INSEGNE D'ESERCIZIO non può avere finalità "commerciale" - SENTENZA
[color=red][b]Cons. di Stato, Sez. IV, 23 ottobre 2017, n. 4867[/b][/color]
Pubblicato il 23/10/2017
N. 04867/2017REG.PROV.COLL.
N. 09831/2008 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9831 del 2008, proposto da:
Ambrosi S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Luca Raffaello Perfetti, Federico Romoli, Vincenzo Toscano, con domicilio eletto presso lo studio Erede Pappalardo Bonelli in Roma, via Salaria 259;
contro
Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Manzi, Alberto Cartia, con domicilio eletto presso lo studio Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
Anas (Ente Nazionale delle Strade), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE III n. 03713/2007, resa tra le parti, concernente diniego nulla osta per mantenimento insegna d'esercizio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Anas (Ente Nazionale delle Strade);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2017 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati Tranquilli su delega di Perfetti, Manzi e l'Avvocato dello Stato D'Elia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società oggi appellante, titolare di uno stabilimento posto in fregio all’autostrada Brescia-Padova, ha richiesto alla concessionaria l’autorizzazione a mantenere una insegna di esercizio, recante la dicitura “ Ambrosi latte burro e formaggi”, rivolta verso l’autostrada, posta sul tetto dello stabilimento stesso e non leggibile da chi si trovi sulla viabilità ordinaria.
Su conforme parere dell’Anas la concessionaria ha respinto la richiesta, rilevando la natura pubblicitaria dell’insegna e la sua pericolosità quale fattore di distrazione per gli automobilisti che transitano sull’autostrada.
La società ha impugnato il diniego con ricorso proposto al Tar Veneto il quale ha respinto il gravame.
La sentenza è stata impugnata dalla soccombente la quale ne ha chiesto l’integrale riforma, previa sospensione dell’esecutività.
Con ord.za n. 64 del 2009 questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare.
Si sono costituiti in resistenza la concessionaria ( che eccepisce l’inammissibilità dell’appello) e l’ANAS.
Le Parti hanno depositato memorie insistendo nelle già rappresentate conclusioni.
All’udienza del 19 ottobre 2017 l’appello è stato trattenuto in decisione.
L’appello non è fondato e va pertanto respinto, restando assorbita l’eccezione versata in rito dalla concessionaria.
Con il primo e centrale motivo di impugnazione la Ditta appellante sostiene che quella in controversia è una insegna commerciale e non un impianto pubblicitario.
Il mezzo non ha fondamento.
L’art. 23 c. 7 del nuovo codice della strada ( D. L.vo n. 285 del 1992) così recita nelle parti di interesse: “ 7. E' vietata qualsiasi forma di pubblicità lungo e in vista degli itinerari internazionali, delle autostrade e delle strade extraurbane principali e relativi accessi. (..) Sono altresì consentite le insegne di esercizio, con esclusione dei cartelli e delle insegne pubblicitarie e altri mezzi pubblicitari, purché autorizzate dall'ente proprietario della strada ed entro i limiti e alle condizioni stabilite con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.”.
Ai fini in controversia la definizione di “insegna commerciale” si rinviene nell’art. 47 comma 1 del DPR 495 del 1992 secondo cui: “1. Si definisce "insegna di esercizio" la scritta in caratteri alfanumerici, completata eventualmente da simboli e da marchi, realizzata e supportata con materiali di qualsiasi natura, installata nella sede dell'attività a cui si riferisce o nelle pertinenze accessorie alla stessa.”.
Per parte sua l’art. 2 bis comma 6 del DL n. 13 del 2002 ( convertito in L. n. 75 del 2002) nel rinviare alla disposizione ora citata aggiunge che l’insegna propriamente detta deve avere “ ..la funzione di indicare al pubblico il luogo di svolgimento dell'attività economica.”.
Applicando le normative ora richiamate al caso in esame deve escludersi la classificabilità dell’impianto in controversia nel novero delle “insegne commerciali”.
