più basso” ex art. 82 dell’abrogato codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 163/2006, alla luce della complessità del servizio oggetto della gara (procedura aperta per l’affidamento del servizio di “archiviazione, custodia e gestione della documentazione amministrativa e sanitaria”)
Nel giudizio di appello la ASL resistente ha richiamato, nella memoria difensiva conclusiva, l’orientamento della III Sezione (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 2 maggio 2017 n. 2014) secondo cui l’operatore economico sarebbe onerato dell’immediata impugnazione del provvedimento recante la determinazione del criterio di aggiudicazione prescelto dalla stazione appaltante, con conseguente inammissibilità del gravame, proposto contro gli esiti della procedura di gara svolta in attuazione delle prescrizioni stabilite nel bando, diretto a censurare la legittimità del criterio di aggiudicazione.
II.- La rimessione.
L’ordinanza di rimessione prende le mosse da tale eccezione per sollecitare una rivisitazione complessiva dell’orientamento espresso dall’Adunanza Plenaria con sentenza n. 1/2003 al fine di approdare all’esatta definizione dei casi in cui, nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici, sussista l’onere di immediata impugnazione del bando o di altri provvedimenti conclusivi di autonome fasi della sequenza procedimentale, registrando la presenza di indirizzi interpretativi sul punto talvolta divergenti.
Preliminarmente si dà cura di esaminare una questione di rito circa la rilevabilità d’ufficio, per la prima volta in appello, dei presupposti del processo e delle condizioni dell’azione, diverse dalla giurisdizione e dalla competenza, giungendo alla conclusione che l’ammissibilità del ricorso di primo grado possa essere esaminata d’ufficio anche in grado di appello, in tutte i casi in cui il T.a.r. abbia omesso di pronunciarsi esplicitamente sul punto, precisando che il principio del giudicato implicito sulle questioni preliminari, che ne impedisce il rilievo officioso in appello, è ora sancito in via normativa dall’art. 9 del codice del processo amministrativo, ma con esclusivo riferimento al tema della giurisdizione, secondo quanto ritenuto da un indirizzo giurisprudenziale costante (si citano al riguardo Cons. Stato, Sez. VI, 24 settembre 2007, n. 4924; Sez. VI, 22 febbraio 2013, n. 1094; Sez. 2013, n. 2152; Sez. VI, 5 settembre 2017, n. 4196; oltre alle menzionate decisioni, il medesimo tema è stato affrontato e risolto in senso conforme da Sez. IV, 3 aprile 2017, n. 1505; 21 aprile 2017, n. 1868; Sez. IV, 30 novembre 2015, n. 5401; tutte nel senso che la necessità della tempestiva e formale riproposizione delle eccezioni in appello, ex art. 101, comma 2, c.p.a., concerne esclusivamente le eccezioni in senso stretto, quali ad esempio, quelle di prescrizione o compensazione del diritto di credito). Anche su tale punto di diritto la sezione sollecita una presa di posizione da parte dell’Adunanza Plenaria pur senza formulare un espresso quesito ai sensi del menzionato art. 99 c.p.a. .
Quanto al merito della questione interpretativa centrale, concernente l’esatta delimitazione oggettiva dell’ambito entro cui sussiste l’onere di immediata impugnazione del bando di gara e degli atti che definiscono le regole della procedura selettiva, con particolare riguardo ai criteri di aggiudicazione e al metodo di valutazione delle offerte, la sezione rimettente:
a) ha richiamato analiticamente i passaggi più rilevanti della trama motivazionale della Adunanza plenaria 27 gennaio 2003, n. 1 (in Foro it., 2004, III, 344 con nota di MONTANARO, confermata espressamente e con ulteriori argomenti da Ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4, in Foro it., 2011, III, 306 con nota di SIGISMONDI, e 25 febbraio 2014, n. 9, id., 2014, III, 429, con note TRAVI e SIGISMONDI), evidenziando, in particolare, il contenuto della situazione giuridica sostanziale che quella ricostruzione teorica ha inteso tutelare, rappresentato non dall’astratta legittimità del comportamento dell’Amministrazione, ma dalla possibilità di conseguire l’aggiudicazione atteso che «“la condizione di concorrenti” dei partecipanti alla gara può essere apprezzata e valutata esclusivamente con riferimento all’unico interesse sostanziale di cui essi sono titolari, che è quello all’aggiudicazione e, comunque, all’esito positivo della procedura concorsuale, sicché l’eventuale incidenza di clausole che conformino illegittimamente la condizione di concorrenti dei singoli partecipanti, può acquistare rilievo esclusivamente se si traduce in un diniego di aggiudicazione o, comunque, in un arresto procedimentale con riferimento al medesimo obiettivo»; ha poi rammentato che la predetta pronuncia ha escluso l’onere di immediata impugnazione: I) delle clausole del bando riguardanti la composizione ed il funzionamento del seggio di gara; II) delle prescrizioni del bando che condizionano anche indirettamente, la formulazione dell’offerta economica tra le quali anche quelle riguardanti il metodo di gara, il criterio di aggiudicazione e la valutazione dell’anomalia; III) delle clausole del bando che definiscono gli oneri formali di partecipazione; infine ha dato conto dei successivi indirizzi giurisprudenziali che, in linea con l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria, ne hanno precisato nel tempo la portata ed i confini, affermando un principio che può compendiarsi nell’impugnabilità immediata, non solo delle clausole escludenti in quanto tali ovvero che “impongano, ai fini della partecipazione, oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara o della procedura concorsuale, e che comportino sostanzialmente l’impossibilità per l’interessato di accedere alla gara ed il conseguente arresto procedimentale”, giusto quanto affermato nella decisione 1/2003, ma anche delle clausole che rendono la partecipazione (possibile ma) inutile, contra ius, eccessivamente gravosa sul piano tecnico ed economico (Cons. Stato, Sez. III, 18 aprile 2017, n. 1809; sez. III, Sez. IV, 11 ottobre 2016, n. 4180; 2 febbraio 2015, n. 591);
b) ha ricordato le tre ordinanze (n. 351/2011; n. 2633/2012; n. 634/2013) con cui la VI Sezione del Consiglio di Stato ha richiesto l’intervento dell’Adunanza plenaria, al fine di superare, in modo più radicale, l’orientamento sancito dalla sentenza n. 1/2003, prospettando soluzioni poi non decise dall’Adunanza Plenaria in quanto ritenute irrilevanti rispetto alla controversia decisa. La terza ordinanza in particolare, rovesciando l’impostazione della Plenaria, ha osservato che “le imprese partecipanti a procedure contrattuali ad evidenza pubblica dovrebbero ritenersi tenute ad impugnare qualsiasi clausola del bando illegittima, entro gli ordinari termini decadenziali …. con la domanda di partecipazione alla gara, infatti, le imprese concorrenti divengono titolari di un interesse legittimo, quale situazione soggettiva protetta corrispondente all’esercizio di un potere, soggetto al principio di legalità ed esplicato, in primo luogo, con l’emanazione del bando. A qualsiasi vizio di quest’ultimo si contrappone, pertanto, l’interesse protetto al corretto svolgimento della procedura, nei termini disciplinati dalla normativa vigente in materia e dalla lex specialis”;
c) ha prospettato, infine, la opportunità di una rilettura dei principi espressi dalla Adunanza plenaria n. 1/2003, alla luce della direttiva ricorsi, del nuovo codice dei contratti pubblici e della successiva giurisprudenza della Corte UE, evidenziando che nella disciplina eurounitaria manca una puntuale indicazione del momento in cui deve essere consentito alla parte l’esercizio del diritto di ricorso, ma prevale un indirizzo orientato a dilatare e anticipare l’ambito della legittimazione e dell’interesse all’impugnazione, anche in un’ottica di protezione generale della concorrenza e di rispetto della legalità delle gare; in tale linea evolutiva, si evidenzia che sono stati messi nuovamente in dubbio i limiti dell’onere di immediata impugnazione del bando, con specifico riferimento alle clausole relative ai criteri di aggiudicazione, discostandosi consapevolmente dagli esiti manifestati dall’Adunanza Plenaria n. 1/2003, evidenziando la necessità di adeguare la teoria della dimensione sostanziale dell’interesse legittimo e della sua tutela, al mutato contesto normativo, che esige un’attualizzazione dei canoni ermeneutici fissati dalla Plenaria del 2003 (Cons. Stato, Sez. III, 2 maggio 2017, n. 2014); l’esigenza di una lettura evolutiva dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria si imporrebbe tenuto conto: I) dell’espressa comminatoria di nullità delle clausole espulsive autonomamente previste dalla stazione appaltante (comma 1 bis dell'art. 46 del d. lgs. n. 163/2006 ed all’art. 83 comma 8 del d. lgs. n. 50/2016) inteso come “indizio della vocazione generale ed autonoma dell’interesse partecipationis”; II) della previsione dell’onere di immediata impugnazione dell’altrui ammissione alla procedura di gara (art. 120 c.p.a., commi 2-bis e 6-bis); III) dell’istituto delle raccomandazioni vincolanti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione previsto dall’art. 211, comma 2 del d. lgs. 50/2016 e, dopo la sua abrogazione, della legittimazione dell’ANAC all'impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Tali disposizioni evidenzierebbero la necessità di assicurare il corretto svolgimento delle procedure di appalto nell’interesse di tutti i partecipanti e finanche di quello collettivo dei cittadini a prescindere dall’interesse del singolo partecipante all’aggiudicazione. Ne discende che se l’ordinamento introduce nuovi strumenti processuali volti a garantire la corretta competizione ai fini dell’aggiudicazione dei contratti pubblici, diventa ragionevole ritenere che il bene del rispetto delle regole procedurali dirette a fissare il nucleo essenziale della selezione comparativa delle offerte, costituisca un autonomo interesse meritevole di immediata e tempestiva protezione dall’ordinamento, essendo ormai emancipato dalla condizione di mero interesse di fatto. In altri termini, accanto all’interesse sostanziale finale del soggetto economico, diretto all’aggiudicazione dell’appalto, l’ordinamento positivo contempla ora un interesse strumentale – ma anche esso sostanziale – polarizzato sulla regolarità della procedura di gara, in sé considerata, nella forma di un vero e proprio “diritto” dell’operatore economico a competere secondo i criteri predefiniti dal legislatore;
d) ha chiesto di chiarire, quanto alla legittimazione a contestare la scelta del criterio di aggiudicazione, se la stessa debba ritenersi sussistente solo in capo a chi ha presentato domanda di partecipazione oppure se possa intendersi estesa agli operatori economici del settore, anche in difetto della domanda di partecipazione alla gara;
e) coerentemente con l’evoluzione della posizione giuridica di interesse legittimo tracciata, ha prospettato la tesi che, limitatamente al settore degli appalti pubblici, tutte le clausole attinenti alle regole “formali” e “sostanziali” della gara debbano essere immediatamente impugnate, con eccezione delle prescrizioni generiche e incerte, il cui tenore eventualmente lesivo è destinato a disvelarsi solo con i provvedimenti attuativi; ciò garantirebbe un accesso immediato al giudice, foriero di un rapido emendamento del bando sì da uniformarlo alle regole concorrenziali;
f) ha sollecitato l’Adunanza plenaria, nell’ipotesi di accoglimento dei principi evolutivi prospettati, a precisarne la portata in relazione al profilo temporale, chiarendo cioè se la nuova regola interpretativa debba applicarsi anche per i giudizi in corso e se debba comunque valere solo per le gare bandite dopo l’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, oppure (propendendo decisamente per tale tesi) se i principi innovativi prospettati valgano solo per il futuro, secondo lo schema del prospective overruling, come noto ricorrente quando si esclude, per il processo in corso ed a tutela dell’affidamento e della buona delle parti, l’applicabilità del mutamento della precedente interpretazione della norma processuale da parte dell’organo nomofilattico (che porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima negate, di modo che l’atto compiuto dalla parte, od il comportamento da questa tenuto secondo l’orientamento precedente, risultino irrituali per effetto ed in conseguenza diretta del mutamento dei canoni interpretativi; sul punto infra § VI).
III.- In giurisprudenza e dottrina è stata ammessa l’immediata impugnazione del bando di gara in presenza:
g) di clausole che “impongano, ai fini della partecipazione, oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara o della procedura concorsuale, e che comportino sostanzialmente l’impossibilità per l’interessato di accedere alla gara ed il conseguente arresto procedimentale” (Cons. Stato, Ad. plen. n. del 2003 cit.1);
h) di disposizioni abnormi o irragionevoli, che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara, ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (Cons. Stato, Sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980; Cons. Stato, sez. V, 30 agosto 2005, n. 4414; Cons. Stato, Sez. V., 3 giugno 2010, n. 3489);
i) di condizioni negoziali indicate nello schema di contratto, che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 2011 n. 6135; C.G.A., 20 dicembre 2016, n. 474);
l) di imposizione di obblighi contra ius (come, ad esempio, la cauzione definitiva pari all’intero importo dell’appalto: Cons. Stato, sez. II, 19 febbraio 2003, n. 2222);
m) di gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come quelli relativi al numero, alle qualifiche, alle mansioni, ai livelli retributivi e all’anzianità del personale destinato ad essere assorbiti dall’aggiudicatario (T.a.r. per la Lombardia, Milano, Sez. IV, 19 giugno 2017, n. 1362: sulla impossibilità di stabilire la durata effettiva del contratto da affidare), ovvero la presenza di formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di “0” punti);
n) di atti di gara privi della prescritta indicazione, nel bando, dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 26 novembre 2009, n. 7441; Cons. Stato, sez. III, 3 ottobre 2011, n. 5421; Cons. Stato, Sez. IV, 14 novembre 2012, n. 5761);
o) di clausole che rendono la partecipazione (possibile ma) inutile, contra ius, eccessivamente gravosa sul piano tecnico ed economico (Cons Stato, Sez. III, 2 febbraio 2015, n. 591; Sez. IV, 11 ottobre 2016, n. 4180; Sez. III, 18.04.2017, n. 1809);
p) R. DE NICTOLIS, Codice del processo amministrativo, IV ed., Milano, 2017, 2065 – 2074 che segnala pure la tesi, rimasta isolata in giurisprudenza, della possibilità che l’impugnazione delle clausole del bando venga proposta dall’aggiudicatario dopo la stipula del contratto (Cons. Stato, Sez. V, 21 settembre 2010, n. 7031, in Urbanistica e appalti, 2011, 449, con nota di ALTAVISTA; Dir. e pratica amm., 2011, fasc. 1, 57 (m), con nota di CUSMAI); la soluzione non è condivisa perché si deve mantenere fermo il principio per cui il bando è la legge della gara e non del contratto e che l’aggiudicatario non ha interesse ad impugnare la legge di gara che lo ha visto vittorioso ma, semmai, la legge del contratto con tutte le conseguenze in punto di giurisdizione del giudice ordinario.
IV. – Circa la legittimazione alla impugnazione degli atti di gara si segnala che:
q) la legittimazione a ricorrere delle imprese che non hanno partecipato alla gara viene negata (salvo che si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti; si contesti in radice l’indizione della gara o, all’inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto) da un consolidato indirizzo del supremo giudice amministrativo (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9 cit, 7 aprile 2011, n. 4 cit; Ad. plen., 27 gennaio 2003, n. 1, cit.); tale impostazione è stata seguita puntualmente dalle sezioni del Consiglio di Stato (cfr. da ultimo, Sez. IV, 11 ottobre 2016, n. 4180; Sez. IV, 25 agosto 2016, n. 3688; Sez. III, 10 giugno 2016, n. 2507; Sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1560; Sez. V, 30 dicembre 2015, n. 5862; Sez. V, 12 novembre 2015, n. 5181; per tali arresti, è inammissibile per difetto di legittimazione l’impugnativa dell’impresa che non abbia partecipato ab imis alla procedura, ovvero sia stata legittimamente esclusa dalla gara, dato che tale soggetto, per effetto dell'esclusione o della mancata presentazione della domanda, rimane privo non soltanto del titolo a partecipare alla gara ma anche a contestarne gli esiti e la legittimità delle scansioni procedimentali; il suo interesse protetto, invero, da qualificare interesse di mero fatto o strumentale, non è diverso da quello di qualsiasi operatore del settore che, non avendo partecipato alla gara, non ha titolo a impugnare gli atti, essendo portatore di un interesse di mero fatto alla caducazione dell'intera selezione, al fine di poter presentare la propria offerta in ipotesi di riedizione della nuova gara); sono evidenti le ricadute di tale indirizzo sulla mitigazione del rischio di paralisi delle procedure di gara (con gravissimi danni per l’economia nazionale), per altro nell’ottica della celerità delle medesime procedure, da ritenersi un valore rilevante per il diritto europeo (come segnalato da Ad. plen. n. 9 del 2014 cit.);
r) Corte cost., 22 novembre 2016 n. 245 (oggetto della News US in data 19 gennaio 2017 e in Foro it., 2017, I, 75 ai cui approfondimenti si rinvia), secondo la quale è inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 9, comma 1, e 14, comma 1, della legge della Regione Liguria 7 novembre 2013, n. 33 (Riforma del sistema di trasporto pubblico regionale e locale), promossa dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, primo e secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione; la Consulta fonda il giudizio di inammissibilità condividendo il diritto vivente elaborato dal giudice amministrativo sulla carenza di legittimazione a ricorrere delle imprese che impugnano procedure di gara alle quali non hanno preso parte, negando per tale via la tutela del c.d. interesse strumentale;
s) T.a.r. per la Liguria, sez. II, ordinanza 29 marzo 2017, n. 263 (oggetto della News US in data 4 aprile 2017 ai cui approfondimenti si rinvia) che ha rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale: <<se gli artt. 1, parr. 1, 2 e 3, e l’art. 2, par. 1, lett. b), della direttiva n. 89/665 CEE, avente ad oggetto il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, ostino ad una normativa nazionale che riconosca la possibilità di impugnare gli atti di una procedura di gara ai soli operatori economici che abbiano presentato domanda di partecipazione alla gara stessa, anche qualora la domanda giudiziale sia volta a sindacare in radice la procedura, derivando dalla disciplina della gara un’altissima probabilità di non conseguire l’aggiudicazione>>.
V. - Circa la impossibilità di configurare la tutela del c.d. interesse strumentale nell’attuale ordinamento del processo amministrativo, caratterizzato dalla peculiare disciplina delle condizioni delle azioni (in particolare interesse ad agire e legittimazione), che mira alla realizzazione del giusto processo ex art. 111 Cost., si veda:
t) Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5 (specie §§ 5 ss., e 9.2. ss., in Foro it., 2015, III, 265, con nota di TRAVI; Riv. dir. proc., 2015, 1256, con nota di FANELLI; Giur. it., 2015, 2192 con nota di FOLLIERI; Dir. proc. ammin., 2016, 205, con nota di PERFETTI e TROPEA, cui si rinvia per ogni approfondimento di dottrina e giurisprudenza); Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 272, in Foro it., 2015, III, 345 cui si rinvia per ogni riferimento di dottrina e giurisprudenza; tutte nel senso: I) di non consentire la tutela del c.d. interesse strumentale perché in contrasto con le esigenze di evitare l’abuso del processo ed il sindacato su poteri non ancora esercitati dalla stazione appaltante; II) di considerare il processo quale risorsa scarsa da attingere solo dopo essere stato superato il filtro delle condizioni dell’azione in cui è insito un giudizio di meritevolezza della pretesa; III) di esigere che il processo sia volto a tutelare interessi concreti ed attuali e non futuri ed incerti, di mero fatto quando non emulativi, per giunta rimessi ad una incoercibile nuova determinazione dell’Amministrazione;
u) in dottrina: R. DE NICTOLIS, Codice del processo amministrativo cit., 759 ss, 2056 ss., nega in radice che l’interesse strumentale sia configurabile quale interesse legittimo; la opposta tesi della configurabilità, anche in termini di veri e propri diritti, di situazioni soggettive procedimentali, come situazioni giuridiche autonome rispetto al contenuto sostanziale del provvedimento finale, è stata sostenuta da M. CLARICH, Termine del procedimento e potere amministrativo, Torino, Giappichelli, 1995, F. FIGORILLI, Il contraddittorio nel procedimento amministrativo, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1996, A. PUBUSA, Diritti dei cittadini e pubblica amministrazione, Torino, Giappichelli, 1996, A. ZITO, Le pretese partecipative del privato nel procedimento amministrativo, Milano, Giuffrè, 1996, E. FOLLIERI, Lo stato dell'arte della tutela risarcitoria degli interessi legittimi. Possibili profili ricostruttivi, in Dir. proc. amm., n. 2/1998, M. RENNA, Obblighi procedimentali e responsabilità dell'amministrazione in, Dir. amm. 2005, 3, 557; questa tesi è stata respinta dall’indirizzo dominante nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che rifiuta la possibilità di risarcire il danno ogni qual volta non sia riconoscibile con certezza la spettanza del bene della vita finale (sull’inquadramento generale v. Cons. Stato, Ad. plen., 12 maggio 2017, n. 2, oggetto della News US in data 16 maggio 2017 e in Foro it., 2017, III, 433, con nota di TRAVI; Ad. plen. n. 5 del 2015 cit.; Ad. plen. n. 9 del 2014 cit., cui si rinvia per ogni approfondimento); per questa via si esclude il danno da mero ritardo procedimentale (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 2 ottobre 2017, n. 4570; Sez. V, 25 marzo 2016, n. 1239, oggetto della News US in data 31 marzo 2016 cui si rinvia per ogni approfondimento); dalla lesione di un mero interesse di fatto o emulativo (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 13 aprile 2016, n. 1436; Sez. V, 10 febbraio 2015, n. 675, in Riv. neldiritto, 2015, 1033, con nota di GALATI, cui si rinvia per ogni approfondimento); da annullamento del provvedimento amministrativo per vizi puramente formali (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 18 luglio 2017, n. 3520; Sez. IV, 4 luglio 2017, n. 3255); e si mantiene un atteggiamento rigoroso, sotto il profilo causale e statistico, circa i presupposti per il riconoscimento del danno da perdita di chance specie per le gare di appalto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 25 febbraio 2016, n. 762, in Foro it., 2016, III; 468, con nota di CONDORELLI; Sez. V, 30 giugno 2015, n. 3249, id., 2015, III, 440, con nota di TRIMARCHI BANFI; Sez. IV, 15 settembre 2014, n. 4674, id., 2015, III, 106, con nota di GALLI; sul versante civile v. da ultimo Cass. civ., Sez. I, 29 novembre 2016, n. 24295, id., 1374, con nota di DI ROSA cui si rinvia per ogni approfondimento di dottrina e giurisprudenza).
VI. – In tema di overruling - e cioè di mutamento della precedente interpretazione della norma processuale da parte dell’organo nomofilattico che porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima escluse, di modo che l’atto compiuto dalla parte, od il comportamento da questa tenuto secondo l’orientamento precedente, risultino irrituali per effetto ed in conseguenza diretta del mutamento dei canoni interpretativi - si segnala:
v) che a partire da Cass. civ., sez. un., 11 luglio 2011 n. 15144 (in Foro it., 2011, I, 3343, con nota di CAPONI, Retroattività del mutamento di giurisprudenza: limiti, nonché in Corr. giur. 2011, 1392, con commenti di CONSOLO, CAVALLA e DE CRISTOFARO, Le S.U. aprono (ma non troppo) all’errore scusabile: funzione dichiarativa della giurisprudenza, tutela dell’affidamento, tipi di overruling) e numerose altre successive (tra cui 21 maggio 2015, n. 10453; 17 dicembre 2014, n. 26541; 4 giugno 2014, n. 12521, 13 febbraio 2014, n. 3308, in Foro it., 2014, I; 1114 con nota di P.CERBO, cui si rinvia per ogni approfondimento; e, da ultimo, Cass. civ., sez. un., 13 settembre 2017, n. 21194), si è costantemente affermato – in una alla giurisprudenza amministrativa (cfr. in termini Cons. Stato, Ad. plen., 2 novembre 2015, n. 9, in Foro it. 2016, III, 65, con nota di CONDORELLI, cui si rinvia per gli ulteriori riferimenti di dottrina e giurisprudenza) - che, per attribuire carattere innovativo all’intervento nomofilattico, occorre la concomitanza di tre precisi presupposti: I) l’esegesi incida su una regola del processo; II) si tratti di esegesi imprevedibile susseguente ad altra consolidata nel tempo e quindi tale da indurre un ragionevole affidamento; III) l'innovazione comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa;
x) in dottrina, più di recente, R. RORDORF, Il precedente nella giurisprudenza, in Foro it., 2017, V, 277; A. PROTO PISANI, Tre note sui <<precedenti>> nella evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale, nella giurisprudenza di una Corte di cassazione necessariamente ristrutturata e nella interpretazione delle norme processuali, ibidem, 286; V. FERRARI, L’equivoco del giudice legislatore, ibidem, 295, cui si rinvia per ogni riferimento di giurisprudenza e dottrina, anche comparata;
y) sulla valenza retroattiva della esegesi di norme di carattere sostanziale anche in presenza di un overruling, Cass. civ., Sez. V, 18 novembre 2015, n. 23585: “La regola secondo cui, alla luce del principio costituzionale del giusto processo, le preclusioni e le decadenze derivanti da un imprevedibile revirementgiurisprudenziale non operano nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente sul precedente consolidato orientamento attiene unicamente al profilo degli effetti del mutamento di una consolidata interpretazione del giudice della nomofilachia in ordine a norme processuali. Il sopravvenuto consolidamento di un nuovo indirizzo giurisprudenziale su norme di carattere sostanziale che in astratto consentirebbero la riforma di una precedente decisione non può quindi giustificare la rimessione in termini invocata dalla parte onde superare il giudicato formale formatosi per la mancata tempestiva impugnazione di una sentenza” (in termini, Sez. VI, 9 gennaio 2015, n. 174, Riv. giur. trib., 2015, 315, con nota di MARCHESELLI; Nuova giur. civ., 2015, I, 501, con nota di MOLINARO).
https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/Notiziasingola/index.html?p=NSIGA_4497418