[color=red][b]Per la sua collocazione ( sul tetto dello stabilimento) ed il suo concreto orientamento, infatti, la “insegna” di che trattasi non può avere la funzione prevalente di individuare i locali dell’impresa in favore di chi tali locali deve raggiungere, essendo essa in sostanza leggibile solo da chi percorre l’autostrada.[/b][/color]
Del resto, come chiarito dalla giurisprudenza di questo Consiglio ( cfr. V Sez. nn. 710 del 2016 e 2129 del 2017) la nozione di insegna di esercizio va intesa in senso rigorosamente restrittivo, circoscrivendola a quei soli casi in cui l'insegna serve esclusivamente a segnalare il luogo ove si esercita l'attività di impresa.
[color=red][b]Nel caso all’esame, invece, le caratteristiche dell’impianto dimostrano che non si tratta di semplice insegna di esercizio, necessaria ai fini della normale attività aziendale (in quanto atta a consentire alla clientela di individuare agevolmente il punto di accesso ai locali dell'impresa), bensì di elemento in grado di svolgere una funzione promozionale dell'attività imprenditoriale e, quindi, di carattere essenzialmente pubblicitario. (cfr. VI^sez. n. 3782 del 2007, resa in fattispecie sovrapponibile).[/b][/color]
Con il secondo motivo l’appellante lamenta il difetto di motivazione che vizierebbe il provvedimento di diniego, dal quale non si evince per quale ragione l’insegna in questione è in concreto ritenuta pericolosa, quale fattore di distrazione per gli automobilisti.
La censura va disattesa in primo luogo perché, una volta stabilito il carattere pubblicitario dell’impianto, non occorreva in concreto alcuna specifica valutazione circa la sua pericolosità, visto il divieto di installazione ex art. 23.
[color=red][b]In ogni caso, se si considera la prossimità dell’impianto alla sede autostradale e se si pone mente alle notorie caratteristiche di pericolosità del traffico che su quella si svolge, appare evidente come il provvedimento di diniego sia più che sufficientemente motivato.[/b][/color]
Con il terzo motivo l’appellante sostiene che la concessionaria – anche ammesso che si trattasse di impianto pubblicitario – avrebbe dovuto verificare con adeguata istruttoria il rispetto delle distanze previste dall’art. 51 del regolamento ai fini dell’installazione sul ciglio stradale di cartelli pubblicitari.
Il mezzo, che è ictu oculi infondato, va respinto.
Come si è visto sopra, infatti, l’art. 23 codice vieta in assoluto la collocazione di impianti pubblicitari sulle autostrade e strade extraurbane principali, mentre il richiamato art. 51 si riferisce alle altre tipologie viarie.
A ciò deve aggiungersi che, come emerge dagli atti, la Ditta appellante ha richiesto l’autorizzazione a mantenere una insegna di esercizio e non a collocare un impianto pubblicitario.
Da ultimo l’appellante torna a sostenere che indebitamente la concessionaria ha richiesto il previo parere dell’Anas, invece di provvedere in autonomia.
Il mezzo va disatteso senza necessità di ulteriori approfondimenti sulla titolarità del potere di autorizzazione alla luce dell’atto di concessione, atteso che l’ANAS a buon diritto va qualificato come “ente proprietario” dell’infrastruttura.
In ogni caso – per consolidata giurispurdenza, la richiesta di un parere facoltativo ad un organo tecnico vizia il provvedimento finale solo nel caso in cui l’autorità procedente, dopo essersi autolimitata, si discosta immotivatamente dalle risultanze del parere stesso.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello risulta del tutto infondato e va come tale respinto.
Le spese di questo grado del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Ambrosi s.p.a. al pagamento di euro 3500,00 ( tremilacinquecento//00) oltre spese generali IVA e CPA in favore di ANAS s.p.a. e di euro 3500,00 ( tremilacinquecento//00) oltre spese generali IVA e CPA in favore di Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova s.p.a. per spese e onorari di questo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente, Estensore
Fabio Taormina, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO